CONTENUTO
Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio
Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, è stato il 266° Pontefice della Chiesa cattolica, 8° Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, primo sudamericano, primo proveniente dalla Compagnia di Gesù, primo ad umanizzare il successore di Pietro: il suo è stato un pontificato segnato dalla pandemia, dalle guerre in Terra Santa e in Ucraina e dalla coabitazione con Benedetto XVI, che ha stravolto l’immagine del Vaticano.
Un Papa rivoluzionario che ha cercato di riportare la Chiesa alle origini (una Chiesa dei poveri e degli ultimi), riuscendo, in dodici anni, a ridare lustro all’autorità religiosa fiaccata dagli scandali (in perfetta continuità con il predecessore), dalla pedofilia e da quelli economici, che ne avevano messo a dura prova l’autorevolezza, anche con semplici gesti, abbandonando gli sfarzi del loggione di Raffaelo per abitare a Casa Santa Marta, utilizzando una semplice Panda per girare in Roma anziché la lussuosa Mercedes e andando a comprare, con la sua 500, in centro a Roma, le lenti per gli occhiali.
Un tecnico chimico che si fa gesuita
Jorge Mario Bergoglio nasce a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 da emigranti piemontesi (il papà Mario è impiegato alle ferrovie e mamma Regina è casalinga, impegnata a crescere cinque figli). Il futuro Pietro dà una mano alla famiglia: inizia a lavorare a 14 anni come addetto alle pulizie, poi come contabile in una fabbrica di calze. Al mattino fai i conti; alla sera frequenta la scuola per periti industriali. Diplomatosi tecnico chimico, viene assunto in un laboratorio che analizza prodotti alimentari.
A 21 anni incontra Gesù attraverso la malattia (una grave polmonite che gli costa l’asportazione di parte del polmone destro) e sceglie la strada del sacerdozio: l’11 marzo 1958 passa al noviziato dei Gesuiti a Cordoba, nel 1963, a 27 anni, si laurea in filosofia e il 13 dicembre 1969 è ordinato prete. Nel 2005 Giovanni Paolo II, dopo averlo eletto alla sede arcivescovile di Buenos Aires, lo crea cardinale. Dal 2005 e sino al 2011 è presidente della Conferenza episcopale argentina. Il 13 marzo 2013, dopo l’abdicazione di Benedetto XVI, viene eletto Sommo Pontefice e, primo nella storia, prende il nome del Poverello d’Assisi.
A sorpresa ecco Francesco!
L’elezione è una sorpresa: la rivoluzione è già nel nome. Il suo intento è quello di riportare la Chiesa tra la gente, la quale, per un processo di secolarizzazione della società, se n’è allontanata. Francesco abbraccia il popolo, esce dal Vaticano e rinuncia allo sfarzo della corte papale (sono chiare, in tal senso, le scelte di non indossare le scarpe rosse papali, di vivere a Casa Santa Marta anziché nell’appartamento papale e d’indossare il crocefisso d’argento). Vuole essere un Papa della gente e fra la gente. Sogna una Chiesa povera per i poveri, pauperista e anticapitalista, chiara impronta del suo essere prete sudamericano vicino alla teologia della liberazione.
Secondo alcuni critici, il suo è un “populismo” di maniera, studiato, da buon gesuita, a tavolino per piacere al popolo. Tesi alla quale hanno contribuito le varie interviste concesse a Eugenio Scalfari e, in TV, a Fabio Fazio, arrivando, perfino, a collegarsi con il Festival di Sanremo, contribuendo così a desacralizzare l’immagine del successore di Pietro. È un Papa che parla a braccio: ciò lo rende simpatico e sincero, proprio come quando afferma «Se uno dice una parolaccia contro mia mamma, gli do un pugno».
Francesco: un Papa green vicino agli esclusi
Francesco si caratterizza per l’ironia (mantenuta sino alla fine), i protocolli infranti, la dottrina scardinata per avvicinare la gente («Se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicare?»), la difesa ferrea della vita dal concepimento sino alla fine («L’aborto è un omicidio e i medici che si prestano a farlo sono dei sicari»). Un’impostazione, la sua, della netta prevalenza della pastorale sulla teologia, la quale non permette di fermare la perdita inesorabile di credenti, soprattutto, in Europa (la peggiore negli ultimi sessanta anni), anche se i 18.000 battesimi di adulti dell’ultima notte di Pasqua, in Francia, fanno ben sperare in un ritorno di fiamma: è la cifra più alta degli ultimi vent’anni!
E’ un Papa green con la sua enciclica Fratelli tutti, basata sulla fraternità («intesa come metodo e l’obiettivo da perseguire nella costruzione di società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, aspirazione presente nell’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile» e l’amicizia sociale («obiettivo per la progressiva estensione dalla sfera individuale a quella familiare, sociale, nazionale e internazionale della convinzione di una comune origine e discendenza di ogni essere umano, da cui deriva la sua inviolabile dignità umana e i suoi diritti umani fondamentali»).
Un Papa che si esprime come una persona qualsiasi («C’è un’aria di frociaggine in giro che non fa bene»), dicendo verità scomode («Dobbiamo bastonare un po’ l’Italia: c’è una cultura dove si privilegia avere cani o gatti e non bambini») che ne fanno, ora, un paladino dei progressisti (quando fa aperture alle comunità omosessuali), ora, dei conservatori (quando si oppone con decisione all’aborto e all’eutanasia). Ma, in fondo, fa solo il suo mestire.
Un Papa che cambia la Chiesa come mai si era visto prima, spostandone gli equilibri lontano da Roma: non è un caso la scelta di creare cardinali dei vescovi che arrivano dalla fine del mondo. E’ il primo vero Papa nel solco del Concilio Vaticano II, il quale, al di là delle apparenze, governa la Chiesa con piglio decisionista: esemplare è il caso del motu proprio con cui decide di restringere nuovamente la celebrazione della messa in latino, dopo le concessioni di Benedetto XVI.
Un Papa social vicino ai migranti
Tanto sobrio nello stile di vita e nei simboli del potere papale, è ridondante nelle parole, molte volte contraddittorie, tipo sull’UE: «In Europa ci vuole una sana disunione: dare più indipendenza e libertà ai Paesi dell’UE», «Europa, ritrova te stessa! Quindi ritrova i tuoi ideali che hanno radici profonde. Sii te stessa! Non avere paura della tua storia millenaria, che è una finestra sul futuro più che sul passato (…) mentre in Europa molti si interrogano sconfortati sul suo futuro, molti la guardano con speranza, convinti che abbia ancora qualcosa da offrire al mondo e all’umanità».
Comunica con tutti i mezzi di comunicazione a disposizione: dal proprio account Istagram (che raggiunge un milione di follower in 12 ore), al New York Times (firma un articolo nella pagina delle opinioni), alle varie interviste concesse ai media di tutto il mondo. E’ vicino ai migranti: l’8 luglio 2013, tre mesi dopo essere stato eletto Papa, sceglie Lampedusa come meta di una delle sue prime visite pastorali. E’ un gesto forte. Questo l’inizio della sua omelia: «Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte (…) Non si ripeta per favore». Uno dei momenti iconici del pontificato è la preghiera in piazza San Pietro, in piena pandemia, per chiedere a Dio di salvare l’umanità dal covid.
Un Papa per la pace
Francesco è, senza se e ma, per la pace come da dettato evangelico, ossessionato dal rischio di una terza guerra mondiale. Da «Profeta ostinato di pace» si batte per fermare la guerra in Siria (e ci riesce), per evitare quella in Ucraina (e non ci riesce, ma cerca, senza nascondere le responsabilità delle parti in causa come quando afferma che «La Nato ha abbaiato alle porte della Russia», di porre fine alla carneficina) e per fermare i massacri nella Striscia di Gaza. E’ il Papa meno amato dalla Casa Bianca: il rapporto è solo di cortesia istituzionale, incrinato ancor di più dall’accordo con la Cina comunista, il quale prevede che i vescovi locali siano eletti solo dopo l’assenso del regime.
Un Papa gesuita apparentemente contraddittorio
Il papato di Francesco si può comprendere solo non dimenticando la sua appartenenza alla Compagnia di Gesù. La tradizione gesuitica prevede di confrontarsi con il mondo, con il proprio tempo; confronto che comporta la mediazione con l’altro attraverso un dialogo proficuo, anche a costo di suscitare fraintendimenti, in contrapposizione ad un cattolicesimo normativo. Insomma, proprio la politica del compromesso di Francesco per cercare di evangelizzare accettando tutto ciò che non è incompatibile con il Vangelo, per creare un collegamento con un mondo scristianizzato, diffidente e a volte anticlericale.
Il pontificato del 266° Papa ora è consegnato alla storia. Solo il tempo potrà dirci se è stato ricco di frutti oppure no. Una cosa che a breve potremo vedere è se i cardinali in Conclave faranno proprio un antico adagio che si utilizzava per eleggere, nei monasteri del medioevo, il nuovo abate: ossia scegliere un monaco opposto al predecessore. Per cambiare, sì, ma in continuità.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Francesco, Life. La mia storia nella Storia. L’autobiografia di Papa Francesco, HarperCollins Italia, 2024.