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La certosa ed il mondo accademico: status quo e problematiche
Ricostruire la storia dell’ordine certosino, da un punto di vista accademico, non è semplice, sebbene non manchino pubblicazioni che si sono occupate di questo argomento. In effetti, Albert Gruys, uno studioso olandese, ha notato che nonostante l’esistenza di più di 8.000 pubblicazioni sui Certosini, la storia dell’ordine era ancora un ambito relativamente inesplorato. La medesima osservazione, poi, sembra ancora più incisiva alla luce degli attuali sviluppi della storia ecclesiastica avvenuti in quel periodo.
In effetti, l’immagine della vita certosina nel tardo medioevo non è adeguatamente dettagliata; è necessario, pertanto, prestare maggiore attenzione a diversi aspetti della cultura dell’ordine in questa epoca storica. Appare particolarmente importante, a tale proposito, realizzare una maggiore coesione e contestualizzazione; comprendere i vari aspetti dell’esistenza certosina e la loro relazione, sia intrinseca che con l’ambiente circostante, risulta fondamentale per lo sviluppo di una comprensione equilibrata e storicamente fondata.
Inoltre, dal punto di vista teorico e metodologico, sarebbe opportuno che tale indagine venga condotta da studiosi che lavorano al di fuori di un contesto confessionale, o che comunque sono legati a vario titolo all’ordine fondato da Bruno (o Brunone) da Cologna. Allo stato attuale, a parte rare e lodevoli eccezioni, i certosini godono di una valutazione critica decisamente inferiore nell’ambito accademico rispetto a quanto avverrebbe in un altro contesto di ricerca. Anche quando le certose sono state analizzate, come la Chartreuse de Sainte-Trinité a Champmol, l’attenzione è stata quasi sempre rivolta agli aspetti straordinari del mecenatismo e della cultura materiale. Di conseguenza, la discussione sull’economia monastica locale è stata solitamente marginale e recepita in maniera acritica, secondo stereotipi consolidati.
In generale, è nella ricerca in lingua inglese che la mancanza di impegno critico risulta più evidente; si osserva, a tale proposito, che la fonte più importante per la storia certosina, le Consuetudines Cartusiae, è stata tradotta in francese, tedesco, italiano e spagnolo, ma non in inglese. Questa scelta, evidentemente, rappresenta un chiaro segnale del problema in esame; in effetti, nonostante gli sforzi dell’Analecta Cartusiana e di un selezionato gruppo di studiosi individuali, la ricerca in lingua inglese sull’ordine è stata e rimane inadeguata ed incoerente. Tale situazione è stata determinata, principalmente, da fattori storici, con particolare attenzione per lo studio delle certose insulari.
La dimensione ristretta della Provincia Angliae medievale, la divisione amministrativa dell’ordine, che comprendeva circa 12 monasteri, è senza dubbio l’aspetto più influente; di quanto è stato dissolto da Enrico VIII e dalla riforma anglicana, sono pochi i resti sostanziali che sopravvivono per catturare l’immaginazione del pubblico e degli studiosi. Solo a Mount Grace il visitatore moderno può avere un accesso diretto ad un sito certosino nel Regno Unito, e solamente in questo luogo è possibile ricevere le inimitabili impressioni storiche trasmesse dall’infrastruttura esistente. Le biblioteche originali, in effetti, sono scarsamente rappresentate dai resti e da quanto è attualmente verificabile; non esistono cataloghi di libri, a differenza di quanto avviene per altri ordini religiosi, ad eccezione di un registro delle donazioni a Witham e di alcuni elenchi di prestiti inter-istituzionali.
In Gran Bretagna, effettivamente, non esistevano comunità certosine tra il 1559, quando Vallis Virtutis a Perth fu distrutta, ed il 1873, anno di fondazione della moderna ed attuale certosa di ‘San Hugh’ a Parkminster nel West Sussex. In generale, si osserva che l’ostilità verso il cattolicesimo, che ha caratterizzato la storiografia britannica per secoli dopo la dissoluzione degli ordini religiosi, è riemersa in una forma diversa sotto George Gordon Coulton e Arthur Geoffrey Dickens nel ventesimo secolo. Questo atteggiamento, evidentemente, ha scoraggiato l’indagine su un ordine di cui diciotto membri preferirono morire piuttosto che contravvenire all’ortodossia.
Non sorprende, pertanto, che, mentre le singole certose venivano catalogate in compilazioni come il Monasticon Anglicanum di Roger Dodsworth e William Dugdale (1655) ed il Notitia Monastica di Thomas Tanner (1695), è stata svolta una scarsa ricerca o riflessione sui certosini prima della fine del diciannovesimo secolo. A causa di diversi fattori, tra cui la mancanza di un significativo interesse accademico, nonché la natura fortemente contemplativa dell’ordine certosino, questa indifferenza del mondo accademico si è consolidata nel corso del tempo.
Nel 1930, Ethel Margaret Thompson pubblicò The Carthusian Order in England, la prima e finora unica storia pubblicata di ampia portata della Provincia Angliae; sebbene obsoleto nel suo approccio, l’analisi della Thompson rimane ancora rispettabile ed affidabile, e viene ampiamente citata dagli studiosi. La mancanza di una storia generale successiva è stata compensata solo in minima parte dallo spazio che un affascinato David Knowles è riuscito a dedicare ai Certosini nel suo Monastic Order in England (1940) e nella sua magistrale trilogia, nota come The Religious Orders in England. (1948–61).
Studi monografici su singole certose (particolarmente Londra e Sheen) sotto forma di articoli, e occasionalmente libri, hanno in misura variabile contribuito a soddisfare questa esigenza. Tuttavia, gli studi più sostanziali sui certosini inglesi dopo Thompson sono rappresentate da tesi di dottorato che però non sono state pubblicate. Quelli di Carol Rowntree sull’interfaccia dell’ordine con la società laica (1981), di Neil Beckett sulla certosa di Sheen (1992), e di Andrew Wines sulla Certosa di Londra (1998) sono esempi evidenti di studi che, se facilmente accessibili, stimolerebbero sicuramente ulteriori ricerche.
Attualmente, la tesi di Rowntree è probabilmente l’opera maggiormente citata dagli studi certosini in lingua inglese, oltre a quella di Thompson; l’unica eccezione a questa mancanza di interesse accademico è rappesentato dallo studio delle questioni testuali e bibliografiche, che ha prodotto un filone di ricerca altamente fruttuoso. Si considerino, in questo senso, l’indagine di Michael Sargent su James Grenehalgh e la recente monografia di Marleen Cré sui testi in inglese medio e latino del BL, Additional MS 37790 (noto anche come Manoscritto Amherst, una compilazione del XV che comprende diversi testi religiosi, tra cui molti sono legati alla spiritualità certosina), che sono altamente rappresentativi di questa categoria di studi. Tali indagini spesso collegano gli interessi dell’ordine a quelli di contesti religiosi e laici più ampi, e suggeriscono i benefici offerti da studi sull’ordine certosino con una base più ampia.
Tra i documenti rilevanti, si trova la Analecta Cartusiana, una serie di monografie dedicate alle tematiche certosine ed affini; pubblicato sotto gli auspici dell’Università di Salisburgo, è stato avviato da James Hogg nel 1970 che ha supervisionato questi studi con notevole energia ed impegno fino al momento della sua morte, nel 2018. Successivamente, la supervisione è passata al CERCOR, un centro di ricerca specializzato nella storia degli ordini religiosi. Il sito web dell’associazione attualmente pubblicizza circa 300 volumi pubblicati, e molti dei titoli individuali hanno più parti rilegate separatamente. Un’iniziativa attuale, ancora, è rappresentata dal Monasticon Cartusiense, una sorta di gazzetta storica, che presenta moltissime illustrazioni delle certose europee, sia antiche che moderne, di cui sono apparsi finora due volumi.
La sostanziale carenza di testi specifici, ad eccezione dei pochi che sono stati menzionati in precedenza, non deve sorprendere; in effetti, questa situazione è dettata dal relativo scarso interesse del mondo accademico sulla certosa rispetto ad altri ambiti di indagine. Per quanto riguarda la situazione in Inghilterra, poi, si nota la pubblicazione, nel 2002, di un libro sull’architettura certosina in Inghilterra di Glyn Coppack e Mick Aston; si tratta di un’opera che si basa su dati archeologici, e può essere considerata un’impresa innovativa.
In effetti, gli aspetti storici all’interno delle certose inglesi, a differenza di quelle dell’Europa continentale, vengono raramente riconosciuti. Si nota, ciò nonostante, che le fonti su queste tematiche, sebbene non abbondanti, non mancherebbero; inoltre, la liturgia particolare adottata dall’ordine certosino sembra non essere stata sufficientemente indagata da un punto di vista accademico. Da ultimo, si nota una sostanziale assenza di studi che hanno preso in considerazione le interazioni tra le certose e le realtà diocesane in cui si trovano le case religiose, che però non dipendono dall’ordinario locale, ma direttamente dal Pontefice Romano.
La lista delle materie che necessitano di ulteriori ed eventualmente fondamentali opere potrebbe essere notevolmente ampliata, ma questi esempi sono sufficienti per delineare il problema. La disponibilità di prove, di conseguenza, imporrà sempre delle limitazioni su quanto può essere osservato; tuttavia, come ricorda Richard Pfaff, uno storico statunitense specializzato nella liturgia inglese del medioevo, il processo di porre domande ed indagare riveste una funzione accademica fondamentale, indipendentemente dalle risposte che potrebbero emergere. Si nota, a questo proposito, che gli studi sui certosini in Inghilterra e Scozia, oltre che sulla loro collocazione all’interno del più ampio dominio continentale dell’ordine offrono quindi opportunità significative. Come già osservato in precedenza, si tratta di un ambito, che, nel suo complesso, non è certamente inesplorato, ma che rimane aperto ad ulteriori e necessarie ricerche.
I fondatori della Certosa di Londra
Apparentemente, la narrazione ufficiale della fondazione della Certosa di Londra non richiede ulteriori indagini accademiche; si tratta di eventi, che, ricostruiti in base al registro del convento, sembrerebbero accertati; il vescovo di Londra Michael Northburgh, secondo questa narrazione, convince Sir Walter Manny a convertire la sua cappella nel cimitero della peste di West Smithfield nel primo pezzo di in futuro convento certosino.
In questo modo, si sarebbe emulata la fondazione urbana a Parigi che Northburgh ha visitato di recente; a tale scopo, i due stipulano un contratto nel mese di maggio del 1361. In base a questo documento, Northburgh, che muore circa quattro mesi dopo, lascia in eredità al convento £2000 (corrispondenti a circa 1.1 milioni di Euro attuali secondo le stime della Bank of England). Manny, che porta avanti il progetto per un altro decennio, lascia come donazione altre £4000 (circa 2.2 milioni di Euro). Se queste notizie fossero vere, come spesso si suppone, Manny e Northburgh meriterebbero davvero il credito dato loro per la fondazione della certosa di Londra.
Le narrazioni tradizionali, che si basano sugli elementi menzionati in precedenza, in realtà trascurano due problemi principali; il primo è costituito dal lascito di Northburgh, a cui si associa la completa assenza di edifici in cui i monaci potessero essere ospitati. Sono stati avanzati dei seri dubbi sul fatto che le £2000 lasciate da Northburgh al convento siano effettivamente state versate nelle casse del monastero; in effetti, quando i primi monaci arrivano con il primo priore Luscote nel 1370, scoprono che sono ancora scarsi gli edifici monastici completati.
Un passaggio successivo nel registro indica che i costi di costruzione di sei celle, la sala capitolare, ed altri edifici sarebbero stati approssimativamente £1730, considerate una cifra proibitiva; in effetti, un decennio dopo la morte di Northburgh non è ancora stata costruita nessuna cella. Per questa ragione, sembra ragionevole dubitare che il suo lascito di £2000 non sia stato trasferito con successo alla certosa. Inoltre, nessuna delle diciannove celle completate entro il 1405 o qualsiasi altro lavoro di costruzione successivo viene pagato con i fondi del lascito di Northburgh.
Il fallimento di questo lascito nel concretizzarsi potrebbe dipemdere dal lento progresso di Manny, e, a tale proposito, si nota che Northburgh, nel suo testamento ordina che, nel caso in cui la certosa non fosse stata costruita secondo la sua volontà, egli avrebbe lasciato le proprietà ed i beni donati agli esecutori del suo testamento. Il capitano Manny, in effetti, ottiene scarsi risultati, e nel 1370 richiede al Capitolo Generale di autorizzare John Luscote, allora Priore di Hinton, di diventare responsabile della proposta fondazione di Londra; al suo arrivo, il nuovo priore scopre che ‘le case che il suddetto signore aveva promesso di far costruire per il suo arrivo’ non erano nemmeno state iniziate. Pertanto, diventa evidente il fallimento di Manny, in quanto la vita di un monaco certosino si concentrava esclusivamente sulla sua stabile residenza in una cella individuale.
Le ragioni di tale esito negativo non sono chiare, ma è possibile che la morte del suo cofondatore e dei suoi soci abbiano reso Manny riluttante a spendere qualsiasi somma di denaro per un progetto che aveva scarse probabilità di essere completato. Quando la costruzione inizia, poi, il patrimonio di Manny si rivela insufficiente anche per una sola cella; per questa ragione, William Walworth, deve donare una somma sostanziale a questo scopo. Altri problemi, poi, negano al neonato convento molte delle beneficenze di Sir Walter dopo la sua morte, avvenuta il 15 gennaio 1372; il capitano lascia una donazione di 4000 sterline, una somma a lui dovuta da illustri debitori. Secondo il registro del monastero, tuttavia, i monaci non ricevono mai questo denaro, e, allo stesso modo, molte delle tenute e dei manieri che Manny lascia ai monaci di Londra vengono anch’essi perduti in una serie di disastri naturali e di battaglie legali.
Alla luce delle considerevoli problematiche finanziarie per la costruzione della certosa da parte di Manny e Northburgh, non si comprende come sia stato possibile fondare il convento o consentirne l’attività fino alla sua soppressione, avvenuta in seguito alla Riforma Anglicana. Pertanto, è necessario identificare le figure che in realtà hanno posto le basi finanziarie per la fondazione della certosa di Londra. Nella seguente discussione, sarà data prominenza a coloro che hanno reso possibile la costruzione delle prime celle, condizione essenziale dell’esistenza contemplativa certosina.
Un ruolo fondamentale, da questo punto di vista, deve essere riconosciuto proprio al menzionato John Luscote, il primo priore della certosa londinese, la cui importanza, nei primi anni della fondazione è pari a quella riconosciuta a Hugh di Avalon a Witham. Dopo la morte di Northburgh, è Luscote a contattare Manny, incoraggiandolo a riprendere il suo progetto; Luscote, poi, supera una serie di ostacoli posti sulla sua strada dagli oppositori del nuovo convento. Nemmeno il fallimento di Manny nel dare inizio alla costruzione scoraggia il nuovo priore; al contrario, grazie alla sua nota determinazione, egli crea dei rifugi di fortuna e recluta monaci da altre certose. Questi eventi sono confermati dal registro del monastero, e la dipendenza di Manny da Luscote è supportata dall’affermazione del registro secondo cui il primo rifiuta di procedere con la certosa, a meno che il Capitolo Generale non avesse assolto Luscote dai suoi doveri a Hinton e gli avesse permesso di diventare il priore della nuova fondazione.
Pertanto, John Luscote sembra aver svolto un ruolo altrettanto importante nella fondazione della certosa di Londra quanto i due uomini solitamente identificati come i suoi fondatori ufficiali; nonostante i suoi sforzi, tuttavia, rimaneva ancora molto lavoro in sospeso, con particolare attenzione per la costruzione degli edifici monastici. L’alloggio temporaneo organizzato per i monaci risulta inadeguato, e, per questa ragione, Luscote si allea con potenti mercanti londinesi, la cui ricchezza ed iniziativa permette l’inizio della costruzione permanente. Uno di essi è Sir William Walworth, una figura di spicco sia nel commercio che nella politica di Londra, che apparteneva ad una influente corporazione cittadina ed aveva ricoperto importanti incarichi nel governo della città.
Durante il regno di Edoardo III, Walworth organizza importanti prestiti al re da parte di facoltosi londinesi, contribuendo personalmente con del denaro; come indica la sua capacità di prestare grandi somme alla Corona, Walworth è certamente una figura che dispone di mezzi finanziari considerevoli. Il suo patrimonio viene accumulato grazie ad un’ampia gamma di attività commerciali, che si aggiungono al commercio del pesce. I monaci della certosa di Londra, dunque, si possono considerare fortunati ad avere il suo patrocinio proprio nel momento in cui il piuttosto costoso compito di costruire le celle richiede un considerevole supporto finanziario.
Stando al suo testamento, Walworth lascia terreni ed altre proprietà per l’assegnazione di cappelle nella chiesa di San Michele, presso Crooked Lane: durante la sua vita, egli finanzia la ricostruzione del coro e dei transetti della chiesa menzionata, e copre i costi di una nuova cappella a sud. Walworth finanzia, inoltre, una cappella presso St Michael’s, chiamata ‘Fishmongers’ aisle’, in cui viene poi sepolto alla sua morte, avvenuta nel 1385. Inoltre, egli fonda anche, all’interno della chiesa, un collegio composto da un maestro e nove cappellani, e la generosità di Walworth verso St Michael’s dimostra che la certosa non era l’unico o principale destinatario della sua carità. Tuttavia, le sue beneficenze si dimostrano decisamente necessarie al convento certosino, le cui strutture non sono state adeguatamente garantite da Sir Walter Manny. Il suo esatto contributo alla certosa londinese, tuttavia, non può essere quantificato in termini monetari precisi, in quanto il registro non annota l’importo esatto che egli ha donato a questo scopo.
La seconda figura di spicco è John Lovekyn, che contribuisce al costo di costruzione delle celle D, G, H e J attraverso il suo esecutore Walworth; anche lui appartiene alla medessima corporazione di Walworth, e la sua carriera segue una traiettoria simile. Anche Lovekyn, in effetti, è molto attivo nel governo civico, e ricopre importanti cariche pubbliche, tra cui quella di sceriffo, assessore e, sindaco; come responsabile dell’amministrazione cittadina, Lovekyn viene coinvolto nei primi sviluppi della certosa di Londra. Egli è infatti presente con gli ufficiali ed altri importanti cittadini di Londra nel 1349, presso il cimitero della peste di Manny , e tale connessione con il progetto originario sembra suggerire la possibilità che sia stato l’entusiasmo di Lovekyn ad ispirare il suo apprendista ed associato, Walworth, ad interessarsi al progetto che sarebbe eventualmente diventato la certosa.
In effetti, la relazione tra Lovekyn e Walworth è indubbia, ed il secondo aveva appreso il suo mestiere proprio sotto la guida del primo, e segue le orme del suo maestro in molti altri ambiti. Alla morte di Lovekyn, Walworth succede al suo seggio come assessore del quartiere di Bridge e sembra anche aver preso in carico l’attività di Lovekyn; più significativo, poi, è il modo in cui Walworth emula le altre pie beneficenze di Lovekyn. La chiesa di San Michele, menzionata in precedenza, era stata in precedenza la beneficiaria della generosità di Lovekyn.
Tuttavia, ci sono prove rilevanti che mostrano come improbabile che il sostegno di Walworth alla certosa fosse la diretta conseguenza dei desideri o dell’esempio del suo maestro; quello che è chiaro, tuttavia, è che fin dall’inizio la certosa gode del patrocinio dei cittadini più in vista della città, ed in particolare delle corporazioni più influenti della città di Londra. In questo modo, diventa possibile coprire i significativi costi legati all’enorme lavoro di costruzione che i fondatori avevano lasciato incompiuto e sotto-finanziato.
Vita quotidiana nelle Certose Inglesi nel XV secolo
Per diverso tempo la fonte principale di informazioni sulle certose inglesi è stata l’opera magistrale, menzionata in precedenza, di E. Margaret Thompson, The Carthusian Order in England, pubblicata nel 1930. Si tratta di un ammirabile studio di una devota laica anglicana, che però non era una storica professionista, e non si sentiva in dovere di disturbare i certosini inglesi della certosa di St Hugh con le sue domande. L’unico ulteriore contributo notevole prima dell’indagine di David Knowles sugli ordini religiosi inglesi fu La Riforma e la Vita Contemplativa: Uno Studio del Conflitto tra i Certosini e lo Stato, di David e Gervase Mathew, più ampio rispetto allo studio della Thompson, che cercava di collocare il destino dei certosini inglesi nel contesto più ampio dei primi decenni della Riforma Protestante. Nonostante la sua eloquenza, tuttavia, anche quest’opera denota delle limitazioni, determinate dalle fonti disponibili all’epoca.
Esiste, poi, una certa quantità di prove documentarie che illustra la vita quotidiana delle nove certose inglesi medievali; si nota, a tale proposito, che gli archivi e le biblioteche inglesi sono state esaminati a fondo da Carol B. Rowntree nella sua impressionante tesi di laurea presso l’Università di York. Si tratta di Studi sulla storia certosina nell’Inghilterra medievale tardiva, che si riferisce, in particolare, ai rapporti dell’ordine con la società secolare. Tale ricerca, tuttavia, è stata completata poco prima che venisse avviato l’importante progetto di pubblicazione degli atti del Capitolo Generale certosino nel 1982.
Le chartae del Capitolo Generale certosino, convocato annualmente alla Grande Chartreuse il lunedì della terza settimana dopo l’Ottava di Pasqua, contengono registrazioni per le certose inglesi fino alla loro soppressione verso il 1540. Lo stesso documento, poi, contiene anche avvisi isolati riguardanti i certosini inglesi nelle liste dei decessi anche per un considerevole periodo successivo. Questi documenti offrono un’importante visione dello stato dell’osservanza, e registrano il movimento dei monaci da una casa all’altra, unitamente alle sanzioni ed alle note emesse nei confronti dei trasgressori della regola certosina, nota come ‘Consuetudines Carthusiae’. Queste ultime sono state redatte tra il 1121 ed il 1128 da Guigo I, quinto priore (e superiore) generale dell’ordine.
L’osservanza certosina, del resto, era garantita da visite regolari che si tenevano con una cadenza minima di due anni, e poteva essere svolta da visitatori provenienti da certose dell’Europa continentalie; si tratta, in generale, di priori o loro delegati delle altre case dell’ordine che riportano le loro osservazioni alle autorità centrali della Grande Chartreuse. Questo meccanismo permette di tenere sotto controllo anche quanto accade nelle province lontane dalla casa madre, situata in Francia, anche se i priori inglesi erano esentati dalla partecipazione al Capitolo Generale a causa della notevole distanza rispetto alla Grande Certosa.
Si osserva, a tale proposito, che la qualità e l’ambito dei manoscritti sopravvissuti variano notevolmente, e, nei casi in cui la copia originale realizzata alla Grande Chartreuse durante o subito dopo il Capitolo Generale è sopravvissuta, è disponibile un testo completo ed affidabile. Gli altri manoscritti, generalmente contengono informazioni parziali, come i decessi, le ordinanze generali e le esortazioni, unitamente alle disposizioni per una specifica provincia certosina. Si tratta di copie parziali, composte velocemente, e che spesso vengono realizzate da scribi la cui competenza è chiaramente limitata.
Si consideri, a tale proposito, Dom Jean Chauvet, morto nel 1667, un monaco professo (che aveva emesso i voti definitivi) della Grande Chartreuse, e che era anche una sorta di scriba; egli trascrive numerosi estratti dalle chartae, ma a volte egli diventa selettivo nel materiale che raccoglie. Con maggiore frequenza, inoltre, la perdita di documenti rende impossibile una maggiore completezza, anche se la sua competenza rimane, tuttavia, indubitabile. Le collezioni di Dom Chauvet, in effetti, rimangono una delle principali fonti per l’Ex chartis capitulorum generalium ab initio usque ad annum 1951, di Dom Maurice Laporte, distribuito alle case dell’ordine, oltre che a diverse importanti biblioteche nel 1953.
Questa pubblicazione, in effetti, non denota particolari tentativi di offrire un testo critico, e nella prefazione si possano trovare riferimenti relativamente vaghi al materiale originario. Attualmente, tutte le chartae per il XV e XVI secolo sono disponibili in stampa, insieme agli estratti di Dom Chauvet, fino al 1658; si osserva l’importanza, in particolare, di due collezioni. Si tratta del Manoscritto di Londra, conservato presso la Biblioteca del Palazzo di Lambeth, noto come ‘MS 413’. Il secondo manoscritto, invece, è costituito da OBL, e noto come ‘Rawlinson MS D. 318’.
Entrambi sono destinati alla Provincia Angliae, e vengono usati sia da Margaret Thompson in alcuni capitoli della sua opera, che da Carol Rowntree nella sua dissertazione. Anche se nessuno dei manoscritti offre un testo di prima qualità, il secondo appare di particolare interesse. In effetti, il Rawlinson MS D. 318’ contiene numerose questioni sollevate dalle certose inglesi riguardo a vari dubia, in particolare nei libri liturgici, insieme alle risposte inviate dalla Grande Chartreuse.
Il livello dell’osservanza delle certose inglesi, del resto, non sembra essere stato particolarmente elevato; nel 1412 un Priore della certosa di Londra chiede il permesso di celebrare una Festa della Madonna ogni settimana, ma viene costretto a conformarsi agli usi dell’ordine, sebbene una Festa in onore della Santissima Trinità fosse concessa annualmente. L’anno successivo il Priore di Witham avanza la richiesta di poter celebrare un ufficio liturgico speciale per la Beata Vergine, ma viene rimandato alla risposta negativa dell’anno precedente.
Per il 1414 non si hanno registrazioni per la provincia inglese, mentre nel 1416 il Capitolo Generale osserva seccamente che: ‘De domibus prouinciae Angliae quia nihil miserunt ad Capitulum, non potuit Capitulum ordinare conuenienter.’, ovvero ‘Quanto alle case della provincia d’Inghilterra, poiché non hanno inviato nulla al Capitolo, il Capitolo non ha potuto ordinare (nulla) in maniera conveniente’. Nel 1417, tuttavia, le autorità centrali certosine stabiliscono che uno dei Visitatori era atteso alla Grande Chartreuse di persona solamente negli anni bisestili.
Nel 1420, poi, un membro della comunità di Londra viene rinchiuso nella prigione monastica, ed il Priore di Sheen viene ammonito a conformarsi agli usi liturgici dell’ordine; per questa ragione, si controllan che egli possedesse sufficienti libri liturgici per conformarsi all’ordine ricevuto. Due anni più tardi, la questione dell’uniformità liturgica viene nuovamente sollevata, e si prendono accordi per arbitrare le dispute in cui sono coinvolte le certose di Hull e Axholme. Viene altresì riferito che un monaco straniero doveva essere trasferito dalla certosa di Londra al clima italiano e soleggiato a cui egli era abituato, in quanto egli non riusciva ad abituarsi alla cucina inglese e la sua salute stava risentendo del clima.
Nel 1423 la Provincia Inglese viene esortata ad inviare un rappresentante per l’anno successivo, poiché le rotte vengono considerate sicure; il Priore di Hull era comunque atteso di persona, e deve accogliere un membro della sua comunità che ha trascorso diversi anni in prigione alla Grande Certosa. Si tratta del monaco incarcerato nel 1420, che si considera notevolmente in arretrato con i costi.
La pazienza del Capitolo Generale sembra essersi esaurita nel 1423, anno in cui il Definitore accusa i monaci della certosa di Coventry di introdurre uffici speciali per la Vergine Maria, e minaccia i disobbedienti con tre astinenze a pane e acqua. Il Priore di Hull non sembra essersi nemmeno presentato, in quanto egli era minacciato di essere privato della sua razione di birra e vino se non avesse pagato gli arretrati dei costi di detenzione del suo prigioniero alla Grande Chartreuse entro la fine di maggio dell’anno successivo.
L’intera provincia è stata anche criticata per non conformarsi alla sobrietà dell’abbigliamento consueto nell’ordine per quanto riguarda i loro servitori. Il Capitolo Generale del 1427 riporta una rivolta nella certosa di Witham, ed il sagrestano, insieme ad altri due monaci, vengono condannati a pene detentive con un’alimentazione ridotta; i ‘criminali’ sembrano addirittura aver ingaggiato un combattimento con il priore, mentre il povero prigioniero della certosa di Hull langue ancora alla Grande Chartreuse in attesa di essere riscattato dal suo priore. Secondo le disposizioni delle chartae per il 1429, un monaco di Gosnay deve essere restituito da Beauvale alla casa della sua professione sotto stretta sorveglianza, a spese della sua casa di provenienza. Nello stesso anno il Capitolo Generale si mostra sarcastico riguardo alla lamentela delle case inglesi di non aver ricevuto risposta alle loro richieste di informazioni, suggerendo di ingaggiare messaggeri migliori in futuro.
Nel 1432 il Capitolo Generale rifiuta ad un monaco di Coventry il permesso di trattenere dei libri, con la motivazione che in tal modo avrebbe commesso il crimine di possedere beni privati; nel 1435 viene registrata la morte del Fratello Guglielmo della certosa di Hull, ancora prigioniero alla Grande Chartreuse dal 1420. Per questa ragione, il Capitolo Generale accorda al ‘criminale’ un tricenarium, una serie di messe in suffragio della sua anima che si devono celebrare in tutte le case dell’ordine. Nel 1438, si evidenzia il sospetto dei certosini riguardo all’influenza negativa del sesso femminile sui solitari, quando viene negato il permesso di far entrare le donne nella chiesa di Mount Grace in occasione della sepoltura di un importante benefattore.
Nel 1441 un monaco della certosa di Londra, fuggito in precedenza dal monastero, viene minacciato di una prigionia severa se non si fosse comportato in modo soddisfacente, mentre il Priore di Hinton fu sollevato dalla sua carica dopo aver riparato con successo la sua certosa, in quanto le sue abilità edilizie sono richieste ad Axholme, dove viene trasferito come priore. Nel 1443 un monaco professo di Hinton che risiede presso la certosa di Bruges viene incarcerato per aver falsificato una lettera al Priore della Grande Chartreuse ed al Capitolo Generale dell’ordine. Tuttavia, gli viene data speranza che, se la sua sincera penitenza fosse diventata evidente, avrebbe dovuto solo sostenere la disciplina penale dell’ordine per i malfattori.
Da questi aneddoti sembra dunque che la vita quotidiana nelle certose inglesi fosse alquanto complicata; allo stesso tempo, si evince un rapporto ambivalente con le altre certose dell’ordine, ed in particolare con la casa-madre, che non esitava a minacciare o comminare sanzioni per uniformare le certose della Provincia Inglese alle altre.
La dissoluzione dei monasteri ed il destino della Certosa di Londra
I lavori della certosa, iniziati nel 1371, si protraggono a lungo, a causa delle difficoltà finanziarie di cui si è discusso in precedenza; in effetti, il complesso monastico viene completato solamente nel 1414. La vita della certosa di Londra, tuttavia, è relativamente breve, in quanto il convento viene chiuso nel 1537, nell’ambito della dissoluzione dei monasteri disposta dalla riforma anglicana. La comunità, tuttavia, non si arrende, e cerca di contestare tale decisione; la reazione di Enrico VIII non si fa attendere, ed i monaci sono assoggettati ad un duro trattamento. Molti di essi vengono lasciati morire di stenti, mentre il priore viene impiccato e smembrato; altri monaci, poi, vengono imprigionati, ed altri ancora vengono uccisi tre anni dopo; per questa ragione, si parla di ‘martiri della Certosa di Londra’.
Per quanto riguarda gli edifici, si osserva che in un momento iniziale la chiesa e la sala capitolare vengono protetti; allo stesso tempo, i commissari del Re vengono incaricati di gestire ampie aree della proprietà del complesso monastico. Le celle, costruite con fatica nel corso del XIV secolo, vengono usate come magazzini a partire dal 1542, anno in cui la proprietà viene trasferita alla corona inglese.
Tre anni più tardi, l’intero sito viene comprato da Sir Edward North, che trasforma il complesso in una residenza privata lussuosa; la chiesa viene demolita, ed al suo posto viene costruita l’entrata monumentale, mentre nel 1558 l’ex certosa viene usata dalla Regina Elisabetta I per preparare la sua incoronazione. Alla morte di North, il complesso viene acquisito dal Quarto Duca di Norfolk, Thomas Howard, che la rinomina ‘Howard House’. Nel 1570 egli viene arrestato ed imprigionato alla Torre di Londra, per poi essere posto agli arresti domiciliari presso l’ex-certosa, che viene modificata durante questo periodo. Il suo proprietario, in effetti, decide di costruire una terrazza, ma nel 1571 egli viene trovato colpevole di tradimento e condannato a morte nel 1572.
A questo punto, il complesso passa al figlio di Norfolk, Thomas Howard, il Primo Conte di Suffolk, ed il Re, Giacomo I, decide di riunire la Corte per tre giorni proprio presso l’ex-certosa, in occasione della sua prima entrata a Londra nel 1603. Nel 1611 il complesso passa a Thomas Sutton, del Lincolnshire, ed egli viene nominato responsabile delle terre settentrionali della proprietà; prima di morire, egli costruisce un ospedale sul sito dell’ex-monastero, noto come ‘King James Hospital’, ‘Ospedale del Re Giacomo’. Nel suo testamento, inoltre, egli lascia denaro sufficiente per il mantenimento di una cappella, dell’ospedale e di una scuola; le sue ultime volontà, tuttavia, vengono contestate, e si apre un caso giudiziario, che però non modifica quanto da egli disposto.
La scuola da lui fondata, la ‘Charterhouse School’, conosce un notevole sviluppo e diventa una delle istituzioni scolastiche pubbliche lopiù prestigiose. Nel 1872, tuttavia, la scuola viene trasferita negli edifici della parrocchia di Goldaming nel Surrey; di conseguenza, gli edifici dell’ex certosa ospitano la Merchants Taylor School, fino al 1933. A questo punto, nell’ex-convento si insedia la scuola di medicina ed ospedale nota come ‘St Bartholomew’, per poi ospitare successivamente la Barts and The London School of Medicine and Dentistry.
Gli edifici storici dell’ex-complesso monastico sono poi gravemente danneggiati nel corso della Seconda Guerra Mondiale, ma sono stati restaurati tra il 1950 ed il 1959, ad opera di Seely & Paget; tale restauro permette di riportare al loro antico splendore alcune parti del XVI e XVII secolo. Attualmente, la Certosa di Londra ospita un Museo, in cui viene testimoniata la storia del complesso, un Programma Educativo, dedicato alle scuole che desiderano conoscere le vicende della Certosa, ed una Piazza, che permette a chi lo desidera di sedersi e godere del paesaggio circostante.
La vita monastica certosina nel Regno Unito riprende grazie alla costruzione della Certosa di Parkminster, nel 1873, dedicata a St Hugh, che rappresenta l’unica casa certosina del Regno Unito attualmente attiva; la comunità composta da circa 26 monaci, ha il compito di portare avanti l’ideale certosino in seguito alla Riforma che ha cancellato le 12 certose pre-esistenti.
Link Consigliati
- Charterhouse.co.uk, The Charterhouse, London,
(https://www.charterhouse.org.uk/about-us/community-partnerships/the-charterhouse-london) - English Heritage, The Carthusian Order, (https://www.english-heritage.org.uk/visit/places/mount-grace-priory/history-and-stories/carthusians/)
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Luford, J.M., et al., Studies in Carthusian monasticism in the late Middle Ages, Brepols, 2008.
- Heale, M., Thomas More and the Defence of the Religious Orders in Henry VIII’s England, in The Historical Journal, 65(4), 2022.
- Green, S., The London Charterhouse, in Historian, (108), 2010.