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Oplitismo: dubbi e certezze
Le diverse innovazioni che interessarono la civiltà greca in età arcaica riguardarono anche l’ambito militare. Risale, infatti, a quella fase storica l’introduzione della riforma oplitica che bandì il protagonismo e l’ardimento eroico caratterizzanti il guerriero omerico, eleggendo come suoi princìpi la disciplina e la padronanza di sé.
Venne ritenuto valoroso non più il soldato dotato di coraggio che affrontava con furore bellico il nemico in un singolare tenzone, bensì colui che era capace di rimanere rigorosamente al proprio posto (μὲνειν εν τῇ ταξει) nei ranghi della falange. Se un combattente veniva fuori dalla fila in cui era posizionato, creava una falla che metteva a rischio l’intero esercito poiché la nuova tattica militare prevedeva che tutti si muovessero in maniera coordinata e coesa, garantendo con lo scudo protezione al compagno che si trovava immediatamente a sinistra.
Proprio dal nome dello scudo usato (ὅπλον) deriverebbe, secondo alcuni, la parola “oplita”. Come segnala Bettalli, l’ipotesi appare tuttavia fuorviante giacché il termine è molto generico, alludendo a qualsiasi attrezzo.
Non vi sono, invece, dubbi sull’aspetto di tale arma: essa, realizzata con legno di pioppo o di salice e rivestita a volte di bronzo, aveva una forma leggermente convessa con il diametro di circa novanta centimetri. Nella sua parte interna presentava una fascia bronzea che formava al centro un passante (πόρπαξ) nel quale infilare l’avambraccio sinistro fino al gomito e una cinghia di cuoio (ἀντιλαβή) che veniva afferrata dalla mano sinistra.
Il sistema di doppia imbracciatura era funzionale a distribuire il peso nel modo migliore, a consentire di impugnare contemporaneamente un’altra arma e anche a tenere lo scudo saldamente in posizione obliqua per schivare con più efficacia i colpi inferti dal nemico.
Gli opliti dell’Antica Grecia
Altra componente dell’armatura era il tipo di elmo bronzeo che i Greci chiamavano corinzio, il quale, pur essendo il migliore relativamente all’efficacia protettiva, presentava tuttavia delle criticità: era pesante da indossare e soprattutto non consentiva di vedere e sentire bene. Tali aspetti negativi impedirono che soppiantasse in maniera definitiva gli altri tipi di elmo che, invece, lasciavano scoperto il viso, come, ad esempio, il cosiddetto “insulare” e quello denominato “illirico”.
Il primo presenta sempre una cresta e ha una parte posteriore che si allunga gradualmente verso il basso per garantire maggiore protezione, mentre il secondo si connota per paragnatidi distinte che dalla calotta scendono verso il basso, come il piccolo paranuca.
Caratterizzavano l’oplita anche una lancia di circa due metri realizzata con legno di frassino o di corniolo e una spada corta che, però, veniva usata di rado, esclusivamente qualora la lancia non fosse stata utilizzabile. Più tardi comparve un ulteriore elemento: lo schiniere.
Tali informazioni sono state ricavate dal materiale archeologico: le armi, infatti, sono state rinvenute nei templi greci, dove venivano lasciate dai vincitori come offerte votive. I prodotti della ceramica greca risalenti al periodo compreso tra la fine dell’VIII e la metà del VII secolo a.C. raffigurano, inoltre, di frequente scene aventi come protagonisti gli opliti.
Molti citano a tal proposito anche il manufatto del 640 a.C. circa, noto come Olpe Chigi, nella parte superiore del quale sarebbe rappresentata una falange. Contro tale interpretazione sono stati sollevati dei legittimi dubbi poiché i guerrieri sono raffigurati con due lance. Altrettanto scetticismo ha incontrato la tesi che riconosce una scena di battaglia oplitica nella pittura parietale venuta alla luce nel 2006 durante gli scavi condotti in Focide nel santuario che a Kalapodi (Abai) fu dedicato ad Apollo nel VII secolo a.C.
A quel medesimo secolo risalirebbe anche un’altra testimonianza, in questo caso letteraria. Si tratta, nello specifico, dei versi (fr.11, 27-34 West) nei quali Tirteo esorta gli Spartani a combattere: Compiendo azioni gagliarde impari ciascuno a far guerra
né coperto dallo scudo se ne stia fuori tiro
ma entrando nella mischia corpo a corpo, con la lancia
o con la spada ferendo, annienti il nemico.
Appoggiando piede contro piede, scudo a scudo,
cimiero a cimiero, elmo a elmo
e accostandosi petto contro petto combatta contro il nemico
brandendo l’elsa della spada o la lancia.
Altri versi dello stesso poeta (fr.8, 35-38 West) sembrano, tuttavia, alludere a un tipo di combattimento misto nel quale gli opliti lottano insieme ad arcieri e soldati armati alla leggera:
E voi, privi di armi, sotto lo scudo di un altro
rannicchiandovi, con grosse pietre uccidete i nemici
oppure lanciate contro di essi giavellotti levigati,
stando da presso a quanti sono armati di tutto punto.
Oplitismo e società greca
Incertezze ancora maggiori dividono gli studiosi in merito al rapporto tra l’oplitismo e la crisi che investì l’aristocrazia in età arcaica. Secondo la ricostruzione che ha trovato il consenso più ampio, modificatisi gli ordinamenti militari, cambiarono di conseguenza anche gli ordinamenti della città.
Essendo, infatti, quello oplita un armamento accessibile anche agli strati meno abbienti della popolazione, un numero sempre crescente di persone ebbe la possibilità di offrire il proprio contributo in battaglia come fante, potendo chiedere conseguentemente una maggiore integrazione sociale e politica in cambio di questo servizio reso alla città.
L’oplitismo sarebbe, dunque, una delle cause del tramonto della vecchia aristocrazia dominante. L’adozione della nuova tattica militare rafforzò, inoltre, la coesione tra i membri della comunità, anche grazie all’addestramento collettivo a cui gli opliti dovevano necessariamente sottoporsi. Per tale scopo probabilmente fu pensato nel VII secolo a.C. il ginnasio, una struttura destinata alla preparazione fisica dei cittadini.
Una posizione differente è stata espressa da coloro che ritengono che la riforma militare sia stata, al contrario, una conseguenza dei cambiamenti sociali. Nel momento in cui si otteneva la concessione dei diritti politici, si era tenuti, infatti, all’impegno militare. Poiché, tuttavia, una fetta consistente di coloro che erano stati finalmente riconosciuti cittadini era impossibilitata economicamente a procurarsi l’armamento, si rese necessaria una riforma che, modificando il modo di combattere, consentisse di ovviare a questa difficoltà.
Nel corso degli studi ci si è interrogati anche sulle origini del fenomeno esaminato e, anche in questa caso, le risposte a cui gli storici sono pervenute non sono state univoche. Alcuni ne hanno individuato i prodromi nei regni del Vicino Oriente, altri nella civiltà micenea. La maggioranza tende, tuttavia, a giudicare più plausibile che si sia trattato di un’invenzione in gran parte originale dei Greci.
Ciò che è certo è che la struttura della falange oplitica fu adottata anche in seguito da altri popoli, fra i quali i Romani e i Cartaginesi. Quanto ai primi, di recente è stato ipotizzato che si ispirarono al modello di combattimento ellenico nell’età delle XII Tavole, ma appare probabile che sia stata determinante al riguardo la monarchia etrusca. Circa gli ordinamenti militari arcaici dei secondi le notizie in nostro possesso sono scarse e per di più indirette: dalle parole di Plutarco (Timoleonte, 27-28) e Diodoro Siculo (XVI, 80,2) si evince, ad esempio, che erano degli opliti i fanti che combatterono nel 339 a. C. nella battaglia del Crimiso.
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- Marco Bettalli, Un mondo di ferro: la guerra nell’antichità, Bari-Roma, Laterza, 2019.
- L. Breglia, F. Guizzi, F. Raviola, Storia greca, Napoli, Edises, 2015.
- M. Corsaro- L. Gallo, Storia greca, Firenze, Le Monnier Università, 2010.
- A.M. Snodgrass, Armi ed armature dei Greci, trad. it. C. Fasella, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1995.
- M. Sordi (a cura di), Guerra e diritto nel mondo greco e romano, Milano, Vita e Pensiero, 2002.