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La resistenza militare tedesca al regime nazista
Negli anni successivi alla sua elezione come Cancelliere del Reich, avvenuta dopo le elezioni del 1933, Adolf Hitler continua a riscuotere consensi e popolarità. Se tra i ceti più bassi a conquistare le folle è la promessa di risolvere la perenne crisi economica che aveva colpito la Germania dalla fine della Prima Guerra Mondiale, a fare presa tra gli ambienti aristocratici e militari è invece la prospettiva di un imponente riarmo dell’esercito e di un conseguente ampliamento dei confini del Reich.
E nel 1936 dalle parole si passa ai fatti: venendo meno alle condizioni del trattato di Versailles (1), il Führer ordina l’occupazione della regione demilitarizzata della Renania (2), diventata zona neutrale dalla fine della Grande Guerra, poi rivolge la sua attenzione all’Austria che nel 1938, sotto il peso delle pressioni tedesche, accetta di annettersi alla Germania tramite un referendum popolare. Nel medesimo anno dell’Anschluss (questo l’appellativo dato all’annessione dell’Austria) Hitler ingloba anche la regione cecoslovacca dei Sudeti (3), ottenendo il benestare di potenze straniere quali Italia, Francia e Inghilterra, convinte di scongiurare una nuova guerra in Europa assecondando le mire espansionistiche del Reich.
In concomitanza però dell’ennesima nuova aggressione, questa volta ai danni della Polonia nel Settembre 1939, in Germania nasce un’organizzazione segreta di resistenza al regime, la cosiddetta Orchestra Nera, con cui collaborano attivamente membri dell’Abwehr, il servizio d’intelligence del Reich, e importanti cariche della Wehrmacht (4), tra cui il Colonnello Henning Von Tresckow, figura chiave della futura opposizione militare al regime. Proprio tra i ranghi dell’esercito, con lo scoppio del conflitto mondiale e con le prime cocenti sconfitte subite nel 1942, l’insoddisfazione regna sovrana tra generali e colonnelli, non più convinti di sostenere una guerra di così ampia portata e non del tutto concordi con le strategie adottate al fronte.
Oltre a Von Tresckow, tra coloro che ritengono sia giunto il momento di fermare Hitler, emergono figure di spicco come Ludwig Beck, capo di stato maggiore dell’esercito fino al 1939, il feldmaresciallo Erwin von Witzleben, i generali Friedrich Olbricht ed Erich Fellgiebel, e Carl Friedrich Goerdeler, sindaco della città di Lipsia fino al 1937. Il loro obiettivo è sin da subito chiaro: uccidere il dittatore nazista e porre finalmente fine alla guerra firmando un armistizio con gli Alleati. Per farlo i cospiratori hanno bisogno di un ufficiale dissidente che sia all’apparenza un fervente devoto del Nazismo, che abbia la totale fiducia del Führer e che appartenga alla sua cerchia più ristretta per poterlo avvicinare con costanza. Secondo von Tresckow e Olbricht c’è un giovane ufficiale della Wehrmacht, appena rientrato dall’Africa, che potrebbe fare al caso loro: è il Colonnello Claus von Stauffenberg.
Il Colonnello Claus von Stauffenberg
Claus Schenk Graf von Stauffenberg nasce in un piccolo comune della Baviera il 15 Novembre 1907 da una famiglia aristocratica di fede cattolica. A diciannove anni Claus si arruola come volontario nei reggimenti di cavalleria di Bamberga, città nel nord della Baviera, ottenendo il grado di tenente quattro anni dopo. Nel 1933 l’ascesa al potere di Hitler lo incuriosisce e accoglie con entusiasmo, come del resto la maggioranza dell’esercito, la prospettiva di un futuro radioso per la Germania offerta dal Fuhrer.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale Stauffenberg partecipa in prima linea alle campagne militari più rilevanti: è in Polonia durante l’invasione del Settembre 1939, in Francia quando il paese transalpino, l’anno successivo, capitola nel giro di un mese di fronte all’inarrestabile avanzata nazista, e infine prende parte anche alla campagna di Russia avviata con l’operazione Barbarossa nel Giugno del 1941. È sul finire dell’anno seguente che venuto a conoscenza dei crimini perpetrati dal Nazismo ai danni degli ebrei e non solo, inizia a guardare con occhi diversi il regime di Hitler.
Le conseguenti disastrose sconfitte tedesche sui campi di battaglia, fra tutte quelle di Stalingrado e di El Alamein, lo persuadono che sia necessario terminare la guerra e porre fine alla dittatura nazista con lo scopo di salvare il suo Paese dalla distruzione. Inviato in Tunisia nel 1943 come primo ufficiale della 10° divisione Panzer, Stauffenberg rimane vittima di un attacco aereo della Royal Air Force, l’aeronautica militare inglese, in seguito al quale perde l’occhio sinistro, la mano destra e due dita della sinistra, ma non di certo la determinazione per fermare Hitler.
Rientrato in patria e terminata la convalescenza gli viene riconosciuto il grado di colonnello e l’anno seguente, per volere del generale Friedrich Olbricht, vice del Comandante della Riserva Friedrich Fromm, viene nominato Capo di stato maggiore proprio presso l’esercito territoriale di Riserva, la forza armata presente in tutta la Germania responsabile del ricambio di soldati al fronte per compensare il rientro di quelli feriti. E’ qui al Bendlerblock, sede di numerosi dipartimenti della Wehrmacht, tra cui quello dei Riservisti, che von Tresckow e Olbricht avvicinano Stauffenberg e, conoscendo la sua avversione nei confronti di Hitler, lo convincono a collaborare col gruppo di sovvertitori per uccidere il Führer e rovesciare il regime.
L’intuizione di von Stauffenberg: uccidere Hitler e sfruttare il Piano Valchiria per rovesciare il regime
Dopo aver fallito l’ennesimo attentato al Führer ad inizio 1943 durante un’esposizione di armi sovietiche vinte al fronte, i membri dell’Orchestra Nera decidono di riprovarci nel marzo dello stesso anno quando Hitler si reca a Smolensk, in Ucraina, per una visita alla base operativa dell’Heeresgruppe Mitte, il Gruppo D’Armate Centro impegnato sul fronte orientale russo, al cui comando ci sono il Maresciallo Gunther von Kluge e il colonnello von Tresckow. Proprio quest’ultimo, al termine della visita del Cancelliere, in accordo con gli altri cospiratori a Berlino, prepara una bomba al plastico nascosta in una cassa di cognac chiedendo al tenente Heinz Brandt, di ritorno col Führer sullo stesso aeroplano, di consegnarla per suo conto al generale Hellmuth Stieff, amico di vecchia data.
L’ordigno, salito a bordo con Hitler, forse a causa delle basse temperature per l’altitudine del volo, non esplode e il dittatore rientra sano e salvo nel suo quartier generale a Rastenburg, nella Prussia Orientale. Poco più di un anno dopo Stauffenberg, ormai punto di riferimento della resistenza tedesca, propone una nuova strategia d’intervento che prevede l’utilizzo del Piano Valchiria. Elaborato anni prima dal generale Olbricht, il Piano Valchiria prevedeva l’intervento dell’esercito territoriale di Riserva per reprimere possibili disordini o turbative interne al Reich, con lo scopo così di salvaguardare la stabilità e la sicurezza della Germania.
Stauffenberg intuisce che può servirsi delle forze riserviste per rovesciare la dittatura, e così dopo la sua nomina a Capo di Stato Maggiore modifica Valchiria aggiungendo, tra i casi di intervento, l’eventualità di un colpo di stato per mano di membri sovversivi del Partito Nazionalsocialista. L’idea infatti, messa a punto con Olbricht e Tresckow, è quella di assassinare contemporaneamente il Führer e il capo delle SS Heinrich Himmler, suo braccio destro e secondo uomo più potente del Reich, facendo poi credere che sia in corso un tentativo di sovvertimento del regime proprio da parte delle SS e del Partito Nazista.
A quel punto le forze armate della Riserva, ormai allertate, interverrebbero arrestando tutti i presunti sovvertitori nemici della Germania, per poi attendere l’arrivo della Wehrmacht, prendere definitivamente il totale controllo del Reich e infine costituire, nel più breve tempo possibile, un nuovo esecutivo con a capo Carl Goerdeler come nuovo Cancelliere tedesco. Le ultime due questioni, in merito al luogo e all’esecutore materiale dell’attentato, vengono risolte direttamente da Stauffenberg; è lui che, in qualità di Capo di Stato Maggiore della Riserva, avendo la possibilità di avvicinare spesso Hitler durante le riunioni militari, si propone di agire in prima persona. E decide di farlo dove il Führer si sente più al sicuro: nel suo quartier generale di Rastenburg, la Tana Del Lupo.
20 Luglio 1944, operazione Valchiria: Hitler vivo o morto?
Nel luglio del 1944 Hitler decide di trasferirsi stabilmente nel suo sorvegliatissimo quartier generale di Rastenburg, la Tana del Lupo, un immenso complesso di bunker, cunicoli sotterranei e campi minati, completamente immerso nelle foreste prussiane. È qui che nella stessa estate si tengono tutte le riunioni militari a cui partecipa anche Stauffenberg, incaricato di riportare le informazioni riguardanti le forze territoriali della Riserva.
Convocato alla Tana del Lupo per il 15 Luglio, il colonnello, affiancato dal suo aiutante, il tenente Werner von Haeften, è più deciso che mai ad agire, ma a causa della mancanza di Himmler l’attentato viene rimandato e a Berlino il generale Olbricht è costretto a ritirare l’ordine per la mobilitazione della Riserva, facendolo passare per una esercitazione. Ma l’operazione è solo rimandata di qualche giorno, perché Hitler programma un nuovo incontro per il 20 Luglio e la presenza di Stauffenberg è nuovamente richiesta. Per lui e per gli altri cospiratori, sulle cui tracce c’è già la Gestapo (5), questa è davvero l’ultima possibilità.
La mattina del giorno prescelto, atterrato a Rastenburg con un volo proveniente da Berlino, Stauffenberg, affiancato sempre da von Haeften, si dirige al quartier generale dove è atteso prima da un colloquio con il Feldmaresciallo Wilhelm Keitel, poi dalla riunione col Führer, fissata per l’ora di pranzo per poter accogliere nel pomeriggio il Duce d’Italia Benito Mussolini. Terminato il primo incontro, il colonnello chiede di potersi cambiare a causa del clima afoso ed essere così impeccabile al cospetto del Cancelliere, ma è chiaramente un espediente per preparare i due esplosivi che porta con sé nella valigetta.
Stauffenberg e von Haeften hanno però pochissimo tempo a disposizione prima dell’inizio della riunione: chiusi nella toilette riescono ad attivare la spoletta a tempo della prima carica, ma non quella della seconda perché vengono interrotti dai veementi richiami del sergente maggiore Vogel che, comunicandogli l’arrivo del Führer, gli intima di uscire. Il secondo esplosivo non viene quindi attivato e von Haeften, per non farlo ritrovare, lo nasconde tra le sue carte.
Diretto alla riunione con una sola carica al plastico pronta ad esplodere in trenta minuti, forse anche prima per le eccezionali temperature estive, Stauffenberg si rende conto di un altro grande imprevisto: a causa del gran caldo il vertice tra Hitler e i suoi generali non avverrà come al solito in un bunker di cemento armato, luogo ideale nei piani dei cospiratori per amplificare l’effetto di una deflagrazione, bensì nella Sala Conferenze, una struttura completamente in legno, dotata di numerose finestre, oltretutto lasciate aperte per un maggior ricircolo di aria.
Stauffenberg sa che in queste condizioni l’esplosione di una sola carica potrebbe non bastare, ma ormai non può più tornare indietro; giunto alla baracca a riunione già iniziata, il colonnello riesce comunque a guadagnare una posizione di vicinanza al Führer, al quale, come da programma, deve esporre le sue strategie riguardo l’utilizzo dell’esercito di riserva per ostacolare l’avanzata russa in Polonia. Poi, posizionata la valigetta sotto al tavolo, dopo appena dieci minuti dal suo arrivo esce dalla stanza con la scusa di una telefonata urgente, lasciando però il cinturone e il copricapo dell’uniforme per far supporre un suo immediato ritorno.
Uscito dalla struttura il colonnello raggiunge von Haeften, già intento a dare indicazioni all’autista che deve portarli all’aeroporto, quando all’improvviso un violento boato li fa trasalire: la bomba è esplosa. Immediatamente il generale Erich Fellgiebel, membro della resistenza, nonché responsabile delle comunicazioni alla Tana del Lupo, si mette in contatto con Olbricht a Berlino per dare la notizia dell’attentato, ma la telefonata è disturbata e i congiurati, non avendo certezza della morte del Führer, non danno il via a Valchiria, perdendo così tempo prezioso. Intanto nella Sala Conferenze, completamente distrutta dall’esplosione, tra il fumo denso e i generali feriti si fa largo, sorretto da due tenenti accorsi in aiuto, un uomo incredibilmente quasi incolume: è il Führer Adolf Hitler, miracolosamente scampato all’attentato.
Fallimento dell’Operazione Valchiria
Nei momenti immediatamente successivi all’esplosione, l’auto su cui viaggiano Stauffenberg e von Haeften sfreccia a tutta velocità verso il posto di controllo che precede l’uscita dal quartier generale, all’interno del quale l’allerta è ormai ai massimi livelli. Per vincere la diffidenza del sottufficiale di guardia, restio a lasciarli passare, Stauffenberg telefona ad un suo conoscente alla Riserva, il capitano Leonhard von Mollendorf; quest’ultimo, completamente ignaro di ciò che è appena accaduto, ritenendo il colonnello e il suo aiutante fidati servitori del Reich li autorizza a lasciare la Tana del Lupo.
Mentre i due vengono accompagnati alla pista di Rastenburg, dove ad attenderli c’è un aereo messo a loro disposizione dal generale Eduard Wagner, altro membro della resistenza, Erich Fellgiebel, per far guadagnare più tempo possibile ai congiurati a Berlino, isola la Tana del Lupo bloccando tutte le comunicazioni in entrata e in uscita. Atterrati nella capitale nel primo pomeriggio, Stauffenberg e von Haeften si dirigono immediatamente al Bendlerblock, convinti che Hitler sia morto e che il colpo di stato sia già in corso.
Nella sede della Riserva, invece, apprendono con stupore che a causa delle frammentarie notizie ricevute e della poca intraprendenza di Olbricht non è stato dato il via a Valchiria. È quindi Stauffenberg stesso a confermare ai suoi che l’attentato è costato la vita ad Hitler. A quel punto, rinfrancati dalle parole del colonnello, i cospiratori decidono di agire e intimano a Friedrich Fromm, Comandante in capo della Riserva, di dare il via al Piano Valchiria e mobilitare le forze armate in risposta all’uccisione del Führer. Quello che però non sanno Stauffenberg e i suoi è che le linee telefoniche della Tana del Lupo sono state ripristinate in poco tempo e che Fromm, messo al corrente di ciò che è accaduto a Rastenburg dal Feldmaresciallo Keitel, sa con certezza che Hitler è ancora vivo.
Di fronte quindi al suo ostruzionismo Olbricht e Stauffenberg lo dichiarano in arresto e trasmettono il messaggio con la notizia della morte del Cancelliere a tutte le unità dell’esercito, della Riserva e ai distretti militari di tutto il Reich. Addossando poi la colpa dell’uccisione del Führer alle SS e al Partito Nazionalsocialista, per far credere che siano queste le forze sovversive che vogliono rovesciare il regime, danno il via al Piano Valchiria e ordinano alle truppe della Riserva di intervenire.
Al Bendlerblock però regnano caos e incertezza, perché all’auto proclamazione di Ludwig Beck come nuovo Cancelliere in sostituzione di Carl Goerdeler, fuggito dopo un mandato di arresto della Gestapo nei suoi confronti, seguono le prime insistenti voci su un attentato a Rastenburg a cui Hitler sarebbe sopravvissuto riportando lievi ferite ad un braccio e ad una gamba. Con il trascorrere delle ore Stauffenberg e i congiurati iniziano quindi a riscontrare sempre
meno adesioni alla loro causa. Nel frattempo tra i vari battaglioni di riservisti entrati in azione per le strade di Berlino, quello guidato dal maggiore Remer circonda l’abitazione del Ministro della Propaganda del Reich, Joseph Goebbles, con l’intenzione di arrestarlo per la cospirazione contro il Führer. Dopo aver messo in tasca una pasticca di cianuro per essere pronto a qualsiasi eventualità, Goebbles riceve il maggiore Remer e gli comunica che Hitler è ancora vivo e che la Riserva sta contribuendo, inconsapevolmente, all’attuazione di un colpo di stato e non alla sua repressione; per convincere definitivamente il maggiore, Goebbles si mette in contatto con la Tana del Lupo e lo fa parlare direttamente con Hitler.
Convintosi, Remer riceve un nuovo, perentorio, ordine: scovare e arrestare i veri cospiratori. Il successivo comunicato di Goebbles alla radio riguardo la sopravvivenza del Führer in seguito ad un attentato, fa crollare le ultime certezze di Stauffenberg e dei suoi uomini, lasciandogliene soltanto una, la più sinistra, e cioè che la loro morte è ormai prossima.
La repressione dei congiurati
A serata inoltrata al Bendlerblock, completamente circondato all’esterno dal battaglione di Remer, scoppia una rivolta di ufficiali ancora fedeli al Reich e nel conseguente scontro a fuoco Stauffenberg, ferito ad una spalla, e gli altri congiurati vengono arrestati e disarmati, ad eccezione di Ludwig Beck al quale viene concessa la possibilità di togliersi la vita con la propria pistola. Una volta liberato Fromm, tenuto prigioniero per un intero pomeriggio, Stauffenberg e i suoi, condannati a morte dal Comandante stesso, vengono portati giù nel cortile dove ad attenderli c’è un plotone di esecuzione disposto per la fucilazione.
Di fronte alle luci abbaglianti delle camionette i congiurati sfilano timorosi uno dopo l’altro e il primo a cadere sotto i colpi incessanti dei fucili è il generale Olbricht, seguito dal colonnello Mertz Von Quirnheim, responsabile del personale della Riserva. Poi arriva il turno di Stauffenberg, ma al momento degli spari il tenente von Haeften gli si getta davanti facendogli da scudo con il proprio corpo.
L’appuntamento con la morte per il colonnello Claus von Stauffenberg è soltanto rimandato di pochi secondi: nuovamente posizionato di fronte agli uomini del plotone, prima di essere crivellato dai proiettili riesce ad urlare le sue ultime parole: “Viva la sacra Germania”. Poco dopo la mezzanotte anche Hitler, come Goebbles qualche ora prima, si rivolge alla nazione tramite la radio annunciando di essere sopravvissuto all’ennesima congiura nei suoi confronti e di aver riportato solo lievi ferite.
Infine, prima di terminare il suo discorso, promette al popolo tedesco di scovare i traditori del Reich e di punirli in maniera esemplare. Alle prime luci dell’alba del giorno seguente il colonnello Henning von Trescow, inviato al fronte polacco nei mesi precedenti all’attentato, scrive e invia un’ultima lettera d’addio alla moglie, poi, pur di non essere preso dalla Gestapo, si fa saltare in aria portando alla testa una bomba a mano. Due settimane dopo a Berlino prende il via il processo farsa agli ultimi congiurati arrestati, al termine del quale l’iracondo giudice Roland Freisler emette più di duecento condanne a morte, tutte eseguite per impiccagione come ordinato dal Führer Adolf Hitler.
Frasi di Stauffenberg e von Tresckow
“E’ ormai tempo che si faccia qualcosa. Ma l’uomo che ne ha il coraggio deve agire sapendo di passare alla storia come un traditore della Germania. Se viceversa non agisce, tradirà la propria coscienza.” (Colonnello Claus Schenk Graf von Stauffenberg)
“Non è più questione di obiettivi pratici, ma di dimostrare al mondo e alla storia che, a rischio della propria vita, il movimento resistenziale tedesco ha avuto il coraggio di affondare il colpo decisivo. Tutto il resto non conta.” (Colonnello Henning von Tresckow)
Note
- Il Trattato di Versailles, firmato nel Giugno 1919 dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, tra i vari punti in programma imponeva pesanti limiti alla Germania in merito ad un eventuale riarmo dell’esercito.
- Regione Occidentale della Germania al confine con Francia, Belgio e Lussemburgo
- Regione che deve il suo nome alla catena montuosa dei Sudeti che si estende negli odierni territori di Germania, Polonia e Repubblica Ceca
- Le forze armate tedesche
- La polizia segreta della Germania Nazista.
Film Consigliato:
– Operazione Valchiria, regia di Bryan Singer, 2008
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Ian Kershaw, Operazione Valchiria, Bompiani, 2009.
- Philipp von Boeselager, Volevamo uccidere Hitler, Mondadori, 2009