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Il 25 luglio Hitler, informato della destituzione e dell’arresto di Mussolini, ordina di rintracciare il Duce e liberarlo, portandolo in Germania: è il Fall Eiche, in italiano Operazione Quercia. Convoca presso il suo quartier generale a Rastenburg, denominato la “Tana del lupo”, sei ufficiali scelti tra tutte le forze armate del suo paese i quali si presentano il giorno dopo. Tra questi c’è il capitano Otto Skorzeny del Sicherheitsdienst (SD, Servizio di Sicurezza), il servizio segreto delle SS. In virtù della sua maggiore conoscenza dell’Italia è lui il prescelto per l’operazione Quercia.
Al vertice dell’operazione c’è il generale Kurt Student, fondatore dei fallschirmjäger (i paracadutisti). Skorzeny agirà sotto il comando del generale. Al SD spetta il compito di individuare il luogo in cui è detenuto Benito Mussolini, ai paracadutisti la parte esecutiva: liberare il Duce.
Mussolini da Ponza alla Maddalena
Il 27 luglio Skorzeny, Student e il pilota personale di quest’ultimo, Heinrich Gerlach, partono per l’Italia in aeroplano. Appena arrivati a Roma, i due ufficiali informano della loro missione il capo della Gestapo Herbert Kappler.
La sera dello stesso giorno, Mussolini viene trasferito a bordo di un’automobile a Gaeta. Dopo la mezzanotte, una nave militare lo conduce all’isola di Ponza. Qui si trovano alcuni confinati politici, tra cui Pietro Nenni che riconosce Mussolini. A Ponza mancano i requisiti minimi di sicurezza. Così il 7 agosto il cacciatorpediniere “Pantera” lo porta sull’isola Maddalena, nel nord-est della Sardegna, presso la Villa Webber.
Seguendo alcune indicazioni dello spionaggio tedesco Skorzeny sbarca alla Maddalena con un sottoposto, il tenente Warger (che parla benissimo l’italiano), entrambi travestiti da marinai. Warger ha l’ordine di girare per le osterie fingendosi ubriaco e, durante una discussione da taverna, con un innocuo: “Scommettiamo che il Duce è morto?”, riesce ad avere l’informazione che cerca. Un ortolano del posto, che fornisce quotidianamente Villa Webber di frutta e verdura, accetta la scommessa e porta il tedesco, di sera, a vedere il Duce che passeggia in terrazza con la scorta. Skorzeny può preparare il suo piano.
Skorzeny e Warger salgono su un aereo Heinkel He 111 per fare una ricognizione sulla Maddalena, ma un’avaria li costringe all’ammaraggio (risulta totalmente fantasiosa la versione in seguito diffusa da Skorzeny dell’intercettazione e dell’abbattimento da parte di caccia inglesi). Mezz’ora più tardi i tedeschi vengono salvati da una nave della Marina italiana. Ma i naufraghi riescono a nascondere il vero scopo della loro missione e ben presto Skorzeny e Warger sono di nuovo liberi.
Student e Skorzeny vogliono agire subito ma vengono richiamati in Germania. Secondo informazioni fornite dall’Abwehr (il controspionaggio) dell’ammiraglio Wilhelm Canaris, Mussolini è sull’isola d’Elba. Skorzeny convince Hitler che l’Elba è una falsa pista e che il Duce si trova alla Maddalena.
Il trasferimento di Mussolini a Campo Imperatore
Skorzeny propone a Student un piano che prevede una finta visita di cortesia di una flottiglia di motosiluranti tedesche alle autorità italiane; finite le procedure d’etichetta, un’unità d’assalto della Kriegsmarine attaccherà Villa Webber per liberare Mussolini. Il capitano delle SS, però, non si cura affatto di un aspetto politico tutt’altro che secondario: il piano è a tutti gli effetti un atto di guerra contro un Paese alleato.
Nell’ultima ricognizione nei pressi di Villa Weber, Warger scopre che all’interno Mussolini non c’è. Non resta che annullare l’incursione nell’isola. Il 27 agosto, il giorno prima dell’attacco previsto da Skorzeny per la liberazione del dittatore deposto, un idrovolante della Croce Rossa lascia le acque della Maddalena con a bordo il prigioniero e il tenente dei carabinieri Alberto Faiola.
L’idrovolante ammara sul lago di Bracciano. Ad attendere Mussolini c’è il regio ispettore Giuseppe Gueli, ora responsabile della sua custodia. La nuova prigione è l’albergo Campo Imperatore, sull’omonimo altopiano del Gran Sasso, raggiungibile solo tramite la funivia che parte da Assergi. E’ un luogo difficile da raggiungere e facilmente difendibile, con i requisiti necessari per custodire un personaggio dell’importanza di Mussolini.
Gli è destinato l’appartamento 201, al secondo piano. Il maresciallo maggiore Osvaldo Antichi è la guardia addetta alla persona di Mussolini. L’edificio è sorvegliato da un corpo di guardia all’ingresso, dieci sentinelle sono disposte in altrettanti posti di guardia che circondano l’albergo come due anelli. La notte le guardie vengono raddoppiate. Vi sono poi pattuglie all’esterno.
I tedeschi individuano Mussolini
Herbert Kappler, il 6 settembre, intercetta un messaggio cifrato inviato al capo della polizia Carmine Senise da Gueli che definisce Campo Imperatore “un fortilizio inespugnabile” e riferisce che attorno al Gran Sasso sono “ultimate le misure di sicurezza”.
L’8 settembre il capitano pilota della Luftwaffe Gerd Langguth sorvola insieme a Skorzeny la zona con un ricognitore e scattano alcune foto. Kappler, a sua volta, invia l’ufficiale delle SS Erich Priebke ad Assergi, il quale riferisce di strani movimenti che possono avvalorare il sospetto che Mussolini sia proprio lì.
Il generale Student incarica il capitano medico Leo Krutoff di recarsi a Campo Imperatore per un sopralluogo, con la scusa di dover organizzare la convalescenza nell’albergo di soldati tedeschi malati di malaria (questo almeno quanto viene detto all’ignaro ufficiale medico). Krutoff tuttavia, quando giunge nel paesino di Assergi per prendere la funivia, è bruscamente bloccato da alcuni carabinieri che gli spiegano che la zona del Gran Sasso è dichiarata “zona militare”, quindi è impossibile salirvi.
Il generale Student convoca l’11 pomeriggio il maggiore Harald-Otto Mors, incaricandolo di elaborare un piano per liberare Mussolini il giorno seguente. L’audace piano prevede l’atterraggio sul pianoro di alcuni alianti DFS 230, lo Storch (cicogna), con una compagnia di paracadutisti vicino l’albergo. L’operazione è supportata da una colonna di terra per aiutare gli altri se ce ne sarà bisogno. Il compito di Skorzeny è ufficialmente finito, ma il capitano non vuole restarne fuori. Skorzeny è aggregato come semplice osservatore, dato che è il tenente Georg von Berlepsch a comandare l’azione degli alianti.
Operazione Quercia: il coinvolgimento del generale Soleti
L’operazione scatta alle 3 antimeridiane del 12 settembre, quando una colonna motorizzata agli ordini del comandante responsabile Mors si muove da Frascati alla volta di Assergi. La partenza dei 12 alianti DFS 230 della 2° Fallschirmjäger-Division è prevista per le 12:30 da Pratica di Mare. Un improvviso bombardamento alleato sull’aeroporto danneggia una grande pista di decollo, ma senza conseguenze per gli aerei a terra. L’allarme cessa pochi minuti prima delle tredici.
Gli aerei che trainano gli alianti sono agli ordini del tenente Johannes Heidenreich. Dato il limitato spazio a disposizione per l’atterraggio, sui pattini degli alianti vengono incastrati dei rotoli di filo spinato, per creare un forte attrito col suolo.
Karl Radl, sottufficiale tedesco delle SS e stretto collaboratore di Skorzeny, ha la brillante intuizione di coinvolgere il generale del Corpo degli agenti di polizia Fernando Soleti al fine della buona riuscita dell’operazione Quercia. Prelevato dalle SS nel suo ufficio al Viminale, Soleti viene condotto a Pratica di Mare dal generale Student. Dopo esser stato invano interrogato sul luogo di detenzione di Mussolini, il generale è costretto ad imbarcarsi come ostaggio sugli alianti dei paracadutisti tedeschi che vanno a liberare Mussolini sul Gran Sasso. Soleti, disarmato e riluttante, sale sull’aliante con Skorzeny.
Operazione Quercia: il telegramma di Senise
Rodolfo Biancorosso, prefetto dell’Aquila, telefona a Gueli: vuole vederlo alla base della funivia del Gran Sasso. Gueli scende alla stazione di base della funivia. Il prefetto Biancorosso gli comunica di prevedere un attacco all’albergo: farà, perciò, bene a condurre Mussolini altrove. Più tardi, Gueli riceve una telefonata dal questore dell’Aquila, che gli legge questo telegramma da Roma: “Raccomandare ispettore reale Gueli massima prudenza. Capo polizia Senise”. Gueli e Senise in futuro affermeranno che il significato del telegramma è che l’ordine di uccidere Mussolini in caso di attacco è revocato.
Secondo i testimoni presenti quel giorno per il 12 è previsto l’allontanamento di Mussolini da Campo Imperatore. A confermare ciò, la presenza del maestro di sci Domenico Antonelli e l’arrivo di alcuni pastori locali. Inoltre, l’11 le due mitragliatrici poste sul tetto dell’albergo sono portate in cantina e i cani sono rinchiusi.
L’esecuzione dell’operazione Quercia
Durante il volo di avvicinamento l’aereo che rimorchia il DFS con Otto Skorzeny, pilotato dal tenente Elimar Meyer-Wehner, si trova, dalla quarta posizione che ha al decollo, a essere in testa alla formazione, dato che i primi tre Storch virano per guadagnare quota e si accodano alla formazione, ma non quello col capitano SS a bordo. E così si trova davanti all’aliante dove c’è invece il tenente Georg von Berlepsch, comandante dell’unità d’assalto alla quale Skorzeny è aggregato con espresso divieto da parte di Student di esercitare il grado.
Alle ore 14 gli alianti atterrano vicino l’albergo. Gli italiani, colti di sorpresa dalla fulmineità dell’azione e da ordini a dir poco contraddittori da parte dell’ispettore Giuseppe Gueli, non reagiscono. Il generale Soleti, facendosi riconoscere dai carabinieri che presidiano la fortezza sul Gran Sasso, intima loro di non sparare. I soldati italiani restano totalmente disorientati dalla presenza del generale.
Skorzeny, disattendendo gli ordini ricevuti, si fa avanti per essere il primo a vedere Benito Mussolini, arriva alla porta della camera del Duce e spinge via un paracadutista che, rispondendo a un preciso ordine di Student, lo ha preceduto. Skorzeny saluta per primo Mussolini, nonostante si sia accordato con Student di rimanere solo come osservatore. Viola anche gli ordini che vietano persino di scendere in picchiata, cosa che lui ha imposto a Meyer-Wehner, scompaginando la formazione e costringendo due alianti ad andare a sbattere contro le rocce circostanti. I tedeschi sistemano la radio sul tetto dell’albergo. Dalla radio viene dato il segnale che l’albergo è in mani tedesche, il “Duce d’Italia” è vivo e non ci sono vittime.
Se sul rifugio non c’è praticamente nessuna reazione da parte italiana, ad Assergi invece perdono la vita due militari, gli unici che non si sottraggono al loro dovere in quella circostanza. Il primo è la guardia campestre Pasqualino Vitocco, che cerca di avvisare i carabinieri della presenza della colonna tedesca e viene ucciso con una raffica di mitragliatrice dopo che gli è intimato l’alt. Morirà il giorno dopo all’Ospedale Civile dell’Aquila.
La seconda vittima è il carabiniere Giovanni Natale che, di guardia nella stazione intermedia della funivia, visti arrivare dei soldati tedeschi, tenta una reazione ma viene colpito a morte. Intanto il maggiore Mors, il comandante e responsabile dell’intero Lehrbataillon impegnato nelle due fasi aerea e terrestre, raggiunge l’albergo in quota con la funivia.
Mussolini è liberato da Campo Imperatore
Dopo qualche foto, Mussolini deve ripartire con il capitano della Luftwaffe Gerlach su uno Storch, aereo a decollo e atterraggio breve, portato sull’altipiano dallo stesso capitano. L’aereo può trasportare solo un passeggero, soprattutto in partenza da una pista di decollo così corta, per questo ne è stato previsto un altro per trasportare l’ufficiale accompagnatore, che viene designato in Skorzeny, secondo i suoi espressi desideri. Il secondo aereo però non riesce ad atterrare. Skorzeny, nonostante il suo peso non indifferente, riesce ugualmente a ottenere il permesso da Mors e dal pilota di poter salire sullo Storch.
La pista è troppo corta così Gerlach, abile pilota, decide di far trattenere le ali dello Storch da alcuni soldati fino a raggiungere il massimo regime del motore. A un segnale, lasciato libero, l’aereo scatta in avanti verso il burrone. Scompare per qualche momento nell’abisso, ma poi lo si vede da lontano mentre si alza verso il cielo. A Pratica di Mare, dove atterra, Mussolini è imbarcato su un Heinkel He 111 che lo porta a Vienna, e poi a Monaco. Il 14 settembre, a Rastenburg, incontra Hitler.
Nonostante il rapporto di Mors, suffragato in tutto e per tutto da quello del generale Student, cui Hitler ha assegnato il compito di liberare Mussolini, sia riconosciuto come autentico e veritiero in tutte le fasi e sin dagli anni cinquanta dagli stessi servizi segreti americani, Hitler dà invece il merito a Skorzeny, cui affida in seguito simili e difficili imprese, che lo fanno conoscere come “l’uomo più pericoloso d’Europa”.
La liberazione di Mussolini
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- Marco Patricelli, Liberate il Duce. Gran Sasso 1943: la vera storia dell’Operazione Quercia, Hobby & Work Publishing, 2010.
- Giuseppe Quilichini, Gran Sasso d’Italia 1943. Mussolini prigioniero a Campo Imperatore, Italia Editrice, 2014.