CONTENUTO
Storia della Battaglia d’Inghilterra: il racconto di come i piloti della RAF salvarono il destino di un’Europa ancora appesa sul filo del rasoio durante la Seconda guerra mondiale.
La preparazione della Battaglia d’Inghilterra
Dopo la resa della Francia nel giugno 1940, la Gran Bretagna rimase il solo avversario della Germania. Nonostante i due paesi fossero in guerra dal 3 settembre 1939, né Adolf Hitler né i suoi generali arrivarono mai a sviluppare piani d’invasione per le isole britanniche, sicuri che viste le precedenti politiche di appeasement del Premier Neville Chamberlain, i britannici sarebbero scesi a patti col Terzo Reich.
Combattere gli inglesi non era infatti negli interessi di Hitler, il quale, dopo aver umiliato la Francia, era ansioso di dichiarare guerra all’Urss per rivendicare lo “spazio vitale” della Germania verso l’Europa orientale. Per poter attuare l’operazione Barbarossa senza dividere le forze tedesche su due fronti era però necessario chiudere la partita con Londra il più in fretta possibile, ma l’ostinazione dei britannici e del loro Primo Ministro Winston Churchill a non scendere a patti con la Germania spinse HIitler a ordinare lo studio di un piano d’invasione della Gran Bretagna, impresa ardua che trova precedenti storici moderni nei galeoni colati a picco dell’ Invincibile Armata e nei piani di Napoleone Bonaparte.
Operazione Leone Marino
Il 16 luglio 1940 iniziano i preparativi per l’Operazione Seelowe (Leone marino), l’invasione dell’Inghilterra. Alla fine della campagna di Francia, la Wehrmacht non era minimamente preparata ad un’operazione anfibia su larga scala: gli stati maggiori fecero i salti mortali per radunare tutte le navi civili e militari disponibili nei porti tra la Schelda e la Senna e per addestrare decine di divisioni alle operazioni di sbarco.
A livello strategico il piano prevedeva varie ondate. La prima ondata costituita dalla 16° e dalla 9° armata del Gruppo di Armate A sarebbe partita dall’estuario della Schelda, sbarcando tra Folkestone e Brighton per poi avanzare verso l’interno, stabilendo un primo fronte tra la foce del Tamigi e Portsmouth. Contemporaneamente la 6° armata del Gruppo Armate B, sarebbe partita da Cherbourg per sbarcare nel South West per poi avanzare verso il fiume Severn. La seconda ondata avrebbe sbarcato il grosso delle forze corazzate mentre la terza e la quarta le divisioni restanti. Vi erano pero due problemi da risolvere prima di poter attuare l’invasione.
Nonostante l’esercito britannico fosse particolarmente ridotto e privo di grosse quantità di mezzi corazzati e pezzi d’artiglieria, la Royal Navy e la Royal Air Force erano perfettamente operative. Se il problema navale poteva essere risolto proteggendo le zone sbarco con campi minati mentre la Kriegsmarine avrebbe cercato lo scontro con le navi inglesi, il problema aereo risultava più delicato.
Per evitare attacchi alle truppe o alle navi impiegate nell’operazione era necessario che la Luftwaffe si assicurasse il controllo totale dei cieli sulla Manica prima dell’inizio delle operazioni, per poi aver campo libero per colpire liberamente obiettivi navali e terrestri del nemico. Hitler accettò questa variazione al piano originario e spostò l’inizio dell’operazione Seelowe alla metà di settembre, lasciando al ministro dell’aviazione Hermann Goering campo libero sulla gestione della preliminare offensiva aerea.
La battaglia d’Inghilterra: la Luftwaffe
L’attacco all’Inghilterra fu la prima grande campagna aerea a cui la Luftwaffe prese parte e mise in luce numerosi difetti tattici, organizzativi e tecnologici delle forze aeree del Reich, finora messi in ombra dagli Stukas in picchiata sui cieli d’Europa. Per quella che sarebbe diventata la “Battaglia d’Inghilterra” lo stato maggiore aveva a disposizione tre luftflotten, di stanza rispettivamente in Francia, Olanda e Norvegia per un totale di 2670 aerei, coadiuvati dai 180 velivoli del Corpo Aereo Italiano.
Svolgendo un ruolo offensivo, la Luftwaffe utilizzò sia caccia che bombardieri, ma dovette fare i conti con numerosi problemi legati alla distanza dagli obiettivi e alla performance di volo. Il Messerschmitt BF-109, caccia di punta tedesco, nonostante fosse dotato di cannoncini da 20mm, più efficaci delle mitragliatrici montate sugli aerei inglesi, risultava lento inoltre, tenendo conto del viaggio d’andata e di ritorno, poteva battersi coi caccia inglesi per soli venti minuti, dopo i quali era obbligato a ritornare alle basi di partenza. Il loro sistema radiofonico era poi di scarso livello, tanto che spesso era impossibile comunicare con essi dalla base.
I bombardieri non erano abbastanza armati per potersi difendere autonomamente e pertanto fu necessario affiancare ogni velivolo con due caccia di scorta, in questo modo non più di 400 bombardieri potevano levarsi in volo in una giornata. La Luftwaffe ebbe poi informazioni sbagliate sull’efficacia sul numero e sull’ubicazione delle unità nemiche, a causa dell’inefficacia del servizio segreto dell’aviazione, diretto dal maggiore Schimd, il quale basava i suoi resoconti su dati vecchi di diversi anni.
La battaglia d’Inghilterra: la Royal Air Force e i radar
Completamente diversa era la situazione del Regno Unito. Ritenendo di dover affrontare un’invasione dell’isola da parte del nemico, gli inglesi cercarono di migliorare il loro sistema difensivo, dando particolare importanza alla difesa aerea. Sir Hugh Dowding, comandante del Comando Caccia della RAF, sviluppò il “sistema Dowding”, il complesso sistema di difesa aerea su quale in quei giorni bui pendeva il destino dell’Inghilterra.
La difesa dell’isola fu affidata strategicamente a varie Brigate aeree, ognuna assegnata ad un settore diverso, fra tutte fu l’11° Brigata del Vice-Comandante Keith Park, responsabile dell’area di Londra e del Sud-Est, sulla quale ricadde il peso maggiore della battaglia. in totale furono circa 700 i caccia in dotazione alla RAF, quasi tutti moderni Supermarine Spitfires e Hawker Hurricane. Ruolo fondamentale era svolto dalle decine di stazioni radar installate su tutto il litorale britannico, che permettevano di individuare la direzione da cui sarebbero sopraggiunte le squadriglie nemiche, tecnologia di cui i tedeschi sottovalutarono il potenziale fino alla fine degli scontri.
Secondo il sistema Dowding, una volta captato il segnale dalle stazioni, le informazioni venivano inviate alla Sala Filtro del Comando Caccia, analizzate, rielaborate e poi passate alle Sale Operative che, dotate di mappe con segnate le posizioni delle varie squadriglie decidevano quanti caccia inviare contro il nemico e da quali settori. Importante fu poi l’azione dell’antiaerea che, nonostante abbia abbattuto un numero esiguo di aerei ebbe un effetto significativo sulla precisione dei bombardieri e sul morale dei piloti.
Attacco ai campi di aviazione
Nella prima fase della Battaglia d’Inghilterra, dal 3 luglio all’11 agosto 194, la kanalkampf, i tedeschi attaccarono i convogli inglesi sulla Manica, cercando di attirare la caccia inglese verso il mare, in attesa della grande offensiva programmata verso la metà di agosto. Il 13 agosto è l’Adlertag, il “giorno dell’aquila”, il primo grande attacco contro le basi aeree, le stazioni radar del sud-est dell’Inghilterra. Al mattino circa 1400 aerei provenienti dalla Francia causarono danni ingenti a causa dello spesso strato di nubi che ricopriva l’area degli scontri, l’attacco decisivo del pomeriggio non fu efficacie.
La Luftwaffe perse 45 aerei a fronte dei 13 britannici. Anche gli scontri del giorno successivo videro i difensori respingere gli assalti del nemico. Il 15 toccò alla squadriglia di stanza in Norvegia attaccare, ma le squadriglie dello Yorkshire abbatterono 25 bombardieri senza subire perdite, limitando di molto i danni dei bombardamenti. Lo stesso giorno nel sud-est infuriò uno scontro tra 200 aerei tedeschi e 170 caccia fatti sopraggiungere grazie al sistema dowding da 14 squadriglie differenti. I tedeschi persero 77 aerei, gli inglesi 34. Il 18 agosto, ritenendoli troppo lenti e poco utili, gli Junker Ju 87 Stuka furono ritirati dal fronte.
Nei giorni successivi gli attacchi della Luftwaffe proseguirono senza sosta, e i campo d’aviazione iniziarono a subire danni talmente gravi che spinsero lo stesso Dowding a prendere in considerazione la possibilità di spostare la basi dei caccia più a nord, inoltre più dell’80% dei piloti più esperti hanno perso la vita nei primi scontri.
I bombardamenti di Londra e la reazione di Churchill
Il 24 agosto Goering lanciò la sua seconda grande offensiva, concentrandosi sugli aeroporti della RAF vicino a Londra. Durante un raid aereo dei bombardieri sganciarono inavvertitamente le loro bombe sul centro della città, uccidendo decine di civili nei quartieri di Tottenham e London Wall. Furioso Churchill ordinò un’incursione aerea contro Berlino per il giorno successivo. Da quel momento in poi la città divenne uno degli obiettivi principali dei raid della Luftwaffe e dal settembre 1940 le più importanti città industriali subirono pesanti bombardamenti.
La prima città colpita fu Liverpool. Il 7 settembre 300 bombardieri e 600 caccia tedeschi attaccarono la zona industriale, devastando la città e facendo strage di civili anche Londra fu gravemente colpita quel giorno: 300 bombardieri puntarono sull’East End e sui docks lungo il Tamigi, uccidendo centinaia di civili e incendiando la città. Siamo nel punto più alto della battaglia d’Inghilterra: nonostante le grandi perdite, la Luftwaffe ha reso inservibili gran parte dei campi d’aviazione e le perdite della RAF, seppur minori di quelle tedesche, sono difficilmente sostituibili a causa delle incursioni sulle fabbriche di velivoli e il numero di piloti e aerei disponibili si abbassò drasticamente.
Le incursioni sulla capitale si intensificarono, sfruttando l’apparente indebolimento della RAF ma il 15 settembre gli Hurricanes e gli Spitfires inglesi si batterono spinti dalla forza della disperazione e causarono la perdita di 60 bombardieri tedeschi, i quali si ritrovarono senza copertura dei caccia e causarono danni poco rilevanti.
Fondamentale fu il contributo della squadriglia 303, composta da volontari polacchi, uno dei suoi membri Josef Frantisek fu l’asse della battaglia d’Inghilterra con 17 aerei nemici abbattuti Il 17 Hitler, ritenendo che la RAF fosse tutt’altro che sconfitta vista la strenua resistenza sui cieli di Londra decise di rimandare fino a nuovo ordine l’invasione dell’Inghilterra, rinviandola alla primavera del 1941 e facendo ritirare tutte le navi che erano state radunate.
I raid aerei della Battaglia d’Inghilterra
Se consideriamo la Battaglia d’Inghilterra come l’offensiva aerea preliminare alle operazione di sbarco dell’operazione Seelowe, potremmo darle un termine col 17 settembre 1940 ma in verità i raid di caccia e bombardieri soprattutto ai danni della capitale proseguirono fino al maggio 1941, con attacchi giornalieri e notturni che misero alla prova la tenacia dei londinesi, costretti a correre freneticamente nei rifugi antiaerei della metropolitana, mentre il cielo veniva illuminato dai riflettori e rimbombava dal grido delle sirene antiaeree.
La Battaglia d’Inghilterra terminò con 1733 aerei distrutti per la Luftwaffe e 915 per la RAF, 35.000 tonnellate di bombe sganciate e 32.000 morti fra i civili. Può essere considerata come la prima grande sconfitta strategica per la Germania durante la Seconda Guerra Mondiale e come una vittoria a seguito di strenua lotta per la sopravvivenza per sudditi di Sua Maestà.
I 3 libri consigliati da Fatti per la Storia
Hai voglia di approfondire l’argomento e vorresti un consiglio? Scopri i 3 libri consigliati dalla redazione di Fatti per la Storia sulla “Battaglia d’Inghilterra”, clicca sul titolo del libro e acquista la tua copia su Amazon!
- Basil Liddle Hart, Storia militare della Seconda Guerra Mondiale, Mondadori, 1990.
- Giuseppe Rasolo, Le grandi battaglie della Seconda Guerra Mondiale, Newton Compton Editore, 2014.
- Antonio Martelli, La battaglia d’Inghilterra, Il Mulino, 2016.
Commenti 1