CONTENUTO
Il 17 gennaio del 1991 gli Stati Uniti davano inizio all’operazione Desert Storm, in risposta al rifiuto di Saddam Hussein di ritirarsi dal Kuwait, invaso il 2 agosto del 1990.
Da Desert Shield a Desert Storm
L’invasione iraqena del Kuwait, al contrario di quanto pensava Saddam Hussein, provocò una netta reazione degli Stati Uniti e della comunità internazionale. Dopo pochi giorni, gli Stati Uniti infatti, grazie anche allo sforzo congiunto di oltre trenta nazioni, lanciarono l’operazione Desert Shield, volta a difendere l’Arabia Saudita da una potenziale invasione iraqena. La reale preoccupazione statunitense, in realtà, era la difesa dei pozzi petroliferi sauditi e kuwaitiani, che se fossero andati nelle mani di Saddam Hussein ne avrebbero fatto l’attore principale del mercato petrolifero, sconvolgendo completamente gli equilibri del Medio Oriente.
Sul territorio saudita vennero così dispiegati, tra l’agosto e il dicembre 1990, oltre 500mila soldati e decine di migliaia tra aerei e carri. L’operazione venne preceduta da diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, quali la 660, nella quale si sanzionava l’intervento militare iraqeno e si chiedeva l’immediato ritiro delle truppe, e la 661, con la quale vennero implementate pesanti sanzioni economiche al regime di Saddam Hussein, gravando principalmente sui consumi e sulle condizioni sanitarie della popolazione.
Nonostante ciò, l’esercito iraqeno non accennava a ritirarsi. Il 29 novembre 1990, una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU, la 678, dava il via libera all’utilizzo di ogni mezzo necessario, da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti, qualora l’Iraq non si fosse ritirato dal Kuwait entro il 15 gennaio 1991.
17 gennaio, l’inizio di Desert Storm
Scaduto l’ultimatum imposto dall’ONU, la mattina del 17 gennaio 1991 la coalizione a guida statunitense iniziava i bombardamenti sul territorio iraqeno a kuwaitiano, denominata Operazione Desert Storm. Dopo circa un mese di pesanti attacchi, l’Iraq era in ginocchio.
La guerra si concluse con le risoluzioni ONU 686 e 687, l’indipendenza del Kuwait e la limitazione di sovranità dell’Iraq, il quale accettava inoltre l’invio di una commissione di supervisori a garanzia del rispetto degli accordi di non proliferazione nucleare.
La dottrina Powell-Weinberger
Tutta la Prima Guerra del Golfo sembra essere stata improntata a quella che è conosciuta come dottrina Powell-Weinberger. Elaborata tra gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, tale dottrina prende il nome dai suoi due creatori, il segretario alla Difesa Caspar Weinberger e Colin Powell, capo dello Stato maggiore congiunto e futuro Segretario di Stato.
Nata dalla personale esperienza di Powell nella guerra del Vietnam, la dottrina imponeva l’utilizzo di una forza massiccia ma solo come ultima istanza. Inoltre, e anche ciò derivava dalla nefasta esperienza vietnamita, gli Stati Uniti dovevano avere una exit strategy dal conflitto e il sostegno dell’opinione pubblica. Questi elementi – un uso massiccio della forza militare e tecnologica, il sostegno dell’opinione pubblica e una strategia di uscita dal conflitto – rientrano pienamente nel contesto della Prima Guerra del Golfo.
Nei mesi nei quali si era appena compiuta l’unificazione tedesca e l’Unione Sovietica stava pesantemente scricchiolando, gli Stati Uniti, con la Prima Guerra del Golfo, davano dimostrazione della loro totale superiorità militare e tecnologica, preparandosi a divenire l’unica superpotenza uscita vincitrice dalla Guerra Fredda.