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Il contesto della Nuova Politica Economica Nep: guerra civile e comunismo di guerra
La guerra civile scoppia nel 1918, dopo la pace di Brest-Litovsk che sancisce l’uscita della Russia dalla prima guerra mondiale, ed è vinta dall’Armata Rossa del partito rivoluzionario bolscevico. La dirigenza del partito con Lenin, leader della Rivoluzione, sceglie di attuare il comunismo di guerra per sopravvivere alla guerra civile e salvare la causa comunista, oltre che per tentare una transizione immediata da una società quasi feudale, ancora prima che capitalista, verso una società socialista.
La vittoria nella guerra civile ha un prezzo molto alto, le carestie e le rivolte del periodo sono la prova dell’instabilità economica e della fragilità politica del nuovo governo bolscevico: a Tambov le proteste contadine si trasformano in violenti tumulti e presso Kronštadt, l’area portuale di San Pietroburgo, l’ammutinamento di soldati e marinai della base navale lascia quasi intravedere il punto di rottura irreversibile per il potere sovietico. La necessità di cambiare politica economica diventa una priorità assoluta.
Già nel 1921 Lenin è da tempo convinto che sono necessari diversi passaggi transitori per arrivare a costruire il comunismo: da una società feudo-capitalista al comunismo di guerra, dal socialismo al comunismo. La Nuova politica economica, o Nep, è per il leader sovietico un avvicinamento al socialismo, che rimedia agli errori del comunismo di guerra rivitalizzando l’economia. La Nuova politica economica è presentata da Lenin e approvata nel marzo 1921, nel pieno delle rivolte, durante il X Congresso del Partito Comunista bolscevico.
Le critiche non si risparmiano e il dibattito sulla “ritirata strategica”, ovvero la sostituzione del comunismo di guerra e l’abbandono della speranza iniziale di poter sostituire in modo diretto il comunismo al capitalismo, si accende coinvolgendo lo stesso Lenin che si impegna a sensibilizzare i compagni e a scrivere diversi articoli per giustificare la sua visione politica.
La Nep spiegata da Lenin: l’imposta in natura e il capitalismo di Stato
Lenin pubblica a maggio l’opuscolo “Sull’imposta in natura” che contiene, come evidenzia il sottotitolo (Importanza della nuova politica e sue condizioni), una esposizione d’insieme della Nep e dei suoi presupposti, dal punto di vista delle necessità pratiche e delle basi teoriche. L’opuscolo sancisce il passaggio dal comunismo di guerra alla Nuova politica economica.
I prelevamenti forzosi alle eccedenze dei contadini (Lenin aggiunge: «e talvolta addirittura non soltanto quelle eccedenti») per il sostentamento dell’Armata Rossa e delle città hanno contribuito ad aggravare la crisi economica russa. Ciò deve essere riformato ora con una politica diversa, attraverso l’introduzione dell’imposta in natura che sostituisce le requisizioni delle eccedenze con il prelievo di una quantità minima di grano.
Soprattutto, dopo il pagamento dell’imposta, deve essere consentita anche la libertà di commercio su scala locale. Ciò significa ripristinare il capitalismo e la piccola borghesia; una scelta inevitabile secondo Lenin ma che deve facilitare il governo a recuperare «l’alleanza degli operai coi contadini» per ricostruire un’economia disastrata e, contemporaneamente, indirizzare il capitalismo verso le regole del capitalismo di Stato.
Lenin ammette il ritorno del capitalismo all’interno di quel percorso a tappe che deve condurre la Russia ad una distribuzione della produzione su basi comuniste. Lo sviluppo del capitalismo di Stato segue questa logica e assume diverse forme all’interno della Nep. Lenin ne enumera quattro:
- Le concessioni: un contratto tra lo Stato e il capitalista straniero che è interessato ad avere un profitto maggiore o materie prime difficili da reperire; si sviluppano le forze produttive della grande industria e la quantità di prodotti aumenta.
- Le cooperative: delle imprese gestite a scopo mutualistico che facilitano l’unione e l’organizzazione tra milioni di abitanti.
- L’intermediazione commerciale: lo Stato assume il capitalista in qualità di commerciante, pagando una percentuale di commissione per la vendita dei prodotti dello Stato.
- I contratti di concessioni nazionali: si concede in appalto uno stabilimento, un bosco o altro; a differenza delle concessioni qui l’interlocutore non è una grande azienda straniera, ma un capitalista russo.
Lenin vede il capitalismo in queste forme come «anello intermedio tra la piccola produzione e il socialismo, come un mezzo […] per aumentare le forze produttive». Si tratta quindi di «sviluppare lo scambio», e si può farlo «senza aver paura del capitalismo, perché i limiti che gli abbiamo posto (espropriazione dei grandi proprietari fondiari e della borghesia in economia, potere operaio e contadino in politica) sono abbastanza angusti, abbastanza “moderati”. Questa è l’idea fondamentale dell’imposta in natura, questo è il suo significato economico».
L’urgente piano di elettrificazione e la riforma monetaria della Nuova Politica Economica
Il 7 febbraio 1920 il Comitato esecutivo centrale approva la costituzione di una Commissione statale per l’elettrificazione della Russia, meglio nota come GoelRo. Al progetto lavorano oltre 200 scienziati e il piano di elettrificazione (considerato il prototipo dei futuri piani quinquennali dell’URSS) viene presentato a dicembre durante l’VIII Congresso dei soviet.
Il Lenin che prende parola al Congresso dei soviet afferma in primo luogo che il piano rappresenta una priorità nel programma economico del partito, senza il quale diventa impossibile passare al vero lavoro di edificazione. In secondo luogo questo è un programma di indirizzo, suscettibile a modifiche in base alle esigenze locali, che deve essere rielaborato e perfezionato durante il cammino. Il leader sovietico attribuisce grande importanza al piano GoelRo anche per la sua natura innovatrice che ha l’obiettivo di porre l’economia del paese su una nuova base tecnica, sulla tecnica della grande produzione moderna.
A conferma di ciò è simbolico un passaggio del suo intervento al Congresso dei soviet in cui afferma che:
«il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione di tutto il paese» e che «solo quando il paese sarà stato elettrificato, solo quando all’industria, all’agricoltura e ai trasporti sarà stata garantita la base tecnica della grande industria moderna, solo allora avremo vinto definitivamente».
Alla fine dell’anno il piano di elettrificazione è completo ma la mancanza di risorse disponibili ne impedisce l’attuazione immediata. Di fatto il GoelRo viene davvero messo in atto sotto la Nep, grazie agli utili realizzati attraverso lo strumento delle concessioni. La Nep propone anche un disciplinamento del commercio e della circolazione del denaro attraverso una riforma monetaria per stabilizzare la moneta.
Nello stesso Rapporto al X Congresso del partito, in cui si parla dell’imposta in natura, Lenin afferma che «la circolazione monetaria è l’indice migliore per stabilire se il commercio nel paese è soddisfacente, e quando la circolazione monetaria non va bene, il denaro si trasforma in pezzi di carta inutile».
Nell’ottobre del 1921 Lenin scrive una lettera a Krestinkij, commissario del popolo alle Finanze, in cui proponeva di elaborare un piano di rivalutazione della moneta e di tradurre in oro un bilancio statale «completamente disordinato». Nella primavera del 1922, nel corso del XI Congresso del partito, il commissario del popolo alle Finanze presenta nella sua veste ufficiale il piano di riforma monetaria:
- Dalla Banca di Stato nascono delle banche specializzate per fornire i crediti necessari all’industria (Prombank e Elektrobank, quest’ultima con l’obiettivo unico di finanziare l’elettrificazione), alle imprese municipali (Tsekombank) e all’agricoltura (Banca cooperativa).
- Viene introdotto una nuova moneta, il cervonec, equivalente al valore di dieci rubli dell’anteguerra (coesiste insieme alla vecchia carta moneta, il sovznak, per un breve periodo di tempo).
- Creazione di una rete di agenti del commercio pagati a percentuale sui risultati raggiunti, registrazione delle contrattazioni private e tassazione delle medesime mediante il diritto di bollo.
Il 1924 è l’anno in cui le riforme apportate centrano l’obiettivo della stabilizzazione monetaria e il bilancio dello Stato torna in equilibrio, raggiungendo un surplus nel 1925.
La Nep: il ruolo dei sindacati e l’obiettivo dei Centri di educazione politica
Nel marzo del 1922, durante il XI Congresso del partito, viene approvata la risoluzione “Funzioni e compiti dei sindacati nelle condizioni della Nuova politica economica”. La Nuova politica economica ha ammesso lo sviluppo del libero commercio e il capitalismo, riorganizzando le imprese sulla base dei principi commerciali e del rendimento economico.
Tutto questo comporta il ritorno «della contraddizione degli interessi di classe tra il lavoro e il capitale». Con la consapevolezza di ciò uno dei principali compiti dei sindacati torna ad essere la difesa degli interessi di classe del proletariato nella sua lotta contro il capitalismo. Nella risoluzione sono anche riaffermati l’indipendenza del ruolo dei sindacati e il ritorno all’adesione volontaria, precedentemente sostituita da un’adesione di tutti i salariati. Il Congresso ribadisce la libertà di contrattazione dei sindacati, quindi il ruolo storico di intermediari nei conflitti tra azienda e proletariato, e rifiuta per contro ogni loro intervento nella gestione delle imprese.
Tale divieto viene imposto per tutelare il principio di responsabilità unica che ogni direzione di fabbrica assume insieme al potere gestionale; i sindacati per contribuire all’organizzazione socialista dell’economia e all’amministrazione dell’industria statale partecipano alla formazione di tutti gli organismi dirigenziali dell’economia. Essi hanno, di fatto, il compito di «preparare e far promuovere alle cariche di amministratori gli operai».
Uno degli ultimi passaggi della risoluzione sul ruolo dei sindacati riguarda il loro essere anello di congiunzione tra il partito e le masse. Questo è uno dei più grandi rischi per la Rivoluzione, infatti nella risoluzione si legge:
«Uno dei pericoli maggiori e più gravi per un Partito comunista numericamente modesto, che, come avanguardia della classe operaia, dirige un immenso paese, […] è il pericolo che si distacchi dalle masse, che l’avanguardia avanzi troppo, senza allineare il fronte, senza mantenere uno stretto legame con tutto l’esercito del lavoro, vale a dire la stragrande maggioranza delle masse operaie e contadine».
Lenin è convinto di questo passaggio cruciale e pensa ad una doppia linea pratica: non solo educazione delle masse, ma anche educazione del Partito e capacità di mantenere il legame con i bisogni delle masse. L’educazione del Partito diventa altrettanto importante per l’edificazione di una società socialista e i Centri di educazione politica rispondono alla necessità. Lenin ne elenca le funzioni nel 1921, durante il II Congresso dei Centri di educazione politica.
La funzione principale è legata ad un obiettivo strategico: la Nep ha dato la possibilità ai contadini di scambiare i propri prodotti, e sulla base di questo libero commercio non può non svilupparsi il capitalismo. Tutto il problema sta nel vedere chi seguiranno i contadini, se il proletariato nella costruzione di una società socialista, oppure il capitalismo che li richiama ad una impostazione economica liberista.
Lenin ammette di aver vinto la guerra militare, ma c’è ora una guerra che si sposta sul terreno dell’economia e che vede i Centri di educazione politica in prima linea: «Siate tutti degli amministratori. I capitalisti si troveranno accanto a voi […], si arricchiranno accanto a voi. Si arricchiscano pure, ma voi imparerete da loro ad amministrare e soltanto allora potrete edificare una repubblica comunista».
La svolta stalinista e i risultati della Nep
Lenin non gode di buona salute e le sue condizioni peggiorano tra il 1923 e il 1924, anno in cui muore. Con la malattia di Lenin e la quasi contemporanea ascesa di Josip Stalin alla segreteria del partito si amplificano i dissensi interni al partito. Trotzkij, il leader sovietico più autorevole dopo Lenin, viene politicamente isolato da Stalin, Zinov’ev, Kamenev e Bucharin nei dibattiti sulla burocratizzazione del partito e sul disegno staliniano del “socialismo in un solo paese”.
Nel 1925 si apre anche il dibattito sul mantenimento della Nep che vede Zinov’ev e Kamenev riavvicinarsi a Trotzkij e alle sue posizioni critiche alla Nep. Dall’altra parte Bucharin si erge a difensore delle politiche leniniste e Stalin decide di sostenerlo per eliminare “l’opposizione di sinistra” trotzkijsta che, nel 1927, è sconfitta ed espulsa dal partito. In seguito alla conquista della leadership Stalin decide di accelerare i tempi dell’industrializzazione e della collettivizzazione dell’economia, individuando colpevoli d’essere d’intralcio i kulaki e gli “uomini della Nep”, tutte categorie di persone arricchite dalle nuove possibilità di mercato introdotte dalla Nuova politica economica.
Bucharin e i suoi compagni sono etichettati come “deviazionisti di destra” e Stalin, tra il 1929 e il 1930, attua la collettivizzazione forzata delle terre agricole, spezzando l’alleanza tra contadini e operai. La Nep è messa da parte cinque anni dopo la morte di Lenin.
L’eredità della Nep
Nuove riletture e reinterpretazioni della Nuova politica economica hanno ispirato le politiche di ricostruzione della Germania Est, e la stagione di riforme che Deng Xiaoping, leader cinese degli anni ’80, ha attuato dopo la morte di Mao Zedong.
Oggi è ancora molto attuale il dibattito sulla Nep e sulle forme di capitalismo ammesse al suo interno tanto che, nel 2012, il The Economist ha pubblicato un numero con Lenin in copertina e dal titolo “Ascesa del capitalismo di Stato”, parlando delle politiche economiche pubbliche adottate dai paesi emergenti.
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- Lenin, V. Giacchè – Economia della rivoluzione
- Anthony Heywood – Modernising Lenin’s Russia: Economic Reconstruction, Foreign Trade and the Railways