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Il 30 dicembre 1922 nasceva ufficialmente l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Il primo Stato socialista della storia, sorto a seguito della vittoriosa Rivoluzione d’Ottobre e dalla successiva sanguinosa guerra civile, rimarcava l’organizzazione politica della Repubblica Socialista Federale Sovietica Russa (RSFSR), la cui Costituzione fu promulgata nel 1918. Il Trattato che istituì l’URSS nel dicembre del 1922 fu firmato dalla RSFS Russa, la RSFS Bielorussa, la RSFS Ucraina e la RSFS Transcaucasica.
Dalla vittoria della Rivoluzione bolscevica al Trattato di Brest-Litovsk
Il momento esatto dell’insurrezione armata contro il Palazzo d’Inverno non era stato stabilito, in quanto sino al giorno prima l’incertezza regnava sovrana. Ciò che si sapeva, però, era che Lenin fosse determinato a prendere il potere prima dell’apertura del Congresso Panrusso dei Soviet del 25 ottobre 1917, secondo il calendario giuliano.
La mattina del 25 ottobre Kerenskij, a capo del governo provvisorio, fugge precipitosamente permettendo così a Lenin di proclamare l’assunzione del potere da parte del Comitato Rivoluzionario Militare (Milrevkom). Con il governo provvisorio destituito, non rimane che espugnare il Palazzo d’Inverno, dove gli oramai ex ministri si sono asserragliati. Nel pomeriggio del 25 ottobre un solo colpo dell’incrociatore Aurora pone la parola fine alle ultime resistenze del vecchio ordine, mettendo in fuga i ministri e consegnandoli così nelle mani dei rivoluzionari.
Il Congresso Panrusso dei Soviet, che era stato programmato per il pomeriggio del 25, si riunisce a tarda sera e ratifica l’avvenuta presa del potere. Le questioni sul tavolo che richiedono una risoluzione urgente sono essenzialmente due:
- la sospensione delle attività belliche e l’inizio di una trattativa per una pace separata;
- l’esproprio delle terre dalle mani dei grandi proprietari terrieri e la loro cessione ai contadini.
Entrambe le questioni vengono discusse il mattino seguente e approvate tramite due decreti. Un terzo decreto istituisce il Consiglio dei Commissari del Popolo (Sovnarkom), il quale strutturalmente risulta identico al governo provvisorio salvo per l’introduzione di un ministero per le nazionalità, a capo del quale viene nominato Josif Stalin. Capo del Sovnarkom è indubbiamente Vladimir Lenin.
Il nuovo governo, sebbene ad ottobre avesse ottenuto il potere senza troppe difficoltà, ora si trova a fronteggiare l’ostruzionismo del personale dei vari dicasteri e l’isolamento da vari settori della società. Il primo problema viene risolto tramite massicce epurazioni, spostamenti di grado e ferrei controlli dei commissari politici mentre il secondo richiede l’abilità politica di Lenin, capace soprattutto di sfruttare l’inconsistenza e la disorganizzazione dei suoi oppositori nelle città e nelle campagne. A livello locale, i bolscevichi favoriscono nuove forme di partecipazione democratica tramite i Soviet, i consigli di villaggio e i comitati di fabbrica e dei soldati. Così facendo si toglie legittimazione alle istituzioni esistenti, si favorisce la loro disgregazione e si ristabilisce l’ordine tramite il nuovo potere bolscevico. Riguardo alle nazionalità, Lenin e Stalin promulgano la Dichiarazione dei diritti del popoli della Russia, con la quale riconoscono il diritto all’autodeterminazione e alla secessione al fine di indebolire le potenziali rivendicazioni delle singole etnie nazionali presenti nella multietnica Russia.
A livello istituzionale, infine, la strada è quella della centralizzazione dei poteri, dell’eliminazione delle opposizioni e del crescente dominio dei bolscevichi, come in occasione delle elezioni di novembre dove sciolsero l’assemblea costituente – riunitasi a gennaio – impedendo ai deputati di rientrarvi.
Il crescente autoritarismo del neonato governo bolscevico si manifesta ulteriormente con la soppressione del Comitato Rivoluzionario Militare, la creazione della CEKA, la Commissione straordinaria panrussa per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio, una vera e propria polizia segreta, e la distruzione del vecchio ordinamento giuridico per creare una nuova giurisdizione fondata sulla “coscienza rivoluzionaria”.
Sul fronte bellico, gli eventi iniziano a peggiorare e il pericolo di una possibile caduta di Pietrogrado, combinato alla riprese dell’offensiva tedesca, inizia a preoccupare fortemente Lenin. In questo contesto trova la luce il famoso decreto La patria socialista è in pericolo! con il quale il governo legittima l’esecuzione sul posto e senza processo di speculatori, criminali e agitatori controrivoluzionari, una categoria abbastanza vaga nella quale potevano rientrare anche avversari politici e coloro che erano considerati nemici di classe.
L’uscita dal primo conflitto mondiale è di vitale importanza per il nuovo governo bolscevico, pena la sua possibile caduta. L’esercito imperiale russo è ormai assai fragile e il morale dei soldati a pezzi. Nel febbraio 1918 viene così creata l’Armata Rossa degli operai e dei contadini, i cui quadri, però, sono ufficiali ex-zaristi la cui fedeltà al governo viene assicurata dal controllo dei commissari politici presso le singole unità combattenti. Nonostante ciò, la firma di un trattato di pace è sempre più impellente ed è questione di sopravvivenza per il governo rivoluzionario.
Così, il 3 marzo 1918, a Brest-Litovsk viene firmato un Trattato di Pace tra Russia bolscevica, Impero tedesco, austro-ungarico, Bulgaria e Impero Ottomano, con il quale si sancisce la vittoria degli imperi centrali sul fronte orientale e la definitiva uscita dal conflitto della Russia. Sebbene la pace fu umiliante e dolorosa per la Russia, fu necessaria in quanto, oltre che per ragioni militari, proprio sulle parole d’ordine Pane e Pace Lenin aveva ottenuto il largo consenso delle masse popolari.
Dalla guerra civile al comunismo di guerra
Sin dalla presa del potere dei bolscevichi, sono in molti a fuggire verso sud: borghesi, esponenti della destra, ufficiali, artisti e intellettuali. Molte di queste personalità iniziano a concentrarsi nella zona del Don, dove formano l’armata dei Volontari, un esercito antibolscevico. A costoro i bolscevichi rispondono inviando le loro truppe e conquistando Rostov sul Don. Sebbene i Volontari, grazie all’aiuto dei cosacchi comandati da Kaledin, riescono a riconquistare Rostov, il loro successo ha vita breve in quanto nel mese di febbraio i bolscevichi intraprendono una nuova offensiva e stavolta conquistano tutto il bacino del Don.
Ad Est, nella regione del Volga, molti socialisti rivoluzionari formano il cosiddetto Komuč, il governo di Samara, con l’obiettivo di ottenere il sostegno delle province per andare contro i bolscevichi, ma senza un grande successo. La mancanza di una forza militare organizzata e l’incapacità di reclutamento di nuove forze vengono momentaneamente tamponate dall’alleanza con la Legione ceca, la quale ottenne numerose vittorie contro i bolscevichi lungo la transiberiana. Ma non appena la Legione inizia a dissolversi, il governo di Samara diventa preda delle truppe bolsceviche.
Nel marzo del 1918, la guerra civile divampa in tutta la Russia ed i bolscevichi si trovano accerchiati a sud, est e nord. I bianchi – gli oppositori dei bolscevichi – comandati da Judenič sono affiancati da inglesi e finlandesi. A sud, l’alleanza tra l’armata dei Volontari guidata da Denikin e l’armata del Don comandata da Krasnov è diventata molto forte anche grazie alla presenza delle truppe tedesche in Ucraina. Ma non appena termina la guerra ed i tedeschi si ritirano, le truppe di Denikin e Krasnov si ritrovano pesantemente indeboliti. Nel frattempo, ad Est, nel mese di ottobre i bolscevichi lanciano l’offensiva contro i socialisti rivoluzionari e conquistano Samara. Dalla fine dell’anno, gli alleati decidono di intervenire nella guerra civile al fianco dei bianchi: americani, italiani e serbi vanno a sostenere gli inglesi a nord; francesi, inglesi, polacchi e rumeni a sud-ovest e a sud mentre inglesi, giapponesi e americani ad est. Ma i vari eserciti sono pesantemente provati dagli anni di guerra e non desiderano altro che tornare alle loro case. Se tutti non vogliono rimanerne fuori, pochissimi sono quelli realmente interessati ad impegnarsi totalmente in un nuovo conflitto bellico.
Come precedentemente sottolineato, l’Armata Rossa soffre di una pesante mancanza di ufficiali e pertanto è costretta a ricorrere ad ex ufficiali zaristi e ai militari del vecchio regime. La leva di massa sta inoltre portando alla contadinizzazione dell’Armata Rossa, un risvolto che inizia a procurare diserzioni massicce soprattutto durante il periodo del raccolto. I contadini temono più di tutti un ritorno dei bianchi, in quanto l’obiettivo dichiarato di questi ultimi è ridare le terre ai vecchi proprietari. D’altro canto, però, altri contadini tentano in ogni modo di scappare dalla guerra, dichiarandosi neutrali. Nel 1920 l’Armata Rossa arriva a contare circa 5 milioni di uomini, equipaggiati in malo modo e pesantemente disorganizzati. Un numero così elevato, però, pesa enormemente sulla già devastata economia russa ed inizia pertanto a manifestarsi una crisi della distribuzione degli approvvigionamenti. Ad essa, si aggiunge una forte crisi industriale che inizia a produrre una crescente fuga dalle città verso le campagne al fine di scambiare dei manufatti con del cibo. Le pesanti condizioni sociali ed economiche dovute alla guerra civile costringono il governo bolscevico ad adottare una serie di politiche note col nome di comunismo di guerra.
Vengono così nazionalizzate le terre, istituito il monopolio dello Stato sul commercio dei cereali, incoraggiata la creazione dei kombedy, comitati formati da contadini poveri finalizzati alla lotta ai kulaki – i contadini benestanti considerati responsabili dell’occultamento del grano. Viene inoltre avviato il controllo sull’importazione dei beni alimentari e sulla loro distribuzione, sostituito il controllo operaio sulla grande industria con il controllo statale. Infine, viene nazionalizzata gran parte dell’industria, sottraendola così al controllo dei Soviet e dei consigli locali; una scelta che viene accolta con scioperi e manifestazioni da parte degli operai.
La fine della Guerra Civile e la nascita dell’URSS
Tra la primavera e l’estate del 1919 il regime bolscevico si trova in gravi difficoltà in quanto le forze contro-rivoluzionarie sembrano pronte ad unirsi. L’esercito dei Volontari, guidato da Denikin, inizia ad ottenere importanti vittorie nell’Ucraina sud-orientale e nella zona del Don e proprio sull’onda di questi successi Denikin decide di emanare la cosiddetta “direttiva per Mosca“. Quest’ultima, considerata da larga parte degli storici come un errore fatale, porta ad un allargamento delle truppe bianche su un territorio troppo vasto, rendendo ancora più difficile il loro rifornimento. Da questo momento, gli eserciti bianchi iniziano a subire importanti sconfitte, soprattutto a causa del loro scarso consenso tra le popolazioni e della loro intransigenza sulla questione delle autonomie nazionali, fattori che li privano del sostegno dei finlandesi e delle loro basi logistiche. Sconfitti ovunque dall’Armata Rossa, i bianchi iniziano a fuggire verso la Crimea, che diventa così l’ultima loro sacca di resistenza fino all’estate del 1920. Tra le cause della loro sconfitta, oltre a quelle citate poco fa, vi sono senza dubbio anche la disorganizzazione tra le diverse truppe e la mancanza di un coordinamento nonché la notevole distanza tra le diverse basi operative.
La sconfitta dei bianchi non conduce però alla fine del conflitto in quanto, nella primavera del 1919, la Polonia, insoddisfatta dei confini orientali posti lungo la linea Curzon, inizia ad espandersi a Vilnius, a Minsk e nella regione ucraina di Leopoli. Per il neonato governo bolscevico l’Ucraina, assieme alla Transcaucasica, è di vitale importanza per il suo sviluppo economico e non può certo tollerare di perderla.
Quando nell’aprile 1920 il polacco Jozef Pilsudski attacca Kiev, molti nazionalisti russi ed ex ufficiali zaristi lo ritengono un’intollerabile umiliazione e chiedono di entrare nell’Armata Rossa. Da questo evento, i bolscevichi comprendono che il patriottismo può essere un elemento emotivo molto potente per mobilitare nuove forze intorno a sé. Con questo nuovo slancio patriottico, l’Armata Rossa trasforma una guerra difensiva in offensiva e nel mese di giugno riconquista Kiev e trasforma l’Ucraina in una Repubblica Socialista. Sull’onda di questa vittoria, l’armata bolscevica giunge fino a Varsavia dove incontra la tenace quanto eroica resistenza polacca. Alla campagna polacca partecipano i più importanti comandanti sovietici come Žukov, Tuchačevskij e Timošenko ma nulla possono contro il contrattacco polacco, tanto che la campagna si conclude per i bolscevichi con una sconfitta. Nel marzo del 1921, a Riga, viene firmato il trattato di pace che sancisce la fine del conflitto sovietico-polacco, garantendo l’indipendenza della Polonia, l’annessione ad essa di parte della Bielorussia e il riconoscimento sovietico degli accordi di pace di Parigi. Tra il 1920 e il 1922 la Repubblica Socialista Federale Sovietica Russa riesce a ristabilire il proprio dominio anche sull’Asia centrale e sulla Siberia, riconquistando la Repubblica Transcaucasica comprendente Armenia, Georgia e Azerbaigian,
Riacquisito il dominio e il controllo anche sulle regioni periferiche, il nuovo potere sovietico deve dotarsi di un corpus politico unitario e di una nuova Costituzione. La prima era stata quella istitutiva della Repubblica Socialista Russa nel 1918 che si basava sull’elezione dei delegati dei Soviet, per i vari livelli locali, sino al Congresso Panrusso dei Soviet. Quest’ultimo, a sua volta, eleggeva il Consiglio dei Commissari del Popolo, il nostro equivalente del Consiglio dei Ministri. Il diritto di voto era garantito a tutti i lavoratori, soldati e marinai che avessero compiuto 18 anni.
L’autorità politica del Consiglio dei Commissari del Popolo inizia però ad essere condivisa nel marzo 1919 quando, in occasione del VIII Congresso del Partito Comunista Russo, presso il Comitato Centrale del Partito vengono costituiti il Politbjuro, con ruoli di direzione politica, e l’Orgbjuro, finalizzato all’amministrazione interna del Partito.
Il 30 dicembre del 1922, ristabilito il totale controllo del governo bolscevico su tutto il territorio, il I Congresso dei Soviet dell’URSS – l’organo a capo del sistema dei Soviet – approva il Trattato che istituisce l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e da avvio anche alla stesura di una nuova Costituzione, che verrà approvata solo nel 1924. Il nuovo trattato istitutivo dell’URSS viene ratificato dalla RSFS Russa, la RSFS Bielorussa, la RSFS Ucraina e la RSFS Transcaucasica, quest’ultima composta fino al 1936 da Armenia, Georgia e Azerbaigian. Nasce così il primo Stato socialista della storia dell’umanità.