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Benito Mussolini, direttore dell'”Avanti!” dal 1° dicembre 1912, non dà troppo spazio alla crisi successiva all’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo. Quando il 25 luglio la Serbia dichiara di non accettare integralmente l’ultimatum austro-ungarico, Mussolini prende nettamente posizione contro l’eventualità di una partecipazione italiana al conflitto con un violento articolo, intitolato Abbasso la guerra!.
Mussolini contro la guerra
Compito dell’Italia, secondo Mussolini, “sarebbe quello di adoperarsi a concludere rapidamente il conflitto guerresco e a tenersi intanto in atteggiamento di assoluta neutralità“. Nel caso che il conflitto si sia esteso, il dovere del proletariato italiano sarà quello di stracciare i patti della Triplice Alleanza e di imporre al governo la neutralità assoluta:
“O il Governo accetta questa necessità o il proletariato saprà imporgliela con tutti i mezzi. E’ giunta l’ora delle grandi responsabilità. Il proletariato d’Italia permetterà dunque che lo si conduca al macello un’altra volta? Noi non lo pensiamo nemmeno. Ma occorre muoversi; agire, non perdere tempo. Mobilitare le nostre forze. Sorga, dunque, dai circoli politici, dalle organizzazioni economiche, dai Comuni e dalle Province dove il nostro Partito ha i suoi rappresentanti, sorga dalle moltitudini profonde del proletariato un grido solo, e sia ripetuto per le piazze e strade d’Italia:<< Abbasso la guerra!>> E’ venuto il giorno per il proletariato italiano di tener fede alla vecchia parola d’ordine: <<Non un uomo! Né un soldo!>> A qualunque costo!”
Il netto atteggiamento di Mussolini è pienamente coerente con tutta la politica dei socialisti italiani, specie dopo la guerra di Libia, e dell’Internazionale Socialista. Inoltre, risponde ad uno stato d’animo diffuso in tutto il proletariato italiano.
La crisi interna alla sinistra italiana
Dopo lo scoppio della guerra e l’aggressione tedesca al Belgio, la posizione dei partiti e delle organizzazioni di sinistra mutano. I propositi di neutralità assoluta si infrangono. I socialisti riformisti ed i repubblicani si spostano su posizioni interventiste: il posto dell’Italia deve essere a fianco di Francia e Inghilterra. Il 18 agosto Alceste De Ambris, voce autorevole del sindacalismo rivoluzionario, ad un comizio dell’Unione sindacale italiana parla della necessità della guerra per evitare, in caso di vittoria austro-tedesca, il ritorno all’epoca della restaurazione. Tale discorso causa la scissione dell’Usi: la minoranza interventista crea l’Unione italiana del lavoro.
Il Psi rimane su principi neutralisti ricevendo le forti critiche di Salvemini e di Bissolati. Intanto su posizioni filo-interventiste si schierano ufficialmente il segretario della Federazione Giovanile Socialista Lido Cajani e un giovane Antonio Gramsci. Molte sono le defezioni polemiche e gli arruolamenti di giovani militanti socialisti tra le file dei volontari garibaldini in partenza per la Francia. Vari esponenti socialisti invitano il Psi ad andare oltre la sterile e superficiale posizione di neutralità assoluta.
I dubbi di Mussolini
Mussolini incomincia a dubitare dell’opportunità di insistere ad oltranza su una posizione così debole, che rischia di isolare il Psi dal resto della sinistra e di esporlo agli attacchi di tutte le parti. Nonostante ciò, continua a sostenere la tesi della neutralità assoluta. D’accordo con il segretario Costantino Lazzari e la direzione del partito, concede di aprire sull'”Avanti!” un dibattito sul tema della neutralità, stando ben attento a non pubblicare prese di posizione decisamente pro-guerra.
Questo dibattito è la prova migliore del disorientamento e della crisi serpeggianti nel partito. I socialisti italiani si sentono più vicini all’Intesa e non mancano voci autorevoli che non nascondono la difficoltà di percorrere sino in fondo la strada della neutralità assoluta. La situazione all’interno del Partito Socialista si deteriora di giorno in giorno sempre di più.
Mussolini è sempre più incerto, disorientato. Sente che la formula della neutralità assoluta è illusoria e che, specialmente tra i giovani socialisti, lo scontento aumenta. Nelle conversazioni con gli amici non fa mistero delle sue incertezze e dei suoi dubbi. I primi attacchi a Mussolini relativi a un suo possibile cambio d’opinione si hanno il 28 agosto 1914 in un articolo del “Giornale d’Italia”: si rivela, che, parlando con una personalità irredenta, Mussolini riconosce l’inevitabilità della guerra contro l’Austria, definendola “un compito di civiltà del proletariato italiano”. In questa situazione le allusioni e le indiscrezioni aumentano e continuano in settembre e ottobre su altri quotidiani.
Non può meravigliare che tra i militanti più duri e intransigenti, fedeli alla parola d’ordine della neutralità assoluta, si levano voci che rimproverano a Mussolini l’incertezza e lo sbandamento che travaglia il partito. A questo punto tenta la carta dell’intransigenza. Mussolini sollecita la convocazione della direzione del partito, che si riunisce insieme al gruppo parlamentare a Roma il 21 e 22 settembre. Si presenta con una bozza di un nuovo appello alle masse socialiste, che ripropone la neutralità assoluta: nessuna concessione deve essere fatta alla guerra, solo “opposizione recisa ed implacabile”. L’idea è approvata dalla direzione.
Il 25 con l’articolo La parola al proletariato! attacca i “guerrafondai” d’ogni tipo che vogliono la guerra e invita il proletariato ad esprimere la sua opinione:
“Noi invitiamo […] tutte le organizzazioni politiche sovversive – socialiste e non socialiste -; tutte le organizzazione economiche – leghe, cooperative, mutue -; tutti gruppi di operai che intendono esprimere una loro opinione collettive, a riunirsi nelle sere di sabato e domenica 26-27 corrente, e a mandarci immediata notizia delle loro deliberazioni. Non lunghi ordini del giorno che non potremmo pubblicare, ma la risposta affermativa o negativa se convenga o meno mantenere la neutralità assoluta dell’Italia. Niente <considerando>>,ma un sì o no.”
Questo appello si trasforma in un plebiscito pacifista. Ma la strada dell’intransigenza, della neutralità assoluta si dimostra ogni giorno più impervia e foriera di lacerazioni.
Le indiscrezioni su Mussolini
Mussolini non sa più che fare, tirato in ballo dagli intransigenti, dai moderati, dai filo-interventisti e dagli interventisti decisi. A risolvere i suoi dubbi sono questi ultimi. Nelle settimane precedenti, si è lasciato andare con più di uno di essi a pericolose confessioni e ammissioni. Attraverso Massimo Rocca ha mantenuto i contatti con i gruppi più estremi che danno vita al Fascio rivoluzionario d’azione internazionalista.
Ormai decisi a scendere apertamente in campo per cercare di portare una parte del proletariato urbano su posizioni interventiste, questi decidono di metterlo con le spalle al muro. Il prestigio che egli gode tra le masse è tale che per sperare di conquistarle bisogna, secondo loro, passare attraverso Mussolini.
Con i primi di ottobre, le voci e le indiscrezioni sulle sue incertezze e i sui suoi dubbi prendono corpo in una serie di nuove rivelazioni: il 4 Giuseppe Lombardo Radice sul “Giornale d’Italia”, il 7 Massimo Rocca sul “Resto del Carlino”con l’articolo Il direttore dell'<<Avanti!>> smascherato. Un uomo di paglia. Lettera aperta Benito Mussolini, tra il 10 e il 13 su vari giornali (“Il Resto del Carlino”, “Giornale d’Italia”, “Il Secolo”, “Il Lavoro”) appaiono varie dichiarazioni di Cesare Battisti che confermano le indiscrezioni circa alcune confessioni di Mussolini al deputato trentino in senso filo-interventista.
I giornali dell’interventismo rivoluzionario e democratico (“L’Internazionale”, “Pagine libere”, “Bollettino della guerra europea”) fanno eco. Il 17 sia il repubblicano “L’iniziativa“ (articolo Sincerità), sia il social-riformista “Azione socialista” (articolo Amleto Mussolini) si uniscono al coro e lo invitano alla sincerità e ad abbandonare il neutralismo.
Mussolini interventista
Per il 18-21 ottobre la direzione del Psi convoca una riunione a Bologna per discutere la situazione internazionale e gli ultimi sviluppi della politica socialista alla luce delle rivelazioni e delle polemiche in corso. Mussolini decide di prevenire la direzione, mettendola davanti al fatto compiuto, per indurla ad avallare la sua posizione personale. La mattina del 18 il direttore dell'”Avanti!” pubblica l’articolo Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante. Mussolini anticipa chiaramente il nuovo indirizzo che vorrebbe far accettare al partito.
L’articolo inizia attaccando la “astoricità” della posizione dogmatica del Psi sulla neutralità assoluta:
“Da molti segni, è lecito arguire che il Partito socialista italiano non si è «adagiato» fra i cuscini di una comoda formula quale è quella della neutralità assoluta. Comoda, perché negativa. Permette di non pensare e di attendere. Ma un Partito che vuol vivere nella storia e fare, per quanto gli è concesso, la storia, non può soggiacere, pena il suicidio, a una norma cui si conferisca valore di dogma indiscutibile o di legge eterna sottratta alle ferree necessità dello spazio e del tempo”.
Nega recisamente l’esistenza della neutralità assoluta, definita come niente più di un orpello retorico, un rifugio per ogni socialista che non voglia affrontare la triste realtà dell’isolamento del partito, Mussolini afferma:
“Non dovevamo parteggiare – nemmeno idealmente – per l’uno o per l’altro dei contendenti, poiché questa penchant sentimentale di simpatia o di antipatia avrebbe potuto influire direttamente o indirettamente, a breve o lunga scadenza, sulla nostra condotta pratica. Ma una neutralità in siffatta guisa «assoluta» non è quella che il Partito Socialista ha sostenuto e patrocinato sin dall’inizio della crisi. La nostra neutralità è stata sin da allora «parziale». Ha distinto. È stata una neutralità spiccatamente austrotedescofoba e, per converso, francofila”.
Non considerare gli effetti di una vittoria austro-tedesca significherebbe non avere il senso della realtà e della politica; ecco perché “una neutralità socialista che prescindesse dai possibili risultati della guerra attuale, sarebbe non solo un assurdo, ma un delitto”. Scrive ancora Mussolini: “Noi non possiamo «imbozzolarci» in una formula, se non vogliamo condannarci all’immobilità”. In altre parole, per la piega che gli eventi hanno preso, il Psi dovrebbe giocare la carta della partecipazione senza isolarsi; non cadere nel tranello di salvare la “lettera” del partito uccidendo, di conseguenza, lo “spirito” del socialismo.
Le dimissioni dall’Avanti! e la nascita de Il popolo d’Italia
La direzione socialista non accetta la linea di Mussolini sulla neutralità attiva ed operante. Così il 20 ottobre si dimette da direttore dell'”Avanti!”. Mussolini decide, dunque, di fondare un suo giornale per parlare alle masse socialiste e proletarie. Il 15 novembre 1914 esce Il Popolo d’Italia con l’aiuto determinante di Filippo Naldi, direttore del “Resto del Carlino“, che procura i finanziamenti necessari.
Dal 19 novembre l’“Avanti!“ accusa di indegnità morale l’ex direttore a proposito dell’origine dei fondi e dei tempi con i quali nasce “Il Popolo d’Italia“. Il 24 la sezione socialista milanese approva a grande maggioranza la proposta di espellere Mussolini. Il 29 si riunisce a Milano la direzione del Psi per deliberare sul “caso Mussolini”. Dopo un’intera giornata di discussioni, Mussolini viene espulso dal Psi.
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- Mussolini socialista di Emilio Gentile e Spencer M. Di Scala
- Mussolini giornalista di Renzo De Felice
- Mussolini direttore dell’”Avanti!” di Gherardo Bozzetti