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Le Reducciones (Riduzioni) dei Guaranì
Tra il 1609 e il 1773, lì dove il fiume Iguazú s’incanala verso il Paranà tra il sud del Brasile e il nord dell’Argentina per formare le famose “Cataratas do Iguaçu”, in Paraguay, sorgono le Reducciones Guaraníticas, comunità di indios Guaranì rette dai missionari di un ordine nato solo qualche decennio prima: la Compagnia di Gesù. Territorio dove oggi si possono ancora scorgere le rovine di alcune Riduzioni come San Cosmey Damian, Santisima Trinidad de Paranà e Jesus nel Dipartimento che porta il nome di Itapua, mentre nella provincia Argentina hanno mantenuto il nome emblematico di “Misiones”.
Tutto comincia nel 1609, quando il governatore del Paraguay e del Plata Hernandarias de Saavedra, su incarico del Re di Spagna, chiede al gesuita Diego de Torres Bollo, provinciale dell’appena costituita provincia gesuitica del Paraguay, di creare un sistema di villaggi, chiamati appunto “Reducciones”, dove gli indios Guaranì, di natura prevalentemente nomade, sarebbero stati convertiti, resi sedentari, istruiti ma soprattutto salvati dai mercanti di schiavi e quindi dall’estinzione ( come accaduto durante la scoperta del Nuovo Mondo nei confronti di civiltà come Incas, Maya e Aztechi da parte dei “conquistadores”).
I Guaranì, il cui termine significa “guerriero”, sono un popolo di grandi predatori ed ottimi canoisti; essi, oltre a razziare lungo tutto il fiume Paranà, sono anche eccellenti pescatori, ma poco inclini al lavoro nei campi. Gli uomini lavorano la superficie necessaria per la loro economia di sussistenza solo un paio di mesi all’anno dopo la stagione delle piogge, poi è compito delle donne piantare, sarchiare e adoperarsi per il raccolto.
Una volta che la terra, spremuta e non più coltivabile, divenuta inutilizzabile per il sostentamento della comunità, venendo a mancare i frutti necessari per la sopravvivenza, i Guaranì sono costretti al trasferimento in un altro luogo della foresta, per ricominciare una nuova vita su un nuovo pezzo di terra da lavorare e sfruttare per un altro breve periodo, da qui il loro perenne nomadismo.
È così che per rendere gli indios guaranì stanziali, e quindi “ridotti” in villaggi (le reducciones) i Gesuiti creano un sistema economico basato sul lavoro collettivo e su campi comuni. In tal modo il rischio di sussistenza viene praticamente azzerato, a vantaggio di un grande sentimento di uguaglianza, rafforzando il senso di comunità cristiana, e facendo prosperare per quasi 150 anni una civiltà con un proprio stile di vita, basando il vivere nelle comunità sul prestare uguale attenzione alle necessità individuali e collettive e risolvendole reciprocamente, in estrema sintesi “condividere tutto per sopravvivere tutti”, nient’altro che il messaggio evangelico delle prime comunità cristiane.
Le Reducciones non sorgono quindi per arbitraria appropriazione di terre da parte dei Gesuiti, bensì sono le stesse autorità coloniali spagnole ad affidare di volta in volta ai padri i territori ove potessero far nascere i futuri villaggi per “ridurre” i nomadi Guaranì. Esse non sono parte integrante del cosiddetto “Stato Missionario o Repubblica gesuitica”, come purtroppo spesso sono state etichettate da coloro che hanno visto nell’esperimento delle Reducciones una minaccia e un ostacolo alla colonizzazione del Nuovo Mondo.
Non si tratta della creazione di un modello di Stato, basato sulle teorie del vecchio continente, di Platone in “Repubblica”, oppure di Tommaso Moro in “Utopia”, o ancora di Tommaso Campanella in “Città del Sole”, o di Philip Sidney in “Arcadia”: il sistema o meglio lo sviluppo socio-economico delle riduzioni non nasce secondo un piano preciso, ma solo dalla continua e incessante pratica missionaria che i gesuiti intraprendono durante quella esperienza in America latina, dando una svolta sostanziale al compimento della conquista spagnola nella regione Rioplatense.
Pratica missionaria che si avvale di un fondamento, tanto da diventare lo strumento con il quale tutte le tribù Guaranì possono intendersi fra di loro (i loro dialetti sono praticamente intraducibili): la lingua, che consente loro di articolare giudizi complessi e di valore, ma che serve ai missionari Gesuiti per imparare il loro idioma e penetrare l’eterogeneo e complicato mondo etnico paraguayano, avendo la cura di arrivare pronti e preparati all’incontro con le varie tribù guaraniche.
La Compagnia di Gesù
Il primo nucleo della Compagnia di Gesù si forma nel 1534 a Parigi, dove Ignazio di Loyola con alcuni amici aspiranti alla vita religiosa formulano il loro impegno che li vede pronunciare oltre ai tre voti tradizionali (castità, povertà e ubbidienza) un quarto voto: quello di eseguire qualsiasi ordine del Papa.
La congregazione viene riconosciuta da Papa Paolo III nel 1540 con la bolla Regimini militantis Ecclesiae. La formazione dei suoi membri si fonda sugli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio e, rapidamente diffusasi in tutta Europa, per numero e qualità culturale, la Compagnia diviene subito un punto di riferimento della Controriforma cattolica, formando culturalmente e religiosamente le classi dirigenti di allora, all’interno dei loro collegi, che presto divengono veri centri della pedagogia cattolica e della cultura umanistica combinate allo studio delle scienze, arrivando a teorizzare fini e metodi di studio nella Ratio studiorum del 1599.
Altro campo d’azione dei Gesuiti sono le missioni. Già nel 1541 padre Francesco Saverio parte per le Indie portoghesi arrivando a Goa l’anno successivo, mettendosi subito al servizio dei più poveri e dei malati. Si sposta poi a Capo Comorin nel sud dell’India, dove il suo metodo di insegnamento della dottrina nella lingua locale(il tamil) ha un grande successo; dopo due anni parte per le comunità cristiane nelle Molucche (odierna Indonesia), per poi intraprendere il rischioso viaggio verso il Giappone.
Qui si rende subito conto che le possibilità di convertire il Giappone sono molto scarse se prima non si fosse convertita la Cina e quindi, con forza inesauribile, parte ancora una volta per fermarsi all’isola di Sancian, di fronte a Canton, dove purtroppo si ammala, morendo il 3 dicembre del 1552. La strada è aperta, sarà seguito dopo qualche anno da un altro grande missionario gesuita che realizzerà il suo sogno: padre Matteo Ricci.
Dopo l’Asia è la volta delle missioni nel continente americano: le Reducciones tra il Brasile, l’Argentina e il Paraguay, e poi le missioni in California. Il successo provoca l’invidia in alcune corti europee che unito a comportamenti e atteggiamenti della Compagnia sempre in difesa dei più deboli, sfociano in aperta ostilità con l’avvento delle idee illuministe, provocando la loro espulsione (tranne nella Russia di Caterina II) dal Portogallo del Marchese Pombal, dalla Francia e infine nel 1767 dalla Spagna e da Napoli su istigazione sempre di Pombal e del cosiddetto partito inglese alla corte di Madrid.
I Gesuiti vengono prelevati, arrestati e deportati in Europa e in tutte le colonie fino a quando papa Clemente XIV sopprime l’Ordine nel 1773 con la sua “Dominus ac Redemptor”. Solo nel 1814 saranno ristabiliti come Ordine da papa Pio VII per riprendere la loro posizione di punta nella Chiesa Cattolica, fino ai giorni nostri, con l’avvento sul soglio di Pietro di padre Bergoglio, oggi papa Francesco!
Inizio della colonizzazione del Nuovo Mondo
Sin dall’inizio dei primi viaggi di esplorazione lungo le coste dell’Africa, la disputa tra Spagna e Portogallo per l’acquisizione delle terre scoperte e da colonizzare è molto aspra. Nel 1475 tra Spagna e Portogallo esplode la guerra di successione, che porta come conseguenza una guerriglia locale per l’acquisizione delle Canarie, dell’arcipelago di Madera, delle Azzorre e delle isole di Capo Verde.
Per ottenere l’esclusivo diritto di possesso delle future acquisizioni, le potenze colonizzatrici del tempo hanno bisogno dell’assenso del potere papale, in altri termini colonizzazione ed evangelizzazione vanno di pari passo e quindi, riuscendo a strappare al Papa il diritto-dovere di portare il Vangelo di Cristo tra i popoli infedeli, si ha l’implicito assenso a governare quegli stessi popoli.
Esempio è la bolla Aeterni Regis emanata da Papa Sisto IV nel 1481, con la quale si garantisce al Portogallo il possesso di tutte le terre a sud delle Canarie, dopo che il trattato di Alcáçovas del 1479 assegna le Canarie alla Spagna e gli arcipelaghi di Madera, Azzorre e le isole di Capo Verde al Portogallo.
Ben presto i sovrani di Spagna, Isabella e Ferdinando, capiscono loro malgrado che il trattato si rivela un notevole successo diplomatico per i portoghesi, in quanto assegna loro praticamente il dominio della costa atlantica africana; si muovono quindi nei confronti del nuovo papa Alessandro VI, spagnolo di nascita, per ottenere il monopolio delle terre che Cristoforo Colombo, da loro finanziato, avesse scoperto, nella sua spasmodica ricerca della via delle Indie.
Alessandro VI non rimane insensibile, emana ben quattro bolle papali a favore di Ferdinando il Cattolico, ognuna delle quali accresce le concessioni delle precedenti. Le prime due avrebbero garantito ai sovrani di Castiglia tutte le terre scoperte e/o da scoprire nelle regioni esplorate dal navigatore genovese; la terza, la “Inter Caetera” (1493), sancisce una linea di separazione tra le sfere di influenza spagnola (a occidente) e portoghese (ad oriente), dal Polo Nord al Polo Sud, a cento miglia ad ovest delle isole Azzorre e Capo Verde , intese come un unico gruppo.
In ultimo la quarta bolla, la “Dudum Siquidem”, allarga le precedenti concessioni per la Spagna a “tutte le isole, arcipelaghi e continenti, scoperti e da scoprire, navigando o viaggiando, nelle regioni orientali, occidentali, meridionali e nell’India stessa!”
Ovviamente, soprattutto con quest’ultima bolla, il Portogallo sente minacciato il suo monopolio lungo la via africana delle Indie. Immediatamente intavola un paziente lavoro diplomatico, partendo come base di trattativa dalla bolla Inter Caetera: con il 7 giugno 1494 Portogallo e Spagna arrivano alla stipula del famoso Trattato di Tordesillas , col quale si sposta ancora più ad ovest di 270 miglia dalle Azzorre e Capo Verde la linea divisoria tra le due zone di influenza, consegnando praticamente il predominio dell’atlantico meridionale ai portoghesi, solo perché gli spagnoli pensano che Cristoforo Colombo abbia trovato la via delle Indie navigando verso occidente, mentre invece il Genovese aveva scoperto un nuovo continente, che non erano le Indie orientali, bensì le Americhe!
Per questo continente sconosciuto cominciano a partire numerose spedizioni, formate da uomini decisi a tutto pur di conseguire il maggior guadagno nel minor tempo possibile. Essi entrano in contatto con nuove civiltà e nuovi popoli, spesso primitivi. Il metodo usato nei confronti dei nativi non è basato sulla misericordia del Vangelo di Cristo, bensì sull’asservimento e la schiavitù.
Uomini come Francisco Pizarro ed Hernàn Cortés, che comandano alcune di queste spedizioni formate da coloro che in seguito saranno chiamati “conquistadores”, abbattono uno dopo l’altro antichi imperi come quelli degli Incas, dei Maya e degli Aztechi, brutalizzando i nativi per la sola sete di conquista.
Quindi se si può affermare che i conquistadores non partono per le Americhe guidati da spirito missionario, si può invece dire che i missionari, domenicani, francescani o gesuiti che fossero, riescono ad essere veri missionari in un ambiente completamente ostile, cosa che porta ben presto ad un vero e proprio conflitto tra le autorità spagnole del tempo e i conquistadores.
Il dibattito tra Las Casas e Sepulveda
Già nel 1551 la diversità di concepire la conquista del Nuovo Mondo da parte dei conquistadores e dei missionari vede contrapposti Juan Ginès de Sepùlveda da una parte e Bartolomeo de Las Casas, soprannominato “l’Apostolo degli Indiani”, dall’altra. Alla visione tra chi vede i colonizzatori portatori di civiltà ed evangelizzatori di popoli barbari e superstiziosi (Sepùlveda), si contrappone il domenicano Bartolomeo de Las Casas che reclama il diritto di ogni uomo alla libertà e all’uguaglianza tra cristiani e non cristiani: le conversioni devono essere solo spontanee e non di massa.
Per Las Casas la conquista del Nuovo Mondo deve essere finalizzata allo sviluppo morale e civile degli indios, abbattendo le barriere di segregazione e sfruttamento, mentre i colonizzatori (creoli o paulisti che fossero) puntano a realizzare la conquista del Nuovo Mondo arricchendosi attraverso lo sfruttamento degli indios nelle “encomiendas” o nelle miniere di rame e argento, fino alla morte. Scrive il Padre Provinciale dei francescani del Messico al Re nel 1567: “Ovunque vi sono spagnoli, vi è strage e morte per gli infelici indios”.
Al contrario Sepùlveda afferma che è assurdo pensare che tutti i coloni giunti nelle Americhe siano tutti ladri, assassini e accaparratori dei beni dei nativi: civiltà e cristianesimo sono una cosa sola, per questo gli spagnoli sono investiti di alcuni obblighi, quali respingere la forza con la forza, punire i criminali, sottomettere al governo di una razza migliore tutti i nativi che si fossero rifiutati di farlo, in quanto questi hanno bisogno di un padrone civile. Questo padrone è la Spagna, cui il Papa ha dato questo potere, per la naturale superiorità che essa vanta sugli altri paesi cristiani.
Due teorie nettamente divergenti che portano il gruppo di giuristi e teologi riunito per dirimere la questione a non arrivare ad alcuna conclusione positiva, anche se il dibattito alla fine fa emergere il problema dello sfruttamento degli indios nelle encomiendas.
Quindi quando padre Diego de Torres Bollo, per dar vita all’esperimento delle reducciones, chiede in cambio la sospensione per tutti gli indiani dal servizio personale, appunto “l’encomienda”, non sembra una richiesta fuori luogo. E quando nel 1611 con l’ordinanza del giudice Francisco de Alfaro il servizio personale dovuto da parte di tutti gli indios viene abolito, solo per la provincia gesuitica del Paraguay, si può finalmente inneggiare alla prima vittoria dell’uomo missionario contro la barbarie coloniale.
Il sistema dell’Encomienda
Ma cos’è l’encomienda? Il sistema delle “encomiendas” è tutt’altro che nuovo in Spagna, in quanto vige da lungo tempo nei territori strappati ai Mori nelle Canarie e nelle isole delle Indie Occidentali. L’encomienda (letteralmente “affidare un incarico”) è un villaggio indigeno, o parte di un villaggio, o un gruppo di villaggi affidato ad un singolo spagnolo, “l’encomendero”, al quale spetta il compito di proteggere gli abitanti, insediare e mantenere il clero missionario nei villaggi e partecipare alla difesa militare della provincia.
L’assegnazione da parte del Re di un’encomienda non è una cessione di terra, in quanto non è equiparata ad una proprietà feudale o latifondo su cui lavorano degli schiavi; gli indios giuridicamente sono uomini liberi, ma in pratica il potere degli encomenderos (spagnoli o portoghesi che siano) ben presto aumenta a tal punto che le richieste di lavoro gratuito si tramutano in episodi di maltrattamento e sfruttamento dei nativi, praticamente ridotti al ruolo di schiavi. Da qui il bisogno di creare delle speciali “colonie missionarie”, per preservare gli indios e isolarli dal contatto con i conquistadores.
Le prime colonie missionarie, l’inizio del sistema delle Reducciones
Nei luoghi dove le circostanze sono particolarmente favorevoli, già agli inizi dei primi anni del Cinquecento si formano quindi “colonie missionarie” in America latina ad opera soprattutto dei francescani e dei domenicani. Ciò per attenuare, attraverso il meccanismo della segregazione assistita dei nativi, le contraddizioni e le tensioni più acute prodotte dalla colonizzazione, dallo schiavismo e dal genocidio degli indios.
La prima iniziativa viene presa nel 1513 dal domenicano Pedro de Còrdoba, che organizza sulla costa di Cumanà, in Venezuela, una colonia dove gli indios possono amministrarsi da soli, sotto la guida dei religiosi. Fallita questa prima iniziativa, è proprio Bartolomeo de Las Casas che cerca di organizzare nelle foreste del Guatemala la colonia di Verapaz, mentre i francescani in Messico fondano il “villaggio indiano modello” di Santa Fe, dove è previsto lavoro per tutti e il possesso comune delle terre. L’idea di realizzare delle “Reducciones de indios” viene proseguita dai domenicani nella regione del fiume Huallaga, in Perù, e dai francescani lungo il fiume Orinoco e nei governatorati del Tucumàn e del Paraguay y Rio de la Plata.
I Gesuiti arrivano in Perù solo nel 1568, e dopo qualche tentativo di convertire gli indios nel quartiere di Lima denominato Santiago del Cercado e nel villaggio di Huarochirì sulla Sierra, nel 1576 eleggono a loro zona di missione permanente le tre parrocchie indiane della città di Julì, sul lago Titicaca. Si costruiscono una casa che funge anche da collegio per formare i futuri missionari e dove possono studiare la lingua indiana.
Le esperienze fatte nella stazione missionaria di Julì servono da modello per fondare altre Reducciones in Nuova Spagna e California, mentre sempre da Julì muove verso il Paraguay, per diventarne il primo Provinciale, Diego de Torres Bollo e fondare nel 1609, insieme ad altri tredici missionari gesuiti, la prima missione paraguayana tra gli indios Guaranì.
E’ quindi il 1609 la data di inizio del sistema delle Reducciones: il 29 dicembre viene fondata la prima Riduzione, S. Ignacio, poco distante dalla confluenza tra i fiumi Paranà e Paraguay. La missione in seguito verrà spostata e chiamata S. Ignacio Guazù (che significa “maggiore”), per distinguerla dall’altra S. Ignacio fondata nel luglio del 1610 a nord del Tropico del Capricorno, nel Guayrà (odierno Stato brasiliano di Paranà), che verrà chiamata Minì (minore) e in seguito rifondata e ricostruita nella terra dell’attuale provincia argentina di Misiones, dove ancora oggi possiamo ammirare le sue rovine.
Nel Guayrà, a fondare S. Ignacio Minì e poi Loreto, Torres Bollo invia i padri italiani Giuseppe Cataldini e Simone Mascetti che, come tutti gli altri padri partiti per la regione, organizzano e reggono da soli ogni singola Riduzione (dove vivono in due, al massimo tre padri). La Missione viene fatta nascere generalmente in prossimità di comunità indigene semi-stanziali, vicina ai corsi d’acqua (S. Ignacio Minì sorge nelle vicinanze del Rio Paranapanema, che oggi separa gli Stati brasiliani di S. Paolo e Paranà), per poi indurre gli indios ad una vita sedentaria, coinvolgendoli nella coltivazione dei campi (dove viene coltivata e seminata soprattutto la “yerba mate”), nello sviluppo dell’artigianato e nell’allevamento del bestiame, portandoli gradualmente a rinunciare al nomadismo.
Il 1611 è un altro anno importante per il sistema delle Reducciones, la pietra miliare per vedere salvata l’esistenza dei nativi come entità etnica: il giudice Francisco de Alfaro sospende, solo per le Reducciones del Paraguay, il servizio personale per gli indios che vi abitano e per coloro che vi avrebbero abitato in futuro, esentando le Riduzioni dal pagare per i primi dieci anni il loro tributo alla Corona di Spagna, mentre gli indios non avrebbero più pagato il loro tributo come servizio personale agli encomenderos.
Passo audace quello di Alfaro, un gesto che mette fine allo sfruttamento degli indios attraverso il sistema delle encomiendas da parte dei coloni. Si pongono sullo stesso piano i nativi con i coloni spagnoli, con gli stessi diritti e i medesimi doveri: entrambi avrebbero pagato d’ora in avanti il tributo al Re di Spagna come ogni suddito del Re.
Nel 1621 le ordinanze rivoluzionarie, per quei tempi, di Alfaro sono riprese dal nuovo governatore Diego de Gòngora, che completa le precedenti ordinanze affermando la piena libertà degli indios e il suo impegno a proteggerla ponendo degli amministratori in difesa degli indigeni. Ma se l’idea di Gòngoraè animata dall’intenzione di assicurare una maggiore protezione ai Guaranì, in effetti rischia di diminuire la forza delle ordinanze emanate da Alfaro, ed allora gli stessi nativi reagiscono rifiutandosi di dar da mangiare a questi amministratori, tanto da costringerli ad abbandonare le sedi loro affidate.
Il carattere delle Reducciones viene quindi riassunto nella “Recopilaciòn de Leyes de losReynosde lasIndias”, che comprende oltre alla legislazione delle colonie, anche la completa legislazione indiana. Vi si legge tra l’altro: “l’entrata nella Riduzione è proibita ad ogni straniero; è proibito anche l’accesso nelle superfici degli stati missionari, sulle quali sono già sparpagliate numerose Riduzioni”.
Ovviamente tutti gli ordini missionari, compresa la Compagnia di Gesù, attingono a questa legislazione coloniale spagnola, sia in quanto sudditi del re di Spagna, sia perché in questo modo incrementano la loro attività in difesa degli indios, al riparo dalle mire dei conquistadores, con la conseguenza di avere una particolare posizione nella formazione degli Stati sudamericani.
Nel suo “Die Reisebeschreibung di Pater Sepp” Hoffman Harnish scrive a questo proposito:” Le Riduzioni rappresentarono l’unico caso di organizzazione che fu capace di garantire l’esistenza degli indigeni americani. Il tentativo è stato confermato attraverso 150 anni felici. Fu un fatto grandioso sia nel concetto che nella realizzazione”.
La struttura economica degli Incas
Torres Bollo, quindi, in qualità di primo Provinciale dell’appena costituita provincia gesuitica del Paraguay, staccatasi nel 1604 da quella del Perù, cerca di sviluppare i princìpi della forma economica delle Reducciones, attingendo dall’esperienza fatta in Perù nello studio delle istituzioni dell’Impero Inca, e che aveva visto affermata con successo nella creazione dei villaggi nel Vice-regno peruviano.
Il sistema economico e sociale degli Incas, descritto egregiamente da Garcilago de la Vega nei suoi “Comentarios reales”, è molto semplice: i sovrani dell’antico Perù, desiderosi di far regnare la giustizia e la prosperità nel loro regno, appena conquistata una provincia la dividono in tre parti: la prima per il dio Sole, la seconda per il Re e la terza per gli abitanti del paese.
I campi del dio Sole vengono coltivati per i bisogni del culto e i loro prodotti sono al servizio del mantenimento di un clero assai numeroso. Il raccolto delle terre dell’Inca (Imperatore), lavorate a vantaggio del governo come servizio personale del popolo, hanno anche lo scopo di essere utilizzate come cassa di mutuo soccorso nei momenti di carestia e calamità; l’ultimo terzo delle terre coltivabili, ripartito tra le famiglie della comunità, gli “ayllu”, deve essere diviso in lotti uguali in rapporto al numero dei loro componenti. La proprietà privata è limitata al possesso di una capanna, di un recinto dove tenere pochi animali domestici, qualche bene mobile tipo abiti ed attrezzi. Tutto il resto appartiene all’Inca.
Gli abitanti dell’impero Inca lavorano per l’Imperatore il quale, in cambio, lascia loro la libera disponibilità delle terre della comunità e ripartisce con equità una parte dei frutti del loro lavoro, secondo l’età e la diversa attività produttiva, ricevendo il nutrimento necessario per una degna esistenza, mentre i vecchi e gli ammalati vengono mantenuti da tutta la comunità.
Non esiste una libera scelta di lavoro, né libertà individuale o tempo libero, ma in compenso non vi è povertà né traccia di ricchezza oltre la casta dominatrice, la quale invece ne ha in misura indescrivibile. Lo Stato è quindi improntato sul dominio di una casta teocratico-militare sull’intero popolo, sfatando il mito che quello degli Incas fosse un grande stato socialista.
Quando con l’arrivo dei conquistadores spagnoli, con a capo il famigerato Francisco Pizarro, il 16 novembre 1532 a Cajamarca l’impero Inca crolla in meno di tre ore, in Perù sopravvivono comunità che, nel loro piccolo, continuano a riprodurre il sistema economico inca: i Gesuiti al loro arrivo in quei luoghi si convincono che, per avere successo nell’ opera di conversione degli indios, è necessario replicare il loro modo di vivere tradizionale.
Le missioni gesuitiche in Perù, quindi, mantengono i principali elementi delle comunità inca, fornendo a Diego de Torres Bollo la via da seguire in Paraguay con gli indios Guaranì, una volta resi sedentari in comunità dello stesso tipo, basandosi sulla struttura economica dei Guaranì simile a quella degli Incas, seppur in una forma molto meno organizzata e più primitiva rispetto al grande popolo sceso dal lago Titicaca.
Il sistema economico nelle Reducciones
L’esperienza maturata nelle comunità peruviane dai padri missionari serve perciò a creare un nuovo sistema socio-economico nelle Riduzioni, adattandolo alla realtà peculiare degli indios Guaranì. È così che i Gesuiti sviluppano la forma della bipartizione del terreno da coltivare in “Tupam-baè e Abam-baè”. Gli indios lavorano le piantagioni di proprietà della comunità (i tupam-baè, la cosiddetta “proprietà di Dio”) tre giorni la settimana; tutti i proventi ottenuti dalla raccolta vengono immagazzinati ed utilizzati nei periodi di carestia e per il sostentamento delle famiglie in difficoltà, delle vedove, degli orfani e dei malati; poi ad ogni famiglia viene assegnato un piccolo orticello (l’ abam-baè) che deve servire per il sostentamento dei suoi membri, ma che non va in eredità a nessun figlio: la proprietà è assegnata solo fino alla morte del titolare.
Questa distinzione in “Abam-baè e Tupam–baè” ha una motivazione ben precisa: si obbligano gli indios a lavorare sul campo di Dio per l’onore della Sua persona e per il servizio alla comunità, affinché si possa assicurare più facilmente il totale sostentamento delle Riduzioni, attraverso una coltivazione comune. In definitiva il “Tupam-baè” diviene la base della prosperità economica dei villaggi e ad esso si sarebbe attinto ogni qual volta che l’“Abam-baè” familiare non avesse dato i proventi sperati, oltre ad avere l’importante funzione di scambio dei suoi prodotti all’interno e all’esterno del territorio missionario.
Altro punto sul quale i Padri pongono grande attenzione nella vita quotidiana delle Riduzioni è l’educazione dei bambini, sia maschi che femmine; fino a sedici anni vengono istruiti ed avviati al mestiere verso cui dimostrano maggiore inclinazione, mentre i più dotati imparano il latino e lo spagnolo per poi mantenere i contatti con il sistema coloniale. Nelle Reducciones i Gesuiti, mentre mantengono la struttura di comando delle comunità indigene ante evangelizzazione attraverso il Cacicco, cui viene riservato il “governo civile”, in quanto “Leader” della comunità, e i cui ordini vanno rispettati da tutti, contestualmente fanno in modo che la forza della parola dei profeti, i Karai, vada spegnendosi a causa della scelta sedentaria dei Guaranì delle Reducciones a scapito del nomadismo.
I Karai sono capaci con i loro racconti di riunire intere tribù in migrazioni religiose per tentare di raggiungere la “Terra senza il Male” al di là dell’Oceano, il terribile ostacolo, il limite invalicabile, che conferma agli indios la loro certezza che sulla riva opposta si trova la terra eterna. Per i Guaranì è l’uno il Male, colui che li costringe a vivere sulla Terra, la Terra del Male, primo scontro con la religione cristiana che parla di un Dio unico vero bene, sforzo enorme da parte dei missionari per portare gli indios a rinunciare alla parola dei Karai e accettare Cristo unico vero Dio.
Per essi è il Due la mèta cui aspirare, perché il Due significa l’unione del Bene con ogni uomo: uomo-divinità, divinità-uomo. I loro boschi sono popolati da personaggi mitici, informali; le loro credenze sull’origine e la fine dell’universo, sul significato dell’uomo, sull’agricoltura, sulla creazione del fuoco e del linguaggio si traducono in cosmogonie e mitologie di tipo poetico.
“Tupà” è la loro divinità, ma non è oggetto né di culto né di preghiere, rappresentando il tuono e la saetta. Ecco perché la maggior parte della giornata i padri la dedicano all’educazione ed evangelizzazione dei bambini, che poi sarebbero diventati i futuri reggenti delle sorti dei villaggi, tralasciando nei primi tempi gli adulti e gli anziani, troppo radicati nella credenza tribale.
Questo sistema è stato interpretato da una vasta parte della letteratura, come abbiamo già avuto modo di descrivere, soprattutto sotto il profilo strettamente socio-politico, che l’esperimento delle Reducciones fosse comparabile alla formazione di uno Stato all’interno dello Stato coloniale spagnolo, la cosiddetta “Repubblica del Guaraní”, anche detta “Repubblica gesuitica del Paraguay”, unico esempio di “comunismo” compiuto che si sia mai realizzato nella Storia. Nulla di tutto ciò.
Il sistema delle Reducciones si sviluppa nell’ambito del sistema coloniale spagnolo, in applicazione delle leggi coloniali e pagando regolarmente le tasse al Re di Spagna.
Le incursioni dei Mamelucos
Se l’esperimento gesuitico, da una parte, nasce con lo scopo di salvare dallo sterminio la popolazione indigena (120.000/130.000 ca.) dei Guaraní (popolo primitivo e senza storia), attraverso un’organizzazione sociale e politica rispettosa dei diritti di ogni persona, dall’altra impedisce ai colonizzatori e ai mercanti di schiavi spagnoli e portoghesi di sfruttare a loro vantaggio quella parte delle colonie: è un dato di fatto che nelle aree sotto “giurisdizione” dei Gesuiti il potere di sfruttamento da parte dei “conquistadores” della manodopera indigena viene fortemente attenuato.
Oltre a questi nemici “interni”, il sistema delle Riduzioni deve combattere contro nemici esterni; i missionari partiti per il Guayrà, Cataldini e Mascetti, coadiuvati dai padri Ruiz de Montoya e Diego de Salazar, si trovano a “ridurre” una tale moltitudine di indios, che invece rappresentano una forte tentazione per i colonizzatori portoghesi e i meticci cacciatori di schiavi di San Paulo: i crudelissimi “Mamelucos”. Essi vedono nei villaggi che si vengono a formare una fonte inesauribile per i loro traffici di schiavi.
A dimostrazione di ciò, già nel 1611 avviene il primo attacco paulista alle Riduzioni, attacchi che continuano negli anni successivi, soprattutto quando dal 1620 il commercio portoghese di schiavi con l’Angola si interrompe a causa dell’espansionismo olandese. Le incursioni dei “bandeirantes” paulisti e di bande ausiliarie di indios Tupì alleate divengono delle vere e proprie spedizioni militari, che portano come risultato alla cattura di decine di migliaia di indios delle missioni.
Contro queste spedizioni nessuna difesa armata da parte dei Guaranì può essere contrapposta, dato che le leggi coloniali spagnole, ribadite nel 1628 dal nuovo governatore Luis de Cespedes Jeria, non consentono alle missioni di armarsi: ciò costringe i Gesuiti a prendere a malincuore una drastica decisione, quella di evacuare tutti gli indios dalle Reducciones del Guayrà e abbandonarle. Decisione tanto sofferta quanto inevitabile: sotto la guida di padre Montoya comincia un esodo epocale, biblico, un’operazione di trasferimento verso zone più sicure di migliaia di indios Guaranì, tra i dodici mila e i venti mila, a bordo di zattere e canoe scendendo lungo il corso del Paranà.
Un trasferimento-migrazione a sud delle Cataratas do Iguazù per interporre un lungo tratto di fiume non navigabile tra i paulisti e le missioni, della durata di quasi due anni e che provoca gravissime perdite umane: degli indios partiti dal Guayrà padre Montoya riesce a portare in salvo solo circa quattro mila Guaranì.
Oltre la metà degli indios non riesce a sopravvivere a questa durissima prova, cui la colonizzazione ispano-portoghese li ha costretti a sottoporsi. Padre Montoya rifonda nel 1632 con i sopravvissuti sia S. Ignacio Minì che Loreto sulle rive del torrente Yabebirì, nella provincia di Misiones, in una posizione definitiva ma soprattutto tranquilla.
Rocco Gonzales e la ribellione di Nezù e Carupè. Lotta ai bandeirantes
Nonostante tutte queste avversità, più passa il tempo e più nuove Missioni vengono fondate, anche a costo della vita dei Padri mandati tra gli indios: ricordiamo fra tutti il sacrificio dei padri Rocco Gonzalès e Alonso Rodriguez, vittime della sanguinosa ribellione dei cacicchi Nezù e Carupè.
Rocco Gonzalès, profondo conoscitore della regione essendo nato ad Asunciòn nel 1576, viene definito come l’artefice primo dello sviluppo delle missioni gesuitiche in Paraguay. Nonostante il fallimento tra gli indios Guaycurùs del Chaco, padre Gonzalès riesce a fondare in rapida successione le Riduzioni di Itapùa nel 1615, quella di Concepciòn nel 1620 e quella di San Nicolàs nel 1626, dimostrando notevoli capacità di amministratore oltre che di missionario.
Oltre all’abnegazione e al sacrificio dei padri gesuiti, bisogna ricordare che il sistema delle Reducciones ha un grande impulso anche dall’emissione del decreto del 4 luglio 1626 del governatore di Buenos Aires, Francisco de Cèspedes, che attribuisce esclusivamente ai gesuiti il compito di sottomettere alla Corona di Spagna e alla Chiesa la regione bagnata dall’alto corso del fiume Uruguay.
Vengono così fondate sempre nel 1626 la Riduzione di S. Javier e nel 1628 Candelaria e Todoslos Santos del Carò, quest’ultima divenuta tristemente famosa perché in essa viene ucciso, il 15 novembre dello stesso anno, proprio Rocco Gonzalès insieme al confratello Alonso Rodriguez dai “cacicchi” Nezù e Carupè.
A causa di questo tremendo fatto di sangue la Riduzione viene rinominata con il nuovo nome di “Màrtires”. Due giorni dopo trova la morte anche un altro gesuita: Juan del Castillo, e un’orda di circa 1.500 indios con a capo i ribelli Nezù e Carupè muove alla volta di Candelaria per distruggerla.
Il momento è grave: occorre organizzare una difesa!
Alcuni padri gesuiti come Diego de Boroa, Josè Ordonez, Pedro Romero e Francisco Clavijo chiamano un uomo d’armi come il capitano Manoel Cabral, da anni residente in Paraguay, per organizzare con i suoi uomini gli indios alla difesa di Candelaria. Ma non basta, c’è bisogno di altri aiuti: dalle Riduzioni francescane di Yuti e Caazapà arrivano 200 Guaranì armati e guidati da Francisco Calabuì; da Concepciòn e da Itapua giungono altri 1.000 guerrieri guidati dai cacicchi Nicolàs Neenguirù e Santiago Tabacambì. Dopo alcuni brevi scontri, il 20 dicembre 1628, i ribelli vengono sopraffatti dagli archibugieri di Manoel Cabral e dalle frecce dei guerrieri di Neenguirù e Tabacambì.
È una strage! Tra coloro che cadono in battaglia c’è anche Carupè, mentre Nezù riesce a fuggire nella foresta.
Per la prima volta i Guaranì hanno avuto l’occasione di combattere, anche se, come detto in precedenza, il governatore del Paraguay Luis de Céspedes Jeriaera sempre stato contrario all’armamento delle truppe Guaranì nelle Riduzioni. Ma i gesuiti, spronati dall’autorizzazione ad armarsi dal nuovo superiore provinciale, il napoletano Nicola Mastrilli Duran, usano il loro stipendio di curati, sommato ad una parte dei ricavi ottenuti dalla vendita di prodotti agricoli eccedenti, per comprare armi e formare così una milizia indiana.
Un converso, Domingo de Torres, veterano delle guerre dei Paesi bassi, comincia ad addestrare i Guaranì delle Riduzioni tanto che nel 1636 riescono ad opporre una forte resistenza ad una scorreria di “bandeirantes” di S. Paulo, non riuscendo comunque ad impedire la deportazione di migliaia di prigionieri indios. Addirittura, nel 1638 persino il governatore di Buenos Aires, Mendo de la Cueva y Benavides, chiede di poter utilizzare alcune milizie guaranì come truppe ausiliarie in appoggio all’esercito regolare spagnolo per reprimere alcune tribù indiane, che avevano assaltato le città di Corrientes e Santa Fè.
L’anno seguente, nel 1639, ancora in un ulteriore scontro, a Caazapa Guazù, vede affrontarsi una colonna di Guaranì guidata dal padre gesuita Diego de Alfaro (figlio di colui che aveva emanato la famosa ordinanza del 1611) con una “bandeira” paulista rafforzata da indiani Tupì. Sotto gli occhi di una colonna di soldati spagnoli venuti in loro soccorso, ma che non spara un solo colpo di fucile, i Guaranì respingono con successo la “bandeira”, facendo anche numerosi prigionieri, ma perdendo la loro guida, il padre Diego de Alfaro, caduto in battaglia.
È l’ora di assestare il colpo di grazia alle scorribande dei paulisti e il momento giunge l’11 marzo 1641, alla confluenza tra il Rio Mbororè e il fiume Uruguay. Un forte esercito di indios delle Riduzioni, circa 4.000 uomini, al comando dei cacicchi Nicolàs Neenguirù (per le forze di terra) e Ignacio Abiarù (per quelle fluviali) e sotto la direzione di Domingo de Torres, tende un’imboscata ad una numerosa “bandeira” paulista, forte di 500 mamelucos e 2.500 ausiliari Tupì, mentre questi ultimi stanno risalendo il fiume per invadere le missioni.
I paulisti colti di sorpresa cercano rifugio sulle sponde del fiume, dove trovano ad attenderli le truppe di terra dei guaranì, mentre il resto attacca sulle canoe le restanti barche pauliste. Alcuni cercano rifugio in un fortino chiedendo una tregua che non viene accordata: è una carneficina, una pesantissima sconfitta con oltre 2.000 morti tra i “bandeirantes”.
Una disfatta che provoca nell’immediato l’attenuarsi delle incursioni da parte dei paulisti, mentre nel periodo susseguente nessuna “bandeira” così numerosa attaccherà più le Riduzioni, influendo in maniera determinante sul futuro assetto della regione. Di conseguenza per le missioni la vita diviene meno difficile, soprattutto quando la guerra del Brasile contro gli olandesi richiama al nord molti paulisti, tra cui il famoso e temibile capo delle “bandeiras” Antonio Raposo Tavares.
La prima fase di insediamento delle missioni giunge finalmente a compimento con circa venti Riduzioni fondate, comprese tra l’alveo del Rio Tebicuary, le valli del medio Paranà e dell’Uruguay: i gesuiti sono riusciti a comprendere, oltre che a combattere, che lo sviluppo delle propensioni individuali, e quindi la formazione professionale, sono uno dei più preziosi mezzi di catechesi, capaci di stimolare nei Guaranì quel senso di dignità che ognuno di noi trae dalla realizzazione di un’opera, come ad esempio l’edificazione delle chiese, di fatto l’occasione più importante per mettere alla prova e interpretare il sentimento popolare degli indios, ma anche a far crescere un popolo con una propria identità, non dimenticando la loro indole guerriera.
La maggior parte delle Reducciones si situano nella regione dell’attuale provincia argentina di Misiones, con sconfinamenti a nord in Brasile dove comprendono gran parte degli odierni stati del Rio Grande do Sul, Santa Catharina e Paranà, per poi giungere fin oltre la sponda orientale dell’Uruguay stesso. Su questa sponda si insediano ulteriori ben sette Riduzioni con numerose “estancias”, pascoli creati dai gesuiti per ospitare il numeroso bestiame che gli indios allevano per i loro bisogni.
Il territorio dove viene quindi a sorgere il cosiddetto “Stato gesuita delle Reducciones”, dopo questi eventi, si può affermare che sia compreso tra il 30° e il 26° grado di latitudine nord e tra il 54° e il 58° grado di longitudine ovest, al sicuro dalle tribù indiane “non reducidos”, dai conquistadores spagnoli e dai Mamelucos.
Nel massimo del loro fulgore, tra il 1690 e il 1740, si giunge a contare 30 Reducciones, mentre la Compagnia di Gesù porta l’esperienza delle Misiones delle Cataratas do Iguaçu anche in altre parti del Nuovo Mondo come nella California messicana, fondando la prima missione di San Bruno nel 1697 e poi quella di San Francesco Javiernel 1699.
Il Trattato di Madrid del 1750 e la fine delle Reducciones
Il 13 gennaio 1750 le Corone di Spagna e Portogallo ratificano e firmano il Trattato di Madrid, meglio conosciuto come il “Tratado de Limites”; con quella firma si dividono da nord a sud i possedimenti spagnoli e portoghesi in America Latina, separando 7 Reducciones dalle altre 30; queste 7 sarebbero quindi rimaste al di qua del Rio Uruguay, in territorio portoghese, obbligate a trasferirsi nei nuovi territori loro assegnati.
Tre delle sette accettano loro malgrado di lasciare le loro missioni e le loro case, ma le altre quattro si ribellano. La ribellione delle Reducciones e la guerra Guaranica che ne consegue, capeggiata talvolta dagli stessi padri, ma mai dimostrata nonostante le accuse di ribellione alla Corona del commissario regio Valdelirios nei confronti dei gesuiti, provoca in Europa per la Compagnia l’ennesima propaganda di sfavore, mandando in rotta di collisione la politica dei gesuiti a difesa degli indios contro quella governativa e ponendo definitivamente fine (nel sangue) all’esperienza gesuitica.
Il 10 febbraio 1756 gli indios Guaraní ribelli vengono sconfitti nella cruenta battaglia di Caaybatè, combattuta contro un esercito congiunto ispano-portoghese, arrivato fin lì per far rispettare degli accordi sottoscritti a migliaia di chilometri di distanza da due governi ciechi e ottusi nella loro gestione del potere!
Nel giro di qualche ora perdono la vita oltre 1300 indios, 150 vengono fatti prigionieri, massacrati, annientati e nuovamente prede dei mercanti di schiavi, mentre i Padri della Compagnia vengono scacciati da tutte le Colonie, anche quelle californiane. Scrive uno dei Padri nelle sue memorie:” Solo una madre a cui muore un figlio prova il dolore che provo io abbandonando gli indios delle nostre missioni”!
Il “Tratado”, insieme all’avvento in Europa della cultura massonico-illuminista e alla campagna diffamatoria antigesuitica, perseguita soprattutto dal ministro portoghese Pombal, acerrimo nemico della Compagnia di Gesù, porta alle estreme conseguenze la delicata questione delle Reducciones, sempre mal viste oltre che da Pombal anche in seno alla corte di Spagna.
Alla fine di questa campagna contraria alle iniziative di umana misericordia dei seguaci di Ignazio De Loyola, nel 1773 Clemente XIV, con la sua Dominus ac Redemptor, sopprime l’Ordine della Compagnia di Gesù, dopo che le altre Corone europee avevano già espulso e deportato i Padri Gesuiti da tutti i loro possedimenti coloniali e dall’Europa stessa.
In conclusione, ancora una volta, ieri come oggi, per far trionfare l’interesse economico, si calpesta il diritto di un popolo ad essere libero. Ma le persecuzioni non bastarono ad eliminare la cultura e la lingua Guaranì che, salvata dalle regole gesuitiche delle Reducciones, è ancor oggi, con lo spagnolo, la lingua nazionale del Paraguay.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Claudio Ferlan, Storia delle missioni cristiane. Dalle origini alla decolonizzazione, Il Mulino, 2023.
- Alberto Armani, Città di Dio e Città del Sole – Lo “ Stato” gesuita dei Guarani’ (1609-1768), Edizioni Studium, 1977.
- Pierre Clastres, La società contro lo Stato, Feltrinelli, 1977.
- Robert Bolt, La Missione, Edizioni TEADUE, 1989.
- Pino Cacucci, Le balene lo sanno. Viaggio nella California messicana, Feltrinelli, 2011.
- Sandra Orienti e Alberto Terruzzi, Le Reducciones gesuitiche del Paraguay, Alinari,1982.