CONTENUTO
di Matteo Pellegrini, studente di Storia, Antropologia, Religioni all’Università La Sapienza
Gli antefatti al Maxiprocesso
Quando si parla di Maxiprocesso di Palermo inevitabilmente nella nostra testa appaiono le gesta di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Antonino “Ninni” Cassarà, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Piersanti Mattarella e tutti quegli uomini uccisi dall’omertà mafiosa. Già la stessa parola Maxiprocesso fa pensare a delle condanne numerose in termini di quantità, sia per gli anni di condanna sia per le persone condannate. L’inizio del Maxiprocesso si situa poco dopo gli anni successivi alla Seconda Guerra di Mafia. Con questo termine ci si riferisce a quel periodo compreso tra il 1974 e il 1984, quando emerge un conflitto interno alle famiglie facenti parte dell’organizzazione mafiosa e l’ascesa di Cosa Nostra capeggiata da Salvatore Riina. Gli interessi di questa Seconda Guerra di Mafia vertono su interessi riguardanti il mercato e il business dei capi mafiosi, i quali hanno accordi e legami con figure politiche. Gli interessi sono vasti e spaziano dalla droga e il narcotraffico al traffico di armi passando per l’edilizia e la gestione di botteghe popolari (macellerie, sartorie e aziende ortofrutticole). Questo conflitto tra famiglie vede l’affermarsi dei corleonesi capeggiati dal boss Salvatore “Totò” Riina, affiancato da Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Michele Greco – detto “il papa” – che durante il conflitto mafioso passa dall’appoggio alle vecchie famiglie siciliane al sostegno alla famiglia di Corleone, fino a diventare il presidente di Cosa Nostra.
Se da una parte il Maxiprocesso inizia con la fine della mattanza, l’ultima fase della guerra, dall’altra le indagini delle istituzioni stanno producendo grandi risultati, come l’istituzioni di quello che viene definito pool antimafia.
Il dato che più impressionò […] fu la crudeltà della mafia: le camere della morte, le atroci esecuzioni, gli strangolamenti, i cadaveri sciolti nell’acido. Una interminabile sequenza di atti di cieca e brutale violenza. Erano oltre 120 gli omicidi compiuti da esponenti di Cosa Nostra. Ma la crudeltà della mafia si esprimeva non solo con le sentenze di morte, ma anche con incredibili prepotenze.
Pietro Grasso, Per non morire di mafia, Sperling&Kupfer, 2009
La struttura dell’Aula Bunker e la composizione del Pool Antimafia
Per accogliere i vari aderenti all’organizzazione criminale di Cosa Nostra in attesa di processo viene deciso di costruire appositamente una stanza, denominata appunto aula bunker. Questa è situata nel carcere dell’Ucciardone a Palermo. La scelta di costruire un’aula per il Maxiprocesso dipende da fattori strategici e da fattori strutturali; infatti, nessuna aula può contenere un numero così elevato di imputati, testimoni e avvocati, mentre è un fattore strategico in quanto serve ad evitare eventuali attentati all’interno di essa ed è provvista di sistemi di sicurezza, porte blindate, vetri antiproiettile e il soffitto viene costruito in modo da resistere ad eventuali attacchi aerei. Per la sua costruzione vengono impiegate circa 120 persone, che termino i lavori tra il 1985 e il 1986. All’interno dell’astronave verde – come viene chiamata l’Aula Bunker – vi sono 30 gabbie riservate agli imputati, solo le ultime tre riservate ai pentiti. Al di sopra, ci sono tre tribune da per un totale di 450 posti; le due laterali riservate al pubblico, mentre quella centrale destinata ai giornalisti. Questi non potevano entrare in alcun modo in contatto con gli imputati e i loro ingressi erano separati da questi ultimi. Al lato opposto delle gabbie vi è la Corte.
Il presidente della Corte d’assise era stato finalmente nominato: si trattava di Alfonso Giordano […] Claudio Dall’Acqua e Antonio Prestipino erano i togati in panchina, per un’eventuale sostituzione. In totale erano previsti sedici giudici popolari e quattro togati, oltre a due pubblici ministeri: Giuseppe Ayala e Domenico Signorino.
Pietro Grasso. Per non morire di mafia, Sperling&Kupfer, 2009
Oltre a loro vi è tra i giudici a latere la figura di Pietro Grasso. Per arrivare a questo risultato è importante mettere in evidenza il lavoro costituito dal pool antimafia; con pool si intende un gruppo di magistrati che lavoravano ad un’indagine. Quest’ultimo viene ideato da Rocco Chinnici e portato avanti negli anni del Maxiprocesso da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe di Lello e Leonardo Guarnotta. Essi costituiscono quello che è chiamato monstrum processuale e che vede: 475 imputati, 438 capi d’imputazione, tra cui 120 omicidi e che si svolge dal 10 febbraio 1986 al 30 gennaio 1992.
Ripensando al maxiprocesso mi affiora alla mente il ricordo di un caleidoscopio di facce, di storie, di episodi che hanno dell’incredibile e di cui le incessanti riprese da parte della tivù dello Stato accentuarono l’aspetto teatrale. Un detenuto si cucì le lebbra con punti metallici in segno di protesta. Un altro si denudò completamente nella sua gabbia volendo passare per pazzo.
Pietro Grasso. Per non morire di mafia, Sperling&Kupfer, 2009
La svolta di Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno
Il nostro pentito, Tommaso Buscetta, non era piovuto dal cielo. Quando, nel luglio 1084, compare all’orizzonte siamo dunque preparati […] ero in grado di capire Buscetta e quindi pronto ad interrogarlo. Prima di lui, non avevamo che un’idea superficiale del fenomeno mafioso. Con lui abbiamo cominciato a guardarvi dentro. CI ha fornito numerosissime conferme sulla struttura, sulle tecniche di reclutamento, sulle funzioni di Cosa Nostra . Ma soprattutto ci ha dato una visione globale, ampia, a largo raggio del fenomeno. Ci ha dato una chiave di lettura essenziale, un linguaggio, un codice.
Giovanni Falcone con Marcelle Padovani, Cose di Cosa Nostra, BUR, 2020
Tommaso Buscetta, il boss dei due mondi, rappresenta una vera e propria svolta per quanto riguarda il Maxiprocesso. Interviene nel pieno di quest’ultimo e con la sua testimonianza cambia lo sguardo verso Cosa Nostra e coinvolge altre figure di spicco di Cosa Nostra, come quella di Salvatore Contorno, di Vincenzo Sinagra e Stefano Calzetta. L’importanza di Tommaso Buscetta sta nel fatto di aver dato appunto una chiave di lettura dei fatti di mafia. Spiega come viene regolata la vita interna di Cosa Nostra, le famiglie che ne fanno parte, la Seconda Guerra di Mafia, la sua forma piramidale, le norme e le tradizioni da rispettare.
Un episodio importante è il confronto con Giuseppe “Pippo” Calò; secondo quest’ultimo Buscetta utilizza il pentimento per compiere delle vendette trasversali ma, vista la mancanza di prove a sostegno della tesi di Calò, la discussione risulta in un esito negativo. Buscetta può così continuare il suo racconto e fare i nomi della famiglia di Salomone e Bontate. Entrambi i capi famiglia si presentano davanti al giudice andando contro le tesi sostenute dallo stesso Buscetta.
Buscetta, che era stato molto vicino al mondo politico, si è mostrato in qualche modo evasivo in questo campo, ma è comunque quello dotato di maggiore spessore. Mentre Contorno, semplice esecutore d’ordini e quindi limitato nella sua visione, ci ha però offerto la fedele rappresentazione di un perfetto soldato.
Giovanni Falcone e Marcelle Padovani, Cose di Cosa Nostra, BUR, 2020
Salvatore “Totuccio” Contorno – detto “Coriolano della Floresta” – altro pentito di mafia chiamato a testimoniare, descrive invece in modo chiaro i comportamenti di un mandante di Cosa Nostra. Grazie alle sue dichiarazioni è possibile ricostruire la dinamica di alcuni omicidi che conducono all’arresto di almeno 160 persone. Le dichiarazioni di Salvatore Contorno restano attendibili, seppur discordanti in alcuni punti rispetto a quelle di Buscetta.
Conclusione e sentenze del Maxiprocesso
I capi di imputazione contestati erano 438, fra i quali 120 omicidi, qualche strage, associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, rapine, estorsioni, contrabbando di sigarette…quasi tutto il codice pensale, insomma. I reati andavano valutati uno per uno.
Pietro Grasso, Per non morire di mafia, Sperling&Kupfer, 2009
Il 10 novembre 1987 la Corte entra in camera di consiglio e lì rimane per circa trentacinque giorni, con i suoi membri isolati dal mondo. La giornata inizia alle nove del mattino, con una sospensione all’una per pranzo, riprende alle tre del pomeriggio fino alle otto di sera, quando arriva la cena. Il 16 dicembre 1987 alle 18:07 i membri della Corte escono finalmente dalla camera di consiglio e il Presidente Alfonso Giordano inizia la lettura dell’esisto delle 54 pagine scritte. Vengono comminate 346 condanne, 19 ergastoli tra i quali figurano quelli di: Michele Greco, Giuseppe Calò, Bernardo Provenzano, Salvatore Riina per un totale di 2665 anni di carcere e circa 12 miliardi di lire di multa. Il Maxiprocesso rappresenta un momento storico in cui lo Stato assume e comprende la sua importanza; ammette la presenza di Cosa Nostra e si dimostra tenace nei confronti della malavita siciliana. Rappresenta la risposta più imponente e più forte dello Stato nella storia della Repubblica e nella storia della mafia.
La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.
Giovanni Falcone
I 3 libri consigliati da Fatti per la Storia
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- Pietro Grasso – Per non morire di mafia
- Giovanni Falcone – Cose di Cosa Nostra
- Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco – L’Agenda Rossa di Paolo Borsellino