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Martin Lutero: un agostiniano tormentato
Lutero nasce a Eislben, in Sassonia, il 10 novembre del 1483 in una famiglia di cultura contadina. Inizia i suoi studi universitari a Erfurt, città che definiva la nuova Betlemme, a diciotto anni e poco dopo, nel 1505, avviene la prima svolta della sua vita quando è “folgorato sulla via di Stotterheim”. Durante una tempesta, un fulmine cade vicino a lui che reagisce invocando Sant’Anna, la protettrice dei minatori come suo padre: “Aiutatemi, mi farò monaco”. Così diventa agostiniano ed è ordinato sacerdote. La sua dedizione agli studi e le sue virtù gli valgono raccomandazioni a Federico il Savio, che è alla ricerca di docenti per la neonata Università di Wittemberg.
Qui Lutero tiene negli anni a venire lezioni mosse dai suoi studi su Aristotele, sui Salmi e sull’Epistola ai Romani e consolida una conoscenza che considera fondamentale, quella con il vicario Johann Von Staupitz. Nel frattempo ha anche l’onore, nel 1510, di visitare Roma, scelto insieme a un fratello in rappresentanza del capitolo di Erfurt, per recarsi a un’udienza papale in merito a una disputa interna all’ordine. Nel 1515 Lutero viene nominato vicario generale di diversi conventi del distretto della Misnia e della Turingia.
Ma Lutero non è sereno e ne ha una prova tangibile già nel giorno in cui deve celebrare la sua prima messa: la sua consapevolezza di essere solo un peccatore di fronte al Creatore lo riempie di angoscia. Si sente al contempo attirato e respinto dal suo Dio, intimorito, angosciato e desolato, in preda a quella che egli chiama un’Anfechtum. Inizia a dubitare sul significato dell’apparizione del fulmine: manifestazione di Dio o di Satana?
La sua crisi interiore, troverà la sua soluzione solo nella ricerca della santità, una garanzia di poter reggere alla presenza di Dio. Nel mentre prova a trarre giovamento dalla pratica costante della confessione, una grazia incredibile secondo lui. Ma se si può così liberare dei peccati di qualche importanza, gli resta il peso di quelli che Staupitz definisce “gli scrupoli di uno spirito malato” e dai quali lo aiuta a svincolarsi con l’avvicinamento al pensiero dei mistici, che prevede un distacco dell’attenzione ai singoli peccati per spostarsi sulla riflessione sulla natura umana. Ma il tentativo di perseguire “l’assorbimento della creatura nel Creatore” non funziona con Lutero.
Ad aiutare frate Martino e la sua spiritualità singolare sono gli studi biblici e le rivelazioni alle quali giunge attraverso la lettura del Salmo XXII. “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, si legge qui uscire dalla bocca del Cristo in croce. E qui trova Lutero una spiegazione: Dio opera in noi come ha operato in Cristo, ci spetta una dura sofferenza, che è però il nostro bene: “Noi cerchiamo di essere salvati, ma Dio appunto per salvarci ci condanna”.
Lutero legge San Paolo, che parla di giustizia di Dio e da lì, attraverso la via della sensibilità alle sfumature etimologiche, ha una rivelazione: questa giustizia può tradursi esattamente con quel termine, ma anche con “giustificazione”. Da qui elabora la sua dottrina della “giustificazione per fede”. In nuce: Dio non concede un perdono condizionato dal soddisfacimento di un’aspettativa di qualche cosa che l’uomo deve fare. L’uomo deve solo avere fede, che non è opera, ma dono, che si riceve studiando la Parola di Dio.
Ma non sono solo le questioni spirituali a turbarlo, anche lo status quo nel mondo ecclesiastico non gli va a genio. Già durante il viaggio a Roma rimane negativamente stupito dallo stato di ignoranza, miscredenza e leggerezza dei preti italiani e negli anni seguenti si trova sempre più in contrasto con un fenomeno divenuto oramai sistematico: la vendita delle indulgenze.
La strada verso la Riforma di Lutero
Emblema dell’inizio della lotta del giovane agostiniano è la polemica contro la vendita delle indulgenze, fenomeno favorito dal sentimento religioso del tempo, caratterizzato da cieco timor di Dio. Solo il Creatore può conoscere la durata della condanna al Purgatorio, ma la Chiesa si fa promotrice di riduzioni della pena di cui non poteva dire l’esatta durata e di assoluzioni plenarie.
A fare da centro a questa pratica, in Germania, è proprio Wittenberg, di cui Federico di Sassonia vuole fare una nuova Roma, centro religioso, meta di pellegrini attirati dalle numerose reliquie ospitatevi e salvadanaio di fedeli il cui raccolto è destinato a finanziare le opere volute dal principe elettore, tra le quali la chiesa del castello e l’Università, istituzioni che paradossalmente Lutero rappresenta.
Ma è fuori dai confini della Sassonia che la situazione degenera. Ne è causa il perfetto incontro tra la volontà degli Hohenzollen, nella persona di Alberto di Brandeburgo, di controllare la vita religiosa e civile della Germania e quella del papato, nella figura di Leone X, di portare a compimento senza rinunce quanto Giulio II aveva progettato: la costruzione di San Pietro, la nuova basilica papale.
Le due parti mettono in piedi un sistema che, con intermediario la banca dei Fugger, permette ad Alberto di accumulare le cariche di arcivescovo di Halberstadt, Magdeburgo e Magonza e al pontefice di fare cassa. Il primo paga profumatamente al secondo le nomine, proprio tramite la concessione dello stesso creditore di proclamare un’indulgenza plenaria “per porre rimedio alle tristi condizioni in cui si trovavano i beati apostoli Pietro e Paolo”.
Mentre l’incaricato della proclamazione, il domenicano Tetzel, girava per le città tedesche con la bolla papale, la Sassonia, per volontà di Federico il Savio, resta blindata a questo scempio. Il 31 ottobre 1517, quando il suo principe avrebbe dovuto fare la sua di annuale offerta di indulgenze, Lutero affigge alla porta della chiesa del castello un manoscritto con le 95 tesi – in latino perché il suo interlocutore di riferimento sono i dotti, non le masse – con le quali contesta la pratica in atto.
Le obiezioni sono rivolte contro Tetzel e l’arcivescovo di Magonza e riguardano la liceità dello scopo (“il papa (…) farebbe meglio a vendere San Pietro e a dare il denaro ai poveri che sono spennati dai mercanti ambulanti di indulgenze”), la negazione del potere del papa sulla purgazione delle anime (“il papa può togliere solo quelle pene che egli stesso ha imposto sulla terra, perché Cristo non ha detto: ‘Quello che io ho legato in cielo voi lo potete sciogliere sulla terra’”) e il carattere dannoso delle indulgenze (“impediscono la salvezza in quanto sviano dalla carità e inducono a un falso senso di sicurezza”).
Alberto manda le Tesi a Roma. “Lutero è un tedesco ubriaco”, questa è una delle affermazioni falsamente attribuite a Leone X dopo averle lette. In realtà il pontefice reagisce inizialmente in modo subdolo: nomina un nuovo generale degli agostini, preposto a tenere Lutero a bada, poi scatena contro di lui i dominicani, incaricando il frate dell’ordine Silvestro Prierias di scrivere la lettera di risposta alle Tesi.
Ma di fronte all’indifferenza del giovane agostiniano, per cui qualsiasi parola che non sia quella di Dio non conta, Leone diventa autoritario. Il 7 agosto del 1718 Lutero riceve un ordine di comparizione a Roma. Fortunatamente il principe Federico ottiene che gli venga concessa prima un’udienza personale con il cardinale Caetano in occasione della Dieta di Augusta.
La Dieta di Augusta
L’ordine impartito al Caetano da Roma è che egli riesca a riconciliare Lutero con la Chiesa, o, in alternativa, che lo spedisca al papa come prigioniero. Durante le conferenze ha il compito di prendere informazioni sulla dottrina dell’agostiniano. I due si confrontano dal 12 al 14 ottobre. Lutero resta fermo di fronte a qualsiasi attacco: non ha “coscienza di andare contro la Scrittura” e nega che Sua Santità possa esserle superiore. Al termine di questi dibattiti Caetano non vuole più incontrare “i suoi occhi profondi come un lago”. Staupitz lo scoglie dal voto di obbedienza all’ordine e a Lutero questa suona come una scomunica, la prima. Nel frattempo gli arriva notizia dell’ordine del suo arresto. Fugge di notte e il 30 ottobre è di ritorno a Wittenberg.
Lutero ha una fortuna: è suddito del principe giusto. La preoccupazione di Federico di agire da buon cristiano lo porta a non condannare Lutero al destino che spetta a un nemico del papa e dell’imperatore. A questi si rivolge pregandoli di concedere al teologo un’udienza di fronte a imparziali giudici tedeschi per comprendere la sua dottrina prima di condannarla. Il monaco nel mentre deposita presso un notaio un appello al papa a un concilio generale.
Nel gennaio del 1919 muore l’imperatore Massimiliano I. Nel tempo che serve a Carlo (poi V), per risolvere questioni spagnole, Federico, che era il candidato con l’appoggio papale, ottiene per Lutero un atteggiamento più conciliante. Ma il monaco non è collaborativo e si rifiuta di accettare la bolla Cum Postquam con la quale Leone X intendeva normare la pratica delle indulgenze.
Nel frattempo eminenti figure accademiche, prima fra tutte quella di Eck, si schierano contro di lui. A luglio del 1519 Lutero tiene con lui a Lipsia una disputa nella quale si tratta di antichità del primato papale, del Purgatorio e, ovviamente, della questione delle indulgenze. La disputa dura 18 giorni e continua poi a suon di opuscoli. Nel febbraio dell’anno successivo, a Roma, Eck riferisce a Leone X che Lutero è un “Hus della Sassonia”.
Il 15 giugno del 1520 Leone X sigla la bolla Exsurge Domine in risposta alle tesi di Lutero. Il documento impiega tre mesi per arrivare a Lutero, che ne ha però già notizia a inizio mese. “Il dado è tratto”, scrive il monaco nei suoi appunti. È giunto il momento di allargare la platea di alleati. Si rivolge a Calo V e divulga un programma di riforma nell’appello Alla nobiltà tedesca. Nel frattempo Eck e Gerolamo Aleandro, ex rettore dell’Università di Parigi, sono incaricati di diffondere il testo della bolla nei paesi del nord e, a partire da Roma, inizia il rogo delle opere di Lutero.
Quando la Exsurge Domine arriva al destinatario, questi stende una replica, Contro l’esacrabile bolla dell’Anticristo. Mantiene ferma la protesta contro la mancanza di riscontro delle idee del papa nelle Scritture e chiude il testo sentenziando che “Cristo giudicherà quale delle scomuniche abbia valore”. Seguono La libertà del cristiano e Riaffermazione di tutti gli articoli ingiustamente condannati dalla bolla romana. In questi opuscoli chiarisce innanzitutto che la sua riforma non vuole andare contro un uomo (il papa), ma contro un sistema e ribadisce i punti chiave della sua dottrina. Il 10 dicembre, con l’aiuto di Melantone, convoca docenti e studenti dell’Università per un rogo nel quale bruciare le costituzioni papali e, tra le fiamme, finisce anche il testo della bolla.
La dieta di Worms: il gran rifiuto
Lutero ottiene comunque una convocazione alla Dieta di Worms, per mano dell’imperatore, che pur disapprovando la sua dottrina eretica, aveva tutta la convenienza politica a osteggiare il Vaticano. Nonostante la decisione di Carlo V di revocare l’invito su spinta del nunzio pontificio, il cardinale Girolamo Aleandro, e la scomunica papale ufficializzata con la bolla Decet Romanum Pontificem, il 16 aprile 1521 Lutero arriva all’assemblea, grazie all’appoggio di quei principi tedeschi ai quali aveva fatto appello nei suoi opuscoli.
Il giorno dopo il suo arrivo Lutero è al cospetto dell’imperatore, degli elettori e di parte della dieta. Gli viene chiesto di ripudiare i suoi scritti. Si rifiuta. Gli viene concesso un giorno per decidere se ha intenzione di rivendicare le idee contenute in tutti. Il 18 aprile Lutero dà la risposta inequivocabile che gli è richiesta: “Non posso e non voglio ritrattare”. E aggiunge che è pronto a dimostrare gli errori della Chiesa.
Carlo V scrive di suo pugno una dichiarazione con la decisione imperiale: “Procederò contro di lui come eretico notorio”. Dei sei elettori ai quali il testo viene sottoposto sono in due a non firmare: Federico e Ludovico del Palatinato. A Lutero viene concesso un altro interrogatorio il 24 e 25 aprile, ma la reazione del monaco non cambia e il giorno dopo riparte per la Sassonia scortato dai nobili. Il 6 maggio Sua Maestà presenta il testo dell’editto di Worms, pubblicato il 26. Lutero è a questo punto in pericolo.
Federico teme per lui. Lo nasconde per dieci mesi, dal 4 maggio 1521 al 3 marzo 1522, nel castello di Wartburg. Qui il riformatore, in preda a costanti autoaccuse e autoesami per assicurarsi della rettitudine del suo agire e a fastidiosi disturbi di salute, si dedica alla più rivoluzionaria delle sue opere: la traduzione in tedesco del Nuovo Testamento. Nel frattempo la riforma continua sotto la guida di “colleghi” come Melantone, Carlostadio e Zwilling.
Lutero ricompare brevemente per le strade di Wittenberg il 4 dicembre. È tornato dall’esilio intenzionato ad accelerare la Riforma. I temi sono il matrimonio dei preti e la riforma della liturgia. Egli stesso si sposa, con la ex monaca Katharina von Bora, più per coerenza che per amore. Sulla questione liturgica entra in collisione con il suo principe. Il 19 dicembre Federico emana un editto contro le alterazioni alla messa.
Sotto la direzione di Carlostadio però, il Consiglio municipale emana un’ordinanza a favore della messa secondo Riforma: ferma aderenza alla Scrittura e “relegati in teatro organi, trombe e flauti”. Il Consiglio chiede anche il rientro di Lutero in città, Federico gli offre lì un asilo, ma senza protezione e gli chiede una dichiarazione per la dieta di Norimberga, nella quale scioglie il principe da ogni responsabilità.
È questa la fase nella quale Lutero approfondisce i dettami della sua dottrina secondo la quale il perno della religione è la rivelazione di Dio che non avviene né secondo natura, né per mano della storia, né grazie alla filosofia. La fede va cercata nella Parola di Dio ed è data a coloro che si valgono dei sacramenti ritenuti validi: eucarestia e battesimo.
Quando nel settembre 1522 viene eletto papa con il nome di Adriano VI Adriano di Utrecht, uomo austero e deprecatore delle bassezze morali della Chiesa tollerate incoraggiate dai suoi predecessori, sembra che per Lutero possa aprirsi un nuovo corso. Questo non accade perché il monaco non ha attenuato le sue battaglie. Oltre a chiedere a Federico l’abolizione dell’elargizione delle indulgenze, si scaglia contro le messe private. Il pontefice indirizza all’elettore quello che si può definire un manifesto della Controriforma.
Ma a decidere il destino di Lutero sono i confronti che ha negli anni tra la dieta di Worms e la dieta di Augusta. Nel 1522 e nel 1523 quando la dieta si riunisce a Norimberga, non c’è più chi modera tra i cattolici intransigenti e Lutero. E mentre le libere città imperiali sono a favore della Riforma, un risoluto gruppo di principi cattolici, riuniti intorno alla figura di Giorgio di Sassonia, cugino di Federico, emette il decreto finale: “l’evangelio sarà predicato secondo l’interpretazione della Chiesa e ogni principe provvederà a far applicare l’editto di Worms”. Nel 1526 e nel 1529 la dieta si riunisce a Spira, in queste due occasioni, sulla spinta di Filippo d’Assia, convertito al luteranesimo, si delinea il principio territoriale e l’editto resta quindi valido solo per i territori cattolici.
Questi sono anche gli anni nei quali Lutero affronta la terza e forse più importante crisi della sua vita. Lui dorme tranquillo e protetto mentre in diverse parti della Germania i suoi seguaci sono perseguitati. Il risultato è un’autoaccusa di essere ancora vivo che si traduce in una perdita della certezza della bontà di Dio. Ancora una volta a sorreggere l’agostiniano è la Bibbia.
La fondazione della Chiesa territoriale di Lutero
Dopo il matrimonio, nel 1525, Federico trasferisce a nome di Lutero e della moglie il convento degli agostiniani e raddoppia lo stipendio del monaco. La coppia si dedica alle attività conventuali, si occupano dell’orto e del frutteto. Nel frattempo la famiglia si allarga. E, pur non sostenendo che l’amore sia un presupposto necessario per il matrimonio, Lutero vuole bene alla moglie, e gode immensamente dei piaceri della vita domestica.
In questo frangente il riformatore riesce, con l’aiuto di audaci collaboratori, a fondare una sua Chiesa e a iniziare una piccola opera missionaria e divulgativa tramite la stampa di opuscoli. Alla base del luteranismo c’è l’idea che la vera Chiesa è sparsa qua e là e tenuta insieme solo dai vincoli di spirito. Il riformatore è però costretto a riconoscere che, per la pacifica pratica di un culto, la convivenza di dottrine è minatoria e che la soluzione è quindi l’edificazione di una Chiesa territoriale: l’unica confessione ammessa in una regione è quella della maggioranza.
La liturgia della nuova Chiesa è descritta nella Messa tedesca, del 1526, preceduta da un innario per le celebrazioni pubblicato 2 anni prima. Un attenzione particolare è riservata alla predica: è considerata una forma di istruzione religiosa. Nel 1529 scrive il Grande Catechismo e il Piccolo Catechismo, raccolte di letteratura religiosa per i fedeli di tutte le età. Nel 1534 esce la traduzione completa della Bibbia. Lutero ha regalato al popolo tedesco l’opportunità di conoscere personalmente la Parola di Dio. Questa è la sua missione.
Nel 1530 Carlo V arriva in Germania. Lutero è costretto a ritirarsi nuovamente, questa volta nel castello di Veste Koburg. Nel frattempo Melantone, con grande soddisfazione del riformatore, difende ad Augusta la causa protestante, diventando il fautore della Confessione di Augusta, che rappresenta la definitiva sistemazione dottrinale del luteranesimo. È la prima esposizione ufficiale dei princìpi del protestantesimo, che sarà poi detto luterano, redatta da Melantone per essere presentata alla Dieta di Augusta alla presenza di Carlo V.
Religione: una questione politico culturale
L’opera di Lutero non investe solo il campo della teologia. La sua opera riformatrice infatti si ibrida con i pilastri della nascente cultura rinascimentale e con gli ideali dell’Umanesimo soprattutto perché entrambi iniziano a interrogarsi sul rapporto tra la volontà dell’uomo e quella di un Dio che poteva addirittura rivelarsi ostile. Non a caso molti umanisti si schierano dalla parte dell’eretico agostiniano, da Erasmo da Rotterdam all’erudito Melatone, passando per l’artista Dürer, che dopo Worms paragona la condanna di Lutero alla Passione di Cristo.
Lutero applica i principi cristiani alla anche ricostruzione della società. Innanzitutto perché nonostante quella luterana sia una fede dal carattere individualistico (lo studio e l’avvicinamento a Dio devono avvenire attraverso uno studio della Scrittura che non prevede mediazione), è anche sociale e sostenitrice della collettività: un buon cristiano deve essere un Cristo per il suo prossimo. Ogni individuo posto nella vita associata, quando ha cioè il ruolo di responsabile di moglie, figli, parrocchiani, sudditi, non può agire come se fosse solo.
Come sempre, anche la politica ci finisce di mezzo. La dottrina luterana costituisce una forte attrattiva per i nazionalisti. Mentre alcuni intellettuali umanisti, come Erasmo, nostalgici dell’Europa unita, colgono nel rinnovamento della religione l’immagine di un collante per i popoli del continente, altri, come Ulrich von Hutten, che incarnano nella Chiesa la causa delle divisioni e dello sfruttamento in Germania, ne individuano l’elemento unificante per il popolo tedesco. Insieme a lui il, cavaliere Franz von Sickingen si propone addirittura di dare vita a una crociata in favore del luteranesimo. Un progetto al quale però Lutero declina l’invito a partecipare.
Nella notte in cui si prepara l’editto di Worms comunque sono i contadini della zona i più numerosi sostenitori politici di Lutero, che affiggono manifesti nei quali promettono la rivolta nel caso Lutero venga condannato. Il riformatore in realtà rimane sempre su una posizione piuttosto reazionaria nei confronti delle rivolte che questi mettono in atto portando ideali proposti da lui. Solo in due casi si ha la possibilità secondo Lutero di agire contro l’autorità politica: quando è un dovere, ovvero “quando il principe trasgredisce i suoi principi”, oppure quando si richiede il servizio militare per una guerra manifestatamente ingiusta.
Ad ogni modo è lecito sostenere che l’opera di Lutero, ispirando correnti protestanti come lo zwinglianesimo e l’anabattismo, sia la radice del dilagare del fermento religioso dal quale nasce la rivolta sociale diffusa, fatta da lotte contadine. Anche se questo non significa che a Lutero interessi la lotta politica. I principi tedeschi e parte della storiografia lo ritengono responsabile di movimenti come quello del Bundschuh, accusa infondata dal momento che prima della guerra del 1525 aveva avuto episodi antecedenti la riforma. Inoltre, pur apprezzando e condividendo i toni evangelici dei manifesti dei contadini, come I dodici articoli, Lutero ne disapprova molti punti. E, ancora di più, probabilmente per mediazione con i principi, scrive contro i rivoltosi l‘opuscolo Contro le orde di contadini ladri ed assassini.
Ultimi anni e morte di Martin Lutero
Negli ultimi 15 anni della sua vita Lutero si allontana dalla vita pubblica. “Ho vissuto abbastanza”, scrive già nel 1531. La sua insofferenza lo porta ad irrigidirsi nei confronti delle sette, la cui separazione dalla Chiesa era secondo lui un oltraggio a Dio, e nei confronti degli ebrei, che fino a poco prima aveva pensato di poter convertire.
I luterani ottengono il riconoscimento legale nel 1555, il fondatore della loro Chiesa non riesce a godere di questo momento. Muore nel 1546 e viene sepolto a Wittenberg. Nel frattempo, la Chiesa di Roma che tanto aveva combattuto, sotto la guida di papa Farnese, Paolo III, avvia contro la sua riforma un processo, concretizzato nel Concilio di Trento (1545-63), simbolo della Controriforma o Riforma Cattolica, che non riuscirà comunque a cancellare quanto messo in moto da quell’agostiniano tormentato che aveva affisso le sue tesi alla porta di una cattedrale sassone.
Martin Lutero, riassunto
Martin Lutero nasce a Eisleben, in Sassonia, nel 1483, in una famiglia contadina. Avviato agli studi, si iscrive all’Università di Erfurt e, dopo un episodio traumatico durante una tempesta, decide di diventare monaco e si unisce all’ordine agostiniano. Ordinato sacerdote, ottiene la possibilità di insegnare all’Università di Wittenberg grazie a Federico il Savio, principe elettore di Sassonia. I suoi studi su Aristotele, i Salmi e l’Epistola ai Romani, insieme ai suoi dubbi spirituali, lo conducono ad una crisi interiore e lo spingono a riflettere sul senso della giustizia divina.
Lutero approfondisce la Bibbia e, leggendo San Paolo, scopre la dottrina della “giustificazione per fede”: per ottenere il perdono, l’uomo deve avere principalmente fede in Dio. Nel 1517, Lutero inizia una battaglia contro la vendita delle indulgenze, pratica che giudica corrotta e ingannevole. Per esprimere il suo dissenso, affigge le sue famose 95 tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg (tale evento è oggi messo in dubbio dagli storici), criticando il ruolo del papa e il valore delle indulgenze.
La Chiesa reagisce con ostilità: Leone X tenta prima di ricondurlo all’ordine, poi lo convoca a Roma. Grazie all’appoggio del principe Federico, Lutero evita di presentarsi e continua la sua opposizione. Nel 1521, alla Dieta di Worms, rifiuta di ritrattare le proprie idee. Dichiarato eretico, si rifugia nel castello di Wartburg, dove traduce il Nuovo Testamento in tedesco, rendendo accessibile la Parola di Dio al popolo.
Con l’aiuto dei suoi sostenitori, fonda una Chiesa che si distacca da Roma, dando vita a una comunità basata su una liturgia semplificata e focalizzata sulla predicazione e sulla lettura delle Scritture. Scrive il “Grande” e il “Piccolo Catechismo” e nel 1534 completa la traduzione della Bibbia, consolidando il luteranesimo come movimento religioso autonomo. Lutero lascia così un’eredità che influenza la religione, la cultura e la politica europea per secoli, inaugurando una nuova era nella storia moderna.
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- Roland H. Bainton, Martin Lutero, Einaudi, 2013.
- Lucien Febvre, Martin Lutero, Laterza, 1969.
- Guido Dall’Olio, Martin Lutero, Carocci, 2017.
- Le 95 tesi. Della libertà del cristiano. Sulla prigionia babilonese della Chiesa, a cura di Sergio Quinzio, Studio Tesi, 2020.
- Diarmaid MacCulloch, Riforma. La divisione della casa comune europea (1490-1700), Carocci, 2017.
- Roland Bainton, La riforma protestante, Einaudi, 2000.