CONTENUTO
Amo l’imperatrice (la madre Maria Teresa) ma la temo anche a distanza; quando le scrivo non mi sento mai perfettamente a mio agio.
Elogio di Maria Antonietta dello scrittore Leon Bloy
Maria Antonietta nacque il Giorno dei Morti. La Chiesa cantava l’Ira e le assise tremende del Giudice Giusto. I santuari cattolici tutti echeggiavano delle lamentazioni dei vivi che pregavano per i defunti. Maria Antonietta, la bionda Cavaliera di una Morte più spaventosa e più bella della simbolica falciatrice di Alberto Dürer, Maria Antonietta, arciduchessa del Sacro Impero dei Sette Dolori, venne alla luce del giorno in quel lutto dei giorni, precipitandosi dal seno materno alle fasce funebri del suo destino. I suoi primi vagiti dovettero sembrare un’eco della Sequenza terribile, e mai quest’eco si spense nella sua povera anima.
Il Libro, il Trono, il Giudice, la sicurezza precaria dei giusti, lo stupore sovrumano della natura e della morte: fu questo il canto della natività, questo l’epitalamio eseguito in un tristissimo modo minore, nell’oscurità della notte nuziale, dall’invisibile coro delle centotrentadue persone calpestate in piazza Luigi XV. Quando la Regina di Francia andrà a farsi assassinare, potrà udirlo un’ultima volta, e sarà l’epitalamio delle nozze eterne al suo ingresso nei cieli. Davvero allora sarà venuto il giorno delle lacrime, del cuore contrito come cenere, della separazione dai maledetti e della speranza erta verso Dio, come torre solitaria, nella fiamma inestinguibile dell’olocausto!
Che straordinario destino, e che portentoso onore! È vero che altre grandi vittime erano già state deposte sul candelabro delle Espiazioni, e si sa che ogni secolo di storia è scavato nel centro, come se fosse un borro, dal fiume di sangue degli innocenti scannati per il riscatto dei rei. Ma io credo che nessun’altra sventura umanamente patita abbia mai serbato tanta bellezza in mani di alabastro come queste, le più pure e le più stupidamente stritolate dal maglio insanguinato delle mutilazioni rivoluzionarie. Fino a quel giorno, 16 ottobre 1793, era stato dato di vedere regine decapitare regine, ma una regina ghigliottinata giuridicamente dalla Canaglia, questa becera maestà dei tempi attuali, non si era vista mai.
Maria Antonietta: nascita, infanzia ed educazione della futura regina
Maria Antonietta nasce a Vienna il 2 novembre 1755, figlia dell’imperatore Francesco I e di Maria Teresa d’Austria. Cresce in un ambiente di grande sfarzo, ma la sua educazione risulta piuttosto superficiale rispetto agli standard richiesti a una futura regina. Fin da bambina mostra un carattere vivace e spensierato, dedicandosi più alla musica e alla danza che allo studio. Viene istruita da precettori di corte, ma la sua formazione rimane lacunosa, tanto che l’abate de Vermond, incaricato di prepararla al suo futuro ruolo, scrive: “Ha molta intelligenza e una memoria straordinaria, ma le manca l’abitudine allo studio e all’attenzione prolungata“.

Nel 1769, a soli quattordici anni, viene promessa in sposa al delfino di Francia, Luigi, per rafforzare l’alleanza tra le due monarchie, un’unione fortemente voluta dalla madre, Maria Teresa. La giovane arciduchessa, poco interessata alla politica, subisce la volontà materna e si prepara al grande cambiamento. Per migliorarne la pronuncia francese, si organizzano intense lezioni di lingua, ma il suo accento austriaco non verrà mai del tutto eliminato. Secondo alcuni osservatori dell’epoca, Maria Antonietta incanta con la sua grazia naturale, sebbene manchi della profondità e della disciplina che si richiedono a una futura sovrana.
Il 19 aprile 1770 si svolge il matrimonio per procura nella chiesa degli Agostiniani di Vienna, con il fratello, l’arciduca Ferdinando, a rappresentare lo sposo. Durante la cerimonia, la madre le scrive una lettera carica di ammonimenti: “Sii gentile con tutti, non dimenticare mai che sei nata per servire la Francia più che per regnare“. Pochi giorni dopo, Maria Antonietta lascia per sempre l’Austria, attraversa il Reno e arriva sull’Isola dei Fagiani, al confine tra i due regni, dove avviene il simbolico passaggio di consegne: viene spogliata degli abiti austriaci e rivestita con vesti francesi, segno della sua completa appartenenza alla nuova patria.
Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, il matrimonio reale
Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, la penultima dei sedici figli dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, varca per la prima volta il cancello della reggia di Versailles il 21 aprile 1770. Dopo il matrimonio del 16 maggio con Luigi XVI Maria Antonietta si scontra immediatamente con la rigida etichetta di corte francese, assai diversa da quella viennese. Il matrimonio non consumato tra i due giovani diventa nei primi tempi oggetto di pettegolezzo per poi trasformarsi in un caso politico-diplomatico. L’unione reale subisce una svolta in meglio nel 1777, quando Giuseppe II, imperatore del Sacro Romano Impero e fratello maggiore di Maria Antonietta, si reca in Francia con l’intenzione di sistemare le cose.
Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, regina di Francia
Giuseppe II persuade il re Luigi XVI a sottoporsi ad intervento chirurgico per facilitare le proprie prestazioni coniugali e striglia la giovane sorella, esortandola ad assumersi le proprie responsabilità di regina e di moglie, per il bene delle strategie internazionali della famiglia. Il successo dell’imperatore è clamoroso: ben cinque gravidanze seguono nei successivi otto anni. Nonostante la nascita dei figli la regina non riesce a cancellare nell’opinione pubblica, l’immagine negativa acquisita nei primi anni di regno di “donna frivola, irresponsabile e assetata di lusso“. Per sopperire alla solitudine, alla noia e a un matrimonio deludente, Maria Antonietta si chiude sempre più nel privato riunendo attorno a sé solo un ristretto numero di persone, tra cui il conte svedese Alex von Fersen, con il quale instaura una relazione particolarmente intima.

Nel continuo scambio di missive con il fratello, la giovane regina lascia trasparire anche una certa insofferenza per la sua scarsa influenza sull’azione e sul pensiero del marito Luigi, il quale non sembra prenderla troppo in considerazione per le questioni politiche e di governo:
So che, specialmente in fatto di politica, ho pochissima influenza sul pensiero del re. È forse prudente da parte mia fare scenate con il suo ministro su argomenti per i quali può essere quasi sicuro che il re non mi appoggerebbe? Senza alcuna ostentazione o bugie, ho fatto credere agli altri che ho più influenza di quanto in realtà ne abbia, perché se non gli avessi lasciato credere ciò, ne avrei avuta anche meno.
L’affare della collana: lo scandalo che travolge Maria Antonietta tra il 1785 e il 1786
Nel 1785, mentre Maria Antonietta si dedica alle rappresentazioni del teatro del Petit Trianon, il gioielliere di corte, Boehmer, le invia, di punto in bianco, un biglietto di ringraziamento per l’acquisto di una collana di diamanti (dal costo esorbitante di 1.600.000 livres, pari a circa 500 kg d’oro), ricordandole l’imminente scadenza della prima rata di pagamento. La regina, sorpresa e ignara della vicenda, lo brucia senza dargli troppa importanza. Da tempo il gioielliere Boehmer cerca di venderle il prezioso gioiello, inizialmente destinato a Madame Du Barry, ma Maria Antonietta ha sempre rifiutato, preferendo investire il denaro nelle sue proprietà di Saint-Cloud.
La questione, però, esplode assai rapidamente: Boehmer crede di aver venduto la collana alla regina avendo avuto il cardinale Louis-René-Édouard de Rohan come garante. Quest’ultimo, caduto vittima di un inganno orchestrato magistralmente dalla contessa Jeanne Valois de La Motte, è convinto di avere i favori di Maria Antonietta grazie a una serie di lettere false e a un incontro segreto avvenuto nei giardini di Versailles con una sosia della sovrana, la prostituta Nicole d’Oliva. La contessa, approfittando dell’influenza che la regina aveva sul cardinale, persuade quest’ultimo a comprare il gioiello, che dunque finisce nelle sue mani e viene poi smontato e venduto a Londra.
Il 15 agosto 1785, poco prima della messa per l’Assunzione, Rohan viene interrogato davanti al re e alla regina per poi essere arrestato pubblicamente nella Galleria degli Specchi. Nonostante distrugga gran parte delle prove, l’inchiesta della corona porta alla luce la truffa e la contessa de La Motte viene incarcerata alla Bastiglia. Maria Antonietta insiste affinché il processo sia pubblico, nella speranza di dimostrare la propria innocenza. Tuttavia, il 31 maggio 1786, il Parlamento di Parigi assolve Rohan, sfidando apertamente l’autorità reale, mentre la contessa de La Motte viene condannata alla marchiatura a fuoco e al carcere a vita.

L’assoluzione di Rohan infligge un colpo durissimo all’immagine della regina. Maria Antonietta, scossa dallo scandalo, si rende conto della percezione negativa che il popolo ha di lei: viene vista essenzialmente come una donna frivola, sprecona e manipolatrice. L’affare della collana alimenta libelli satirici e pornografici contro di lei, consolidando la sua impopolarità già diffusa tra i sudditi. Nel tentativo di arginare le critiche la regina tenta di ridurre le spese e si sforza per adottare uno stile di vita più sobrio. Tuttavia, il danno è fatto: l’opinione pubblica vede in lei il simbolo del lusso e della corruzione della monarchia, un’immagine che la perseguiterà fino alla sua tragica fine.
Maria Antonietta e la Rivoluzione francese
Durante la rivoluzione francese, Maria Antonietta si mostra ostile verso ogni compromesso con le idee liberali e con i rivoluzionari, verso i quali non nasconde un aspro disprezzo. Diventa, per questo motivo, un’accesa sostenitrice del diritto divino dei sovrani. Tenta da quel momento di salvare la monarchia assoluta attraverso i continui contatti con gli aristocratici emigrati e stringendo amicizia con alcuni moderati come il conte di Mirabeau e Antoine Barnave. Si sente insomma investita da una sorta di missione:
“Quanto alle nostre persone, la felicità è finita per sempre, qualunque cosa accada. So che è dovere di un re soffrire per gli altri, e noi ben lo adempiamo. Possano un giorno riconoscerlo!”
In seguito al fallito tentativo di fuga del giugno 1791, l’ostilità popolare nei confronti della regina aumenta ancora di più. L’intera famiglia reale viene messa in stato di arresto e successivamente, nel settembre 1792, la monarchia viene dichiarata decaduta in Francia.
Il processo a Maria Antonietta
Dopo la morte del marito, il 21 gennaio 1793, Maria Antonietta, divenuta per tutti la “vedova Capeto“, vive per alcuni mesi in isolamento al Tempio, assieme alla figlia Maria Teresa, alla cognata Elisabetta e al delfino. Quest’ultimo viene separato dalla madre il 3 luglio e affidato a Antoine Simon, un ciabattino analfabeta. Il 3 agosto l’ex regina viene trasferita nella prigione della Conciergerie, dove trascorre tra sofferenze fisiche e materiali le ultime settimane di vita. Quando il 14 ottobre appare in Tribunale per il processo la 38enne Maria Antonietta è quasi irriconoscibile: i capelli sono bianchi, il viso scavato e il fisico esile. La donna è processata per alto tradimento con tre capi d’accusa:
- esaurimento del tesoro nazionale;
- cospirazioni contro la sicurezza nazionale ed estera dello Stato;
- intrattenimento di rapporti e corrispondenza segreti.
Il testo dell’atto di accusa nei confronti della vedova Capeto è alquanto inquietante ed emblematico:
“E’ ormai risaputo che come Messalina, Brunilde, Fredegonda e Caterina de’ Medici, anche esse conosciute come donne infami del passato, Maria Antonietta, vedova di Luigi Capeto, durante la sua lunga permanenza in Francia, è stata un flagello e una vampira assetata del sangue del popolo francese. E’ noto, altresì, che ella ha avuto contatti politici con l’individuo che porta il nome di re di Boemia e Ungheria. Ha intrattenuto una fitta corrispondenza segreta con potenze straniere in netto contrasto con gli interessi nazionali della Francia. Ha inviato milioni all’imperatore per aiutarlo a proseguire la guerra contro la Repubblica e in combutta con i fratelli del defunto re, ha dissanguato le finanze della Francia”.
La regina si difende con vigore e intelligenza anche quando il cittadino deputato Jacques-René Hébert le muove l’infamante accusa di incesto verso il giovane delfino. Visibilmente spiazzata e sconvolta dalle parole appena sentite, Maria Antonietta si alza in piedi urlando tutto il proprio disappunto:
“Se non ho risposto, è perché la Natura stessa si rifiuta di rispondere a una simile accusa lanciata contro una madre! Mi appello a tutte le madri che sono presenti!”
Dopo aver sentito la sentenza del Tribunale che la condanna alla pena di morte, la vedova Capeto torna in prigione dove ha il tempo di scrivere un’ultima lettera per la cognata Elisabetta:
“È a voi cara sorella che scrivo per l’ultima volta, sono stata condannata a una morte terribile destinata solo ai criminali, andrò a raggiungere vostro fratello, come lui innocente. La cosa che mi rattrista è quella di lasciare i miei figli, sapevate che vivevo solo per loro, che mio figlio non dimentichi le ultime parole di suo padre e che non cerchi di vendicare la nostra morte. Avevo degli amici; il solo pensiero di separarmi da loro mi spezza il cuore conserverò il vostro ricordo fino all’ultimo. Vi abbraccio con tutto il cuore così come abbraccio i miei cari adorati figli; mio Dio quanto è straziante doverli lasciare per sempre. Addio.”
La condanna a morte di Maria Antonietta, 16 ottobre 1793
Il 16 ottobre 1793 è una giornata grigia a Parigi. La mattina Maria Antonietta, alla quale viene vietato di vestirsi di nero, indossa un abito bianco: in passato è stato il colore del lutto per le regine di Francia. Dopo il frugale taglio dei capelli l’ex-regina viene portata fuori dalla prigione e fatta salire sulla carretta dei condannati a morte.

In realtà ha sperato fino all’ultimo di poter godere dello stesso trattamento del marito, ovvero quello di essere condotta sul patibolo in una carrozza coperta, ma purtroppo non è così e lungo il tragitto la folla si accanisce su di lei ricoprendola di insulti di ogni tipo. Una volta giunta nella piazza della Rivoluzione Maria Antonietta sale rapidamente i gradini del patibolo e involontariamente pesta un piede del boia, al quale dice: “Pardon, Monsieur. Non l’ho fatto apposta”.
Verso le undici la lama cade sul suo collo. Il boia prende la testa sanguinante e la mostra al popolo parigino che urla: “Viva la Repubblica!“. L’Ancien Régime ha davvero cessato di esistere. Qualche tempo dopo Napoleone Bonaparte metterà per iscritto una riflessione personale sul triste destino di Maria Antonietta:
“Una donna che non aveva se non gli onori senza il potere; una principessa straniera, il più sacro degli ostaggi; trascinarla dal trono al patibolo, attraverso ogni sorta d’oltraggi…Vi è in ciò qualcosa di peggio del regicidio.”
Processo e morte di Maria Antonietta in “La rivoluzione francese”
Maria Antonietta, riassunto della vita della regina di Francia
Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena nasce a Vienna nel 1755, figlia di Francesco I e Maria Teresa. La sua educazione viene affidata all’abate di Vermond per prepararla al meglio al matrimonio reale con il delfino di Francia, Luigi XVI. La giovane sposa il futuro re nel 1770 e inizialmente conquista la corte con la sua grazia, ma ben presto emergono tensioni, soprattutto per la sua ostilità verso Madame Du Barry e la sua vicinanza al duca François de Choiseul. Diventa regina nel 1774, ma la sua inesperienza e le sue scelte poco accorte le attirano aspre critiche. Si circonda di amici impopolari e conduce uno stile di vita sfarzoso, contribuendo in tal modo ad accrescere il malcontento.
Lo scandalo della collana mina ulteriormente la sua reputazione agli occhi del suo popolo oramai diventato alquanto insofferente. Durante la Rivoluzione francese, cerca di influenzare il re ma mostra di avere scarsa lungimiranza politica. Dopo la fuga fallita a Varennes nel 1791, perde credibilità e, pur cercando disperate alleanze con le corti europee, non riesce a evitare la caduta della monarchia. Arrestata nell’agosto 1792, viene processata l’anno seguente con l’accusa di cospirazione. Condannata a morte, viene ghigliottinata il 16 ottobre 1793. Pur mostrando una dignità encomiabile, specialmente nelle ultime ore della sua esperienza terrena, i gravi errori commessi per inesperienza hanno pesano come un macigno nel sancire la fine rovinosa della monarchia.
Un ritratto di Maria Antonietta nel ricordo della pittrice Elisabeth Vigée-Le Brun
Maria Antonietta era alta, straordinariamente ben fatta, abbastanza formosa, ma non pingue. Aveva splendide braccia, mani piccole perfettamente conformate, piedi graziosi. Era la donna di Francia dal più bell’incedere: teneva la testa molto alta, con una maestà che faceva riconoscere la sovrana in mezzo a tutta la corte, ma senza che questo nuocesse minimamente a quanto di dolce e di benevolo v’era nel suo aspetto. È difficilissimo dare un’idea di tanta grazia e di tanta nobiltà a chi non abbia personalmente visto la regina. I suoi tratti non erano regolari; aveva ereditato dalla sua famiglia quell’ovale lungo e stretto del viso tipico delle sue origini austriache.
I suoi occhi, non grandi, erano quasi azzurri; aveva lo sguardo vivo e dolce, il naso sottile e grazioso, la bocca regolare, nonostante le labbra fossero piuttosto marcate. Ma l’incarnato splendente era la connotazione più straordinaria del suo viso. Non ne ho mai visto uno così luminoso, e dire luminoso è l’unico modo per descriverlo: la sua pelle era, infatti, così trasparente da non prender l’ombra. Non potevo quindi rendere i contrasti come avrei voluto: mi difettavano i colori per dipingere quella freschezza, quei toni così fini, tipici della sua deliziosa figura, che non ho mai trovato in nessun’altra donna.
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- Evelyne Lever, Maria Antonietta – L’ultima regina, Milano, BUR Biografie, 2007.
- Antonia Fraser, Maria Antonietta – La solitudine di una regina, Milano, Mondadori, 2003.
- Carolly Erickson, Maria Antonietta, Milano, Mondadori, 1997.
- Stefan Zweig, Maria Antonietta: Una vita involontariamente eroica, Castelvecchi, 2019.
- Carolly Erickson, Il diario segreto di Maria Antonietta, Mondadori, 2017.