CONTENUTO
Fuga a Varennes, riassunto
Tra il 5 e 6 ottobre 1789, in seguito all’assalto popolare alla reggia di Versailles, Luigi XVI è costretto a trasferirsi con la sua famiglia al palazzo delle Tuileries, nel cuore di Parigi. Abituati al lusso di Versailles, Luigi e la consorte austriaca Maria Antonietta si trovano in una sorta di prigionia, sorvegliati costantemente dalla Guardia nazionale. Nel 1791, in occasione della domenica delle Palme, tentano di lasciare Parigi per recarsi nella residenza di campagna di Saint-Cloud e trascorrere una giornata in spensieratezza, ma vengono bloccati dalla furia popolare. Dopo questo episodio, Luigi si dichiara prigioniero dei suoi sudditi; è in questo contesto che viene pianificata, anche con il contributo di Maria Antonietta, la fuga verso Montmédy, città alla frontiera con il Belgio.
Nella notte del 20 giugno 1791 scatta il piano, la fuga però dura poco; i sovrani vengono riconosciuti e fermati a Varennes. Dopo il fallimento del piano, Luigi XVI è costretto a tornare con l’intera famiglia nella capitale, dove l’ostilità nei confronti della monarchia cresce sensibilmente. Il 10 agosto 1792 il palazzo delle Tuileries è preso d’assalto e l’istituzione monarchica crolla sotto i colpi della rivoluzione. Luigi XVI è processato, condannato a morte e giustiziato il 21 gennaio 1793, seguito dalla regina Maria Antonietta il 16 ottobre dello stesso anno.
La pianificazione della fuga di Luigi XVI
Per i primi mesi della rivoluzione il sovrano rimane molto popolare tra i sudditi e pubblicamente sembra appoggiare i lavori dell’Assemblea nazionale. La maggior parte dei patrioti è convinta che egli sia ben intenzionato e stia operando principalmente negli interessi della nazione e non della monarchia.
Il piano di fuga viene pensato a partire dalla fine del 1790 ma sono alcuni eventi che convincono definitivamente il re a metterlo in atto: la morte del conte di Mirabeau, un esponente moderato che ha mantenuto relazioni segrete con l’ambiente di corte, e gli avvenimenti del 18 aprile 1791, quando una folla minacciosa impedisce ai reali di lasciare il palazzo delle Tuileries per andare al castello di Saint-Cloud a celebrare le festività pasquali.
Vista la situazione Luigi XVI autorizza il proprio entourage e quello della regina Maria Antonietta ad organizzare nei minimi dettagli la fuga. Tra gli organizzatori del piano vi sono: il conte svedese Hans Alex de Fersen, l’amministratore del tesoro reale Joseph Duruey, il vescovo di Pamiers Joseph-Mathieu d’Agoult, il generale De Bouillè e il barone di Breteuil.
Il disegno consiste nel raggiungere la piazzaforte monarchica di Montmédy da dove il sovrano avrebbe modo di porsi a capo di una possibile controrivoluzione. Il convoglio dei fuggitivi viene fatto passare per quello della baronessa di Korff, vedova di un colonnello russo che si sta recando a Francoforte con due bambini, una governante, un maggiordomo e tre domestici.
20-21 giugno 1791: fuga a Varennes
Alle ore 22,30 del 20 giugno 1791 viene attuato il piano di fuga della famiglia reale. Il gruppo dei fuggiaschi è composto da: Luigi XVI, Maria Antonietta, i due principini, la governante Louise Elisabeth de Croy, Madame Elisabeth sorella del re e tre domestici.
Ad aiutare il gruppo ad abbandonare il palazzo delle Tuileries è il conte di Fersen e prima di uscire dalla residenza Luigi XVI lascia nella sua camera un testo di 16 pagine scritto di suo pugno, intitolato “Dichiarazione a tutti i Francesi“. Con tale documento egli giustifica la sua partenza da Parigi:
“Francesi, e soprattutto voi Parigini, abitanti di una città che gli antenati di Sua Maestà si sono compiaciuti di chiamare la buona città di Parigi, diffidate delle suggestioni e delle menzogne dei vostri falsi amici, tornate al vostro Re, egli sarà sempre il vostro padre, il vostro migliore amico.
Che piacere che avrebbe di dimenticare tutte queste ingiurie personali e di ritrovarsi in mezzo a voi quando una Costituzione che egli avrà accettato liberamente farà sì che la nostra santa religione sia rispettata, che il governo sia stabilizzato in modo solido e utile, che i beni e lo stato di ciascuno non siano più turbati, che le leggi non siano più violate impunemente, e infine che la libertà sia posta su basi ferme e solide. A Parigi, li 20 giugno 1791, Luigi”.
Dopo un giorno di viaggio i fuggitivi arrivano a Varennes, una piccola cittadina situata a nord-est della Francia. Qui un semplice mastro di stazione di cambio di nome Drouet riesce a smascherare la vera identità di Luigi XVI. Le autorità locali, incredule di trovarsi di fronte il proprio sovrano, fanno alloggiare la famiglia reale in una locanda e dopo una nottata insonne decidono di interrompere il loro viaggio.
Alle 7 del 22 giugno arrivano a Varennes anche alcuni commissari dell’Assemblea nazionale che prendono in consegna i fuggiaschi e li riconducono a Parigi. La tentata fuga del re rappresenta un punto di svolta per la storia della rivoluzione e della monarchia francese ed ha, sin dall’immediato, un impatto enorme sugli eventi che seguiranno.
Il re in fuga fermato a Varennes
Fuga a Varennes, le conseguenze
I parigini rimangono sgomenti quando apprendono la notizia; per molti l’evento rappresenta un trauma poiché crolla improvvisamente la figura centrale del nuovo apparato statale, il garante degli equilibri di potere. La delusione e la rabbia si diffondono in tutto il paese. L’Assemblea nazionale cerca disperatamente di salvare il salvabile diffondendo la notizia che il re, in realtà, sia stato rapito da agenti controrivoluzionari. Una bugia grossolana e di facciata alla quale nessuno crede.
Quando la berlina reale rientra nella capitale trova ad accoglierla una folla immensa e ammutolita; gli uomini al passaggio della carrozza tengono il proprio cappello in testa. Poco prima, infatti, è stato diramato un ordine perentorio: “Chi acclamerà il re sarà bastonato; chi lo insulterà sarà impiccato”. Luigi XVI, però, non perde la calma neanche in questa occasione, tanto che, come annota uno dei commissari che lo scortano:
“Egli era flemmatico e tranquillo come se nulla fosse stato; sembrava che tornasse da una partita di caccia”.
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- Timothy Tackett,