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Louise Michel: la vierge rouge che lottò per un mondo libero e uguale
Sarà capitato un pò a tutti di leggere il nome “Louise Michel” su quella nave bianca e rosa che naviga sulle acque del mar Mediterraneo per recuperare i migranti posti nelle situazioni di pericolo più estreme. Ma ci siamo mai chiesti chi sia quella donna a cui è stata intitolata una nave che svolge un così arduo compito? Chi era Louise Michel? Conosciamola più da vicino ripercorrendo le tappe più importanti della vita di una delle protagoniste della Comune di Parigi del 1871.
Nascita e formazione di Louise Michel
Come per ogni personaggio storico, anche per Louise Michel le opinioni si diramano in due strade totalmente opposte: una strada è percorsa da chi ha per lei giudizi positivi, elogiandola a grande eroina del XIX secolo, un’altra strada è percorsa da chi, invece, la reputa una sanguinaria, una donna spietata e violenta. Non possiamo non dire, almeno in questo caso, che la verità sta nel mezzo.
Che Louise Michel sia stata una sanguinaria è vero: le sue parole, di cui abbiamo testimonianza attraverso le sue poesie e i suoi scritti, sono piene di risentimento, di incitazione alla violenza, ma è anche vero che non dobbiamo mai perdere di vista la causa per la quale ella combatte, né il contesto storico in cui si trova a vivere, di cui la Comune del 1871 non è altro che un sintomo.
Louise Michel nasce il 29 maggio del 1830 nel castello di Vroncourt-la-Côte, un piccolissimo paesino dell’Alta Marna. Suo padre è Laurent Demahis, il figlio del castellano, sua madre, Marianne Michel, la sua domestica. Nonostante sia nata da una relazione adulterina, i nonni paterni se ne prendono cura e la allevano con amore e dedizione, inculcandole quei principi illuministici e libertari a cui sarà sempre legata e che saranno alla base del suo pensiero, un pensiero ricavato dalla lettura degli scritti di Rousseau e di Voltaire, che le accendono il desiderio di esporsi a tutela dei più deboli, donne in primis, tanto da renderla, ancora oggi, una pioniera dei diritti delle donne e degli emarginati.
Grazie alla disponibilità economica dei suoi nonni, la piccola Louise riceve un’ottima formazione scolastica, fino a diplomarsi alla scuola di Chaumont. Alle donne dell’epoca non è concesso proseguire con gli studi universitari (per farlo bisognerà attendere il 1863 per Lione e il 1867 per Parigi), dunque Louise, che pure avrebbe voluto iscriversi a una facoltà umanistica, decide di abilitarsi a maestra.
Siamo nella Francia dell’imperatore Napoleone III, nipote del più noto Napoleone Bonaparte, e per esercitare la professione di insegnate nelle scuole pubbliche devi prima giurare fedeltà all’Impero, una fedeltà che non vuole affatto prestare, accontentandosi di insegnare in alcune scuole private e aprendone di sue, la prima ad Audeloncourt.
Ma perché accontentarsi di insegnare in scuole private piuttosto che giurare fedeltà a Napoleone III? Perché la Michel è un’anticonformista e, lo abbiamo detto, è stata educata ai principi liberali e illuministici. Non si identifica negli ideali bonapartisti; non vuole l’Impero ma insegue la democrazia, la stessa democrazia che Napoleone III diceva di volere e che invece aveva tradito con il colpo di stato del 1851.
La scuola di Audeloncourt e tutte le altre scuole che saranno gestite da Louise, anche quelle parigine, sono scuole laiche, gratuite e libere da ogni pregiudizio. I bambini con handicap sono i benvoluti perché non esiste malattia che possa impedire a un bambino di imparare a comunicare e a stare tra la gente.
Questo pensiero, oggi una verità (quasi) scontata ma che allora è ancora un’utopia, riscuote molto successo negli ambienti liberali, ma fa storcere il naso ai conservatori, di gran lunga più numerosi e influenti. Le scuole francesi, infatti, sono gestite dalla Chiesa che, in accordo con l’imperatore, esercita il pieno controllo sull’insegnamento. Scuola laica significa allora svincolarsi dai preferenzialismi clericali, che rendono l’istruzione appannaggio di pochi, tendenzialmente i più ricchi.
Per Louise, invece, anche i poveri e i diversamente abili hanno diritto a essere istruiti e, anzi, l’istruzione è un modo per emanciparsi perché chi sa leggere e scrivere è anche in grado di riconoscere le iniquità sociali, di cui la Francia napoleonica pecca sempre più spesso.
Le sue non sono semplici scuole nelle quali ci si limita a studiare il francese, la matematica, il disegno ma ci si approccia ai mestieri manuali, in modo da formare una classe sociale pronta ad affacciarsi al mondo del lavoro. La religione non esiste e in sostituzione alla preghiera mattutina si recita la Marsigliese, Bibbia dei rivoluzionari.
Tutto questo, come si vedrà, sarà uno dei massimi obiettivi dei futuri comunardi. Nello stesso periodo collabora con alcuni giornali dell’Alta Marna, dove pubblica articoli. Si tratta di articoli che a primo acchito sembrerebbero riferirsi alla storia classica, ma una lettura più approfondita suggerisce che la storia classica le serve solo da schermo per denunciare le ingiustizie della società e della politica dei suoi giorni. Si firma, ad esempio, con il nome di Enjolras, il personaggio repubblicano dei Miserabili di Victor Hugo.
Il nome di Hugo è importante e sarà una costante nella vita di Louise perché con lui intratterrà una profonda e sincera amicizia, fatta di scambi epistolari iniziati quando ha solo dodici anni, di poesie e incontri vis a vis, tanto che c’è chi ancora oggi ipotizza una liaison tra i due, ipotesi che non trova, però, alcun riscontro storico. Hugo ha per lei una profonda ammirazione al punto da dedicarle una delle sue più belle poesie: Viro major (Più forte di un uomo).
La formidabile pietà era nelle tue parole;
Stavi facendo quello che fanno le grandi anime pazze,
E stanca di lottare, di sognare, di soffrire,
Tu dicevi: Ho ucciso! Perché tu volevi morire.
[…]I tuoi giorni, le tue notti, le tue cure, i tuoi pianti, dati a tutti,
L’oblio di te stessa nel soccorrere gli altri,
La tua parola simile alle fiamme degli apostoli;
Quelli che conoscono il tetto senza fuoco, senza aria, senza pane,
Il letto senza cinghie con il tavolo di abete,
La tua bontà, la tua fierezza di donna popolare,
L’aspra tenerezza che dorme sotto la tua rabbia,
Il tuo lungo sguardo di odio verso tutti i disumani,
E i piedi dei bambini riscaldati nelle tue mani;
Quelli, donna, davanti alla tua maestà selvaggia,
Meditavano, e, nonostante l’amara piega della tua bocca,
Nonostante il maledicente che, infierendo su di te,
Ti lanciava tutte le grida indignate della legge,
Nonostante la tua voce fatale e alta che ti accusa,
Vedevano risplendere l’angelo attraverso la medusa.
Da queste parole si evince il forte temperamento di questa donna, l’amore per la libertà, la sincerità dei suoi ideali e il suo altruismo nei confronti dei più deboli. Come vedremo, sarà sempre Hugo a spendersi in sua difesa quando verrà condannata ai lavori forzati in Nuova Caledonia.
L’impegno sociale di Louise Michel nella Comune di Parigi del 1871
Nel 1856 Louise Michel è a Parigi e con lei ci sarà anche sua madre Marianne. Con la morte dei suoi nonni paterni eredita una somma di denaro abbastanza cospicua da consentirle di vivere autonomamente. Prima di partire per la capitale, però, dona ai poveri una somma di 40.000 franchi, alienandosi la borghesia e la nobiltà della sua zona, che guarda di cattivo occhio chi si prodiga a favore del popolo, visto che negli anni precedenti proprio il popolo era stato protagonista di molti disordini sociali (si pensi al 1848).
A Parigi, Louise continua a insegnare e decide di ripetere l’esperienza della scuola di Audeloncourt, trovando un forte consenso da parte di chi, come lei, abbraccia le idee comuniste, anarchiche e socialiste. Stringe un forte legame con Elisabeth Dmitrieff, un’esule russa molto vicina agli ideali marxisti, fondatrice dell’ “Union des femmes”, uno dei primi movimenti a rivendicare apertamente il femminismo.
Nata con l’obiettivo di promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne, una riforma dell’istruzione e riforme sociali egualitarie, l’Union des femmes raggiunge importantissimi traguardi nel panorama dei diritti, e il riconoscimento delle libere unioni e il divieto della prostituzione sono uno di questi.
In realtà, già dall’inizio della guerra con la Prussia le donne partecipano alle azioni più significative. La loro emancipazione, quindi, è iniziata molto prima della Comune, ma la Comune ne accentua comunque la portata. Nel 1869 diventa segretaria nella “Société démocratique de moralisation”, che si occupa proprio di assistenza alle donne bisognose e, soprattutto, alle prostitute, che la Michel sembra avere particolarmente a cuore, visto che sulla prostituzione tornerà più volte.
Ovunque, l’uomo soffre nella società maledetta, ma nessun dolore è comparabile a quello provato dalla donna. Nella via, lei è una merce. Nei conventi, dove si nasconde come in una tomba, l’ignoranza la chiude […].
Nel mondo, lei si flette sotto il disgusto. Nella sua casa, il fardello la schiaccia. […] I nostri diritti noi li abbiamo. Non siamo accanto a voi per combattere la grande guerra, la guerra suprema? Che forse voi oserete fare dei diritti delle donne cosa a parte, quando uomini e donne avranno acquistato i diritti dell’umanità?[1]
È convinta che le donne non debbano stare in disparte a guardare, limitandosi a prestare soccorso in caso di guerra/rivoluzione ma che, alla pari degli uomini, debbano impugnare le armi e combattere in prima fila. Ed è proprio questo quello che farà all’indomani del 18 marzo del 1871, quando verrà proclamata la Comune, per la quale combatterà nelle fila del sessantunesimo battaglione, uno dei più reattivi, capaci di incentivare persino i combattenti uomini e al tempo stesso di provvedere all’approvvigionamento di cibo e alla cura dei bambini.
La Comune viene accolta con molto entusiasmo da Louise, perché viene vista come l’attuazione di quegli obiettivi sociali in cui ha sempre creduto, obiettivi che hanno il sapore di democrazia e che stonano in quell’Europa afflitta dal privilegio. Sul piano della conquista dei diritti, è forse la prima realtà a inaugurare il concetto di welfare state, mostrandosi più vicina a noi di quanto sembri.
Louise Michel è entusiasta del fatto che la prerogativa dei comunardi sia quella di attenzionare i più deboli. L’ abolizione del lavoro notturno, la soppressione delle multe, il divieto di licenziare senza valido motivo sono tutte decisioni che condivide e che sposano quei principi di uguaglianza sociale e di libertà che rincorre da piccolissima.
L’abrogazione della Legge Fallaux, quindi finalmente il riconoscimento di un ’istruzione libera e gratuita e laica, è il coronamento di un sogno, una vittoria che la Terza Repubblica fa passare come propria nel 1881, tanto che ancora oggi si continua ad attribuire il merito di questa importantissima legge al repubblicano Jules Ferry.
Anche gli asili vengono smembrati di tutti i simboli religiosi, sostituiti con disegni, sculture, materiali colorati; viene garantito un diverso approccio all’insegnamento nella consapevolezza che bisogna insegnare a ogni bambino l’amore e il rispetto per gli altri; inspirare in lui l’amore per la giustizia.[2]
La fine del sogno comunardo e il processo a Louise Michel
Nella Parigi asserragliata e ridotta alla fame, Louise Michel propone un attacco contro i nemici, carpendo l’essenzialità di intervenire ora che il governo non ha a disposizione che pochi soldati, offrendosi di marciare verso Versailles per uccidere Thiers con le sue stesse mai.
Quando i versaillais arrestano sua madre Marianne (per il principio dell’«uno vale l’altro»), Louise si consegna di sua sponte alla giustizia e si presenta a processo con un velo nero, esplicito riferimento al lutto per l’uccisione di molti dei suoi più cari amici.
E non voglio difendermi, non voglio essere difeso; appartengo interamente alla rivoluzione sociale e dichiaro di accettare la responsabilità di tutte le mie azioni. […]. Mi rimproveri di aver partecipato all’assassinio dei generali? A questo, risponderò di sì, se mi fossi trovata a Montmartre quando volevano far sparare al popolo; non avrei esitato a far sparare io stessa a coloro che davano ordini simili.
Per quanto riguarda l’incendio di Parigi, sì, ho partecipato. Volevo opporre una barriera di fiamme agli invasori di Versailles. […]. Bisogna escludermi dalla società, siete stati incaricati di farlo, bene! L’accusa ha ragione. Sembra che ogni cuore che batte per la libertà ha solo il diritto ad un pezzo di piombo, ebbene pretendo la mia parte! Se mi lascerete vivere esorterò alla vendetta[3].
Così si esprime durante il suo lungo interrogatorio, convinta fino in fondo delle sue azioni e della bontà dell’esperimento, al punto tale da preferire la morte piuttosto che rinnegarlo; al punto tale da minacciare “il bis”. Per i versaillais, Louise Michel è la faccia del male, una donna pericolosa e sanguinaria; per i rivoluzionari e per i simpatizzanti della Comune, invece, è proprio l’opposto: è la donna della rivoluzione sociale, la paladina dell’equità.
Questo mito positivo viene portato avanti anche da Victor Hugo, che si batte per lei affinché le venga cancellata la pena, e che le dedica, all’indomani del processo, la poesia Viro Major, di cui abbiamo parlato prima. A onore del vero, Hugo si batte non solo per la Michel ma per tutti gli altri, intraprendendo una lunga battaglia alla quale contribuiscono moltissimi altri scrittori (in particolare Emile Zola, che fu, è, meno partecipativo di Hugo, soprattutto se vuol mettere a paragone la sua grande battaglia sul caso Dreyfus).
Nel marzo del 1876, Hugo deposita al Senato francese (di cui è membro) una mozione di amnistia, nella quale propone il perdono per tutti i comunardi insorti, ritenendo che sia ormai giunta l’ora di «cancellare ogni traccia della guerra civile»[4].
L’amnistia viene concessa sette anni più tardi: è il 1880 quando una folla di ottomila persone la aspetta rientrare dall’esilio alla stazione Saint-Lazare per manifestarle un entusiasmo sconfinato, che forse non si aspetta. La concessione del perdono, però, non placa la sua indole ribelle, tanto che più volte verrà tratta in arresto per aver organizzato manifestazioni sociali, non solo in Francia ma in molti paesi d’ Europa.
La sua esposizione suscita una profonda alienazione da parte dei cattolici conservatori, e infatti, proprio un giovane cattolico, un tale Pierre Lucas, che non condivide i suoi discorsi incendiari, prova a ucciderla durante una conferenza a La Havre, nel 1888. Nonostante questo, però, Louise non denuncerà il gesto ma, al contrario, si attiverà per la liberazione di questo giovane, convinta che questo gesto estremo sia solo il frutto di un odio collettivo nei suoi confronti e non di un odio personale da parte del giovane.
Muore a Marsiglia, il 9 gennaio del 1905. Era lì per parlare dei diritti dei lavoratori e di come reagire alle disuguaglianze. Al suo funerale, che si svolge a Parigi il 25 gennaio e che non prevede nessun tipo religioso, giungono uomini e donne da tutta Europa: lavoratori precari, disoccupati, studenti, tutti lì a salutare per l’ultima volta una donna che ha avuto l’instancabile coraggio di lottare contro i soprusi e che ha rincorso per tutta la sua vita il sogno di un mondo uguale per tutti. Il suo corpo riposa accanto a quello di sua madre, nel cimitero di Levallois-Perret, e ancora oggi la sua tomba è meta di pellegrinaggio, soprattutto da parte dei più giovani.
L’ereditarietà di Louise Michel
Louise Michel è tuttora una delle figure più iconiche della Comune, emblema del femminismo più marcato, paladina dei più sfortunati. Probabilmente stupisce la presenza di una donna nel panorama politico dell’epoca, stupiscono la sua caparbietà, la sua tenacia, il suo appello alla giustizia e alla giustezza, ecco perché non può non essere diventata un’icona, un solido punto di riferimento.
In un mondo come il nostro, la figura di Louise ritorna. Si pensi che nell’agosto 2020, il suo nome è passato (tristemente) alla cronaca per il fatto che a lei sia intitolata una nave umanitaria (finanziata, tra l’altro, dallo street artist Banksy) molto attiva nel Mediterraneo, soprattutto nel recupero dei migranti. Non è un caso che la nave, come un tempo Louise, si batta in difesa dei più deboli, avendo recepito a pieno gli ideali di una delle personalità femminili più importanti del XIX secolo.
Note:
[1]Louise Michel, È che il potere è maledetto e per questo io sono anarchica, a cura di Anna Maria Farabbi. Al3vie, 2021, p. 141.
[2] S.Edwards, The Paris Commune: 1871, Quadrangle, Chicago 1971 p.537.
[3] l.michel, Mémoires de Louise Michel, écrits par elle-même, trad. it. mia, F. Roy, libraire éditeur, 1886, pp 470- 473.
[4] Frase tradotta estrapolata dal documento del Senato in figura 9. HUGO,V. [et al], Proposition de Loi Relative à l’amnistie, 21 mars 1876, https://www.senat.fr/fileadmin/Fichiers/Images/archives/HUGO/ppl_9_Hugo.pdf.
I libri consigliati da Fatti per la Storia per approfondire la figura di Louise Michel!
- Louise Michel, Mémoires: 1886, Editions Gallimard, 2021.
- Louise Michel, La Comune, traduzione di Chiara Fortebraccio Di Domenico, Edizioni Clinchy, 2021.
- Louise Michel, È che il potere è maledetto e per questo io sono anarchica, a cura di Anna Maria Farabbi, Al3vie, 2021.