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Le origini dello Statuto dei Lavoratori

Dopo decenni di lotte operaie e studentesce, il 20 maggio 1970 viene approvato lo Statuto dei Lavoratori. Chi furono gli artefici della stesura e cosa ha comportato la sua approvazione?

di Valerio Spositi
20 Maggio 2020
TEMPO DI LETTURA: 3 MIN
statuto dei lavoratori

Una manifestazione a favore dello Statuto dei lavoratori in una foto degli anni sessanta.

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Una manifestazione a favore dello Statuto dei lavoratori in una foto degli anni sessanta. ANSA/ ARCHIVIO STORICO CGIL

Il 20 maggio del 1970, a seguito dell’approvazione del Parlamento italiano, la legge 300/1970, conosciuta come Statuto dei Lavoratori, viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

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Le lotte operaie alla base dello Statuto dei Lavoratori

Sin dall’immediato dopoguerra, le tutele sancite dai principi fondamentali della Costituzione rimasero troppo spesso lettera morta. La repressione nei confronti del movimento operaio era all’ordine del giorno tra gli anni ’50 e ’60. A Modena, ad esempio, nel 1950 le forze di polizia spararono contro i lavoratori scesi in sciopero a seguito della decisione delle Fonderie Riunite di licenziare 500 operai. Nel luglio 1960, a Reggio Emilia, centinaia di operai scesero in sciopero per protestare contro la formazione del governo Tambroni, un fatto reso possibile dall’appoggio determinante del Movimento Sociale Italiano. La rivolta di Reggio Emilia fece seguito a quella di Genova, città medaglia d’oro per la Resistenza, nella quale stava venendo organizzato il congresso del MSI. A Reggio Emilia, il 7 luglio 1960, dopo pesanti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, quest’ultime aprirono il fuoco, uccidendo 5 militanti comunisti. La repressione nei confronti dei militanti sindacali e dei comunisti proseguì per tutto il decennio, anche grazie all’operato del Ministro degli Interni Mario Scelba.
L’esplosione del 1968 saldò le lotte studentesche ed operaie, conferendo nuova linfa vitale al conflitto sociale e alle rivendicazioni di tutele dei lavoratori nelle fabbriche. Con l’autunno caldo del 1969, e i grandi scioperi nel triangolo industriale italiano, il movimento operaio otteneva un nuovo avanzamento nei rapporti di forza sociali. L’autunno caldo fu infuocato soprattutto dagli scioperi per il rinnovo di oltre trenta contratti collettivi, tra i quali quello dei metalmeccanici della Fiat. A squarciare questo clima arrivò la strage di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969.
All’interno delle grandi aziende, come appunto la Fiat, tra gli anni ’50 e ’60, la vita dei lavoratori sindacalizzati e politicizzati era assai dura: questi venivano sorvegliati, schedati ed infine licenziati per il solo motivo di difendere gli interessi ed i diritti della loro classe sociale. Fu in questo clima di fervente agitazione sociale e di crescita del movimento operaio che nacque lo Statuto dei Lavoratori, il 20 maggio 1970.

L’approvazione dello Statuto

I principali artefici della sua stesura furono il Ministro del Lavoro socialista Giacomo Brodolini e il giuslavorista Gino Giugni. Una prima, iniziale proposta di uno Statuto generale dei diritti dei lavoratori fu però opera del fondatore e allora segretario della CGIL Giuseppe di Vittorio. Nel congresso di Napoli del 1952, Di Vittorio sostenne, infatti, che:

E’ vero che le fabbriche sono di proprietà privata ma non per questo i lavoratori divengono anch’essi proprietà privata del padrone all’interno dell’azienda. Il lavoratore, anche sul luogo di lavoro, non diventa una cosa, una macchina acquistata o affittata dal padrone, e di cui questo possa disporre a proprio compiacimento. Anche sul luogo di lavoro l’operaio conserva intatta la sua dignità umana, con tutti i diritti acquisiti dai cittadini della repubblica italiana. Il lavoratore è un uomo, ha la sua personalità, un suo amor proprio, una sua idea, una sua opinione politica, una sua fede religiosa, e vuole che questi diritti siano rispettati da tutti e, in primo luogo, dal padrone (…) perciò sottoponiamo al Congresso un progetto di “Statuto” che intendiamo proporre, non come testo definitivo, alle altre organizzazioni sindacali (…) per poter discutere con esse e lottare per ottenerne l’accoglimento e il riconoscimento solenne

Brodolini, uno dei principali artefici del testo, non riuscì a vederne la luce, in quanto morì pochi mesi prima dell’approvazione, ottenuta grazie ai voti della Democrazia Cristiana, dei Socialisti e dei Socialdemocratici. Ad astenersi dalla votazione fu, oltre al PSIUP, il Partito Comunista Italiano, motivando la sua scelta, tra le altre questioni, con l’esclusione dalle garanzie previste dallo Statuto per i lavoratori delle aziende più piccole, quelle fino a 15 dipendenti.

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Lo Statuto dei Lavoratori rimane comunque un grande successo del movimento operaio nel nostro paese. I tributi di sangue versati da militanti comunisti e non, sindacalisti e lavoratori furono altissimi. Lo Statuto dei Lavoratori, nonostante i numerosi tentativi di smantellamento nel corso degli anni, e che continuano tuttora, ha consentito l’ingresso della Costituzione nelle fabbriche ed ha permesso ai lavoratori, per dirla con Di Vittorio, di non togliersi più il cappello davanti al padrone.

La lunga genesi dell'articolo 18

LA LUNGA GENESI DELL'ARTICOLO 18di Ilaria Romeo e Ivana MarroneLa prima volta che si parlò di uno Statuto fu nel 1952. A pronunciare quella parola fu Giuseppe Di Vittorio. Per ottenere la legge ci vollero quasi vent'anni e una rivoluzione culturale e sociale che passò per il Sessantotto e l'autunno caldo.Il nostro speciale sullo Statuto dei lavoratori https://bit.ly/2TlwEPh

Pubblicato da Collettiva su Mercoledì 20 maggio 2020

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Tags: Repubblica Italiana
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Valerio Spositi

Valerio Spositi

Ph.D. in Storia degli Stati Uniti presso l'Università degli Studi di Roma Tre. Nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Relazioni internazionali ad indirizzo storico presso l'Università degli Studi di Roma Tre con tesi di laurea in Storia degli Stati Uniti dal titolo: "There is a power in a band of workingmen". Ascesa e declino degli Industrial Workers of the World, 1905-1918. Ha conseguito diversi corsi di specializzazione post-laurea in Storia, Politica e Società degli Stati Uniti d'America presso il Center for American Studies e in Storia Contemporanea presso il CISPEA (Centro Interuniversitario di Storia e Politica Euro-Americana). Ha ottenuto due pubblicazioni sulla rivista European Affairs Magazine. Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con le Università. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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