“L’Italia delle stragi. Le trame eversive nella ricostruzione dei magistrati protagonisti delle inchieste (1969-1980)” (Donzelli editore) contiene sette saggi scritto da altrettanti magistrati che hanno indagato sulle vicende più scottanti e drammatiche di quegli anni per raccontare ciò che allora è successo: Pietro Calogero (stragi di piazza Fontana, Peteano e questura di Milano, golpe Borghese e Loggia P2), Leonardo Grassi (Italicus), Claudio Nunziata (il progetto stragista), Giovanni Tamburino (Rosa dei Venti e “golpe bianco” di Edgardo Sogno), Giuliano Turone (P2 e destra eversiva), Vito Zincani (stazione di Bologna), Giampaolo Zorzi (Piazza della Loggia).
Il libro, curato dallo storico Angelo Ventrone, avvicina la documentazione giudiziaria alla storiografia per aumentare la nostra comprensione di un periodo eccezionale che non ha paragoni in altre democrazie occidentali. Offre spunti di comprensione ben oltre le condanne o le assoluzioni degli imputati. Anche ripercorrendo gli ostacoli che inquirenti e giudici hanno costantemente incontrato sulla loro strada, proprio per impedire che arrivassero a scoprire scomode verità.
Ogni capitolo ricostruisce il quadro d’insieme della strategia in cui gli episodi stragisti o golpisti si sono inseriti, per poi soffermarsi sulle responsabilità individuate nei vari gradi di giudizio – quindi mandanti, esecutori, complici e autori di depistaggi e omissioni – sulle condanne definitive, sui legami con gli eventi successivi e precedenti, sulle questioni e le responsabilità ancora da chiarire.
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L’Italia delle stragi
Tra il 1969 e il 1980 l’Italia vive una stagione difficilissima. Sono gli anni della “strategia della tensione”, la cupa stagione che vede susseguirsi centinaia di attentati grandi e piccoli con decine di morti innocenti, di stragi purtroppo riuscite e di tante altre rimaste senza vittime solo grazie a un imprevisto o per l’imperizia dei terroristi, trame imbastite da gruppi neofascisti, depistaggi, indagini di polizia inquinate da omissioni e coperture, manovre golpiste tra gli alti gradi militari fomentate dall’intervento attivo di molte agenzie di spionaggio, italiane e straniere.
Il libro si pone l’obiettivo di chiarire “cosa possiamo dire di sapere con certezza dopo così tanto tempo, quali sono le verità raggiunte e le piste che ancora si possono aprire.” L’intento è di descrivere, attraverso l’utilizzo della documentazione giudiziaria raccolta in mezzo secolo di indagini, e dando direttamente la parola ai magistrati che le hanno effettivamente condotte, la verità d’insieme che se ne ricava. Disponendo correttamente tutti gli elementi sul tappeto, si ottiene l’effetto di fare luce anche su molte delle residue zone d’ombra.
Il tentativo di destabilizzare il nostro paese non si limita però agli attentati dinamitardi. Vengono infatti programmati anche piani golpisti che si propongono di rovesciare la Repubblica. Piani che, per misteriosi contrordini arrivati all’ultimo minuto o perché scoperti e sventati per tempo dalle forze dell’ordine, non entreranno mai nella fase operativa.
Ventrone segnala nella sua introduzione i risultati altalenanti dei processi e il ruolo dei depistaggi, che hanno creato l’impressione che non si è riuscito a scoprire i responsabili delle stragi. Per molti non era ancora chiaro se i tentativi di golpe fossero “colpi di Stato da operetta” oppure “qualcosa di molto serio e minaccioso.”
Il ruolo della magistratura
Tra gli effetti di quella che da allora viene chiamata “strategia della tensione”, ve n’è uno che dura ancora oggi. L’immagine dominante che si ha di quel periodo, in vasti settori dell’opinione pubblica, è che si sia tuttora lontani dall’aver stabilito la verità e individuato, a tutti i livelli, i responsabili di quelle stragi. In realtà, le inchieste della magistratura si sono spinte molto più avanti di quanto sia riuscita a percepire l’opinione pubblica.
Se non sempre sono riusciti a trovare le prove definitive per individuare i singoli colpevoli, hanno però identificato con precisione gli ambienti politici da cui la strategia eversiva è nata: i gruppi neofascisti e neonazisti, e in particolare Ordine Nuovo. Certo, c’è ancora molto da fare, in particolare, continua a sfuggire il ruolo degli attori internazionali.
Ha sicuramente inciso sugli eventi la scomoda posizione italiana nel quadro internazionale dell’epoca e le divisioni all’interno dello Stato sul percorso da seguire, divisioni che hanno portato a complicità fra rappresentanti dello stato ed eversori. Lo Stato si mostra quindi internamente diviso tra chi incoraggia e favorisce i terroristi, e chi li persegue.
Gli ostacoli che hanno frenato il lavoro dei magistrati inquirenti sono forse difficili da immaginare oggi. Il depistaggio era spesso intrinseco all’ideazione delle stragi, data la volontà dei perpetratori di fare cadere la colpa sui loro nemici politici, la sinistra o gli anarchici. Le inchieste sono poi state intralciate da servitori infedeli dello Stato fra i ranghi della polizia, i carabinieri e i servizi segreti, e, in qualche caso, anche dei magistrati.
Quell’Italia è stata un campo di battaglia al tempo della Guerra fredda ma ne è uscita con le regole dello Stato di diritto e, per quanto non sia sempre riuscita a trovare le prove definitive per identificare i colpevoli, ha però individuato gli ambienti politici della strategia eversiva. È importante mostrare come allora, attraverso gli strumenti democratici, sia stato possibile resistere, e come oggi, attraverso una ricostruzione attenta e rigorosa, sia possibile sollevare il velo su quel torbido gioco di specchi.
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L’Italia delle stragi. Le trame eversive nella ricostruzione dei magistrati protagonisti delle inchieste (1969-1980) a cura di Angelo Ventrone