Il libro “Le guerre del Vietnam. 1945-1990” di Marilyn B. Young (editore Mondadori – Oscar Storia) ripercorre, con una visione ampia, la storia delle guerre in Vietnam dalle lontane premesse storiche negli anni Quaranta, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando il rifiuto dei francesi di concedere l’indipendenza ai vietnamiti, dettato da un anacronistico colonialismo, porta alla Guerra d’Indocina.
La vicenda politica del Vietnam è condizionata dalla dura realtà della Guerra Fredda, che per gli americani significa contenere l’espansione del comunismo nel sud-est asiatico. Si arriva alla “guerra americana”, così definita dalla storiografia vietnamita, che dura sino al disimpegno statunitense nel 1973 e al crollo del governo del Vietnam del Sud nel 1975, in seguito alla caduta della capitale Saigon.
La riunificazione politica di tutto il territorio vietnamita sotto la dirigenza comunista di Hanoi, però, non contribuisce alla normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Vietnam, i cui rapporti restano tesissimi fino al 1990.
Il significato delle guerre del Vietnam
Come sono finiti gli americani in Vietnam? Come hanno continuato ad allargare il conflitto? E come ne sono usciti? Analizzando il conflitto, o meglio i molteplici conflitti che hanno coinvolto il Vietnam a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale (da quello del 1950-54 di liberazione dai francesi a quello del 1964-75 tra Vietnam del Nord e Vietnam del Sud appoggiato dagli USA), Marilyn Young da un lato fornisce una gran mole di dati storici, molti dei quali inediti, dall’altro offre un’ottica finalmente obiettiva, che analizzando criticamente le posizioni di americani e vietnamiti ci permette di comprendere meglio il vero significato delle guerre nel Sudest asiatico, e il peso delle loro conseguenze nel mondo in cui viviamo.
Un resoconto a tinte fosche dei vari aspetti, diplomatici e politici, delle guerre del Vietnam – contro Francia prima e USA poi – e delle loro conseguenze. Per la prima volta si dà eguale peso agli americani e ai vietnamiti, sconfessando l’idea che tutte le azioni compiute dai “buoni” americani contro i “cattivi” comunisti siano state lecite, concezione ribadita in molti interventi degli USA in politica estera (dal Libano a Panama).
L’autrice analizza in queste pagine il più noto conflitto del Vietnam, i suoi molto sanguinosi precedenti e le pesanti conseguenze da un’ottica totalmente nuova per la storiografia americana, fornendo inoltre una buona mole di dati storici, molti dei quali inediti, sui conflitti stessi.
La guerra interna agli Stati Uniti
Il resoconto si concentra non solo sugli avvenimenti militari ma anche sul contesto internazionale dell’intervento americano e sulle ripercussioni interne agli Stati Uniti. Accanto al conflitto militare vero e proprio, nelle sue varie fasi e con i suoi diversi protagonisti, si discute e racconta la guerra interna che lacera e divide gli Stati Uniti.
È questa la parte certamente più ricca, originale e, anche appassionata, di un libro fondato su una bibliografia monumentale e sull’uso della miriade di fonti diverse prodotte dai tanti pezzi del movimento pacifista che sorge in quegli anni negli Usa e nel quale Marilyn Young milita a lungo.
Da un lato, il libro espone l’ottusa arroganza di un establishment incapace di liberarsi dagli schemi, ideologici e binari, della guerra fredda; dall’altro, illustra la forza politica di una mobilitazione dal basso capace in ultimo di contribuire alla fine dell’intervento. Lo scontro fra la superpotenza americana e il piccolo nord-Vietnam comunista è un drammatico banco di prova per gli equilibri del mondo bipolare e per l’opinione pubblica occidentale.
Il significato del conflitto in Vietnam rimane ancora oggi controverso e la lotta per la sua interpretazione è centrale per la politica americana contemporanea, estera ed interna, oltre che per la cultura americana. Un assioma fondamentale della politica estera degli USA è stato che il paese è sempre dalla parte della libertà e della giustizia.
Il Vietnam indebolisce seriamente questa convinzione, così come l’assioma della cattiveria dei nemici. Tutto ciò che è usato per caratterizzare il nemico – indifferenza per la vita umana, doppiezza, crudeltà – durante la guerra può essere riferito anche agli Stati Uniti. L’avversione popolare contro la guerra del Vietnam costituisce un limite per la politica estera tanto da meritarsi un nome speciale da parte degli addetti stampa e dei politici favorevoli alla guerra: “la sindrome del Vietnam”.
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- Le guerre del Vietnam: 1945-1990 di Marilyn B. Young