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La Rivoluzione russa: dall’abdicazione dello zar all’Internazionale (VIDEO LEZIONE)

Con la RIVOLUZIONE RUSSA crolla il regime zarista dei Romanov e il 7 novembre 1917, con la presa del Palazzo d'Inverno, i bolscevichi prendono il potere.

di Agostino Raso
3 Aprile 2019
TEMPO DI LETTURA: 5 MIN
rivoluzione-russa-palazzo-inverno

CONTENUTO

  • La Rivoluzione russa di febbraio
  • La Rivoluzione russa: le “tesi di aprile” di Lenin
  • Il governo Kerenskij
  • La Rivoluzione russa di ottobre
  • Lo scioglimento della Costituente
  • La dittatura rivoluzionaria
  • Il trattato di Brest-Litovsk e la guerra civile
  • Il Partito comunista di Russia e l’Internazionale comunista
  • I “21 punti”

La Rivoluzione russa di febbraio

L’antefatto della rivoluzione russa. All’inizio del marzo 1917 uno sciopero generale degli operai di Pietrogrado si trasforma in un’imponente manifestazione politica contro il regime zarista. Quando i soldati chiamati a ristabilire l’ordine rifiutano di sparare sulla folla e fraternizzano coi dimostranti, la sorte della monarchia è segnata.

Lo zar abdica il 15 marzo e pochi giorni dopo è arrestato con l’intera famiglia reale. La successione è assunta da un governo provvisorio di orientamento liberale presieduto dal principe L’vov. L’obiettivo è continuare la guerra al fianco dell’Intesa promuovere l’occidentalizzazione del paese sul piano politico ed economico.

Gli unici a rifiutare ogni partecipazione al potere sono i bolscevichi, convinti che solo la classe operaia, alleata agli strati più poveri delle masse rurali, può assumere la guida della trasformazione del paese. Al potere legale del governo si affianca e sovrappone il potere di fatto dei soviet, soprattutto di quello della capitale (Pietrogrado), che agisce come una specie di parlamento proletario, emanando ordini spesso in contrasto con le disposizioni governative. I soviet non sono altro che consigli eletti dai lavoratori.

La Rivoluzione russa: le “tesi di aprile” di Lenin

Ad aprile Lenin, leader dei bolscevichi, rientra in Russia dal suo esilio in Svizzera. Non appena giunto a Pietrogrado, Lenin diffonde un documento in dieci punti le cosiddette “tesi di aprile”.

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In esse rifiuta la diagnosi corrente sul carattere borghese della fase rivoluzionaria in atto e pone in termini immediati il problema della presa del potere, rovesciando la teoria marxista secondo cui la rivoluzione proletaria scoppierebbe prima nei paesi più sviluppati: è la Russia, anello più debole del sistema imperialista, a offrire le condizioni più favorevoli per la messa in crisi del sistema.

Il primo episodio di esplicita ribellione al governo provvisorio si ha a luglio a Pietrogrado, quando soldati e operai armati scendono in piazza per impedire la partenza per il fronte di alcuni reparti. All’inizio i bolscevichi non approvano l’iniziativa, successivamente cercano di assumerne il controllo. L’insurrezione fallisce per l’intervento di truppe fedeli al governo. Alcuni leader bolscevichi sono arrestati o, come Lenin, costretti a fuggire.

Il governo Kerenskij

In agosto il principe L’vov si dimette e viene sostituito da Kerenskij, esponente del partito socialrivoluzionario. Ma ai primi di settembre, il generale Kornilov, comandante dell’esercito, lancia un ultimatum al governo chiedendo il passaggio dei poteri alle autorità militari.

Kerenskij reagisce facendo appello alle forze socialiste, compresi i bolscevichi che organizzano un esercito popolare e mettono in fuga le truppe di Kornilov. Il tentativo di colpo di Stato militare è così stroncato. I bolscevichi escono rafforzati dalla vicenda tanto da conquistare la maggioranza nei soviet di Pietrogrado e Mosca.

La Rivoluzione russa di ottobre

Il 23 ottobre in una riunione del Comitato Centrale del partito la proposta di Lenin di rovesciare con la forza il governo Kerenskij viene approvata, nonostante la forte opposizione di autorevoli dirigenti del partito come Zinov’ev e Kamenev.

Favorevole è Trotzkij, organizzatore e mente militare dell’insurrezione. La mattina del 7 novembre soldati rivoluzionari e guardie rosse (ossia milizie operaie armate) circondano e isolano il Palazzo d’Inverno, sede del governo provvisorio e se ne impadroniscono la sera stessa, senza alcuna resistenza dei reparti incaricati di difenderlo.

In quel momento si riunisce a Pietrogrado il Congresso panrusso dei soviet, ossia l’assemblea dei delegati dei soviet di tutte le province dell’ex Impero russo, per sanzionare l’avvenuta presa del potere. Viene frattanto costituito un nuovo governo rivoluzionario, chiamato Consiglio dei commissari del popolo, composto esclusivamente da bolscevichi e di cui Lenin è presidente.

Lo scioglimento della Costituente

Tutte le altre forze politiche protestano vivacemente contro l’atto di forza. Non organizzano manifestazioni di aperto sabotaggio contro il governo rivoluzionario. Preferiscono aspettare la convocazione dell’Assemblea costituente, le cui elezioni sono fissate per il 26 novembre.

I trionfatori delle elezioni sono i social-rivoluzionari di Kerenskij che ottengono più del 50% dei voti assicurandosi la maggioranza assoluta dei seggi, mentre i bolscevichi si fermano al 24%.

A conti fatti 3 russi su 4 non sono con i bolscevichi. Così l’assemblea, che si riunisce la prima volta il 5 gennaio 1918, è sciolta immediatamente grazie all’intervento di militari bolscevichi, che eseguono un ordine del Congresso dei soviet. Con questo nuovo atto di forza, il potere bolscevico pone le premesse per l’instaurazione di una dittatura di partito.

La dittatura rivoluzionaria

Già nel dicembre ’17 accentua i suoi tratti autoritari con la creazione di una polizia politica, la Ceka, e l’istituzione di un Tribunale rivoluzionario centrale, col compito di processare chiunque disubbidisci al governo rivoluzionario.

Nel febbraio ’18 viene ricostituito l’esercito col nome di Armata rossa degli operai e contadini. Ad assicurare al governo la lealtà provvedono i commissari politici distaccati dal partito presso le singole unità combattenti.

Il trattato di Brest-Litovsk e la guerra civile

Il 3 marzo 1918 la Russia stipula la pace con la Germania nella città di Brest-Litovsk. Le potenze dell’Intesa, ancora impegnate contro gli imperi centrali preoccupate di un possibile contagio rivoluzionario, considerano la pace di Brest-Litovsk come un tradimento. Cominciano ad appoggiare le forze antibolsceviche fedeli allo zar, i  cosiddetti bianchi, che si sono organizzati alla fine del ’17 sotto la guida di ex ufficiali zaristi, alimentando così la guerra civile.

Lo zar e la sua famiglia, prigionieri nella città di Ekaterinenburg, sono giustiziati per ordine del soviet locale nel timore che siano liberati dai controrivoluzionari. Nella primavera del ’20 le armate bianche sono sconfitte e la guerra civile può considerarsi conclusa dopo oltre due anni di combattimenti che provocano perdite gravissime e sofferenze inaudite per l’intera popolazione.

Il Partito comunista di Russia e l’Internazionale comunista

Nel marzo 1918 i bolscevichi costituiscono il Partito comunista di Russia e Lenin decide di sostituire alla vecchia Internazionale socialista una nuova Internazionale comunista, che coordini gli sforzi dei partiti rivoluzionari di tutto il mondo e rappresenti, anche nel nome, una rottura definitiva con la socialdemocrazia europea.

La riunione costitutiva della Terza Internazionale, come viene chiamata (o con dizione abbreviata Comintern) ha luogo a Mosca ai primi di marzo del 1919. La struttura e i compiti dell’Internazionale comunista nel secondo congresso che si tiene a Mosca nel luglio del 1920.

I “21 punti”

Lenin fissa le condizioni cui i singoli partiti operai devono sottostare per essere ammessi a far parte dell’Internazionale in un documento in 21 punti.

Vi si afferma fra l’altro che i partiti aderenti al Comintern devono ispirarsi al modello bolscevico, cambiare il proprio nome in quello di Partito Comunista, difendere in tutte le sedi possibili la causa della Russia sovietica centro del comunismo mondiale, essere fedeli alle direttive del partito comunista di Russia, rompere con le correnti riformiste espellendone i principali esponenti.

Condizioni così pesanti ed ultimative suscitano in seno al movimento operaio europeo accesi dibattiti e scissioni. Nonostante ciò, la maggioranza della classe operaia dei paesi più sviluppati non aderisce ai partiti comunisti, che rimangono minoritari rispetto ai socialisti.

Tags: Comunismo
Agostino Raso

Agostino Raso

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. E' socio dell'Istituto Ugo Arcuri per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea in provincia di Reggio Calabria (istituto associato all'Istituto Nazionale Ferruccio Parri. Rete degli istituti per la storia della resistenza e dell'età contemporanea). Autore del libro "Rivolta fascista o di popolo? I partiti politici di fronte alla rivolta di Reggio e la strage di Gioia Tauro". Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con le case editrici. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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