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L’attentato – Sarajevo 1914: la trama
28 giugno 1914, Sarajevo. Il magistrato Leo Pfeffer (Florian Teichtmeister) si reca al lavoro in bicicletta come tutte le mattine. Quel giorno la città è in fermento: è infatti in programma la visita da parte dell’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, alla quale assisteranno molti cittadini. La giornata sembra proseguire normalmente ma all’improvviso il corteo di macchine con a bordo Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia subisce un primo attentato; la bomba però non va a segno e va a colpire uno dei mezzi della scorta, lasciando l’erede al trono illeso.
Il colpevole, Nedeljko Čabrinović, viene arrestato e condotto davanti a Pfeffer che lo inizia a interrogare. Più tardi, un altro attentato scuote la città. Questa volta è ad opera dello studente diciannovenne Gavrilo Princip che, approfittando del momento in cui le macchine sono ferme per fare un’inversione di marcia, spara due colpi di pistola e uccide sia l’Arciduca che la moglie. Princip viene immediatamente bloccato dalla folla e arrestato.
Di fronte a questo secondo attentato Pfeffer intuisce che dev’esserci per forza qualcosa di più grande dietro ai recenti fatti, e che non si tratta soltanto di un isolato atto omicida. Un’organizzazione clandestina, forse? Chi è il vero mandante delle azioni di questi due giovani studenti? Quali saranno le conseguenze politiche di un simile gesto? Il governo serbo ha davvero delle responsabilità?
Le indagini si ampliano e a questo punto la pellicola assume le caratteristiche di un poliziesco. Il film segue Leo Pfeffer mentre svolge la sua ricerca in maniera diligente e onesta, in cerca della realtà dei fatti. Il suo lavoro però si scontra con interessi politici ed economici più oscuri e soprattutto più importanti della pura e semplice verità.
Alti funzionari austriaci s’intromettono nelle ricerche di Pfeffer, le indagini vengono ostacolate, lui stesso viene minacciato e ricattato. Infatti il verdetto è già stato deciso: non importa a quale versione giungerà il magistrato, l’assassinio dell’Arciduca è la scusa per dichiarare guerra alla Serbia. Vienna ha già deciso e ritiene il governo serbo responsabile del duplice attentato, anche se tutto ciò non è stato definitivamente provato. I preparativi con la Germania sono stati avviati: la guerra si farà.
L’attentato – Sarajevo 1914 tra verità e finzione
Le cause della Prima guerra mondiale sono molto complesse e possiamo dire che l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando è una delle motivazioni immediate – la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In realtà le origini della Grande Guerra vanno cercate più in profondità e più indietro nel tempo. La pellicola in esame presenta sia elementi veritieri dal punto di vista storico che elementi più fittizi.
Quello che apprendiamo dal film è che la morte di Francesco Ferdinando e della moglie Sofia Chotek non rappresenta un grosso dispiacere per la corte austriaca. E in effetti ciò è per certi versi vero: l’Arciduca è impopolare per le sue aperture verso la componente slava dell’Impero, a cui vuole dare la stessa autonomia di cui gode l’Ungheria (il cosiddetto “trialismo”). Ha inoltre sposato una donna slava e di rango non abbastanza elevato per il suo status, e per questo motivo ai loro figli non sarà permesso di rivendicare alcun diritto al trono.
Anche la ricostruzione degli eventi della mattina del 28 giugno è accurata, così come il fatto che i colpevoli sono inizialmente restii ad ammettere la loro affiliazione con la Serbia. L’elemento fittizio introdotto nella storia è l’idea che dietro all’assassinio della coppia reale ci sia una cospirazione portata avanti da alti funzionari, ufficiali e industriali austriaci e tedeschi, che avrebbero finanziato gli attentatori in modo da raggiungere un obiettivo condiviso: uccidere uno scomodo erede e trovare il casus belli per intraprendere una guerra già pianificata da tempo.
Non solo, molti di loro hanno investito parecchi soldi nella costruzione della ferrovia Berlino-Bagdad, che garantirebbe alla Germania accesso e influenza sui territori orientali ricchi di materie prime, e che dovrebbe passare anche attraverso la Serbia. Finché questa rimane ostile e indipendente, il progetto ferroviario non potrà andare avanti.
La piega cospirazionista della narrazione è dunque una questione d’intrattenimento. Un altro aspetto interessante è l’anticipazione di alcuni pregiudizi che diventeranno fondamentali in seguito, per le vicende della Seconda guerra mondiale. Il riferimento è all’antisemitismo a cui Leo Pfeffer (ebreo ungaro-croato, battezzato protestante) viene sottoposto dai suoi superiori. Lo stesso accade per gli accenni a uno “spazio vitale” a est, ottenibile solo dopo aver eliminato gli slavi, ritenuti “inferiori”.
La cancellazione dello stato serbo non è solo utile a interessi politici, militari ed economici, ma sarebbe anche motivato da un’ideologia razzista. Sebbene la presenza di simili pregiudizi all’epoca della Prima guerra mondiale sia verosimile – la questione fra tedeschi e slavi è secolare – essi non ricoprono un ruolo così centrale come invece lo ricopriranno nel secondo conflitto mondiale.
Un altro aspetto veritiero del film è rappresentato dalle falle nella sicurezza il giorno della visita di Francesco Ferdinando. Il programma della giornata e il percorso che il corteo avrebbe seguito in città sono stati pubblicati con largo anticipo dalla stampa. La data scelta, il 28 giugno, corrisponde alla celebrazione in onore di San Vito, una data importante per i nazionalisti serbi nonché simbolo della loro lotta contro l’Impero ottomano nel 1389.
Prevedibilmente la visita da parte dell’oppressore straniero in quel determinato giorno causa alcuni risentimenti. In più lungo il tragitto seguito dal corteo vengono schierati solo pochi poliziotti (36 secondo il film), quando in realtà 22.000 truppe imperiali si trovano nelle vicinanze ma si pensa bene di non chiamarle. In questo senso il film è accurato: ci sono state delle mancanze da parte dei responsabili della sicurezza, tuttavia esse non sono legate a nessun complotto.
Gavrilo Princip e il nazionalismo serbo
Nel 1914 Gavrilo Princip è uno studente serbo-bosniaco diciannovenne che fa parte della Giovane Bosnia, un’associazione di giovani nazionalisti. L’Arciduca rappresenta per le persone come lui l’ordine costituito da rovesciare, un dominatore straniero che con la sua idea del trialismo minaccia la ragion d’essere delle organizzazioni come la Giovane Bosnia o la Mano Nera. Quest’ultima, in particolare, è un’organizzazione estremista e clandestina serba nata nel 1911.
Il governo serbo e l’organizzazione nazionalista da esso ufficialmente sponsorizzata, la Narodna Obrana, accettano anche se in maniera riluttante l’accorpamento della Bosnia-Erzegovina all’Austria-Ungheria, avvenuto nel 1908. La Mano Nera, invece, nasce come protesta verso la posizione moderata del governo e in effetti diviene una socetà clandestina, i cui membri sono anche parte dell’esercito e di alcuni ambienti governativi. La Mano Nera non accetterà mai l’annessione della Bosnia e dell’Erzegovina, due province con una numerosissima comunità serba.
Gli obiettivi a lungo termine della Mano Nera e dei nazionalisti come Princip sono differenti: i primi vogliono unire tutte le terre in cui vivono dei serbi, mentre i secondi vogliono creare una sorta di federazione tra i vari stati slavi meridionali. Al momento però i loro interessi convergono nell’assassinio di Francesco Ferdinando. In tal modo, la Mano Nera supporta Princip e i suoi complici sia fornendogli l’addestramento necessario, le armi e il veleno per suicidarsi una volta compiuto l’atto, che garantendogli un attraversamento sicuro del confine serbo-bosniaco.
Il processo ai colpevoli
Ci sono stati tre diversi processi relativi agli eventi di Sarajevo. Il primo, quello organizzato dall’Austria-Ungheria, si tiene nell’ottobre 1914 e si conclude con la condanna a 20 anni di carcere per Princip. Secondo l’ordinamento austriaco dell’epoca questa è la massima pena per chi non ha superato i ventun anni di età. I complici con qualche anno in più vengono condannati a morte. Il secondo processo si tiene nel 1917 in un tribunale serbo; il terzo viene svolto nel 1953 da un tribunale jugoslavo.
Conclusioni: è tutta colpa della Serbia?
A quanto pare ci sono stati dei tentativi da parte di Nicola Pasic, capo del governo serbo, di prevenire l’attacco contro Francesco Ferdinando, ma questi evidentemente sono falliti. Alcune colpe sono attribuibili alla Serbia ma non tutte le responsabilità sono sue: come già detto, le cause vere della Prima guerra mondiale sono molteplici e complesse.
Non è negli interessi di Pasic provocare una guerra che la Serbia non potrebbe affrontare, se non con l’aiuto della Russia, e quindi egli non ha alcun interesse nel promuovere un simile attentato. Quello che sappiamo è che invece la Mano Nera – in cui militano diversi personaggi governativi – è in forte opposizione con l’esecutivo, in quanto ritenuto troppo moderato nei confronti dell’Austria-Ungheria.
Inoltre, i due attentatori sono serbo-bosniaci, dunque cittadini dell’Impero austro-ungarico e non della Serbia. Come si percepisce guardando il film, la guerra è nell’aria e non importa quale sia la verità dei fatti o di chi sia la colpa: le tensioni in tutta Europa, non solo nei Balcani, sono destinate a esplodere.