19 gennaio 1969, dopo tre giorni di agonia muore lo studente ceco di filosofia Jan Palach, simbolo della Primavera di Praga. Tre giorni prima della sua morte, Palach si dà fuoco nella piazza San Venceslao di Praga, come segno di protesta contro l’invasione sovietica del suo paese, avvenuta nell’agosto del 1968.
La Primavera di Praga
Dopo gli eventi successivi alla seconda guerra mondiale, la Cecoslovacchia fu sottoposta al controllo dell’URSS. Il paese, membro del Patto di Varsavia, subì nei primi anni sessanta una fase di profonda recessione economica. Il modello comunista di industrializzazione fu applicato in modo inefficace e provocò malcontento generalizzato verso il regime.
Nel gennaio del 1968 il leader riformista del partito comunista polacco, Alexander Dubcek, diede inizio alla cosiddetta Primavera di Praga (termine coniato dai media occidentali): una fase di rinnovamento interno che grazie ad un decentramento parziale dell’economia e alla democratizzazione portò gradualmente all’allentamento di una serie di misure repressive tipiche dei paesi dell’Europa dell’Est.
La fase riformista durò sino ad agosto quando, dopo una riunione tra il partito comunista sovietico e i corrispettivi del blocco orientale, si decise l’invasione del paese e la repressione del dissenso. Le riforme di Dubcek non furono assecondate dai sovietici che inviarono soldati e carri armati del Patto di Varsavia ad occupare il paese.
In risposta al provvedimento adottato dai sovietici, si verificò in Cecoslovacchia una forte ondata di emigrazione verso i paesi dell’Europa occidentale, mentre le proteste non violente furono all’ordine del giorno: il 16 gennaio del 1969, il ventunenne studente di filosofia, Jan Palach, per protestare contro l’occupazione, si diede fuoco in piazza San Venceslao, divenendo il simbolo della resistenza non violenta della popolazione cecoslovacca. Morirà dopo tre giorni di agonia.
I quaderni di Jan Palach
Il giovane decise di non bruciare i suoi appunti (espressione dei suoi ideali), che tenne in una sacca a tracolla lontana dalle fiamme. Tra le dichiarazioni trovate nei suoi quaderni, emerge questa considerazione:
“Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zpravy. Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà”.