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Italo Balbo: il principe Masnadiero
Italo Balbo appartiene alla storia italiana, una parte controversa che non va cancellata, perché la storia è sempre «testimonianza del passato, luce di verità, vita della memoria, maestra di vita e annunciatrice», per dirla alla Cicerone.
È uomo, nel bene e nel male, figlio del suo tempo, un pioniere dell’aviazione che, con le due trasvolate atlantiche effettuate in formazione di stormo (imprese uniche, quasi impossibili), sa farsi apprezzare negli Stati Uniti e nel mondo. Imprese paragonabili allo sbarco sulla Luna, considerati la macchina organizzativa e i mezzi allora a disposizione.
Vita di Italo Balbo: l’uomo
Italo Balbo è uno tra i più grandi e discussi uomini del periodo fascista. Un ferrarese tutto d’un pezzo, dapprima infervorato dall’ideologia, poi più moderatamente coinvolto, l’unico tra i gerarchi in grado di dare del tu a Mussolini, chiamandolo Presidente e non Duce. Rigoroso e intransigente negli affari politici, è uomo colto, non razzista, di carattere simpatico, compagnone, sfacciato, arrogante, estroverso, umanamente caldo e con un fondo di birichinaggine goliardica che gli assicura grande simpatia, soprattutto tra le donne.
Dotato di una forte personalità, affascina gli italiani grazie alla sua carica vitale, all’audacia e allo sprezzo del pericolo, come le sue imprese aviatorie testimoniano. È il simbolo dello sviluppo tecnologico di un’Italia che cerca di proporsi, nel panorama delle nazioni sviluppate d’Occidente, moderna e orientata al progresso: è incarnazione perfetta dell’uomo fascista.
Lo storico francese Pierre Milza lo definisce «Un condottiero del Rinascimento. Ne ha la magnificenza, la litigiosa arroganza, la generosità selettiva, la crudeltà vendicativa verso quanti si sono resi colpevoli di qualche mancanza nei suoi confronti. Il suo comportamento oscilla tra le maniere di un principe e quelle di un masnadiero. Ama il vino, le donne, gli scherzi da caserma, i suoi modi virili, le barzellette, quando hanno per oggetto i suoi rivali all’interno del Gran Consiglio e gli vengono raccontate in dialetto ferrarese».
L’ascesa di Italo Balbo
Allevato monarchico diviene mazziniano radicale e interventista. Nel 1915, si arruola volontario e, nel 1917, è al fronte nell’VIII Reggimento Alpini con il grado di tenente. Si comporta eroicamente e viene decorato con due medaglie d’argento e una di bronzo. Nel 1919, fonda e dirige il settimanale militare L’Alpino e l’anno seguente si laurea in scienze sociali all’Università Cesare Alfieri di Firenze con una tesi su Il Pensiero economico e sociale di Giuseppe Mazzini.
Nella città dei Medici, conosce la futura moglie, la contessa Emanuela Florio, proveniente da una famiglia ricchissima. I due devono aspettare il 1924 per sposarsi: il padre di lei, infatti, è fermamente contrario al matrimonio e vedono l’altare solo alla sua morte (il tempo avrebbe dato ragione a Florio, ovviamente: per la contessina, infatti, tradita e trascurata, il matrimonio è molto infelice).
Dopo la laurea entra nella massoneria e nel fascio ferrarese. Fa una rapida carriera usando un atteggiamento a tratti conciliante, a tratti deciso da vero ras. Le sue squadre sono le prime ad adottare la camicia nera. Nel 1922, Balbo, con più di quattromila squadristi e braccianti senza lavoro, occupa Ferrara: il Governo non è in grado di dare lavoro ai disoccupati e Balbo minaccia di dare l’assalto alla Prefettura a meno che, entro 48 ore, non venga preso un impegno per nuovi lavori pubblici.
Il prefetto accetta l’ultimatum. La vittoria di pizzo di ferro -questo il suo soprannome- è totale. In luglio, la nuova impresa a Ravenna: con autocarri forniti dalla polizia organizza una colonna di fuoco che devasta edifici e sedi delle organizzazioni di sinistra. Partecipa alla Marcia su Roma come quadrumviro, insieme a Emilio del Bono, Cesare Maria De Vecchi e Michele Bianchi e nel 1923 diventa membro del Gran Consiglio del Fascismo e fonda Il Corriere Padano di Ferrara.
Prima sottosegretario, poi ministro dell’aeronautica
Nel 1925, entra a far parte del Governo Mussolini prima come sottosegretario all’economia e, poi, all’aeronautica, incarico che tre anni dopo verrà elevato al rango di ministro. Ciononostante, non è un signor sì perché si ritaglia sempre un atteggiamento critico, anche verso il Duce.
Italo Balbo e il sogno di volare
L’uomo ha sempre sognato di volare, anche se il titolo di pionieri dei viaggi aerei spetta a tre animali: una pecora, un gallo e un’anatra che i fratelli Montgolfier imbarcarono in una cesta di vimini appesa al loro pallone aerostatico. La mongolfiera si levò in volo a Versailles il 19 settembre 1783 e quando, sgonfiatasi, ridiscese a terra, gli animali sbarcarono sani e salvi. Fu un successo: si comprese, senza dubbi, che anche l’uomo potesse volare.
Chissà se Italo Balbo è a conoscenza di questo esperimento: di certo è assolutamente convinto che l’uomo possa e debba volare. In Stormi in volo sull’oceano raccontò che l’idea di compiere una traversata dell’Atlantico per raggiungere gli Stati Uniti con una formazione di idrovolanti militari nacque nel 1928, a bordo del transatlantico Conte Grande, mentre stava lasciando gli Stati Uniti, dopo avervi soggiornato per un mese, periodo in cui visitò basi aeree e analizzò gli sviluppi tecnologici del comparto, rimanendo colpito dall’impegno politico statunitense nella realizzazione di linee regolari per il traffico aereo commerciale e passeggeri.
La tecnologia italiana, però, è quella che è: decide, allora, di tentare l’impresa dalla traversata dell’Atlantico del sud dopo aver studiato i dettagli sin nei minimi termini, e dopo aver convocato l’ingegnere Marchetti affinché apporti una modifica all’idrovolante S-55 per il potenziamento con motori Fiat.
La prima impresa volante
Con la traversata atlantica verso il Brasile, la prima effettuata in formazione aerea, inizia il periodo pionieristico di Balbo che culminerà, tre anni dopo, con l’impresa del Decennale. Ecco le tappe della prima traversata con partenza da Orbetello: Alcazares e Kenitra in Marocco, Villa Cisneros e Rio de Oro nel Sahara spagnolo, Bolama in Guinea; arrivo in Brasile con tappa a Natal e termine corsa a Rio de Janeiro.
L’impresa inizia il 17 dicembre; vi partecipano quattordici idrovolanti bimotore ad ali galleggianti SS 55 (due di riserva) prodotti dalla siai, Società Idrovolanti Alta Italia. La crociera non è facile sin dall’inizio: sulle Bocche di Bonifacio un ciclone investe gli aerei e alcuni di essi devono effettuare un ammaraggio di emergenza vicino Maiorca.
Il 21 dicembre riprendono a volare, direzione Marocco: attraversato lo stretto di Gibilterra iniziano a costeggiare il profilo costiero africano fino alla foce del fiume di Kenitra. All’arrivo, sono molti i curiosi che si affollano lungo le rive del fiume e sulle strade.
Si riparte e il 25 dicembre 1930 arrivano a Bolama, nell’arcipelago delle isole Bijagos, al largo della Guinea Bissau, la terra più ad ovest tra quelle affacciate sull’Atlantico, ultima tappa prima della trasvolata oceanica. Cannoni a salve salutarono gli aviatori italiani. I festeggiamenti sono solenni, con parate militari e incontri ufficiali con le autorità.
La ripresa del volo subisce una battuta d’arresto: il maltempo costringe gli aviatori a terra fino al 6 gennaio. Il tempo stringe. Balbo decide di partire: l’orientamento è difficile e, purtroppo, uno degli aerei si schianta (nell’impatto muoiono i quattro uomini dell’equipaggio). La costernazione è tanta, ma non impedisce la ripresa della trasvolata.
Il 7 gennaio 1931 alle ore 19.30 Balbo i suoi aviatori raggiungono il Brasile con un trionfante ammaraggio nella baia di Natal, dove viene apposta una targa elogiativa dell’impresa: «Italo Balbo, qui giunto con la Squadriglia aerea transatlantica nella rotta percorsa da Carlo Del Prete e Arturo Ferrarin, loro ricorderanno per sempre in questa Colonna Capitolina donata da Benito Mussolini alla città consacrata di Natal. 8 gennaio 1931».
Ma non è finita: il viaggio deve riprendere, una volta tornati a solcare l’aria, in sette ore raggiungono Rio de Janeiro, in netto anticipo rispetto al previsto, tanto che, per non rovinare i piani di accoglienza loro destinata, devono sorvolare la città per più di un’ora prima di ammarare. Anche qui sono accolti da colpi di cannone a salve.
Ad accoglierli anche moltissimi immigrati italiani pieni di gioia perché dagli idrovolanti vengono scaricati anche dei sacchi postali contenenti le lettere destinate al Brasile con la scritta Via Aerea e un timbro d’eccezione: Primo volo transatlantico formazione di stormo con la silhouette di un S 55.
Trasvolata atlantica e rientro in Patria di Italo Balbo
L’equipaggio torna in Italia a bordo del Conte Rosso, nave della Regia Marina. Gli idrovolanti restano in Brasile ceduti all’aviazione locale in cambio di un tesoro tipicamente brasiliano: il caffè.
L’enorme difficoltà del viaggio intrapreso, le innumerevoli peripezie passate, la forte valenza simbolica della trasvolata che univa, attraverso il volo, due continenti separati dall’Oceano Atlantico aumenta, in Italia e nel mondo, la popolarità dell’ideatore insieme a quella dell’aviazione nazionale.
Sull’onda del successo ottenuto, Balbo, già nel viaggio di ritorno, si mette a studiare il programma della crociera del Decennale: nel 1933 si celebreranno, infatti, i dieci anni dalla Marcia su Roma, dieci anni dall’incarico affidato a Benito Mussolini di formare il Governo. L’entusiasmo, il desiderio di superarsi sono supportati ancor di più grazie all’accoglienza che riceve al rientro in Italia. La trasvolata di Italo Balbo è motore di nuova vitalità in moltissimi settori, non solo nell’aviazione.
Italo Balbo: la trasvolata del Decennale
Tre anni passano presto; volano, sembra il caso di dire. Il 1933 è l’anno del Decennale: Balbo è pronto per un nuovo ardimentoso traguardo. Il numero di uomini impegnati nel nuovo progetto di volo passa da cinquanta a cento; anche i velivoli da dodici diventano ventiquattro, anzi venticinque, compreso l’idrovolante di riserva. Il tragitto, anche quello, raddoppia: sarà di andata e ritorno.
Quando Balbo giunge a Orbetello per prendere il comando della crociera fa un discorso in perfetto stile dell’epoca. Infervora gli animi, li induce a dare il meglio nei preparativi, cui lui per primo partecipa alacremente: «Voi, certo, comprendete tutti il prestigio nazionale e di umano progresso di cui siamo investiti …».
Gli idrovolanti sono gli stessi S 55 di tre anni prima, ma con delle migliorie sia negli strumenti sia nei motori, aumentati di potenza affinché la maggiore velocità accorci i tempi di volo. Ai rinnovati velivoli viene dato un nuovo nome: S 55 X, dove l’ultima lettera sta a indicare, in numeri romani, il dieci, simbolo del Decennale.
Il programma del volo di andata prevede, dopo la partenza da Orbetello, le seguenti tappe: Amsterdam in Olanda, Londonderry in Irlanda, Reykjavik in Islanda, Cartwright, Shediac e Montreal in Canada e, infine, Chicago e New York. Il 1° luglio 1933, alle 5 del mattino, Orbetello saluta la squadra dei venticinque idrovolanti in formazione compatta, suddivisa in due stormi, ognuno ripartito a sua volta in quattro squadriglie di tre aerei ciascuna.
Il superamento delle Alpi è il primo ostacolo da fronteggiare. Superato lo Spluga, il volo prosegue sopra Zurigo e Basilea seguendo il corso del Reno. Giunti ad Amsterdam, in fase di ammaraggio, purtroppo, uno degli idrovolanti si rovescia e il motorista perde la vita. Come accadde tre anni prima, la tristezza per la perdita del compagno di volo non scalfisce il desiderio di portare avanti l’ardito progetto.
Il giorno seguente la formazione riparte verso nord; sopra Edimburgo prende la direzione ovest per raggiungere, dopo cinque ore di volo, l’Irlanda con arrivo nella baia di Londonderry. L’accoglienza riservata a Balbo e ai suoi uomini è molto calorosa. Il maltempo li costringe a stazionare qualche giorno in Irlanda. Ripartono il 5: dopo aver volato per sei ore e superato banchi di nuvole fanno sosta a Reykjavik, ove si trattengono una settimana, ancora una volta costretti a terra dal maltempo.
Li attende la tappa più lunga e difficile della traversata: da Reykjavik a Cartwright, sulla costa del Labrador in Canada. Il 12 luglio riescono a decollare: tutti i velivoli si lasciano alle spalle la terra. La rivedranno solo dodici ore più tardi e sarà una terra lontana, al di là dell’oceano.
Sono ore di volo in condizioni molto difficili. La rotta artica li porta a sorvolare i ghiacci e il tempo continua a non essere dei migliori. Dopo dodici ore giungono a Cartwright, un piccolo villaggio di pescatori nel Labrador, in Canada. Il giorno seguente sono a Shediac, un altro piccolo paesino canadese, sulla via per Montreal, dove ammarano il 14 luglio, accolti festosamente.
Non possono fermarsi più di un giorno, però: la tabella di marcia è implacabile, li attende un viaggio impegnativo di 1.600 chilometri. Il tempo è nuovamente peggiorato: banchi di nubi dense e forti venti rendono la crociera complicata, ma nel pomeriggio raggiungono comunque Chicago, dove gli idrovolanti ammarano tra cordoni di folla che accerchiano le rive festanti.
La squadriglia italiana che vola sulla città, oltre a inorgoglire i connazionali presenti, assume una forte valenza politica. I festeggiamenti durano tre giorni, durante i quali viene inaugurata anche la statua dedicata a Cristoforo Colombo, altro illustre e temerario italiano, sulla quale viene apposta una targa in ricordo della trasvolata, idealmente accomunando i due grandi e coraggiosi viaggiatori: «Questo monumento ha visto la gloria delle Ali d’Italia guidate da Italo Balbo».
Balbo ha l’aria di un divo del cinema: cammina tra la folla accennando saluti militari, ma non romani, e fumando le sue amate sigarette, immancabili in quasi tutte le foto e i filmati in cui compare. Gli aviatori italiani incontrano anche una comunità indiana Sioux e Balbo è nominato Capo tribù col nome di Capo Aquila Volante.
Anche la città di Chicago gli rende onore: gli viene dedicata la Settima strada, da allora denominata General Balbo Avenue (intitolazione che non viene meno neppure quando Italia e Stati Uniti entrarono in guerra). Ma non è ancora finita: la tappa successiva, pur essendo la prima verso il ritorno a casa, è ancora tutta americana. Il 19 luglio, infatti, Balbo e i suoi ripartono alla volta di New York, scortati da formazioni dell’aviazione statunitense. Raggiungono la metropoli dopo un volo di 1600 km.
Iniziano altri cinque giorni di festeggiamenti, culminati il 21 luglio con una sfilata per Broadway: le auto dei trasvolatori sono sommerse da coriandoli e stelle filanti. Manhattan è completamente bloccata dai festeggiamenti: parate, bande…
Le cronache dell’epoca
Sui giornali locali tanto entusiasmo è paragonato solo a quello manifestato per i reduci della Grande guerra. Il Corriere della Sera del 20 luglio 1933 descrive l’arrivo di Balbo e dei suoi a New York in questo modo:
«La squadra aerea italiana dell’Atlantico è arrivata a New York poco dopo le 15, ora locale, cioè ore 20 italiane. Un’altra tappa è compiuta di questo viaggio leggendario. Nella cortina fosca che ancora cela l’orizzonte appuntiamo già gli occhi per scorgere lo spettacolo desiato della metropoli immensa. Balbo ordina alla squadra di serrare ancora di più e scendere a 600 metri. L’Hudson allarga due anse tra le dolci colline e il fiume appare già quasi col grandioso aspetto che ha la sua foce. Ed ecco, nei grevi vapori, apparire le prime ombre della gigantesca adunata di grattacieli di Manhattan. La squadra velocissima è sul ponte di Washington, ormai sulla città. La Formazione si tiene sempre sul fiume, ma accostata alla sponda sinistra, cosicché sembra essa sfili in parata lungo i colossi di ferro e di cemento che paiono soldati irrigiditi sull’attenti».
Mussolini è invidioso di Italo Balbo?
In alcuni documenti dell’Archivio di Stato, riordinati da Margherita Martelli, sono apparsi due telegrammi di Mussolini indirizzati al Generale Balbo nel corso della crociera aerea del Decennale, il primo recapitato in Canada e il secondo all’arrivo negli Stati Uniti. Nel primo, di metà luglio 1933, Mussolini si congratula per aver brillantemente superato la lunga distanza tra Reykjavík e Cartwright: «Tutto il popolo italiano ha vibrato di spontaneo entusiasmo stop Vedo che ti attieni rigorosamente fascisticamente alla mia consegna: massima disciplina in aria minima dispersione di energie in terra. A noi!».
Nel secondo traspare una lieve irritazione, che alcuni hanno interpretato come invidia dovuta all’eccesso di accoglienze tributate: «Devi ridurre al minimo cioè a quanto è voluto dalla cortesia internazionale la mole delle manifestazioni che ti si preparano stop Il tuo non est un volo sportivo. Fallo intendere et se non lo intendono piantali tutti senza indecisioni…».
C’è anche da dire che le crociere di Balbo avevano richiesto ingenti sforzi economici pubblici, affrontati per rafforzare all’estero l’immagine dell’Italia come nazione affidabile, in crescita e politicamente solida. Spostare l’attenzione dalla Nazione all’uomo appariva in netto contrasto con l’intento perseguito sin dall’inizio e per il quale era stato effettuato l’enorme dispendio di denaro e di mezzi militari.
Il tono irritato con il quale Mussolini evidenzia che non si tratta di un volo sportivo, invero, non lascia intendere nulla di diverso. Peraltro, Mussolini gli scrive anche: «Sono molto contento delle grandi manifestazioni di New York che tu e i tuoi camerati avete meritato. È anche un trionfo politico» e ancora «Ho la certezza che ti abbraccerò insieme con tutti i tuoi atlantici al Lido di Roma».
L’abbraccio dell’Italia
Il viaggio di ritorno è intrapreso il 25 luglio (la rotta è, all’inverso, quella dell’andata). L’arrivo all’idroscalo di Ostia avviene il 12 agosto, alle ore 18.30. In pompa magna Balbo sale su un’ala dell’idrovolante e saluta romanamente il Duce, in attesa con migliaia di italiani festanti, dopo di che iniziano altri festeggiamenti.
Il New York Times del 13 agosto a conclusione dell’impresa scrive: «Tornando oggi dal volo di 12.000 miglia fino a Chicago, il generale Balbo e la sua squadra hanno ricevuto uno dei più importanti benvenuti che Roma abbia mai riservato ai propri eroi. Dal momento del loro atterraggio all’aeroporto di Fiumicino, di fronte a Ostia, alla foce del Tevere, al loro ingresso trionfale in città gli equipaggi dei ventitré idrovolanti sono stati salutati da una salva di applaudi che per frastuono eguagliavano quasi il rombo regolare dei loro potenti motori durante il volo di questa mattina di 1160 miglia da Lisbona, in Portogallo (…) A ognuno di loro Mussolini ha rivolto lo stesso abbraccio cordiale. Quando tutti erano a terra, il primo ministro ha espresso loro il suo ringraziamento per aver condotto a termine con successo l’impresa, e l’ambasciatore Long ha presentato le congratulazioni del governo e del popolo americano. Poi, attraverso ali formate da diverse file di folla entusiasta che li copriva di fiori, il generale Balbo e i suoi uomini hanno raggiunto le automobili che li hanno portati in città. Le strade, lungo il percorso di 23 km, erano fiancheggiate da una folla ammirata e la bandiera italiana sventolava da quasi tutte le case».
L’Italia grande potenza
È un successo mondiale, successo dell’Italia, dell’Italia fascista. Successo di un pazzo sognatore che, sprezzante del pericolo, realizza ciò che sino ad allora era considerato semplicemente impossibile. «Il nome del comandante della crociera è passato di bocca in bocca tra sterminate folle entusiasticamente plaudenti. Le più alte autorità dei paesi visitati hanno espresso il loro apprezzamento per la grande impresa. Nei paesi anglosassoni, da allora, il nome Balbo è stato adoperato per descrivere il volo di una formazione di tantissimi aeroplani», scrive Carlo Zorzoli.
Per compiere imprese epiche come le due trasvolate atlantiche era necessario, oltre all’ardire personale, un bagaglio tecnico, patrimonio della nazione. L’Italia disponeva, ai tempi, di un’industria aeronautica di rilievo che si sviluppò sulla base delle necessità belliche della Prima guerra mondiale: il settore aveva attinto a piene mani da quello francese e i principali velivoli prodotti erano la copia di modelli d’Oltralpe.
La passione di Balbo per le imprese aeronautiche, quindi, è un assist perfetto per il desiderio del regime di evidenziare i risultati ottenuti, per pubblicizzare un’Italia moderna e tecnologica. Nel breve periodo l’industria aeronautica prende le redini della produzione, orientando così i primati.
I record di Balbo sono accolti con forte entusiasmo dalle aziende e spronarono progettisti e produttori a dare il meglio di sé per il settore, per una nuova immagine italiana nel mondo: i primati, i voli a lungo raggio e le trasvolate contribuiscono a dare all’aeronautica italiana un’immagine di primissimo piano a livello internazionale.
I successivi di Balbo sono leve che Mussolini utilizza per promuovere una costante azione mirata a creare un’immagine positiva del fascismo, rafforzandone la popolarità all’interno e in campo internazionale al fine di creare un regime forte, accentrato e conservatore in grado di rappresentare un’Italia potente, prestigiosa, pacifista, consapevole dei propri diritti, capace di espandersi economicamente, socialmente unita grazie al corporativismo, capace di far pace con la Chiesa dopo sessant’anni di Questione romana, capace di essere autosufficiente sotto ogni punto di vista.
L’Italia è credibile
Il panorama politico europeo è favorevole all’Italia. Persino gli Stati Uniti, con Herbert Hoover, prima, e Franklin Delano Roosevelt, poi, guardano con simpatia all’Italia e ne ammirano la politica di pacificazione sociale, prendendo spunto dai suoi risultati per fronteggiare la crisi economico-finanziaria del 1929. L’Italia è un Paese credibile, con prestigio morale, rafforzato militarmente, autonomo rispetto alle altre potenze a cominciare dalla Francia e dall’Inghilterra, capace di ritagliarsi libertà nelle rivendicazioni territoriali, non solo coloniali.
Le imprese di Italo Balbo si realizzano proprio in questo periodo, in cui il regime fascista si pone come elemento di pace in Europa e nel mondo (era ancora lontana da venire l’alleanza fatale con la Germania nazista).
Promoveatur ut amoveatur: Balbo Maresciallo dell’aria e Governatore della Libia
L’immenso successo ottenuto da Italo Balbo, però, coincide anche con la fine delle avventure. Il tempo delle trasvolate e delle sfide aeree è finito.
Il giorno dopo il suo trionfale ritorno, Balbo è insignito del titolo di Maresciallo dell’Aria. Quattro mesi dopo, Mussolini decide di nominare il neo Maresciallo dell’Aria governatore unico della Tripolitania e della Cirenaica, fuse in un’unica colonia, la Libia; nomina letta da alcuni storici come una rappresaglia dovuta all’eccessivo successo personale ottenuto da Balbo con le sue imprese aeree.
Balbo, è noto, non aderisce sempre alle idee di Mussolini; il suo carisma personale, peraltro, lo rende un capo in pectore. Questo avrebbe spaventato qualunque leader. Ciononostante, alla luce degli eventi storici analizzati nel loro complesso, è forse più credibile che Mussolini agisse non per invidia, né per paura, quanto piuttosto in risposta al consiglio di D’Annunzio di non «impennacchiare troppo i luogotenenti». Lo stesso Balbo disse in più occasioni: «Non appena vede troppa luce sopra di noi, gira l’interruttore».
Ci sono diverse ragioni politiche da considerare, quando si deve guardare alle decisioni di Mussolini sul dislocamento africano di Balbo. Come correttamente osserva Francesca Tacchi, «se questa nomina, pur prestigiosa, appare come una retrocessione (anche allo stesso Balbo, che coglie qualunque occasione per fuggire col proprio aereo a Roma), in realtà rientra nella più generale rotazione dei gerarchi alle alte cariche di regime, attuata da Mussolini secondo criteri apparentemente casuali, che finiscono per esaltare l’inamovibilità del Duce. Le prospettive di espansione italiana in Africa rendono comunque importante il ruolo della colonia, specialmente dopo che i predecessori di Balbo (Volpi, ma soprattutto De Bono e Badoglio) hanno ormai concluso la riconquista della Tripolitania e della Cirenaica». Una lettura, questa, su cui concorda anche il massimo storico del fascismo, Renzo De Felice: «Mussolini non accordò mai una vera fiducia a nessuno dei suoi collaboratori, né, tanto meno, lasciò ad essi libertà di azione. Al contrario, tutti strumentalizzò e guardò con sospetto, un po’ per la sua radicata sfiducia negli uomini, un po’ perché temeva che essi potessero mettere radici troppo profonde in una determinata carica».
Negli anni in cui affidò a Balbo il governatorato della Libia, sottraendolo al ministero dell’Aeronautica, aveva anche sostituito Grandi, Rocco, Mosconi, Giuliano e Bottai. In Libia inizia l’ultima parte della sua breve intensa vita.
Balbo critico verso le leggi raziali e l’alleanza con Hitler
Nel 1938, si schiera contro le leggi razziali: da sempre vicino alla comunità ebraica della sua Ferrara e amico fraterno di Renzo Ravenna, podestà della città ed ebreo, si fa vedere in pubblico con lui, financo cenando insieme al ristorante.
Antepone sempre l’interesse nazionale agli interessi di partito e lo fa anche in Cirenaica, dove si dimostra buon amministratore attraverso lo smantellamento dei campi di concentramento, la liberazione dei prigionieri dalle carceri, la costruzione di infrastrutture e d’impianti d’irrigazione e soprattutto nell’ evitare la deportazione degli ebrei libici.
La testimonianza diretta di Indro Montanelli su Balbo
Curiosa la testimonianza diretta di Indro Montanelli, riguardo alle idee di Balbo sull’alleanza con Adolf Hitler: «Una mattina io e Longanesi c’imbattemmo in Balbo che usciva da Palazzo Chigi. Balbo fu uomo di molti errori, sempre però riscattati dal coraggio e dalla sincerità. Quel giorno ci disse: Se avessimo i coglioni, faremmo fare a Mussolini la fine di Cola di Rienzo».
La morte in volo di Italo Balbo
Persino sulla dichiarazione di guerra ha da ridire, sebbene, una volta sancito l’ingresso nel secondo conflitto mondiale al fianco della Germania, faccia la sua parte in prima linea. È una questione di onore e di fedele difesa della Patria più che del partito. Diciotto giorni dopo il discorso di Mussolini in piazza Venezia, Balbo si alza in volo da Derna con il suo S.M. 79 Sparviero (soprannominato Gobbo Maledetto) e perde la vita a causa del fuoco amico.
Dal Bollettino straordinario n. 19: «Il giorno 28, volando sul cielo di Tobruk durante un’azione di bombardamento nemica, l’apparecchio pilotato da Italo Balbo è precipitato in fiamme. Italo Balbo e i componenti dell’equipaggio sono periti. Le bandiere delle Forze armate d’Italia si inchinano in segno di omaggio e di alto onore alla memoria di Italo Balbo, volontario alpino della guerra mondiale, quadrumviro della Rivoluzione, trasvolatore dell’Oceano, Maresciallo dell’Aria, caduto al posto di combattimento». Ha quarantaquattro anni. Anni vissuti pienamente, come se appartenessero a cento vite e non a una sola.
L’omaggio britannico ad Italo Balbo
Si è sempre ricamato su questa morte che in molti, ancora oggi, non vogliono archiviare come accidentale. Di certo si sa che, due giorni dopo, un aereo britannico paracadutò sul campo italiano una corona di alloro con un biglietto di cordoglio: «Le forze aeree britanniche esprimono il loro sincero compianto per la morte del Maresciallo Balbo, un grande condottiero e un valoroso aviatore che la sorte pose in campo avverso». L’ammirazione dei nemici commuove sempre!
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Italo Balbo, Stormi in volo sull’oceano, Mondadori, Milano, 1931.
- Edoardo Grassia, Italo Balbo e le grandi crociere aeree 1928-1933, Mursia, Milano, 2021.
- Giordano Bruno Guerri, Italo Balbo, Vallardi, 1984.
- Emanuele Maestri, Italo Balbo. Il principe masnadiero che fece volare l’Italia – da pag. 165 a pag. 190 Quaderno di Critica e Cultura Viaggi, avventure e imprese quasi impossibili, dicembre 2021.