Il 2 luglio 1871 il re Vittorio Emanuele II di Savoia entra a Roma, accolto festosamente dalla popolazione. Quel giorno, con l’insediamento del sovrano piemontese al Quirinale, Roma sostituisce ufficialmente Firenze quale capitale del Regno d’Italia.
Roma capitale del Regno d’Italia
Il 20 settembre 1870 con la Breccia di Porta Pia e l’ingresso dei bersaglieri all’interno di Roma si conclude a tutti gli effetti il processo risorgimentale che ha portato alla creazione del Regno d’Italia.
Con la presa della città santa il sogno di Camillo Benso conte di Cavour può dirsi realizzato; il 25 marzo del 1861, infatti, il ministro piemontese aveva tenuto un memorabile discorso nel corso del quale aveva esternato la necessità che Roma diventasse la capitale del Regno d’Italia:
“Senza Roma capitale d’Italia, l’Italia non si può costituire. In Roma concorrono tutte le circostanze storiche, intellettuali, morali, che devono determinare le condizioni della capitale di un grande Stato. Tutta la storia di Roma, dal tempo dei Cesari ad oggi, è storia di una città la cui importanza si estende infinitamente al di là del suo territorio, di una città destinata ad essere la capitale di un grande Stato.
Profondamente convinto di questa verità, io mi credo in obbligo di proclamarlo nel modo più solenne, davanti a voi, davanti alla Nazione, e mi tengo in obbligo di fare in questa circostanza appello al patriottismo di tutti i cittadini d’Italia e dei rappresentanti delle più illustri sue città, onde cessi ogni discussione in proposito, affinché noi possiamo dichiarare all’Europa: la necessità di avere Roma per capitale è riconosciuta e proclamata dall’intera Nazione”.
Una volta liberata la città il generale Alfonso La Marmora, nominato luogotenente del re Vittorio Emanuele II a Roma, chiede al papa Pio IX di consegnare le chiavi del Quirinale; fermo sulla propria posizione intransigente il pontefice risponde a tale richiesta in maniera sprezzante:
“Questi ladri adesso pretendono anche le chiavi per aprire le porte? Le abbattano se così vogliono”.
E infatti per impossessarsi del Quirinale La Marmora ricorre al fabbro Giovanni Capanna, che con i suoi grimaldelli apre il portone e gli usci serrati. Nonostante lo sforzo di Pio IX di presentare all’opinione pubblica internazionale l’evento come una rapina e un atto di violenza, i principali paesi europei inviano messaggi ufficiali di giubilo alla casa dei Savoia.
Vittorio Emanuele II si presenta per la prima volta a Roma, a sorpresa, il pomeriggio del 31 dicembre 1870 e trova la città allagata a causa dello straripamento del Tevere. Arrivato in treno da Pisa, il sovrano si reca al Quirinale dove viene acclamato da una piccola folla. Questa prima visita in città non è che una fugace apparizione, la sua sosta, infatti, termina dopo sole dodici ore.
Vittorio Emanuele II entra trionfalmente a Roma, 2 luglio 1871
L’insediamento ufficiale di Vittorio Emanuele II a Roma si svolge il 2 luglio del 1871, lo stesso giorno in cui il ministro degli esteri il conte Visconti-Venosta annuncia a tutto il mondo che Roma è la nuova capitale del Regno d’Italia.
Il re varca le mura cittadine alle ore 12,30. Ad accompagnarlo nella carrozza vi sono: il sindaco della città, il principe Francesco Pallavicini, il presidente del Consiglio, Giovanni Lanza, e il generale Maurizio de Sonnaz. Lungo tutto il tragitto che lo porta al Quirinale il sovrano di casa Savoia è accolto da un festoso lancio di fiori da parte dei romani riversatisi nelle strade per l’occasione.
Entrato nel palazzo il re si affaccia più volte dal balcone per ricevere il saluto dei suoi sudditi e il giorno seguente una grande festa viene organizzata in Campidoglio in suo onore. La sera stessa, e con grande disappunto dei romani, Vittorio Emanuele riparte per Firenze e rientra nella capitale alla fine di novembre per un altro evento di importanza storica: l’inaugurazione delle sedute del Parlamento nella città eterna.
Nei suoi ultimi anni di regno il sovrano piemontese si ferma di rado a Roma, dove non riesce a stare per periodi troppo lunghi anche a causa del suo carattere irrequieto. Per evitare le frequenti fughe di Vittorio Emanuele II presso altre località il governo acquista anche la tenuta di Castel Porziano, dove il re avrebbe potuto usufruire anche di una riserva di caccia e praticare, dunque, uno dei suoi grandi passatempi.
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