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Il Vicario: il dramma teatrale sul papa Pio XII
Il dramma teatrale Il Vicario di Rolf Hochhuth, recentemente scomparso (13 maggio 2020), venne rappresentato la prima volta a Berlino il 20 febbraio 1963 con la regia di Erwin Piscator.
Il dramma era un aspro atto di accusa a papa Pio XII per il suo silenzio pubblico sul genocidio degli ebrei ad opera dei nazisti durante la guerra. Il protagonista del dramma, padre Riccardo Fontana, è un giovane sacerdote cattolico che cerca senza successo di smuovere la coscienza delle gerarchie vaticane, incluso il papa, fino al proprio sacrificio personale.
Il culmine del dramma avviene nel quarto atto, intitolato “Il gran rifiuto”. In una piccola sala del trono per le udienze private, disadorna e tappezzata di rosso scarlatto, il papa in veste bianca immacolata riceve in udienza Riccardo, presenti un cardinale, il padre di Riccardo, alto funzionario vaticano, e l’abate padre generale dei Salvatoriani. Riccardo chiede, con toni e modo poco protocollari, una denuncia pubblica del papa del genocidio degli ebrei. Un infastidito e a tratti irato Pio XII mostra di voler soddisfare la richiesta, chiama uno scrivano al quale detta un articolo nel quale condanna le persecuzioni di ogni genere ma rifiuta un riferimento esplicito agli ebrei e una condanna del nazismo.
La scena accelera: Riccardo indignato si appunta sulla tonaca la stella gialla, imposta dai nazisti agli ebrei, davanti a un Pio XII impietrito, il cardinale gli intima di togliere “quella cosa” e gli ordina di uscire, il papa agitato nell’atto di firmare l’articolo si macchia la mano di inchiostro, la alza come fosse insanguinata; lo scrivano porta un catino nel quale il papa, placato, si lava le mani.
La scena di un papa che si lava le mani di fronte al genocidio degli ebrei, come Ponzio Pilato di fronte alla condanna a morte di Cristo di cui il papa è il vicario nella Chiesa, è del tutto inverosimile, ma rappresenta con durezza drammaturgica la tesi dell’opera, risaltata dal contrasto con Riccardo che sceglierà di condividere la sorte degli ebrei. Per di più, l’inserimento tra i protagonisti di un personaggio storico come Kurt Gerstein, al tempo pressoché ignorato, del quale Hochhuth rintracciò lettere inedite presso la vedova, poneva un contrasto drammatico, tra un ufficiale delle SS che cerca di denunciare lo sterminio e il vicario di Cristo che se ne lava le mani.
Il libro con il testo teatrale uscì in contemporanea con la rappresentazione in Germania, rapidamente tradotto all’estero. In Italia fu pubblicato nel 1964 da Feltrinelli con prefazione di Carlo Bo. L’autore corredò il libro di un lungo saggio storiografico nel quale documentava la tesi del silenzio del papa, riconoscendo l’opera di salvataggio di ebrei da parte di strutture ecclesiastiche. L’opera era dedicata a due sacerdoti cattolici vittime del nazismo, padre Maximilian Kolbe e padre Bernhard Lichtenberg, morti a Auschwitz e a Dachau.
Le accuse di filonazismo contro papa Pio XII
Era evidente la preoccupazione dell’autore di non essere coinvolto in una polemica contro la Chiesa cattolica: il bersaglio era il papa. Ma questa abile accortezza non toglieva l’esito pubblico: la Chiesa era investita su un momento problematico della sua storia.
Non era la prima volta che veniva contestato un “silenzio” di Pio XII. Il filosofo cattolico Emmanuel Mounier denunciò nel 1939 il silenzio del papa di fronte all’aggressione italiana all’Albania. Le accuse di filonazismo a Pio XII vennero in seguito da parte sovietica, riflesse dal tetragono mondo comunista per l’intransigente anticomunismo del papa, e in esse trovavano utile posto i suoi silenzi sull’Olocausto. Nel 1951, un altro intellettuale cattolico, l’accademico di Francia François Mauriac, nella prefazione al libro di Lèon Poliakov Bréviaire de la haine. Le IIIe. Reich et le Juifs, affermò, più severo dell’autore, che “non abbiamo avuto il conforto di sentire il successore del Galileo, Simone Pietro, condannare con parola netta e chiara, e non con allusioni diplomatiche la crocifissione di questi innumerevoli ‘fratelli del Signore’”.
Anche in Italia non mancarono voci critiche che rimasero isolate, come quella di Ernesto Buonaiuti, ex sacerdote esponente del movimento modernista di inizio secolo, che nel 1946 pubblicò una biografia di Pio XII dove criticò il suo atteggiamento passivo ed eccessivamente concentrato sulla diplomazia durante l’occupazione tedesca di Roma.
Il Vicario fu una svolta, un salto di qualità nella polemica, rilanciò e ampliò la leggenda nera di Pio XII, che dura tutt’oggi, la focalizzò sull’Olocausto. La polemica esplose in Germania producendo oltre tremila articoli di giornale nei sei mesi dalla prima, cui si aggiungevano quelli scritti in altri paesi, specie negli Usa, dove intervennero personaggi di nome come Hannah Arendt e Susan Sontag. Ciò fu dovuto non solo alla “potenza” del dramma – come si disse allora – ma anche al momento in cui esso uscì.
Erano gli anni inquieti che preparavano le contestazioni del ’68, alla testa delle quali spiccava il teatro tedesco. Il risalto avuto dal processo a Eichmann aveva ravvivato il ricordo dell’Olocausto, gli articoli della Arendt sul processo iniziarono sul “New Yorker” nel febbraio 1963; le durezze della guerra fredda si erano attenuate nelle prime avvisaglie di dialogo allargando gli spazi della libera critica. A Roma era in corso il Concilio Vaticano II, che aveva avviato il ripensamento di molti capisaldi della Chiesa, inclusi i rapporti con l’ebraismo.
Le polemiche uscirono dai giornali e dalle sedi culturali e scesero in piazza: tra il settembre del 1963 e il gennaio seguente ci furono scontri a Basilea durante una manifestazione cattolica, feriti e arresti a Parigi, interventi della polizia a Vienna, a Londra la polizia presidiò il teatro alla rappresentazione del dramma.
La polemica era stata amplificata dall’inconsueto intervento di un papa, Paolo VI. Montini non era stato accusato direttamente da Hochhuth, ma poteva sentirsi coinvolto nelle accuse a Pio XII, di cui era stato stretto collaboratore. L’Osservatore Romano pubblicò il 29 giugno 1963, un giorno prima dell’incoronazione di Montini, eletto papa il 21, una sua lettera al settimanale cattolico inglese The Tablet. Oltre all’elogio della figura di Pio XII, Paolo VI giustificò le scelte del predecessore verso il genocidio con la preoccupazione di non scatenare mali maggiori da parte nazista, preferendo operare in silenzio. Il giudizio su Hochhuth era tranchant:
“Non si gioca con questi argomenti e con i personaggi storici che conosciamo con la fantasia creatrice di artisti di teatro, non abbastanza dotati di discernimento storico, e, Dio non voglia, di onestà umana”, aggiungendo il sospetto che si volesse “scaricare sopra un Papa… gli orribili crimini del Nazismo tedesco”.
La difesa a oltranza di Paolo VI dell’operato di Pio XII aveva diversi motivi, oltre quello personale. In primo luogo, si trattava di difendere la Chiesa stessa. Inoltre, Paolo VI si accingeva a governare una Chiesa in preda ai fermenti generati dal Concilio Vaticano II. Egli intendeva evitare strappi laceranti con la tradizione, in una Chiesa agitata dai dibattiti conciliari sui quali premeva un ambiente esterno vieppiù difficile se non ostile.
Non era restaurazione, ma un tentativo di sintesi tra le esigenze di adeguamento al mondo moderno poste da Roncalli con la mobilitazione di un Concilio e la Chiesa tradizionale e gerarchica di Pio XII, era la ricerca di equilibrio tra gli innovatori non restii a fughe in avanti e i conservatori ancora numerosi nelle gerarchie legati alla Chiesa di Pio XII. Infatti, Montini propose la beatificazione di entrambi, Pio XII e Giovanni XXIII, nella seduta finale del Concilio il 18 novembre 1965.
Molti argomenti dell’inconsueta durezza della reazione montiniana saranno valorizzati dai difensori di Pio XII, specie dalla pubblicistica cattolica: la scelta del male minore, l’aiuto incondizionato delle strutture ecclesiastiche, incluse le vaticane, ai perseguitati, l’uso del capro espiatorio, che depistava l’attenzione dalla colpevolezza di un intero popolo, il tedesco, aggiungendo ciò che Montini non aveva suggerito, ossia la tradizionale ostilità protestante alla Chiesa di Roma.
Il Vicario: un caso storico letterario
Le polemiche rinfocolate dall’intervento papale ritardarono la rappresentazione del dramma in Israele, il governo temeva potesse essere di ostacolo all’allacciamento di relazioni diplomatiche con il Vaticano e alla visita di Paolo VI del gennaio 1964. La prima israeliana avvenne al teatro nazionale Habima di Tel Aviv il 16 giugno 1964, assenti comunque i vertici dello Stato.
La prima rappresentazione italiana, adattata da Carlo Cecchi, era prevista a Roma il 13 febbraio 1965, regista Gian Maria Volonté, anima del Teatro Scelta, ma venne impedita dalla polizia per inagibilità del teatro, un locale di ottanta posti ricavato nello scantinato di una chiesa sconsacrata, con cariche e scontri all’esterno. Il prefetto vietò altre rappresentazioni, seguendo la motivazione dichiarata alla Camera dal ministro dell’Interno Taviani, secondo la quale lo spettacolo violava la sacralità della città di Roma protetta dal Concordato. La motivazione restringeva a Roma il divieto: Il Vicario avrà la sua prima a Firenze e farà altre 45 tappe nel resto d’Italia.
La turbolenta prima italiana rilanciò la polemica. L’organo del PCI “l’Unità” attaccò Pio XII per il suo anticomunismo, accusandolo di essere sempre “rimasto al fianco di Hitler”. La polemica comunista, privilegiando l’aspetto politico generale, sacrificava la specificità dell’Olocausto. Il direttore del “Resto del Carlino”, il laico Giovanni Spadolini, il 18 febbraio 1965, definì l’opera un “libello di diffamazione anticlericale e di autodifesa nazionalista”, criticando il partito comunista “che votò per l’articolo 7 e propugna il dialogo con i cattolici”. Carlo Cecchi confesserà l’ambiguità dei comunisti che “venivano a darci la loro solidarietà, erano sempre lì, ma si sarebbero guardati dall’aiutarci a farlo, perché non volevano dispiacere le gerarchie ecclesiastiche”.
In Italia, l’attenzione su Il Vicario scemò presto, dopo la prima pubblicazione da Feltrinelli il libro non ebbe ristampe dal 1967, solo nel 2003 un piccolo editore, Wizarts, lo ripropose in un’edizione oggi quasi introvabile. La politicizzazione del dibattito culturale italiano e la sua strumentalità, il sopraggiungere di temi più funzionali a questa politicizzazione, come la guerra in Vietnam, il mutamento di atteggiamento verso Israele, più ostile dopo la guerra dei sei giorni, fecero perdere all’antisemitismo l’attenzione pubblica precedente e velarono l’unicità storica dell’Olocausto. Altrove, l’opera di Hochhuth mantenne una lunga eco. Nel 2002 il regista Costa Gavras ne ha ricavato il film Amen, che ricalca l’opera teatrale, ma con minore incisività, il che non gli impedì di riaprire le polemiche.
Poco dopo la pubblicistica, arrivò la storiografia. In particolare, il libro di Saul Friedlander Pie XII et le IIIe Reich, uscito in Francia alla fine del 1964 (pubblicato in Italia l’anno seguente da Feltrinelli), confermava l’aiuto della Chiesa agli ebrei (lo stesso Friedlander si era salvato ragazzo in un convento, a differenza dei genitori), ma nel contempo arricchiva la tesi del “silenzio” di Pio XII con la documentazione tratta dagli archivi del ministero degli esteri tedesco.
L’eco internazionale del libro fu forse decisiva per la decisione di Paolo VI di far rispondere la Chiesa con il lavoro storiografico e con i propri documenti: alla fine del 1964 venne istituita la commissione che presiedette alla pubblicazione dei documenti vaticani nella lunga serie di volumi dal 1965 al 1981 Actes et documents du Saint Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale, che, nonostante le lacune in seguito rilevate da un’altra commissione vaticana, restano una fonte di riferimento per lo studio del periodo.
La storiografia negli anni seguenti ha documentato che Pio XII non fu indifferente né inerte verso la persecuzione antiebraica, tantomeno complice. Il lavoro storiografico prosegue arricchito oggi dall’apertura degli archivi del suo pontificato. Gli storici dibattono sui motivi della scelta del “silenzio”, ma la ricerca storiografica ha acquisito la consapevolezza che l’interpretazione degli eventi di cui fu protagonista Pio XII non può essere basata solo sulla sua persona e il suo ruolo, ma va letta nell’insieme di fattori, circostanze, rapporti, nel quale egli operò le sue scelte, una consapevolezza che non può essere richiesta a un dramma teatrale.
Oggi l’opera di Hochhuth, nonostante il serio sforzo dell’autore di documentazione storica, non va letta con il metro storiografico, ma nel suo significato letterario. Essa fu un modello del “Dokumentarisches Theater” (dramma documentario), un genere teatrale che proprio dopo Il Vicario ebbe un numeroso seguito di rappresentazioni in Germania e non solo, come ci ricorda l’esperienza italiana del Teatro Scelta. Non è un caso che Il Vicario sia stato patrocinato da Erwin Piscator, regista d’avanguardia nella Germania degli anni Venti con il suo “teatro politico”, di ispirazione marxista, che portava in scena fatti storici con il dichiarato scopo pedagogico di “mobilitare le coscienze”. In breve, un teatro organico all’ideologia. Il dramma di Hochhuth era un modello del teatro auspicato da Piscator: “Duro, difficile, saturo di realtà. Indietro agli anni Venti”. Il Vicario è esso stesso un documento storico, di storia del teatro.
Consigli di lettura
- Piscator, Das politische Theater, Berlin, Adalbert Schultz Verlag, 1929 (Il teatro politico, Torino, Einaudi, 1960)
- Zuccotti, Under His Very Windows. The Vatican and the Holocaust in Italy, New Haven, Yale University Press, 2002 (Il Vaticano e l’olocausto in Italia, Milano, B. Mondadori, 2001)
- Sale, Il preteso “silenzio” di Pio XII e l’Olocausto, in “La Civiltà Cattolica” (3645, 4 maggio 2002), pp. 230-243
- Chenaux, Pie XII. Diplomate et pasteur, Paris, Les éditions du Cerf, 2003 (Pio XII. Diplomatico e pastore, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2004)
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Hochhuth Rolf – Il Vicario
- Giovanni Miccoli – I dilemmi e i silenzi di Pio XII. Vaticano, seconda guerra mondiale e shoah
- David I. Kertzer – I papi contro gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell’ascesa dell’antisemitismo
- Renato Moro – La Chiesa e lo sterminio degli ebrei
- Andrea Riccardi – L’inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma