CONTENUTO
di Gabriele Biancalana
Adolf Hitler: origini, infanzia e anni giovanili
“Questo genio diabolico emerso dagli abissi della miseria, infiammato dalla sconfitta, divorato da odio e spirito di vendetta e ossessionato dal suo disegno di fare di quella tedesca la razza dominante dell’Europa e forse del mondo intero.”
Sono le parole emblematiche di Winston Churchill, non uno a caso. L’ex Primo Ministro inglese, nonché conservatore, definisce Adolf Hitler come una persona con una mente brillante, fuori dagli schemi, ma a volte, anche la genialità, se non coltivata, può sfociare in odio e terrore, trasformando un uomo intelligente in un genio del male.
Uomo dai mille volti, Adolf Hitler nasce a Braunau am Inn, al confine tra l’Austria e la Germania, il 20 Aprile 1889, figlio di Aloys Schicklgruber (in seguito all’anagrafe Aloys Hitler), un impiegato doganale e di Klara Pölzl, una domestica austriaca. Essendo Klara una “Hiedler” è molto probabile che i due fossero consanguinei: il parroco di Braunau am Inn, infatti, respinse la loro prima richiesta di matrimonio e solo successivamente, con la benedizione di Papa Pio IX, riusciranno a sposarsi.
Quarto di sei figli, Hitler vive un’infanzia difficile: tre dei suoi fratelli muoiono in tenera età, questo porta la madre Klara ad avvicinarsi molto al piccolo Adolf, nel quale stravede. Hitler soffre molto anche l’infedeltà del padre: Aloys, infatti, si sposò per ben tre volte e verrà descritto in seguito dallo stesso Hitler come un uomo dal carattere rozzo e incapace di affetto. Aloys, inoltre, è un padre assente e duro nei modi; viceversa la figura materna, dolce e premurosa, riversa sui figli l’amore che il marito non riesce a trasmettere alla famiglia.
Fin da ragazzino, Hitler, dimostra un carattere turbolento e vivace, ma nonostante la mediocrità negli studi e la morte del padre, avvenuta nel 1903, decide di partire per Vienna per seguire la sua vocazione artistica, iscrivendosi all’Accademia delle Belle Arti. Viene respinto per due anni consecutivi all’esame di ammissione dell’Accademia, questo porta all’impossibilità di iscriversi alla facoltà di Architettura, uno dei più grandi sogni di Hitler.
Il rapporto d’amore tra Hitler e la madre sprofonda con la morte di quest’ultima, malata da tempo di cancro; il medico che aveva in cura la donna sosterrà che mai prima di allora aveva visto un ragazzo così distrutto dal dolore e successivamente Hitler dichiarerà di aver perso la propria stella polare.
Inizia così un periodo di decadenza nella sua vita. Chi lo vede in giro parla di un uomo perso, dalla folta barba e lo sguardo assente; si rifugia in un ostello per senzatetto rifiutando testardamente di accettare la realtà: non era stata colpa sua, era l’Accademia che non era stata in grado di riconoscere il suo talento.
Socialmente emarginato e con in tasca solo rabbia e miseria, a Vienna Hitler cresce velocemente: guadagna qualche spicciolo dalla vendita dei propri acquerelli e impegna il suo tempo tra la lettura e l’arte. Alcuni suoi compagni di ostello riveleranno in seguito che la maggior parte dei suoi acquirenti erano di origine ebrea.
Questi anni sono per lui le radici che alimentano la propria voglia di rivalsa: è proprio la “scuola viennese” la più dura per Hitler, che con il tempo inizia a pensare che solo il più forte e il più astuto avrebbe avuto la meglio contro quel nemico che finora lo aveva solo presi a pugni, la vita. È un periodo di formazione quello che vive il giovane Hitler nei primi anni del ventesimo secolo; sempre a contatto con la classe operaia, della quale detestava però i loro pensieri, quelle teorie marxiste, che rifiutavano i valori della patria borghese e del lavoro capitalista.
Scopre che dietro queste teorie, c’era l’ebraismo; l’antisemitismo si stava sviluppando in Europa centrale, e proprio a Vienna confluivano tutte le razze e gli scarti dei ghetti slavi. È proprio in questo momento che inizia a crescere in lui l’odio per gli ebrei: dietro al marxismo materialista c’erano loro. Loro si arricchivano a spese del popolo. Decide quindi di dare una svolta alla sua vita e di trasformare questo periodo di formazione in un periodo di transizione.
Nel 1910 lascia Vienna, destinazione Monaco. In Austria infondo non ha più nulla, vuole scappare da quel Paese che non ha visto in lui il suo talento per l’arte; non ha una casa e, inoltre, vuole sfuggire alla leva militare: Hitler non vuole combattere sotto la bandiera austriaca, vede Vienna come “quel crogiuolo di popoli inferiori” e successivamente “volevo togliermi di dosso la polvere viennese e mai avrei militato nell’esercito imperiale (austroungarico)”.
Motivo per il quale diventa apolide e di sua spontanea volontà scrive una lettera a re Ludovico III di Baviera, chiedendo di essere arruolato volontario tra le file dell’esercito bavarese. La richiesta viene accolta: ora Adolf Hitler è un soldato del Kaiser.
Adolf Hitler: gli anni della Prima Guerra Mondiale
Pignolo, egoista, già eremita ed eccentrico, Hitler, vede nella guerra l’occasione del riscatto. Nel 1914, all’alba della Grande Guerra, decide di arruolarsi volontario nella prima Compagnia del 16° Reggimento di Fanteria “List”, appartenente alla 6° Divisione di Riserva: qui incontra il “delfino” Rudolf Hesse, a quell’epoca un tenente.
Chi combatte con lui racconta di un uomo solitario e silenzioso, il suo unico amico è la mascotte del Reggimento: il cane Foxl, al quale tiene più che ai commilitoni di trincea. Taciturno e misterioso ma con attitudini da vero leader, il giovane Hitler scala ben presto le gerarchie diventando Caporale, prestando servizio in Francia e in Belgio.
Gli anni della Prima Guerra Mondiale sono anni di sofferenza e terrore, la trincea ogni anno che passa prende sempre di più le sembianze di una gabbia, dove l’unica finestra erge sull’orizzonte vista morte. Sono anni bui che gli valgono il merito e l’onore di ricevere la Croce di Ferro, il più alto riconoscimento militare tedesco, un onore molto raro, soprattutto per un Caporale.
Durante il conflitto, però, Hitler viene prima ferito ad una gamba ed in seguito intossicato dai gas alleati che lo rendono cieco per tre giorni. In riabilitazione Hitler, si sveglia e apprende che la Guerra è finita e con lei anche le sorti della Germania, umiliata e sconfitta.
Hitler sul Trattato di Versailles
Il Trattato di Versailles del 1919 mette fine alla Prima Guerra Mondiale ristabilendo la pace, facendo nascere, però, l’insoddisfazione dei popoli vinti (e non solo: anche in Italia si parla di “vittoria mutilata”). Tra i Paesi sconfitti, la Germania, sente di aver subito un’ingiustizia: viene considerata dai Paesi vincitori come principale causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale e viene “privata” di territori che prima facevano parte del regno del Kaiser, come Danzica, uno dei più grandi porti marittimi mondiali.
Nascono nuovi Paesi emergenti dal Trattato come l’Austria, l’Ungheria e la Cecoslovacchia. Tutti questi nuovi Paesi, però suscitano insoddisfazione e malcontento popolare: l’Austria è territorialmente piccola, non è più il grande esercito austro-ungarico e soprattutto è abitata da Tedeschi, i quali vogliono l’annessione alla Germania. La Cecoslovacchia è lo Stato dei cechi e degli Slovacchi: anche qui abitano tedeschi che non si sentono cecoslovacchi. Il Trattato di Versailles sarà l’onda che cavalcherà Hitler per prendersi il potere descrivendo il Trattato come ingiusto e iniquo.
Adolf Hitler in Germania nel primo dopoguerra
Gli anni post Prima Guerra Mondiale sono anni difficili per la Germania che sprofonda nella Repubblica di Weimar, battezzata così dal nome della città in cui si tiene l’Assemblea Nazionale Costituente.
La Repubblica di Weimar dura dal 1918 al 1933, suscitando molto malcontento e rivolte in tutta la Germania: in Baviera si insedia un governo rivoluzionario e nel febbraio del 1919 sparano al Presidente socialista Kurt Eisner, trasformando Monaco in una polveriera pronta ad esplodere: i bolscevichi forzano la via al potere e nell’Aprile del 1919 costituiscono una repubblica sovietica. Quando devono essere eletti i portavoce, Hitler si candida all’istante e con soli 19 voti diventa rappresentante del battaglione sovietico: un servitore di quelle forze che in seguito dirà di aver sempre odiato.
Ai primi di maggio le truppe del governo centrale della Repubblica di Weimar inviano in Baviera 40.000 militari del Freikorps (tra essi combatte anche lo studente Heinrich Himmler, futuro comandante supremo delle SS) frantumando la repubblica sovietica e reintegrando lo stato nel Reich. Il Caporale Hitler è così disposto a servire i nuovi padroni denunciando i suoi vecchi compagni del periodo sovietico.
Nella vita di un uomo come ben sappiamo, oltre i meriti serve anche un colpo di fortuna, ed è proprio quello che succede a Hitler in questi anni. Un precedente superiore lo chiama con sé per creare un’unità di propaganda: lo scopo era quello di agitare tra i soldati lo spettro del bolscevismo. In questo modo le idee vaghe di Hitler si concretizzano in un programma politico dalle forti nozioni nazionaliste.
In questo periodo viene mandato come infiltrato agli incontri politici: viene inviato ai congressi dei socialisti democratici o alle riunioni radicali di destra del DAP, il partito dei lavoratori tedeschi, dove chiede di parlare e viene notato come uomo dalla grande oratoria prendendosi subito l’etichetta di incantatore delle masse. In futuro Hitler rivelerà che in quel momento capì di avere una sorta di carisma magnetico sinistro sulle platee. Nasce così l’uomo politico Hitler.
Nel 1920, grazie alla sua retorica radicale, diventa il leader del movimento, cambiando il nome in Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, da tutti conosciuti come Partito Nazista. Il partito adotta come emblema la svastica, concepito come simbolo solare “ariano”. La sua propaganda, che attacca gli ebrei, i socialisti, i liberali, i capitalisti e i comunisti, inizia ad attrarre nuovi aderenti come il “delfino” Rudolf Hess, Hermann Göring ed Ernst Röhm.
Il Putsch di Monaco di Adolf Hitler
Nel 1923 Hitler decide di tentare un colpo di Stato: il famoso Putsch di Monaco. Il tentativo, che vuole emulare la Marcia su Roma dell’anno precedente, fallisce miseramente, provocando 19 morti e la carcerazione di Hitler, condannandolo a 5 anni (sconterà solamente 9 mesi) nella prigione di Landsberg am Lech.
I carcerati, che convivono con lui in questo periodo, si lamentano dei lunghi monologhi recitati da Hitler, mattina e sera, ogni giorno. Il futuro Fuhrer vuole perfezionare il suo programma politico: ora non parla più per qualcun altro, si sente un leader a tutti gli effetti. Per limitare l’ego smisurato di Hitler, e per far giocare a carte i propri compagni di cella, qualcuno consiglia a Hitler di scrivere le sue memorie: il Mein Kampf, la sua Battaglia.
Appena uscito di prigione, Hitler non è più quell’uomo alla deriva, quel cadavere vivente di appena pochi anni prima: sempre solo e circondato da poche persone, ma con idee chiare: vuole il potere, costi quel che costi.
Adolf Hitler e l’amore per le donne giovani
Della vita privata del Fuhrer si conosce poco: alcune memorie parlano di storie d’amore, sempre con ragazze molto più giovani di lui: la sua è quasi una patologia, Hitler vuole plasmare a suo piacimento la figura femminile che deve stare al suo fianco, entrargli in testa come un tarlo e non uscirne mai più.
È quello che succede prima a Angelika Raubal, detta Geli, e successivamente a Eva Braun. Geli è la nipote di Hitler, figlia della sorella Angela. Di fatto è il primo amore per lui, un amore che si rivelerà tossico in seguito. Il carattere del tedesco era infatti oppressivo, geloso e egoista; mentre l’incantatore delle masse gira il mondo per la sua campagna politica, la giovane Geli lo aspetta a Monaco, nascosta al pubblico.
Le attenzioni altalenanti di Hitler distruggono psicologicamente Geli, la quale muore nel 1931. Il lutto porta dolore al futuro Fuhrer che decide di farne un culto: lasciò la stanza dove morì la donna intatta, chiusa a chiave, solo lui poteva entrarci per devozione. Ora idealizza Geli come il grande amore della sua vita e la degna di quelle attenzioni che quando era in vita le aveva negato.
Un altro amore, però, si presenta nella vita di Hitler: bionda e avvenente, Eva Braun, probabilmente l’unica donna che Hitler amò veramente. Anche per la Braun si presentano i fantasmi che avevano spaventato Geli: Eva tentò il suicidio più volte, come scrive anche nel suo diario: era prigioniera in una gabbia dorata. Stare vicino a Adolf Hitler non è un’impresa per tutti.
L’ascesa al potere di Adolf Hitler
La vera ascesa al potere di Hitler trova seguito nella la crisi economica mondiale del ’29: la sua propaganda incentrata sull’odio fa leva su quella massa insoddisfatta e esasperata da disoccupazione e malcontento popolare. Nel 1932 i nazisti perdono le elezioni per pochissimi voti, ma la portata principale non si fa attendere. Passa solamente un anno e Hitler diventa cancelliere del Reich, succedendo a Von Hiddenburg. Quando nel 1934 quest’ultimo muore, Hitler crea una nuova figura per sé: diventa Fuhrer, unendo i due poteri di cancelliere e di Capo di Stato, mettendosi così al comando anche delle Forze Armate.
Come prima mossa dichiara incostituzionale il partito comunista e fa arrestare i propri esponenti. Instaura una polizia segreta che tramite la violenza, non palese, esercita i pieni poteri conferiti da Hitler. La Germania sprofonda nel caos: celebre la “notte dei lunghi coltelli” (in patria “operazione colibrì”) dove vengono assassinati diversi oppositori del regime, nemici personali o ex compagni politici di Hitler.
La mente del Fuhrer è infatti popolata da spettri, i quali non lo fanno fidare di nessuno. La paura di essere tradito annebbia Hitler che crede di vivere in un mondo finto. Inizia in questo periodo l’incubo degli ebrei in Germania e non solo: nel 1938 siamo all’alba della “notte dei cristalli”, un’operazione anti-ebraica che mira a far perdere ai cittadini ebrei il loro status tedesco; vengono eliminati anche dagli impieghi statali e costretti a girare per la nazione con una stella di David gialla sul braccio.
In politica estera Hitler si oppose con forza al malcontento che aveva suscitato il Trattato di Versailles, decide di riarmare fino ai denti la Germania fondando la Kriegsmarine (la marina militare) e la Lutwaffe (aeronautica militare) mettendone a capo Hermann Göring. Lo scopo è quello di riunire tutte le popolazioni germaniche (tedeschi in Austria, in Polonia e in Cecoslovacchia) sotto un’unica bandiera: quella tedesca.
Hitler e la seconda guerra mondiale
Siamo all’alba della Seconda Guerra Mondiale e Hitler, come in una partita a scacchi, sa già la mossa successiva: firma un Patto d’Acciaio prima con l’Italia di Benito Mussolini e successivamente con il Giappone. Una volta fatta la mossa di invadere la Polonia nel 1939, firma un accordo di non aggressione con i più acerrimi nemici, i russi: il Patto Molotov-Ribbentrop, il quale però dura poco. Il Fuhrer infatti mira in grande, non si accontenta di ristabilire la “normalità” che il Trattato di Versailles gli aveva sottratto, bensì vuole prendersi tutta l’Europa.
Questo è il primo passo falso di Hitler, che incappa nella neve e nel fango invernale russo e che porterà alla definitiva sconfitta della Germania nella Seconda Guerra Mondiale, complice anche l’intervento americano nel conflitto.
I mostri nella testa di Hitler iniziano a palesarsi completamente quando, il 20 Luglio del 1944, alcuni soldati e ufficiali tedeschi mettono in atto l’Operazione Valchiria piazzando una bomba nella Tana del Lupo, uno dei quartier generali del Fuhrer. L’operazione ha come obiettivo primario quello di uccidere Hitler e successivamente tentare un Colpo di Stato, in modo di riorganizzare le sorti della Germania dandole un’ultima possibilità di non perdere la Guerra. L’azione, però, ha esito negativo: Hitler scampa miracolosamente alla morte e ordina una terribile rappresaglia dove vengono giustiziati i principali artefici del complotto.
L’ormai evidente crollo della potente macchina tedesca è chiaro anche a Hitler, che però crede fino alla fine ad un esito positivo della Guerra. L’esercito tedesco non è l’unico a crollare, negli ultimi anni di vita vengono rinvenuti filmati dove il Fuhrer mostra evidenti patologie del morbo di Parkinson: i fantasmi nella sua testa hanno avuto la meglio, rendendolo un uomo allo stremo. Alla deriva Hitler decide di isolarsi da tutti. Gli ultimi mesi di vita del Fuhrer sono un miscuglio di attacchi di panico e gravi crisi isteriche. Non si fida più di nessuno, neanche dei suoi migliori uomini come Erwin Rommel, la celebre Volpe del Deserto, o della moglie.
Nel 1945 si chiude il cerchio di fuoco intorno a Berlino: gli Alleati a pochi metri dal suo bunker stanno per mettere fino alla guerra. Il 30 Aprile dello stesso anno, Hitler a soli 56 anni si toglie la vita insieme ad Eva Braun, sposata solo qualche ora prima. Sconfitto sì, ma mai prigioniero. Signore e signori, Adolf Hitler.
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