CONTENUTO
Il preludio della fine: le cause del conflitto
Le cause che stanno alla base della guerra sono da ricercare in avvenimenti che precedono l’evento preso in esame ma che vale la pena rivedere velocemente al fine di comprendere lo scoppio del conflitto 1618-1648.
In primis, l’elemento religioso è quello che salta maggiormente all’occhio: nel ‘500, l’Europa vive un periodo di forti tensioni religiose, in cui i cattolici e i protestanti si scontrano continuamente. Per porre un freno a queste ostilità, l’imperatore Carlo V d’Asburgo (sovrano del Sacro Romano Impero, composto da Italia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Austria, Germania e varie colonie comprese tra Messico e America Latina) firma la famosa Pace di Augusta (del 1555), in cui si stabilisce che negli Stati tedeschi i sudditi debbano seguire la religione del proprio sovrano (principio del “cuius regio, eius religio”).
Questo però lascia aperti alcuni problemi, come il mancato riconoscimento delle fedi di tutta quella fetta di popolazione che crede in religioni diverse da quella del proprio sovrano. Il risultato è che, almeno all’inizio, queste porzioni di genti vengono sì tollerate, ma non riconosciute ufficialmente. Va da sè che le tensioni religiose non vengono meno, ma anzi tendono ad acuirsi.
Altro aspetto da prendere in considerazione è quello di carattere politico-economico: tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600, quello asburgico rappresenta la potenza d’Europa dominante, nonostante l’ex imperatore Carlo V (defunto nel 1558) abbia abdicato poco prima di morire, affidando il Sacro Romano Impero a suo fratello Ferdinando I e i domini iberici (ma non solo) a suo figlio Filippo II. Anche con un potere non più nelle mani di un solo sovrano, gli altri Stati europei continuano a guardarsi bene dagli Asburgo, in particolare la Francia dei Borboni che, se pur in pace con la Spagna degli Asburgo, vive in una latente situazione di ostilità con essa (è da tre secoli che Francia e Spagna si combattono).
A questa situazione si aggiungono le lotte interne tra i nobili dei vari Stati europei, in particolare quelli in seno al potere asburgico come la Spagna (che punta ad aumentare la propria influenza sulla Germania) e l’Italia, entrambe in una situazione economica devastante, senza dimenticare poi l’ascesa di Danimarca e Svezia intenzionate ad aumentare la propria influenza sulle aree del nord della Germania, a scapito degli Asburgo.
Arrivati a questo punto abbiamo descritto alcuni dei problemi politici, economici e religiosi che portano l’Europa al conflitto. Ma cosa avviene di tanto eclatante da poter trascinare l’Europa nel baratro della guerra? Siamo arrivati al 1608, nasce l’Unione Evangelica da parte del Palatinato, un’unione politico-militare protestante, creatasi principalmente per opporsi alla decisione dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo di rinnovare i principi dettati dalla Pace di Augusta.
Lo schieramento è appoggiato dal re di Francia Enrico IV, attualmente cattolico ma ex protestante, che vede nell’Unione Evangelica la possibilità di contrastare lo strapotere asburgico. La reazione da parte del mondo cattolico non tarda ad arrivare, così nel 1609 nasce la Lega Cattolica, voluta fortemente da Massimiliano I di Baviera e sostenuta da Rodolfo II d’Asburgo; si sono creati così gli schieramenti e le idee che caratterizzeranno la Guerra dei Trent’anni.
Il successore di Rodolfo II, Mattia d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Boemia e Ungheria, consapevole di non avere eredi, abdica nel 1617 a favore del cugino Ferdinando II d’Asburgo, fervente cattolico che comincia a limitare in tutto i protestanti della Boemia, terra in cui questi sono la maggioranza. Il voler imporre la religione cattolica ad un popolo fieramente protestante sfocia nella “defenestrazione di Praga” del 23 maggio 1618, in cui i rappresentanti cattolici di Ferdinando II vengono gettati dalle finestre del Castello di Praga dai nobili protestanti.
Con la nascita dell’Unione Evangelica e della Lega Cattolica, con la “defenestrazione di Praga”, con Ferdinando II d’Asburgo (che verrà destituito) e con una Boemia che avrà Federico V del Palatinato come nuovo protettore dei protestanti, tutte le ostilità prendono forma e inizia così la Guerra dei Trent’anni.
L’inizio della guerra: la fase boemo-palatina (1618-1624)
Con la “defenestrazione di Praga”, i protestanti fanno subito capire che un’imposizione religiosa da parte dei cattolici non può assolutamente avvenire, e la prima cosa che i rivoluzionari fanno è quella di radunare un esercito. Ciò comporta l’imposizione, in Boemia, di alte contribuzioni di guerra che non danno i frutti sperati, un po’ perché molti non pagano per volontà o per incapacità, un po’ perché comunque parte della popolazione è cattolica e mai avrebbe appoggiato un esercito protestante.
Il risultato comunque viene raggiunto e infatti, già nel 1618, l’esercito rivoluzionario marcia prima contro le città boeme che non lo hanno appoggiato e poi verso la Moravia che si unisce di lì a poco ai rivoluzionari. A questo punto il morale dei protestanti è alto ed essi si accingono a raggiungere un’importante sede del potere cattolico: la città di Vienna.
Ora però comincia la prima battuta di arresto dei rivoluzionari, poiché a questo punto del conflitto si richiedono rinforzi per continuare lo scontro con i cattolici. Rinforzi che saranno molto limitati da parte degli altri paesi protestanti; per esempio i protestanti austriaci appoggeranno solo verbalmente i rivoluzionari, mentre l’Inghilterra, se pur accanto ai rivoluzionari, si limita ad inviare del sostegno economico (l’Inghilterra ha troppi interessi economico-politici in Europa, quindi per ora non può mostrarsi troppo aggressiva nei confronti dei cattolici).
Intanto, il cattolico Ferdinando II cerca di attaccare il cuore della Boemia, così l’esercito protestante è costretto a togliere l’assedio da Vienna e a tornare indietro per difendere il proprio territorio, riuscendoci. E’ il 1619 ed è a questo punto che Ferdinando II viene destituito, dopo che la Boemia decide di staccarsi dal potere asburgico e diventare autonoma, con un monarca eletto in autonomia.
Il monarca in questione è Federico V, che cerca di creare un fronte compatto di protestanti senza però riuscirci, dato che la stessa sfera protestante è composta da tante anime spesso in contrapposizione tra loro (hussiti, luterani, calvinisti, anglicani). Neanche la moglie di Federico V, Elisabetta Stuart, figlia del re d’Inghilterra Giacomo I riesce ad ottenere maggiori aiuti dal padre, e questo comporta un non miglioramento dell’incisività politico-militare protestante in Europa.
Nello stesso anno, anche Ferdinando II capisce che ha bisogno di rinforzi cattolici per fronteggiare la minaccia protestante, così prende accordi militari con la Spagna e la Lega Cattolica affinché intervengano al suo fianco, cosa che infatti avviene. Intanto, sul fronte opposto, i rivoluzionari si dirigono nuovamente verso Vienna per conquistarla (appoggiati questa volta dalla Transilvania) senza però riuscire nell’intento.
Nonostante questo, Federico V continua a cercare appoggio militare senza però riceverne, anzi, nel 1620 l’Unione Evangelica firma un patto di non aggressione con la Lega Cattolica e questo permette ai cattolici d’Asburgo di concentrarsi solo ed esclusivamente sulla Boemia di Federico V lasciata sola. Ma c’è di più: Giovanni Giorgio di Sassonia, uno dei più potenti protestanti tedeschi, decide di schierarsi contro Federico V, e così la Boemia viene attaccata a nord da Giovanni Giorgio e a sud dalla Lega Cattolica.
Siamo quindi giunti all’8 novembre 1620, in cui avviene lo scontro più importante della prima fase di guerra, vale a dire la battaglia della Montagna Bianca nei pressi di Praga, in cui i 28.000 uomini dell’esercito imperiale-cattolico sconfiggono i 21.000 soldati protestanti nel giro di 2 ore, costringendo alla fuga Federico V (esso andrà nei Paesi Bassi e cercherà, senza successo, di riprendersi i territori occupati. Morirà qui nel 1632). Con la vittoria cattolica, Praga si arrende e i beni dei nobili anti-imperiali vengono confiscati e dati in mano ai nobili cattolici pro-imperiali (tra questi vi è un nobile colonnello che diverrà protagonista della guerra: Albrecht von Wallenstein).
Arrivati al 1624, anche altri eserciti protestanti vengono eliminati e lo schieramento cattolico può quindi esultare.
La guerra continua: la fase danese (1625-1629)
Nel 1625 avvengono due avvenimenti che, messi in relazione tra loro, portano ad una riacutizzazione della guerra. Parliamo della realizzazione preventiva di un immenso esercito cattolico da parte di Albrecht von Wallenstein e delle ambizioni del protestante Cristiano IV, re di Danimarca e Norvegia.
Nella primavera del 1625, il boemo cattolico Wallenstein (un nobile ambizioso, all’epoca colonnello) propone all’imperatore Ferdinando II la volontà di creare un esercito senza che quest’ultimo cacciasse un soldo; praticamente un esercito al servizio dell’Imperatore asburgico a costo zero (almeno all’inizio). Ferdinando II, non avendo abbastanza soldi per permettersi da solo un esercito del genere, accetta e Albrecht von Wallenstein diventa duca e finanziatore dell’esercito cattolico imperiale: si entra così in una nuova dimensione della guerra, cioè la privatizzazione di questa, in cui Wallenstein mette insieme, solo nel 1625, ben 62.000 soldati grazie ai suoi agganci nell’ambito dei finanziamenti bancari.
Intanto nell’autunno dello stesso anno, il re Cristiano IV parte in aiuto dei protestanti tedeschi per aumentare la propria influenza sui territori del nord della Germania, pensando che il momento sia ottimo per attaccare gli Asburgo, indeboliti dalla situazione boema appena conclusa. Cristiano IV sa della presenza militare cattolica in mano a Johann Tserclaes conte di Tilly, ma non è a conoscenza del secondo esercito imperiale in mano a Wallenstein e diretto proprio a nord.
La sicurezza di Cristiano IV risiede anche nel fatto che pare riesca ad ottenere diversi rinforzi: le Province Unite appoggiano un ingresso del sovrano danese poiché impegnate anch’esse contro i cattolici, la Francia sfrutta l’intervento danese per fiaccare gli Asburgo da ovest, l’Inghilterra di Carlo I invia finalmente rinforzi militari e molte truppe protestanti, incluse quelle del famoso capitano di ventura Ernst von Mansfeld, si uniscono all’azione danese.
Peccato che di questi aiuti non tutti si concretizzano (per esempio, la Francia dovette vedersela col problema degli ugonotti in casa, ritirando gli aiuti a Cristiano IV. Problema che risolverà anni dopo), quindi con il fatto che non si è a conoscenza dell’esercito di Wallenstein e con diverso supporto venuto meno, Cristiano IV subisce dal 1626 una sconfitta dopo l’altra. Tra le più importanti ricordiamo quelle della battaglia del Ponte di Dessau e la battaglia di Lutter. A questo punto Cristiano IV non può fare altro che ritirarsi e così inizia la controffensiva cattolica che porta alla conquista dello Jutland (che costituisce buona parte della Danimarca).
Ferdinando II, soddisfatto dell’operato di Wallenstein, gli conferisce il ducato di Meclemburgo, facendolo divenire principe imperiale e nominandolo “generale del mare oceanico e baltico”. Questi titoli portano Wallenstein e l’Impero a farsi nemici interni ed esterni: come nuovo principe imperiale, Wallenstein si guadagna le inimicizie degli altri principi che non gradiscono un’ascesa così rapida del boemo. Invece, come “generale del mare”, i paesi protestanti con maggiori interessi marittimi (Inghilterra, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi) si sentono ancora più minacciati poiché capiscono che i cattolici puntano non solo al potere su terra, ma anche su quello di mare.
Per concretizzare le sue mire espansionistiche in ambito marittimo, Ferdinando II invia Wallenstein a conquistare la città di Stralsund, unica in grado di permettere ai cattolici la costruzione di navi per attaccare Copenhagen. La città, difesa da danesi, svedesi e scozzesi, sconfigge l’esercito cattolico guidato da Wallenstein e con questa nuova iniezione di fiducia, Cristiano IV riprende ad attaccare occupando con 7000 uomini la vicina città di Wolgast. Wallenstein lo raggiunge per rimediare alla brutta figura di Stralsund, lo affronta e lo sconfigge. E’ il 2 settembre 1628.
L’anno seguente, Cristiano IV firma la Pace di Lubecca (22 maggio 1629), stanco delle ripetute sconfitte. Il trattato prevede che la Danimarca torni nelle mani di Cristiano IV, ma egli non avrebbe più dovuto sostenere la causa dei protestanti tedeschi.
La pace sembra vicina anche ora, ma l’imperatore Ferdinando II, emanando il famoso “Editto di Restituzione” del 6 marzo 1629 (dove tutti i beni cattolici passati nelle mani dei protestanti con la Pace di Augusta vengono restituiti alla Chiesa) scatena l’ira dei protestanti non ancora entrati in guerra. Inizia così la terza fase del conflitto.
Uno scontro senza fine: la fase svedese (1630-1635)
Come detto nel capitolo precedente, Wallenstein si è fatto molti nemici tra i nobili cattolici, tant’è che questi cominciano a volerlo eliminare dalla scena politica instillando direttamente nell’imperatore Ferdinando II il dubbio che Wallenstein stesse tramando contro l’Impero. L’imperatore in un primo momento allontana Wallenstein ma poco dopo, capendo di aver bisogno del suo talento lo riammette a corte, anche perché una nuova minaccia sta incombendo sui cattolici: la Svezia di Gustavo II Adolfo attacca gli Asburgo sbarcando a Peenemünde (sull’isola di Usedom, nel Meclemburgo). L’ingresso in guerra della Svezia sancisce così l’inizio di questa terza fase del conflitto.
Gustavo II Adolfo, così come fece poco prima Cristiano IV di Danimarca, attacca gli Asburgo con il pretesto di voler aiutare i protestanti tedeschi contro i cattolici, ma effettivamente procede alle ostilità per evitare un dilagarsi del cattolicesimo in terra svedese e per aumentare la propria influenza sul Mar Baltico conquistando i territori della Germania del nord.
Inoltre c’è da considerare che la Svezia non entra con leggerezza nel conflitto, bensì lo fa anche perché ha un buon appoggio dei nemici degli Asburgo dalla sua parte: non solo tutti i protestanti risultano in ostilità con i cattolici, ma anche la Francia di Luigi XIII e del cardinale Richelieu cominciano ad appoggiare attivamente l’invasione svedese con il Trattato di Bärwalde del 1631 (la Francia finanzia la Svezia contro gli Asburgo e in cambio la Svezia indebolisce Ferdinando II nel nord della Germania), difatti la sola Francia copre le spese militari di buona parte dell’esercito svedese.
L’inizio della campagna di Gustavo II Adolfo è un successo. Tra il 1630 e il 1631 occupa Stettino e poi la regione del Meclemburgo. Di contro, il conte Tilly assedia e conquista la città tedesca di Magdeburgo, alleata della Svezia. E’ il 20 maggio 1631. Una vittoria cattolica che viene ricordata come “l’eccidio di Magdeburgo” e che porta con sè conseguenze negative per i cattolici, dato che le voci delle ingiustizie avvenute durante il sacco a scapito degli sconfitti convincono i protestanti di Pomerania e Brandeburgo ad entrare al fianco degli Svedesi.
Nonostante la vittoria (se così vogliamo chiamarla) degli Asburgo a Magdeburgo, il 17 settembre 1631 i protestanti tornano a vincere sconfiggendo il conte Tilly nella battaglia di Breitenfeld e così iniziano ad invadere l’intera Germania fino a sconfiggere definitivamente il conte nella battaglia di Rain (qui viene ucciso) del 15 aprile 1632. Ora l’obiettivo di Gustavo II Adolfo è Monaco che viene difatti conquistata il 17 maggio 1632.
Ferdinando II inizia a preoccuparsi. Non ha mai subito così tante sconfitte e oltretutto la morte del conte Tilly è un duro colpo per i cattolici. E’ qui che interviene Wallenstein. Esso si dirige con un esercito verso il re svedese accampatosi a Norimberga, sconfiggendolo. Wallenstein si reputa soddisfatto e totalmente vittorioso, così smobilita l’esercito, ma Gustavo II Adolfo lo prende alla sprovvista e lo attacca. La mossa risulta vittoriosa per i protestanti, ma la vittoria qui a Lutzen (16 novembre 1632) costa cara: il re svedese muore in battaglia. Una grave perdita per il fronte protestante, ma anche quello cattolico subirà una perdita rilevante di li a poco. Wallenstein viene tradito e ucciso il 25 febbraio 1633, così entrambi gli schieramenti si ritrovano senza le loro più importanti personalità.
Nonostante le notevoli perdite, lo scontro tra protestanti e cattolici continua. I primi vengono guidati dal conte di Södermöre (reggente in nome della regina Cristina di Svezia, troppo piccola per comandare), mentre i secondi da Ferdinando d’Asburgo (futuro imperatore che prenderà il nome di Ferdinando III, figlio dell’attuale imperatore Ferdinando II), subentrato al posto del defunto Wallenstein.
Gli ultimi scontri di questa fase tra protestanti e cattolici si hanno durante il 1634, in cui i cattolici hanno la meglio, dopodiché vengono avviate le trattative di pace sfocianti nella Pace di Praga del 30 maggio 1635, in cui si sancisce la revoca dell’Editto di Restituzione del 1629 per 40 anni e il ripristino dei termini della Pace di Augusta del 1555, il divieto dei prìncipi tedeschi di formare alleanze interne o esterne all’Impero, l’unificazione degli eserciti germanici in un unico esercito imperiale e alcune cessioni territoriali a protestanti e cattolici.
Ma nonostante la pace, nessuno schieramento è soddisfatto: i protestanti non accettano la mancata libertà religiosa dei confratelli che vivono nei territori asburgici, i cattolici lamentano la mancata restituzione dei beni ecclesiastici occupati dai protestanti alla Chiesa, gli svedesi il mancato riconoscimento del possesso della Pomerania, i francesi invece sono scontenti del mancato ridimensionamento del potere asburgico. Nessuno è soddisfatto e per l’ennesima volta la guerra sembra tutt’altro che superata.
L’ultimo periodo di guerra: la fase franco-svedese (1635-1648)
Questa fase è particolare perché finalmente vediamo come la Francia entri direttamente in guerra aperta contro gli Asburgo. Si arriva a questo poiché Luigi XIII e il cardinale Richelieu cominciano a temere il forte accentramento di potere nelle mani asburgiche sancito con la Pace di Praga e quindi devono trovare un modo di ridimensionarlo per non sottostare all’Impero. Qui il casus belli è da ricercare nell’attacco spagnolo nei confronti dell’elettorato di Treviri posto sotto la protezione francese sin dal 1632.
Nel 1636 la guerra è totalmente ripresa e perde la sua connotazione primaria di “scontro religioso”, acquisendo una forma più “terrena”, in cui la ricerca del potere ne diventa la motivazione principale.
Il fronte anti-asburgico formato da Francia, Svezia e Paesi Bassi, sconfigge quello imperiale e comincia a fargli pressione sia da ovest che da nord. Inoltre nel febbraio 1637 muore l’imperatore Ferdinando II, sostituito dal figlio Ferdinando III d’Asburgo, già attivo militarmente durante la fase della guerra 1630-1635. Nonostante la difficile situazione imperiale, Ferdinando III non si arrende e inizia un furioso contrattacco durante tutto il 1636 e questo permette a Ferdinando III di penetrare in Francia fino a Digione.
Però dal 1636 al 1639 la guerra entra in una fase di stallo per via dell’alternanza di vittorie e sconfitte ottenute dai due schieramenti (battaglia di Rheinfelden, battaglia di Vlotho, battaglia di Chemnitz). Bisogna arrivare al 1640 per vedere lo sblocco della situazione, palesatosi nel momento in cui la Francia conquista la piazzaforte spagnola di Arras; con l’indebolimento del fronte asburgico, Luigi XIII penetra nel territorio delle Fiandre (Belgio) e in più la Spagna si ritrova a dover affrontare il problema delle ribellioni in casa, dato che il Portogallo e la Catalogna, regioni soggette ad altissima tassazione da parte della corte madrilena, si ribellano.
In tutto questo, lo zampino del cardinale Richelieu è evidente, poiché la Francia stessa inizia a fomentare e ad appoggiare attivamente tali ribellioni allo scopo di dirottare l’attenzione imperiale sui confini interni e allentare le difese asburgiche ai confini esterni, in particolare quelli della Germania affinché gli svedesi possano essere facilitati nell’invasione. La tattica ha successo, tant’è che nel 1642 gli imperiali vengono sconfitti nella prima battaglia di Lipsia e questo permette agli svedesi di occupare la Sassonia.
Nonostante la morte di Richelieu nel 1642, cui prese il suo posto il cardinale Mazzarino, la tattica francese di aiutare gli insorti portoghesi e catalani continua e con la vittoria anti-imperiale a Rocroi nel 1643, la Spagna cerca una soluzione di pace, resasi conto dell’insuccesso militare protrattosi troppo a lungo.
Un evento inaspettato porta però gli Asburgo a sperare in una svolta a proprio favore nella guerra: il 14 maggio del 1643 muore Luigi XIII e questo destabilizza momentaneamente la Francia, nonostante il cardinale Mazzarino sia subentrato come reggente al posto del giovane Luigi XIV di soli 5 anni e continui a seguire una linea politico-militare sempre incentrata sull’alta pressione applicata ai nemici.
Nello stesso anno l’Impero torna a vincere anche militarmente, sconfiggendo la Francia a Tuttlingen e facendola retrocedere fin sulle coste del Reno nel 1644. Intanto l’esercito svedese ha più fortuna di quello francese, sconfiggendo gli imperiali a più riprese fino al 1648. Gli Asburgo a questo punto iniziano a subire nuovamente ripetute sconfitte per tutto il 1648 e a seguito delle battaglie di Zusmarhausen (17 maggio) e di Lens (20 agosto) si comincia a trattare concretamente per la pace.
La pace di Westfalia e le conseguenze della guerra
Alla pace ci si arriva dopo lunghe trattative che già si erano intavolate nel 1643. Essa prende il nome dalla regione nel quale è stata firmata, ma sostanzialmente viene discussa in due zone ben distinte, vale a dire Munster e Osnabruk; a Munster si accordano la Francia, la Spagna e le Province Unite, mentre a Osnabruk si intavolano le negoziazioni tra la Svezia e gli Asburgo. I principali accordi che si raggiungono sono così i seguenti:
1) La Spagna riconosce l’indipendenza delle Province Unite (e così termina anche la cosiddetta “Guerra degli Ottant’anni” tra i due schieramenti). La Germania, fino a quel momento a maggioranza asburgica, viene divisa: il sud rimane in mano agli Asburgo, mentre la Svezia (oltre ad indennizzi) pone sotto il proprio controllo le più importanti città del nord della Germania o comunque più in generale le coste di questa, ottenendo di fatto un totale controllo del Mar Baltico.
2) La Francia ottiene importanti territori come l’Alsazia, la Lorena, le città di Tull, di Metz e di Verdun
3) Viene riconosciuta l’indipendenza della Svizzera, così come avvenuto per le Province Unite
Con la pace di Westfalia (o Vestfalia) si giunge alla fine del progetto asburgico di diffondere la propria influenza su tutti gli Stati europei cattolici, inoltre assistiamo al termine dell’ultima, grande guerra di religione che ha avuto come scopo l’annientamento di un’altra fede, quella protestante.
Importante anche il risvolto geopolitico a cui si arriva con il termine della Guerra dei Trent’anni: è qui che l’Europa si suddivide in Stati dai confini ben delineati, in cui tutti riconoscono la sovranità dell’altro entro i rispettivi confini (principio dello “Stato Assoluto”). Nonostante ciò, molte frammentazioni avvengono, in particolare quella della Germania, che viene suddivisa in una moltitudine di staterelli che vedranno l’unificazione solo nel 1871 con il II Reich.
Dal punto di vista religioso, viene confermato quanto detto con la Pace di Augusta del 1555 e col principio del “cuius regio, eius religio”, che però viene modificato, consentendo a chi non approva la religione del proprio sovrano di emigrare, potendo portare con sé tutti i propri beni (prima essi venivano confiscati). Con questa clausola si garantisce quindi in un certo senso la libertà religiosa dei singoli.
Nonostante la pace finalmente sancita, gli scontri non terminano tra Spagna e Francia, infatti i Borboni continuano la lotta contro gli Asburgo, lotta che termina solo nel 1659 con la pace dei Pirenei.
Per la popolazione, la guerra ha portato gravissime conseguenze: tra gli 8 e i 12 milioni di morti (approssimando) per cause legate a guerra, malnutrizione e malattia, ma anche una situazione disastrosa dal punto di vista industriale e nelle campagne, dove i contadini, sfiniti e senza un soldo, si ritrovano costretti a sottostare a pesanti condizioni lavorative imposte dai proprietari terrieri, unici che potessero fornire loro un lavoro. Si stima che l’Europa impiegherà circa due secoli per tornare ad un buon livello economico sociale.
Curiosità sulla Guerra dei Trent’anni
Molti fatti curiosi gravitano intorno al conflitto europeo del 1618-1648. Andiamo a vederne alcuni particolari:
- Durante la prima fase del conflitto, nel periodo 1619-1620 (poco dopo la “defenestrazione di Praga” del 1618 per intenderci), abbiamo visto come Federico V inizia a richiedere rinforzi in tutto il mondo protestante e filo-protestante ma senza ottenere grande successo, al punto che in tutta Europa inizia a circolare una battuta di spirito: “per salvare Federico, i danesi avrebbero inviato 1000 aringhe sotto sale, gli olandesi 10.000 casse di burro e il re inglese 100.000 ambasciatori”. Una battuta umoristica ma veritiera, dato che in questa fase i rivoluzionari ottennero solo piccoli appoggi economici, mediazioni e lettere piene di belle parole di sostegno.
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Tra il 1621 e il 1623 si abbatte su diversi territori dell’Europa centrale, in particolare in Germania, una grave crisi monetaria: la svalutazione del denaro, innescata dalla possibilità da parte dei principi di battere moneta con meno argento, porta i prezzi di ogni cosa alle stelle e in molte zone si inizia a morire letteralmente di fame. Coloro che commerciano in denaro vengono indicati in maniera dispregiativa come Kipper und Wipper, ossia gente che manipola le monete e le bilance per la relativa pesa. Questo avvenimento viene ricordato dai tedeschi come l’epoca dei Kipper und Wipper, ed è proprio questa esperienza (insieme all’iperinflazione degli anni ‘20 del Novecento) che porta i tedeschi ad avere il terrore ancora oggi di una svalutazione monetaria.
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Durante il conflitto del ‘600, importantissime furono le armi da fuoco, in particolare i moschetti. Proprio durante la Guerra dei Trent’anni nasce il detto tedesco “Lunte riechen” che significa letteralmente “odorare la miccia” e che verrà poi italianizzato in “sentire puzza di bruciato”. Questo perché durante i combattimenti, la miccia dei moschetti deve rimanere sempre accesa, ma per riuscirci viene imbevuta di un liquido a base di salnitro e letame che emana uno sgradevole odore molto forte, tanto che diventa difficile anche effettuare attacchi a sorpresa per via dell’odore, percepibile da tutti.
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Un altro conosciuto detto che ha origine durante la guerra è legato ad un importante personaggio: Gottfried Heinrich conte di Pappenheim, famoso nobile militare che partecipa alla battaglia della Montagna Bianca del 1620 al fianco dei cattolici. Pappenheim combatte sempre in prima linea e nel corso della sua carriera militare subisce svariate ferite fino a guadagnarsi un soprannome: “lo sfregiato”. Il suo reparto di cavalleria, sprezzante del pericolo come lui, si guadagna la fama di valore e lealtà, tanto che lo stesso Schiller fa esclamare al Wallenstein (eroe dell’omonimo dramma) “Riconosco i miei bravi del Pappenheim”, per indicare uomini coraggiosi. Da questo elogio, il linguaggio popolare fa nascere la locuzione “Ich kenne meine Pappenheimer”, che in italiano è l’equivalente del “conosco i miei polli”, per esprimere la grande conoscenza di un gruppo di persone.
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Questa curiosità riguarda invece il re di Svezia Gustavo II Adolfo. Nel 1630, quando l’esercito arriva sull’isola di Usedom, una lancia trasporta il re per farlo sbarcare e una volta toccato terra, questo si inginocchia e prega per far benedire dal Signore la propria impresa. Così le immagini e le fonti protestanti ricordano l’evento. Però, secondo un’altra versione, nello scendere dalla lancia, il re inciampa sulla passerella facendosi male al ginocchio. Solo successivamente la caduta è stata trasformata in un conscio gesto di inginocchiarsi e pregare. La verità sull’accaduto non si saprà mai (forse) ma intanto noi immaginiamoci la scena.
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Il famoso Vasa (o galeone) di Gustavo II Adolfo subisce una “caduta di stile”, proprio come avviene a lui durante lo sbarco sull’isola di Usedom. Il 10 agosto 1628, durante il varo dell’imponente nave e poco dopo essere salpata, alcune folate di vento inclinano il galeone fino a fargli imbarcare acqua con conseguente affondamento…di certo alcune sviste ingegneristiche ci sono state nel momento di progettazione. Nel 1956 viene recuperato dal fondale e oggi esposto presso il museo di Stoccolma.
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- Georg Schmidt, “La guerra dei Trent’anni”, il Mulino, 2015
- Veronica Wedgwood, “La guerra dei Trent’anni. 1618-1648”, il Saggiatore, 2018