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Cause della guerra dei cent’anni: Inghilterra e Francia
Lo scoppio delle ostilità tra queste due grandi monarchie avviene dopo un lungo periodo in cui l’intero occidente cristiano ha trascorso secoli di sviluppo non solo economico, ma anche politico e demografico. Difatti, se si va ad osservare la situazione interna alle due potenze relativa alla prima metà del ‘300, si può notare come ci si trovi di fronte ad assetti organizzativi molto simili sotto vari punti di vista, sia per quanto riguarda l’aspetto governativo che quello sociale. Nonostante queste evidenti similitudini strutturali, le differenze non mancano, in particolar modo quando si parla di disponibilità e sfruttamento delle risorse e degli apparati militari.
L’Inghilterra della prima metà del ‘300 è abitata da circa 5 milioni di abitanti, la cui economia risulta essere a maggioranza rurale ma molto ben sfruttata, dove le aristocrazie (sia ecclesiastiche che laiche) mantengono e gestiscono l’organizzazione del lavoro in svariate aree territoriali anche particolarmente estese.
In questo quadro di sfruttamento territoriale, ciò che risulta visibilmente organizzata è l’elevata produzione di cereali e l’allevamento di ovini, elementi questi che permettono all’Inghilterra di avere una ricchezza ben maggiore rispetto a molte altre regioni francesi. Pochi sono i contadini liberi, mentre molti si trovano a lavorare per vari signori che legano ad essi la manovalanza popolare grazie ai diffusi vincoli di villanatico.
Quindi, in generale, la maggior parte della popolazione inglese vive nelle campagne e questo è un dato che viene confermato anche dalla scarsa urbanizzazione; basti pensare che la città inglese più estesa è Londra con una popolazione compresa tra i 60 mila e i 90 mila abitanti. Altra fonte di ricchezza per questo paese è il commercio, soprattutto di metalli e prodotti alimentari che vengono esportati verso il continente, i cui flussi sono gestiti non solo da inglesi, ma anche e soprattutto da mercanti stranieri.
Tra le entità politiche più importanti si hanno i parlamentari e il sovrano: i parlamentari inglesi, sin dagli inizi del ‘300, vengono cambiati ciclicamente ogni 1 o 2 anni e hanno voce in capitolo per quanto riguarda giustizia, politica, finanza e amministrazione pubblica. Oltretutto, data la loro influenza, possono appoggiare o destabilizzare in qualsiasi momento il sovrano in carica.
Il risultato così ottenuto è un Inghilterra dal carattere nazionale molto ben determinato ed efficiente quando parlamento e sovrano collaborano, come nel caso di Edoardo III e il rispettivo parlamento. Alla vigilia dello scoppio della guerra, il sovrano inglese Edoardo III è da sempre ben visto dalle alte cariche inglesi per via degli svariati successi militari da lui stesso firmati che hanno consentito al paese di crearsi una propria identità politico-militare (un rapporto tra parlamento e sovrano così coeso non si ha invece nella Francia dei Valois).
Con una base economica e politica così ben strutturata, l’Inghilterra può contare su un apparato militare di tutto rispetto, pagato direttamente dalla corona. Questo è composto da uomini appartenenti a vari gruppi: compagnie, volontari, nobili ecc. spesso attratti proprio dalle interessanti paghe concessegli. In più, le aree di influenza inglese e gli alleati di Edoardo III sono molti, se consideriamo parte dell’Irlanda, del Galles (anche se più o meno ostile), vari signori dei Paesi Bassi, della Germania e di alcuni dei territori più ad est dell’Europa continentale.
Dall’altra parte abbiamo invece la Francia di Filippo VI, una potenza territorialmente ben più grande dell’Inghilterra di Edoardo III anche se meno solida. Quella francese è un’economia prevalentemente agricola, meno sviluppata rispetto alla controparte ma anche più diversificata. La nobiltà non si dedica molto alla gestione dei propri possedimenti fondiari, ecco perché in Francia si hanno più contadini liberi e meno vincolati a specifiche prestazioni rispetto ai corrispettivi inglesi.
Per quanto riguarda invece la dimensione cittadina, la Francia supera notevolmente quella inglese: la città più popolosa, Parigi, conta circa 250 mila abitanti e molte sono le città che producono ricchezza, dalla coniazione monetaria ai beni di lusso. In più, essendo la Francia direttamente sul continente, i rapporti con gli altri territori europei sono particolarmente intensi.
Per quanto riguarda la politica francese, l’attuale sovrano Filippo VI di Valois, vanta il controllo di estese aree territoriali ma non di tutte, infatti alcune aree del sud della Francia e alcuni nobili di spicco gli sono ostili (o comunque non totalmente collaborativi), tra cui i ducati di Borgogna, Bretagna e Guienna, la contea di Fiandra e i conti di Armagnac e Foix. Tra tutti questi, il problema più grande è però la Guienna, tant’è che sarà uno dei motivi dello scoppio del conflitto. C’è poi da considerare che la collaborazione politica tra sovrano e stati (questi ultimi equivalenti del parlamento inglese) è meno solida rispetto a quella di Edoardo III, anche se a differenza dell’inglese, Filippo VI ha un maggior potere nelle sue mani in fatto di politica interna.
In ambito militare, anche la Francia dispone di ingenti risorse da impegnare per l’arruolamento e per l’equipaggiamento degli uomini, ma per via della grande quantità di effettivi, la sua organizzazione è meno fine ed efficiente rispetto a quella inglese, dove i problemi maggiormente riscontrabili sono quelli dell’equo finanziamento, del controllo, della disciplina e dell’approvvigionamento, di conseguenza è tendenzialmente molto difficile per la Francia far valere la sua superiorità numerica.
In sintesi, la struttura inglese, se pur più contenuta e meno estesa, ha una maggior qualità organizzativa rispetto alla più grande “macchina” politico-militare francese, più estesa ma difficilmente gestibile e quindi limitata.
Lo scoppio della guerra dei cent’anni
Sono molti i motivi che portano allo scoppio della guerra, anche di varia natura. In primo luogo si ha il problema dinastico: dalla fine del X secolo d.C. e fino all’inizio del XIV secolo, tutti i re di Francia hanno avuto un figlio maschio pronto a succedergli. Con questa tendenza, si è radicata l’usanza che sul trono debba esserci un maschio, anche se tale tradizione non è stata definita ufficialmente da nessuno.
Arrivati alla morte del re di Francia Carlo IV (1328), non vi sono eredi maschi. A questo punto si ricorre quindi alla pratica della reggenza e i candidati pronti per tale ruolo sono Filippo d’Évreux, cugino degli ultimi tre re e marito di Giovanna II, regina di Navarra; Edoardo III, da poco diventato re d’Inghilterra e nipote di Filippo IV; Filippo di Valois, anch’esso cugino degli ultimi tre re. Il primo di questi manca di ambizione ed è senza carisma, mentre Edoardo III non è visto di buon’occhio dai nobili di Francia dato che è molto legato alla madre, poco apprezzata in questa terra. Ecco che quindi viene scelto Filippo di Valois, grazie anche al buon ricordo lasciato dal padre, Carlo di Valois, nel cuore dei nobili francesi.
In tutto questo, Edoardo III non gradisce il fatto che Filippo di Valois venga incoronato, ma tale sentimento viene palesato già prima dell’incoronazione di quest’ultimo a Reims, ed è qui che va considerato un fatto: prima dell’incoronazione di Filippo di Valois, Edoardo III invia un’ambasciata in Francia per reclamare il suo diritto alla corona basandosi su fatto che la madre Isabella, essendo sorella del defunto re Carlo IV, può tecnicamente prendere e conferire la corona al figlio. Ovviamente tale piano viene prontamente eradicato sul nascere da Filippo, convincendo la nobiltà dell’illegittimità della pretesa.
Sulla base del problema dinastico appena descritto si inserisce un altro problema, vale a dire la questione dei feudi: Filippo VI di Valois viene incoronato re, così Edoardo III, nel momento in cui deve rendere omaggio alla corona, si rifiuta (ricordiamo che l’Inghilterra nasce come omaggio feudale concesso dal re di Francia ai suoi nobili che vanno a stabilirsi in terra inglese).
Con questo atteggiamento, è chiaro che il re inglese non riconosce più il re francese e quest’ultimo, essendo preoccupato dell’integrità del suo territorio sul continente, capisce che non può più gestire le proprie terre con la presenza di nobili filo-edoardiani. Nonostante le preoccupazioni relative a questo evento, Filippo VI vede finalmente un pretesto per poter eliminare la nobiltà inglese dalle regioni francesi.
Altro grande problema sorto è quello di carattere puramente territoriale: sia in terra inglese che francese ci sono territori ostili, i cui atteggiamenti bellicosi vanno a destabilizzare gli stessi regni. Per quanto riguarda la Francia, c’è il cosiddetto “problema Fiandre”, vale a dire una regione (le Fiandre, per l’appunto) politicamente legata alla corona francese ma economicamente legata alla corona inglese, per via del fatto che qui il commercio è totalmente gestito e sfruttato da Edoardo III. Proprio per questo, il re Filippo VI non accetta tale situazione all’interno del proprio territorio ed è cosciente di dover trovare una soluzione a tale problema.
Dall’altro lato ci sono poi gli inglesi che hanno un problema con la Scozia: dopo aver sottomesso il Galles nel ‘200, l’Inghilterra vuole controllare anche il regno di Scozia ma senza successo per via dell’accanita resistenza incontrata. Dopo la sconfitta di Bannockburn (1314) l’Inghilterra si ritrova costretta a riconoscere l’indipendenza della Scozia, ma dopo la morte di Robert Bruce, il regno scozzese si ritrova con un re di 5 anni di età.
E’ qui che Edoardo III decide di intervenire, sostenendo Edoardo I come re di Scozia. In tutto questo, il legittimo re Davide, figlio del defunto re Robert Bruce, chiede aiuto alla Francia e quest’ultima, naturalmente, glielo concede. Quindi i dissapori tra Edoardo III e Filippo VI si acuiscono proprio perché la Francia non supporta (ma anzi intralcia) le mire espansionistiche inglesi.
L’atteggiamento ostile di Edoardo III nei confronti del re di Francia causa una rottura che oramai definisce lo scoppio della guerra a tutti gli effetti: dapprima Filippo VI confisca la Guienna a Edoardo III (per la terza volta) il 24 maggio 1337, e di tutta risposta il re inglese, il 7 ottobre dello stesso anno rivendica ufficialmente il regno di Francia e organizza uno sbarco sul territorio francese appoggiato dai nobili a lui fedeli già presenti sul continente. Ha così inizio la “Guerra dei Cent’anni”.
Prima fase della guerra dei cent’anni: la guerra edoardiana (1337-1360)
Allo scoppio del conflitto, Edoardo III si prefigge degli scopi ben specifici: consolidare la propria posizione anche sul continente attraverso i suoi alleati e risolvere una volta per tutte la questione della Guienna, il tutto con l’intento di schiacciare Filippo VI di Valois in campo aperto e reclamarne la corona. Alla luce di queste intenzioni, il sovrano inglese fa dei Paesi Bassi la propria base operativa sul continente Europeo, al fine di radunare qui più soldati possibile.
Purtroppo per lui, le prime difficoltà si palesano molto presto: il conte di Fiandra si rifiuta di appoggiarlo, così Edoardo III decide di dirottare momentaneamente la propria attenzione su tale questione. Il suo piano prevede infatti il divieto delle esportazioni di lana dall’Inghilterra alle Fiandre per creare malcontento nella regione e convincere questa ad appoggiare il Plantageneto, e dato che il territorio basa molta della propria ricchezza sull’importazione di lana inglese, i famosi tessitori di Fiandra cominciano ad essere insofferenti e vedono nel proprio conte la causa del loro problema.
Edoardo III riesce così a mettere contro il conte il suo stesso popolo, a tal punto che lascia la Fiandra e si trasferisce a Parigi sotto la protezione di Filippo VI. Con questa astuta manovra, Edoardo risolve il problema Fiandra e ottiene l’appoggio delle città francesi di Ypres, Bruges e Gand.
Ora che l’Inghilterra ha consolidato la propria posizione sul continente, Edoardo III passa all’azione militare (siamo nel settembre 1339), distruggendo tutto nelle aree di Cambrésis, Vermandois, Soissonnais e Thiérache. Nonostante le incursioni inglesi, Filippo VI è conscio del fatto che non è ancora possibile per lui affrontare il suo nemico in campo aperto, così opta per una strategia attendista: fa avanzare l’avversario fino a quando non esaurisce le risorse.
Dall’altra parte, Edoardo III è scontento del fatto che il suo avversario non si palesa, così si ritira nel Brabante dove riesce a rafforzare ulteriormente la propria posizione, tant’è che ottiene l’appoggio delle città fiamminghe, sia dal punto di vista economico-militare che da quello delle rivendicazioni dinastiche. Giunti quindi al gennaio 1340, Edoardo III si incorona re di Francia, supportato e riconosciuto dalla Guienna e dalla Fiandra. Intanto la tattica di Filippo VI porta i frutti sperati, difatti il sovrano inglese è costretto a ritirarsi in Inghilterra per riorganizzarsi, ma giunti a metà del 1340 sbarca in Francia dopo aver eliminato la flotta francese che controllava la Manica.
L’invasore inglese, una volta sbarcato sul continente, si scontra su terra con le truppe francesi a Saint-Omer e Tournai, ma con l’arrivo dell’inverno entrambe le parti stipulano una tregua (“tregua di Esplechin”). E’ il 25 settembre 1340. Con questa tregua, i due sovrani possono affrontare i problemi interni che affliggono le loro terre. Filippo VI cerca di risolvere, con successo, il problema relativo al pagamento delle sue truppe e in più cerca di conquistare la Guienna, importante territorio inglese su terra francese, ma senza riuscire nell’intento. Contemporaneamente, il Plantageneto deve fare i conti con Davide II di Scozia che preme sui confini nord dell’Inghilterra ed è sostenuto dallo stesso Filippo VI.
Oltre a questo problema di natura militare, gli inglesi devono vedersela con problemi economici di notevole importanza, non riuscendo a pagare i debiti contratti con diversi banchieri europei. Non tutto però è negativo per l’Inghilterra, infatti nel 1341 muore il duca di Bretagna Giovanni III senza lasciare eredi, così si innesca un altro problema dinastico e tra sostenitori edoardiani e francesi ne nasce una disputa che alla fine vede vittoriosi gli inglesi. Questo permette a Edoardo III di avere un nuovo punto di appoggio e sostegno in Francia, la Bretagna.
Nel 1346, gli inglesi sbarcano nuovamente sul continente e questa volta affrontano le forze francesi in due importanti occasioni, nella battaglia di Crécy (26 agosto 1346) e durante l’assedio di Calais (4 settembre 1346 – 3 agosto 1347). In entrambi i casi gli inglesi ne escono vincitori e cominciano ad invadere anche le zone più a sud della Francia. Nonostante i successi inglesi, Filippo VI non cede definitivamente ma resiste e così la guerra entra in una fase di stallo.
L’arrivo della peste in Europa determina (insieme ad altri fattori) un nuovo periodo di tregua, sottoscritto poi con la cosiddetta “tregua di Calais” (18 settembre 1347) dato che inizia ad infliggere pesanti danni economici e sociali ad entrambi gli schieramenti. Durante questa tregua, la Francia però ottiene la sottomissione delle città fiamminghe (1349) togliendo così all’Inghilterra un notevole appoggio, ma i Valois quasi non fanno in tempo a festeggiare perché poco dopo muore Filippo VI. E’ il 26 agosto 1350.
Il successore di Filippo VI diventa così Giovanni II detto il Buono, figlio del defunto sovrano francese, che tra il 1350 e il 1355 (data di ripresa del conflitto) applica diversi cambiamenti all’esercito: ne migliora l’organizzazione, ne aumenta la paga, ne sviluppa l’armamento e l’addestramento. Però, nonostante queste modifiche alla struttura militare e ai diversi successi ottenuti in battaglia, la differenza qualitativa tra inglesi e francesi dal punto di vista militare rimane a favore dell’Inghilterra.
A proposito di questo, basta osservare ciò che avviene nel settembre del 1355, quando il figlio maggiore di Edoardo III, Edoardo il Principe nero, sbarca a Bordeaux con le proprie truppe e da qui inizia a penetrare con successo nel territorio francese fino a Languedoc, Narbonne e Carcassonne. Ma l’azione più importante che determina la consacrazione del Principe nero a grande uomo d’arme è la vittoria che ottiene nella battaglia di Poitiers (19 settembre 1356), in cui Giovanni II viene fatto prigioniero e portato a Bordeaux.
A seguito di ciò, viene conclusa una tregua il 23 marzo 1357 valida fino al 9 aprile 1359. Successivamente, il re di Francia viene portato a Londra dove vengono intavolati dei negoziati per il suo riscatto. Questi vengono portati avanti per conto francese da diversi diplomatici, cardinali e inviati del delfino Carlo (figlio ed erede legittimo di Giovanni II, reggente di Francia poiché il padre è prigioniero). Durante i negoziati, gli inglesi chiedono 4 milioni di scudi e varie concessioni territoriali affinché il re francese venga liberato. Condizioni che vengono accettate.
Con la terribile situazione in cui la Francia verte, Edoardo III decide di attaccare e assedia Reims nel dicembre del 1359, senza però ottenere la vittoria. Così stremati, entrambi i sovrani decidono di accordarsi per una nuova pace che si traduce in concreto nella pace di Brétigny (1 maggio 1360). Si chiude così questa prima fase del conflitto.
Seconda fase della guerra dei cent’anni: la guerra carolina (1360-1389)
La ripresa delle ostilità non tarda ad arrivare nonostante la stipula della pace, infatti viene collocata allo stesso 1360 l’inizio di una nuova fase del conflitto. Entrambe le parti sanno che quella di Brétigny è stata una pace effimera, momentanea, e le stesse azioni decise dai due schieramenti ne danno conferma; Edoardo III, seppur abbia ottenuto ampie aree sud-occidentali in territorio francese, continua a volere la corona di Francia e questo non mette al sicuro la posizione di Giovanni II.
Oltretutto, nonostante l’accordo siglato per riscattare il sovrano francese, esso viene fatto nuovamente prigioniero nel 1364 (consegnandosi spontaneamente ad Edoardo III per obbligo morale relativo alla vicenda della fuga del duca d’Angiò) e l’8 aprile del 1364 Giovanni II cessa di vivere. Con la morte del sovrano francese, la corona passa al figlio Carlo, d’ora in poi conosciuto come Carlo V il Saggio. E’ proprio dalla proclamazione di questo nuovo re che prende il nome la seconda fase del conflitto che sta per essere descritta.
Con l’incoronazione francese di Carlo V, la risoluzione della questione bretone nel 1365 (in cui avviene la dipartita di Carlo il Malvagio re di Navarra, che sin dal 1354 cercava di ottenere la corona) e il cambiamento delle tattiche militari da applicare contro gli inglesi, la Francia inizia a riorganizzarsi in vista dei futuri scontri con Edoardo III. Difatti, ciò che porta ad una riacutizzazione delle ostilità lo si vede pochi anni dopo, nel 1368, quando l’Inghilterra riunisce tutti i propri territori del sud-ovest francese in un vasto principato di Aquitania.
Questo viene affidato al figlio Edoardo il Principe nero che impone nuove tasse per sostenere le operazioni belliche, creando però un forte malcontento tra i sudditi, palesato in particolar modo da Giovanni I conte di Armagnac. Quest’ultimo, talmente irato dalla decisione del principe inglese, si rivolge direttamente a Carlo V negando che l’Aquitania fosse di dominio inglese. Con queste parole, Edoardo III torna all’attacco nominandosi ancora una volta re di Francia e Carlo V, non avendo ricevuto giuramento dal figlio di Edoardo III (non scordiamoci che i Plantageneti sono sempre considerati sudditi del re di Francia), dichiara guerra all’Inghilterra.
Come accennato poco fa, la nuova tattica militare elaborata dal re francese insieme al suo più valido comandante, Bertrand du Guesclin, si rivela vincente e questo si traduce in un non più tanto evidente distacco qualitativo tra le forze francesi e quelle inglesi. Nel concreto, Carlo V adotta la cosiddetta strategia dello “sciopero delle armi”, vale a dire l’ingaggio delle forze avversarie non sul campo aperto, ma attraverso piccoli contingenti che impegnano e logorano le truppe avversarie (scaramucce per intenderci) per non più di sei mesi.
Tant’è che arrivati alla seconda metà degli anni ’70, la Francia riesce a riappropriarsi di quasi tutti i territori persi dall’inizio della guerra, ad eccezione di Bordeaux, Bayonne, Brest, Calais e Cherbourg. Però, nonostante le vittorie, gli anni ’70 e ’80 del ‘300 si rivelano davvero difficili per entrambi gli schieramenti: i francesi perdono sia Carlo V che Bertrand du Guesclin nel 1380, mentre gli inglesi vedono mancare il Principe nero nel 1376 e lo stesso Edoardo III nel 1377.
Con una situazione di ricambio generazionale così totalizzante, è possibile tirare delle somme riguardanti l’operato di Francia ed Inghilterra giunte al 1380. Di certo, Carlo V è colui che riprende ufficialmente la guerra contro gli inglesi, impegnandoli e mettendoli in notevole difficoltà dato che riesce a riappropriarsi di molti ex territori. Ed è anche vero che alla fine del suo regno cerca di trovare la pace con L’Inghilterra, proponendo di cedere tutta la parte sud dell’Aquitania e di dare sua figlia Caterina in sposa a Riccardo II (successore del defunto Edoardo III), cosa che però viene rifiutata dal Consiglio d’Inghilterra.
Edoardo III invece, durante i suoi anni da sovrano, continua a dimostrarsi capace anche in questo conflitto contro la Francia, sia dal punto di vista militare che dal punto di vista della politica interna ed estera. Non è impresa facile riuscire a sconfiggere i francesi sul proprio campo, nonostante i limiti che questi ultimi hanno soprattutto all’inizio del conflitto, e questo dimostra l’ottima simbiosi creatasi tra la presenza militare sul territorio invaso e la fitta rete di alleanze impostata anche con personaggi esterni all’Inghilterra ed alla Francia.
Si hanno quindi due nuovi re, Riccardo II per l’Inghilterra (giovane figlio del defunto Edoardo III che sale sul trono ad appena 10 anni) e Carlo VI per la Francia (anch’esso figlio del defunto re Carlo V). Entrambi devono vedersela con problemi interni; l’operato di Riccardo II viene mal visto dai suoi sudditi poiché questi iniziano ad essere tassati pesantemente per portare avanti la guerra, tant’è che si scatena una fastidiosa rivoluzione capeggiata da tale Wat Tyler, soldato probabilmente appartenente ad un’importante famiglia del Kent.
Nonostante i problemi che questa va a creare alla corona inglese, la rivolta contadina viene soppressa. Carlo VI invece deve vedersela con le rivolte sorte in Fiandra per via dell’alta tassazione (problema analogo a quello inglese). Anche in questo caso, il problema viene risolto con la forza e la Fiandra viene annessa totalmente ai domini di Filippo di Borgogna, autore della vittoria ottenuta sui ribelli nel 1382 nella battaglia di Roosebeke.
Risolti i problemi interni, Francia e Inghilterra riprendono a combattersi totalmente. Gli inglesi sfruttano il loro appoggio nei confronti di papa Urbano VI, spingendolo ad indire una crociata nei confronti dei francesi sostenitori dell’anti-papa Clemente VII (ad Avignone). In questo modo, Riccardo II ha una “scusa legittimante” per invadere i territori francesi, cosa che fa. Questi sbarcano a Calais nel 1383 e, capeggiati dal vescovo Henry Despenser, riescono a conquistare tutta la costa fiamminga e ad assediare Ypres, ma il contrattacco francese è feroce e questo costringe il condottiero-vescovo di Norwich a tornare in Inghilterra.
Questa vittoria per i francesi diventa motivo di contrattacco direttamente su territorio inglese, tant’è che Carlo VI concepisce un piano d’invasione particolarmente ardito: organizzare due eserciti, uno diretto verso Londra, mentre l’altro col compito di unirsi agli scozzesi a nord e insieme scendere sulla contea di Durham. Tutto questo però non viene attuato, sia per motivi logistici che politici, così la guerra torna in una fase di stallo. Tale situazione comporta, nell’agosto 1388, l’entrata in vigore di una tregua che l’anno seguente diviene generale, segnando un riavvicinamento tra i due contendenti e un momentaneo stop della guerra.
Per l’ennesima volta, i presupposti di una pace duratura non sembrano esserci; Carlo VI, dal 1393, comincia a mostrare segni di squilibri mentali, a tal punto che il potere viene affidato momentaneamente alla moglie, la regina Isabella di Baviera. In questa delicata situazione si inseriscono due personaggi, vale a dire Filippo l’Ardito, duca di Borgogna (zio del re) e Luigi d’Orléans, conte di Armagnac (fratello del re). Entrambi fanno parte del consiglio di reggenza e la loro voce ha un grosso peso politico. Nel 1404 muore Filippo l’Ardito e il suo ruolo passa al figlio Giovanni senza Paura, divenuto nuovo duca di Borgogna. Quest’ultimo si scontra con Luigi d’Orléans per il controllo della Francia e tale disputa sfocia nell’assassinio del conte di Armagnac.
Ora, questo titolo di conte passa al figlio di Luigi, vale a dire Carlo d’Orléans che, al corrente dell’assassinio del padre da parte dei cosiddetti “Borgognoni”, chiede aiuto al suocero Bernardo VII d’Orléans. Così si vanno a definire due schieramenti opposti all’interno della sfera politica francese, cioè i Borgognoni da un lato e i Armagnacchi dall’altro. Questo scontro comporta una guerra civile in Francia, in cui la stessa Inghilterra partecipa attivamente su richiesta di Giovanni senza Paura (Borgognoni), vedendo la possibilità di rovesciare un partito fedele ai Valois. Questo è il presupposto dell’ultima fase della guerra dei cent’anni.
Terza fase della guerra dei cent’anni: la guerra dei Lancaster (1411-1435)
La situazione inglese a questo punto degli eventi risulta particolarmente delicata. Infatti nel 1399 si è assistito ad un cambiamento dinastico senza precedenti: Giovanni II viene deposto a favore di Enrico di Lancaster (più apprezzato dal popolo e dal parlamento inglese rispetto all’ex sovrano), nominato Enrico IV una volta salito al trono. Con la caduta di Giovanni II viene meno la dinastia dei Plantageneti ed ecco che si apre una nuova fase del conflitto soprannominata “fase Lancasteriana” proprio perché i protagonisti di tale fase sono i Lancaster.
Come accennato poc’anzi, l’Inghilterra sfrutta la guerra civile scoppiata in Francia per fare i propri interessi e infatti si schiera con i Borgognoni di Giovanni senza Paura, senza però dargli un aiuto realmente risolutivo in termini militari. Lo sfruttamento inglese di questa difficile situazione in Francia continua anche con il successore di Enrico IV (morto il 20 marzo 1413), cioè il figlio Enrico V.
L’ambizione di questo nuovo re inglese è fatto noto, ma lui stesso dopo essere stato designato come nuovo sovrano si pone come “colui che rivendica ciò che spetta legittimamente alla corona inglese”, quindi inizia a reclamare attraverso la diplomazia: chiede al legittimo governo francese (gli Armagnacchi) la cessione del Maine, della Turenna, dell’Aquitania, dell’Angiò, della Normandia, l’omaggio della Bretagna, la sovranità della Fiandra, della Provenza, dell’Artois e infine la mano di Caterina, figlia di Carlo VI.
Le richieste vengono concesse poiché gli Armagnacchi non vogliono che Enrico V si allei con i Borgognoni in caso di rifiuto. Tutto infatti viene consegnato agli inglesi, ad eccezione della Normandia e così, nel 1415, Enrico V si imbarca con il suo esercito alla volta della Francia. La via diplomatica fallisce.
Sbarcato in Francia nell’agosto del 1415, l’invasore inglese mette sotto assedio Harfleur e la conquista, intanto però Armagnacchi e Borgognoni si riavvicinano (se pur con diffidenza reciproca) per fronteggiare insieme Enrico V, così radunano un grande esercito e il 25 ottobre 1415 incontrano ad Azincourt il nemico. Qui gli inglesi sconfiggono pesantemente i francesi infliggendo loro gravissime perdite soprattutto tra i nobili.
Vittorioso e col morale alle stelle, Enrico V torna in Inghilterra per rafforzare la propria posizione, difatti sigla vari accordi tra cui quello con l’imperatore del Sacro Romano Impero, Sigismondo (che legittima le rivendicazioni di Enrico V in cambio del suo appoggio per terminare la questione relativa allo “Scisma d’Occidente”) e quello con Giovanni senza Paura (esso si impegna a riconoscere Enrico V come re di Francia dopo aver conquistato gran parte dei territori francesi).
Grazie a questi importanti appoggi e alla tragica situazione politico-militare francese, Enrico V sbarca nuovamente in Francia nell’agosto del 1417, occupandone tutta la parte settentrionale. Nonostante la morte di Giovanni senza Paura nel 1419, gli Armagnacchi sono costretti a scendere a patti con gli inglesi, così si arriva al trattato di Troyes stipulato tra Enrico V e Carlo VI in cui si sancisce che Enrico prende in sposa la figlia di Carlo, Caterina di Valois, e i loro figli avrebbero un giorno preso la corona francese (e quindi anche quella inglese). Il figlio di Carlo VI, il delfino Carlo VII viene allontanato dalle varie cariche dinastiche poiché responsabile dell’assassinio di Giovanni senza Paura, ma le cose sono destinate a non andare come stabilito dal trattato.
Enrico V muore nel 1422 e così la corona di Francia e Inghilterra passa a suo figlio Enrico VI, di soli 9 mesi di età e concepito dalla moglie Caterina di Valois. Contemporaneamente muore anche Carlo VI e così il figlio, il delfino Carlo VII (spogliato di ogni titolo) viene meno agli accordi sanciti col trattato di Troyes e punta alla corona di Francia. Alla luce di tali pretese, gli inglesi riprendono le ostilità, forti di una posizione sempre superiore rispetto a quella francese, e tra il 1423 e il 1428 li sconfiggono a più riprese, ma le cose iniziano a volgere in favore della Francia dal 1429.
In questo anno, gli inglesi stanno assediando la città di Orléans, ma una giovane contadina di Domremy, Giovanna d’Arco, convince Carlo VII a dargli supporto grazie all’altissima fede che essa stessa emana (racconta di essere stata mandata, scelta dall’arcangelo Michele affinché la Francia venga liberata dalla minaccia inglese) e contro ogni pronostico riesce a far ritirare gli inglesi da Orléans grazie ad una sortita. Con una tale impresa, il morale francese si rinvigorisce ed essi iniziano a riprendere terreno, con grande soddisfazione di Carlo VII che però non si dimostra incisivo, dato che dopo aver riconquistato alcune città, decide di non avanzare ma di difendere le posizioni conquistate.
L’utilità di Giovanna d’Arco è ormai venuta meno nel 1430, così i Borgognoni la catturano durante la battaglia di Compiègne e la vendono agli inglesi per 10 mila scudi. Nel 1431 viene bruciata viva sul rogo accusata di eresia, senza che Carlo VII l’aiutasse in qualche modo. Evidentemente il suo personaggio era diventato scomodo per tutti.
Ora che il sovrano francese ha riconquistato molti territori in patria, è conscio di dover porre fine alla guerra civile che dilania ormai da anni il suo fronte interno, così il 21 settembre 1435 viene firmato il trattato di Arras che pone finalmente termine alla guerra civile tra Armagnacchi e Borgognoni, anche se non affronta le questioni relative al conflitto tra Francia e Inghilterra.
L’ultimo periodo della guerra dei cent’anni prima della pace (1435-1453)
Nonostante i termini sanciti col trattato di Arras, la guerra tra Francia e Inghilterra continua. Il 9 luglio 1436, Filippo III di Borgogna (detto il Buono) assedia Calais in mano inglese e di tutta risposta l’Inghilterra reagisce sbarcando per l’ennesima volta sul continente, occupando progressivamente le Fiandre. Ciononostante, dal 1438 si iniziano a stipulare alcune tregue dettate più che altro da motivi economici, ma si parla di tregue blande che non comportano nulla di significativo.
Neanche la mediazione di Isabella di Portogallo riesce a porre un reale stop alle ostilità, quando nel luglio 1439, a Gravelines, si intavolano nuovi negoziati al fine di arrivare ad una pace definitiva. Questa di fatto non si ottiene perché Enrico VI non rinuncia al suo titolo di re di Francia. Ecco perché l’incontro si rivela infruttuoso.
Ora, dal 1440 al 1442 la Francia deve vedersela con un nuovo problema interno: diversi prìncipi francesi, che considerano insufficienti i privilegi concessi loro dalla corona e troppo rapidi i processi della centralizzazione dei poteri monarchici avviati da Carlo VII, tentano di rovesciare gli esponenti del potere centrale (compreso Carlo VII), anche con l’aiuto (limitato) degli inglesi. Come risposta, Carlo VII organizza e partecipa in prima persona al cosiddetto viaggio di Tartas, conquistando Saint-Sever e Dax.
La risposta inglese è comunque poco incisiva poiché le risorse iniziano a scarseggiare, quindi il “partito della pace” capeggiato da William de la Pole, conte di Suffolk, riesce a convincere il parlamento e lo stesso Enrico VI ad avviare dei trattati di tregua a Tours. Questi si intavolano nel 1444 e sanciscono una tregua fino al 1446.
Le ostilità riprendono solo nel 1448, quando Carlo VII inizia ad invadere e a riconquistare tutti gli ex territori francesi caduti in mano inglese nel corso del tempo, ad eccezione della Guascogna che, seppur caduta in un primo momento nelle mani dei francesi grazie all’aver conquistato la capitale Bordeaux (1451), vengono prontamente ricacciati dall’Inghilterra per via di una controffensiva condotta da John Talbot, conte di Shrewsbury, che se ne riappropria nel 1452.
L’evento che sancisce il definitivo crollo inglese è però da collocare al 1453, quando John Talbot ingaggia le forze francesi nella battaglia di Castillon ma perisce insieme al figlio e a molti suoi uomini, decretando così un’amara sconfitta per il suo sovrano Enrico VI, insieme alla conseguente perdita di Bordeaux e della Guascogna, dell’intera Guienna e della Normandia. Come se non bastasse, scoppia anche una guerra civile in terra inglese. La battaglia di Castillon rappresenta quindi la fine della Guerra dei Cent’anni, anche se per ora nessun trattato sancisce ufficialmente la fine di tale conflitto. Bisogna attendere fino al 1475 per vedere il termine ufficiale della guerra (29 agosto), quando viene firmato il trattato di Picquigny.
Quella dei “cento anni” è la guerra con cui inizia la transizione dall’età feudale all’età moderna. Tale cambiamento sarà sempre più evidente d’ora in poi, come si vedrà successivamente con la Guerra dei Trent’anni, con le imprese napoleoniche, con la Prima Guerra Mondiale, con la Seconda Guerra Mondiale e con la Guerra Fredda; saranno questi gli eventi che modificheranno le Nazioni stesse fino a renderle tali.
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- P. Contamine, La Guerra dei Cent’anni, il Mulino, 2013
- A. de Lévis Mirepoix, La guerra dei cent’anni. La nascita dell’Europa moderna da Edoardo III a Giovanna d’Arco, Res Gestae, 2016
- L. J. Taylor, Giovanna d’Arco e la Guerra dei Cent’anni, Bruno Mondadori, 2010