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Saragat un presidente dimenticato
Il 28 Dicembre 1964, quando gli italiani hanno più a cuore il festeggiamento del vicino Capodanno piuttosto che la politica, a Roma viene eletto al Quirinale l’onorevole Giuseppe Saragat. La gestazione dell’evento prende le mosse da un fatto inusuale: le dimissioni presentate il 6 Dicembre dal Presidente in carica Mario Segni per gravi motivi di salute e il fatto inaspettato ha anticipato di molto le manovre per la nomina di un successore, cogliendo in contropiede i notabili di tutti i partiti.
La partita non è giocata bene dalla Democrazia Cristiana (DC) che si vede costretta al compromesso sul nome di Saragat bruciando i propri candidati forti Fanfani e Leone, per non cedere alle sinistre finalmente e fortemente unite sul nome di Pietro Nenni. Saragat è uomo di sinistra ma certamente molto meno radicalizzato e anticlericale del sanguigno leader romagnolo. Al ventunesimo scrutinio, quindi, Giuseppe Saragat divenne il quinto Presidente della Repubblica Italiana.
Vita di Giuseppe Saragat
Nato il 19 Settembre 1898 a Torino, Giuseppe Efisio Giovanni Saragat appartiene ad una famiglia della media borghesia: il padre era un avvocato sardo che si era trasferito nella città sabauda nel 1892 mutando il proprio cognome da Saragattu-Mulinas in Saragat. Professava idee liberali che aveva trasmesso ai propri tre figli insieme ad una forte passione per la montagna che purtroppo tolse la vita ad uno di loro: Ennio, il primogenito, muore infatti in giovane età per un incidente alpinistico.
Nel 1916 Giuseppe Saragat , come tanti suoi coetanei, viene chiamato alle armi nel Primo Conflitto mondiale con il grado di tenente ed in una battaglia sul Carso merita una Croce di Guerra al Valore. Rientrato dal Fronte, consegue la laurea in scienze economiche che gli permette di impiegarsi presso la Banca Commerciale Italiana come funzionario. Contestualmente all’avvento del fascismo, Saragat si avvicina ’alle idee socialiste non tanto, come ebbe poi a dichiarare, per vocazione ideologica, quanto per un sincero spirito di solidarietà verso “la gente povera oppressa dai figli di papà”.
Il suo punto di riferimento politico è da subito il riformismo di Filippo Turati con cui inizia una fattiva collaborazione diventando esponente importante del Partito Socialista Unitario nato dall’espulsione dal PSI dei gradualisti e presieduto da Giacomo Matteotti. Nel 1924 dopo lo scioglimento di tutte le forze politiche di opposizione voluto da Benito Mussolini, Saragat lavora per ricostituire clandestinamente il partito che assunse il nome di Partito Socialista dei Lavoratori Italiani ed è costretto, a causa delle leggi eccezionali fasciste, ad abbandonare l’Italia e a raggiungere il 20 Novembre 1926 Vienna dove entra in contatto con i circoli intellettuali che teorizzavano la conciliabilità’ delle idee marxiste con la socialdemocrazia, e queste esperienze condizioneranno per sempre la sua convinzione politica allontanandosi definitivamente dal radicalismo socialista.
Il mutato clima politico austriaco lo convince, nel 1929, a raggiungere a Parigi Turati e Pertini, a loro volta fuoriusciti dai confini italiani per sfuggire alle galere fasciste. Nella capitale transalpina, per sbarcare il lunario, il futuro Presidente si inventa rappresentante di vini e qui nacque, probabilmente, la sua passione per il buon bere che lo accompagnò per il resto della sua vita, tanto da farlo soprannominare dal sempre caustico Indro Montanelli il “Presidente Barbera”. A Parigi stringe un’alleanza politica con Pietro Nenni , nel frattempo unitosi al gruppo di transfughi, per tentare una riunificazione delle anime socialiste, ma le divergenze politiche ed intellettuali tra i due saranno sempre ben visibili, tanto da farli per sempre definire come “i cari nemici“.

Giuseppe Saragat e la Resistenza
All’indomani del 25 Luglio 1943, Saragat rientra in Italia e può partecipare alla prima Direzione Centrale del ricostituito PSI che prese il nome di PSIUP e diventare il direttore dell’Avanti, giornale del partito. La libertà è effimera perchè Saragat viene arrestato dai nazisti insieme a Sandro Pertini e rinchiuso nel “braccio della morte“ di Regina Coeli da cui riesce ad evadere il 24 Gennaio 1944 grazie ad una rocambolesca azione organizzata dai partigiani guidati da Giuliano Vassalli. Riconquistata la libertà, rientra nella clandestinità e, stabilendosi a Milano, riprende la direzione del giornale e partecipò alla fondazione ed alle decisioni del CNL.
Il dopoguerra
Nell’immediato dopoguerra Giuseppe Saragat è ambasciatore d’ Italia a Parigi e convinto assertore dell’idea repubblicana, il 2 Giugno 1946 sarà eletto all’Assemblea Costituente di cui rimase Presidente fino al febbraio del 1947. In occasione della sua nomina a Presidente egli tiene un famoso discorso che suonava come una richiesta di pacificazione all’indomani della sanguinosa guerra civile italiana, tema che tutti i leader, Togliatti in testa, faranno proprio.
In quei mesi febbrili, l’impegno politico di Saragat era volto soprattutto ad impedire il prosieguo dell’ alleanza tra Socialisti e Comunisti, e quando si rende conto che il suo progetto era destinato a naufragare, nel gennaio del 1947 guida la famosa Scissione di Palazzo Barberini, dalla quale rinasce il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. All’indomani della rottura del patto di governo tra De Gasperi da una parte, ed i socialisti nenniani ed i comunisti dall’altra, il partito voluto da Saragat entra a far parte della coalizione di governo a guida DC , ed egli diviene vice presidente del Consiglio nei primi esecutivi guidati dallo statista trentino.
La rottura con la sinistra “storica“ italiana, fu insanabile, e alle epocali elezioni politiche del 1948 Saragat si schiera contro il Fronte Popolare, l’alleanza social-comunista voluta dall’amico-nemico Pietro Nenni, ed ottiene 43 seggi al Parlamento italiano. Nei mesi successivi, il Fronte gli rimprovera aspramente la sua alleanza con la Democrazia Cristiana , e sull’ Avanti e sull’Unità non era inusuale leggere attacchi in cui lo si definiva “social-fascista”, “social-traditore” o “rinnegato”.
Il culmine dell’odio politico verso Saragat avviene il 14 Luglio 1948 quando in occasione del dibattito alla Camera sull’ attentato a Palmiro Togliatti, Giancarlo Pajetta lo apostrofò definendolo “ traditore, traditore del socialismo e delle sue idee”. Il solco tra il partito di Saragat ed il Fronte Popolare, si allarga maggiormente quando il Parlamento è chiamato ad esprimersi sull’adesione dell’ Italia al Patto Atlantico ,di cui lo statista piemontese era un convinto assertore.
All’interno del PSLI , però, comincia a determinarsi un profondo malcontento: si rimprovera al leader la sua sudditanza sempre più marcata dalla DC ed il contemporaneo allontanamento dalle idee socialiste, tanto che la suddetta mozione riguardante l’ ingresso nella NATO, è approvata per un solo voto di scarto, determinando una ovvia crisi politica. I dibattiti che seguono portano ad una ennesima scissione e nel 1951 vede la luce finalmente il Partito Socialista Democratico Italiano di cui Saragat diventa segretario e che per gli anni seguenti fu la stampella riformista di tanti governi a guida DC .
Indubbiamente , però, il PSDI può essere considerata la testa di ponte che permise, da lì a pochi anni, la formula di governo di centro-sinistra con l’ingresso dei socialisti al potere. La visione sinceramente atlantista di Saragat, ed il suo ostracismo nei confronti di Mosca, a volte più radicale di quello di De Gasperi, convincevano sempre più gli USA che un ingresso di socialisti riformisti al governo italiano, non sarebbe stato poi così catastrofico come si temette all’indomani del 1948.
Nel 1956 Pietro Nenni , a differenza dei comunisti, condanna l’invasione sovietica dell’Ungheria, e questo determina un suo riavvicinamento in chiave riformista al PSDI aprendo il dialogo con le forze di centro. All’indomani delle elezioni politiche del 1958, viene varato il secondo governo Fanfani, retto da DC e PSDI con l’appoggio dei repubblicani e con i socialisti ancora all’opposizione ma questa volta con un atteggiamento di “non belligeranza”. E’ Aldo Moro che riesce a vincere le ultime resistenze sia interne di Confindustria e Vaticano, sia estere di Washington, e varò il 4 dicembre 1963 il primo governo organico di centro sinistra affidando a Giuseppe Saragat la prestigiosa poltrona di Ministro degli Affari Esteri.
Saragat uomo di governo
Giuseppe Saragat non è uomo di governo di cui si ricordano fatti eclatanti: nella sua posizione di Ministro degli Esteri non si discosta mai da una posizione subordinata agli interessi degli Stati Uniti riguardo lo scenario internazionale, posizioni che in effetti lo vedevano, da convinto anti comunista, assolutamente d’accordo e mai critico. Il suo ministero non era, per definizione, votato al fronte interno e questo fa sì che al suo nome non siano legate alcune delle riforme importanti di quegli anni.
Un episodio lo vede però indiscusso protagonista: il 22 luglio 1964 lo statista piemontese ed Aldo Moro, partecipano al famoso colloquio (alcuni la definirono lite furibonda) con il Presidente della Repubblica Antonio Segni all’indomani della scoperta del presunto tentativo di colpo di stato ordito dal generale Di Lorenzo.
Al culmine della discussione il Presidente è colto da trombosi cerebrale e anche se nessuno dei partecipanti all’incontro fece dichiarazioni in merito, si presume che Saragat e Aldo Moro avessero accurato Segni di essersi mostrato troppo morbido nei confronti dell’ufficiale infedele, se non di averlo addirittura segretamente appoggiato. La condizione invalidante del Presidente Segni si dimostra nelle settimane successive talmente grave da non permettergli di proseguire nel suo ufficio, tanto che viene sostituito, come da Costituzione, dal Presidente del Senato Cesare Merzagora e questo porta inevitabilmente alle sue dimissioni ad alla ricerca di un successore per il Quirinale.
Saragat Presidente della Repubblica italiana
Occorre ricordare che nelle elezioni presidenziali del 1962 che videro appunto la vittoria di Segni, Saragat partito come candidato di bandiera del PSDI, vide confluire sul suo nome anche i voti di PSI e PCI e la sua sconfitta era stata determinata solo dall’accettazione da parte della Democrazia Cristiana dei voti determinanti della destra monarchica e neo fascista.
Decisi ad una rivincita all’apertura delle votazioni PSDI e PSI votano per Saragat mentre la DC schiera Giovanni Leone ed il PCI Umberto Terracini. In casa democristiana, dopo i primi scrutini infruttuosi, emerge la forte candidatura di Amintore Fanfani, le cui simpatie riformiste si sperava convincessero l’area socialista che invece fece confluire i propri voti su Pietro Nenni .
Si aprì un feroce stallo che rischiava per la seconda volta di essere risolto dai non graditi ma indispensabili voti dell’ estrema destra e per evitare una forse insanabile frattura tra le aree democratiche del paese, il centro sinistra votò quasi compatto per Giuseppe Saragat, che incarnava quell’aurea di riformismo che in quegli anni rappresentava ad un tempo la speranza e la novità politica del nostro paese.

Giuseppe Saragat fu quindi eletto alla massima carica dello stato in quella che fu, sino ad allora, l’elezione più contrastata della storia della giovane Repubblica Italiana. Appena preso possesso del suo alto ufficio, Saragat dimostra di non voler essere un notaio super partes , soprattutto in tema di politica estera , e quale convinto atlantista, si schiera parecchie volte con il nuovo Ministro degli Esteri Amintore Fanfani, che invece non sempre si dimostra disposto ad accettare le direttive americane , soprattutto in merito alla questione araba , dove gli Stati Uniti appoggiano incondizionatamente le ragioni di Israele.
Nasce pertanto una sorta di diarchia tra la Farnesina ed il Quirinale che solo l’abilità politica del Presidente del Consiglio Aldo Moro riesce a stemperare. Viene organizzato un viaggio a Washington dove Saragat e Fanfani chiariscono le loro posizioni con l’alleato , fugando i dubbi sulla lealtà dell’Italia nei confronti degli U.S.A.
L’ascesa di Saragat al Quirinale sprona i leader socialisti a tentare ancora una volta la riunificazione delle loro forze, cosa che avvenne il 30 Ottobre 1966, quando da PSI e PSDI nasce il PARTITO SOCIALISTA UNIFICATO. La nuova compagine, però, non incontra il consenso delle urne e nelle elezioni politiche del 1968 l’arretramento è palpabile: ben 29 seggi in meno alla Camera .
Nenni e Saragat tentano di usare il loro carisma per salvare il PSU , ma le correnti più intransigenti , guidate da De Martino e Lombardi, spingono per recuperare i voti persi a sinistra e disfarsi dello scomodo alleato che ancora una volta raccoglie i propri fedelissimi e ritorna alla sua idea di socialdemocrazia. Durante il proprio settennato, Giuseppe Saragat non esercita mai il proprio diritto di rimandare un provvedimento alle Camere per riesame e le nomine dei Presidenti del Consiglio rispecchiano sempre i voleri dei partiti, senza alcuna critica o personale iniziativa, ed in questo è palese la sua diversità dal predecessore Mario Segni che cercava invece di essere un Presidente alla De Gaulle .
Gli ultimi anni di Giuseppe Saragat
Giuseppe Saragat termina il settennato presidenziale il 29 Gennaio 1971, e diviene, come previsto dalla Costituzione, Senatore a vita. Non lascia l’attività politica ma anzi continua a prodigarsi per il suo partito di cui diviene ancora nel 1976, seppure per pochi mesi, segretario. Muore l’11 Giugno 1988 ed anche il suo funerale diventerà oggetto di discussione tra i partiti di sinistra: ad una celebrazione cattolica presso la Chiesa di Santa Chiara a Roma fece seguito una sosta a Piazza Navona dove fu suonata l’Internazionale Socialista, chiaro esempio delle due anime che per tutta la vita costituivano il pensiero dello statista.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Federico Fornaro, Giuseppe Saragat, Saggi Marsilio, 2004.
- Giuseppe Donno, Socialisti Democratici, Feltrinelli.
- Giuseppe Saragat, Scritti e discorsi, Mursia.