CONTENUTO
Giulio Cesare in fuga da Silla
Gaio Giulio Cesare nasce in una nobile famiglia patrizia. Sostiene di discendere tramite Rea Silvia (madre di Romolo, primo re di Roma) da Iulo (o Julo) – Ascanio, figlio di Enea a sua volta figlio di Venere/Afrodite. Quindi vanta di discendere dagli dei.
Come se non basti Cesare, durante l’elogio funebre della zia Giulia Maggiore, pronuncia che per lato materno la zia discende da Anco Marzio o Marcio, quarto re di Roma. Quindi di nuovo reclama l’ascendente regale. Queste presunte origini divine e nobili non lo aiutano nei suoi primi anni. Infatti la zia Giulia è moglie e vedova di Gaio Mario, acerrimo nemico di Lucio Cornelio Silla e padrone della scena politica durante la gioventù di Giulio.
Lo zio influenza le sue scelte politiche. Giulio appoggia i populares schierati contro gli optimates favoriti dal regime. Sposa Cornelia, figlia di Lucio Cornelio Cinna, un altro capo dello populares. Silla detesta apertamente il giovane. Blocca la sua carica da Flamen Dialis e gli ordina di divorziare. Neanche a dirlo Cesare rifiuta e il suo nome è inserito nelle liste di proscrizione.
Le liste consentono la caccia e l’eliminazione dei proscritti. É costretto nascondersi nella Sabina, secondo Plutarco. Cambia rifugio ogni notte e secondo le fonti antiche corrompe gli assassini che lo trovano. Questo è un momento di test per il giovane. Il comportamento adottato ci fa capire che non è un uomo qualsiasi, è combattivo e risoluto anche in mezzo alle difficoltà. Per sua fortuna Silla abbandona il tentativo di eliminazione.
Lo salva l’intervento della madre Aurelia, dello zio Aurelio Cotta, schierato con gli optimates, e delle Vestali, sacre e importanti sacerdotesse. Svetonio scrive che il dittatore è frustrato dalla cecità degli alleati e pronuncia: “non capite che in Cesare ci sono molti Gaio Mario”. Viene quindi paradossalmente salvato anche dai suoi nemici.
Giulio Cesare, un amante focoso
Giulio Cesare si gode la vita. Gli piace divertirsi e non si pone particolari problemi nel decidere come intrattenersi. Un aspetto decisamente avventuroso e vulcanico della sua personalità è la bisessualità. Ama donne e uomini e lungo la sua esistenza ha numerosi amanti. Tra i più celebri sono da menzionare:
- Servilia Cepione
- Nicomede IV Filopatore
- Cleopatra Tèa Filopàtore
Servilia Cepione, la mamma del cesaricida Bruto
Tra le amanti di Cesare quella di più vecchia data è Servilia. Non si conosce il momento esatto in cui iniziano a incontrarsi, ma l’ipotesi di Svetonio è che precede i matrimoni della donna. Queste sono le parole con cui lo storico commenta la relazione: “Ante Alias Dilexit Marci Bruti Matrem Serviliam – Cesare amò Servilia, la mamma di Marco Bruto più di ogni altra”. La frase lascia intendere che, fra i molti amanti del dittatore, Servilia è quella più amata.
La relazione, nota ai contemporanei, suscita scandalo, ma Giulio non è un tipo che bada troppo alle convenzioni. Il loro rapporto influenza le dinamiche della relazione tra il figlio della donna, Marco Giunio Bruto capo e promotore del futuro cesaricidio, e l’amante. Il figlio non approva il rapporto della madre e durante la guerra civile si schiera con Pompeo. Lo salva solo l’affetto provato da Cesare per Servilia e dà l’ordine di risparmiarlo durante la battaglia di Farsalo. La decisione è gravida di conseguenze.
Nicomede IV Filopatore e la regina di Bitinia
Un altro celebre amante di Cesare è il re di Bitinia Nicomede IV. Il regno di Bitinia è al I a.C. alleato di Roma in Asia. Silla è nel momento del suo massimo potere e Giulio decide di allontanarsi dalla capitale. Va in oriente e serve come legatus di Marco Minucio Termo, all’epoca magistrato nella provincia d’Asia.
In quelle zone le acque del mare sono infestate dai pirati. Termo confida nel sostegno del re alleato, chiede supporto con delle navi per contrastare la pirateria dilagante. Tuttavia Nicomede tarda a consegnare gli aiuti. Il magistrato invia quindi il giovanissimo Cesare alla corte del sovrano per sollecitare la consegna. Giulio Cesare si trova bene alla corte, dove è accolto tra agi e ricchezze. A sua volta Nicomede è affascinato da questo giovane rampollo e non si risparmia a farlo sentire benvenuto. A quanto pare in tutti i sensi.
Nicomede quindi non tergiversa più a fornire il suo aiuto ai romani nella lotta ai pirati. Concede le navi che Cesare porta prontamente a Termo. Tuttavia, effettuata la consegna, torna alla corte del re e questo fa speculare le ipotesi più incandescenti. La rapidità del successo della missione diplomatica è dovuta a più di un motivo, tra i quali incide il rapporto tra il nobile romano e il sovrano. I contemporanei, da lì in poi, lo prendono in giro con numerose ingiurie. Lo definiscono la Regina di Bitinia.
L’avventura di Cesare con Nicomede gli causa lo scherno a vita di avversari politici, ma anche sostenitori. Un esempio celebre è all’alba della campagna di Gallia. Durante una riunione del senato Giulio promette di tornare coperto di gloria e di ingrandire il dominio romano. A queste affermazioni un avversario risponde: “sarà difficile per una donna!”, alludendo a quanto avvenuto anni prima in oriente. La risposta del futuro conquistatore delle Gallie è: “Già Semiramide regno dell’Assiria, le Amazzoni sull’Asia!”
Cleopatra Téa Filopàtore, un incontro clandestino
La più famosa amante del dittatore e quella che maggiormente influenza la vita politica dello stato romano è Cleopatra. La relazione tra Giulio e la futura regina d’Egitto, nasce nel contesto della guerra civile romana e della guerra dinastica egiziana. Cleopatra è in lotta con il fratello Tolomeo XIII per il controllo del regno. Cesare è diretto nel regno perché lì decide di nascondersi Pompeo e resta invischiato nella lotta tra i due consanguinei.
Alcuni dicono che partecipa a questa lotta perché si innamora della giovane donna. Altri sostengono che partecipa a questa contesa per un freddo calcolo, controllare un territorio ricco di risorse.
Probabilmente le ipotesi sono entrambe vere. Controllare l’Egitto anche indirettamente è un’assicurazione per una fonte di alimentazione incredibile. In più Cesare è sicuramente affascinato dalla giovane, che ha un carattere, una personalità e uno spirito unici.
Divertente è il primo incontro clandestino descritto da Luciano Canfora, basato sul racconto di Plutarco: “Sul fare della notte una piccola imbarcazione si accostò alla reggia … inosservata. Poco dopo un uomo, … un mercante di tappeti, chiedeva di essere condotto al cospetto di Cesare … Una volta ammesso, srotolò il suo fagotto sotto gli occhi divertiti del generale romano. Ne emerse sdraiata … Cleopatra … Cesare rimase affascinato dalla sfrontatezza della donna”.
Questa scena è ripresa in molte opere tra cui il film del 1963 Cleopatra con Elizabeth Taylor come protagonista. Consiglio di guardarlo. Queste relazioni non sono tutte le relazioni del condottiero. Non dimentichiamo che si è sposato quattro volte nella sua vita. Inoltre nel Carme 57 di Catullo è accusato di avere una relazione con un ufficiale del suo esercito. Tutto ciò ci dà un’idea chiara, Cesare ha avuto molte storie d’amore.
Corona Civica e lungimiranza politica
Negli anni della giovinezza Giulio Cesare non si limita ai soli piaceri. Ha un obiettivo chiaro: scalare la società romana e raggiungere il vertice. Si lancia quindi in ogni sorta di impresa che lo può aiutare ad arrivare sulla vetta di Roma. Nel periodo passato al servizio di Termo partecipa all’assedio di Mitilene. La città è l’ultimo presidio di resistenza al potere romano nella regione. Durante gli attacchi Cesare è protagonista di diverse azioni eroiche che salvano la vita dei cittadini romani.
Le sue gesta gli fanno meritare la corona ob cives servatos, un riconoscimento davvero importante. L’ascesa al potere di Giulio Cesare non è determinata solo da guerre vittoriose, ma anche dalla sua capacità di riuscire a scegliere con chi allearsi e in quale lotte inserirsi. Questa capacità di scelta si palesa già da giovane. Ecco un esempio. Alla morte di Silla rientra a Roma. Viene avvicinato da Marco Emilio Lepido, padre del futuro triumviro e omonimo.
Lepido progetta di demolire la costituzione sillana e rivoluzionare lo stato. Cesare valuta la proposta e rifiuta di collaborare. Intuisce che l’impresa è in mano ad una persona poco affidabile e con un piano destinato a naufragare. Infatti, nemmeno a dirlo, Lepido marcia infruttuosamente su Roma e, contrastato da Catulo, fugge in Sardegna dove muore da lì a poco. Questo episodio ci dice chiaramente che Cesare possiede un incredibile lungimiranza politica, un’abilità necessaria per scalare il potere.
Giulio Cesare avvocato ed oratore eccellente
Tornato a Roma Cesare non resta con le mani in mano. Cerca consenso e prestigio presso il popolo. Sceglie una strada tranquilla tra virgolette e decide di contrastare gli avversari in tribunale. Da avvocato diventa il difensore delle cause dei provinciali, coloro che sono stati maggiormente colpiti dai sostenitori di Silla.
Denuncia per concussione Gneo Cornelio Dolabella, commessa mentre è proconsole in Macedonia. Il discorso di Giulio è molto efficace e Dolabella si salva solo grazie all’aiuto dell’avvocato Ortensio, il migliore dell’epoca, e del supporto del regime sillano ancora vivo. Il discorso di Cesare è costruito così bene, che due secoli dopo è ancora studiato da chi si forma per diventare avvocato.
Un secondo caso lo vede difensore dei provinciali Greci. In questa seconda occasione accusa di taglieggiamento, estorsione e speculazione un altro esponente del regime sillano, Gaio Antonio Ibrida. Questa volta fa addirittura meglio di prima e Ibrida deve appellarsi ai tribuni per scampare la condanna.
Giulio Cesare conquista con queste azioni un ampio consenso presso il popolo e i provinciali. Tuttavia si trova costretto a lasciare Roma di nuovo. Il regime sillano è ancora vivo e tra i suoi esponenti ha molti nemici, motivati a eliminarlo dopo queste vicende. Decide di andare a Rodi, per un viaggio di istruzione e ottenere una formazione greca.
Un’avventura tra i pirati
Un avventura davvero singolare che vive Cesare è il rapimento dei pirati. É in viaggio verso Rodi, ma arrivato a Farmacussa la sua nave subisce un abbordaggio di pirati cilici che infestano la zona. Giulio viene quindi sequestrato con alcuni servi.
Adesso magari vi immaginate che il giovane romano si faccia prendere dal panico e supplichi per la sua vita. Niente di più sbagliato. Il giovane patrizio non si scompone minimamente e si comporta con perfetta nonchalance, quasi fosse in vacanza.
I pirati chiedono un riscatto per la sua vita per un ammontare di venti talenti, cifra esorbitante a quei tempi. Per avere un’idea un talento vale migliaia di euro odierni, venti sono una cifra da capogiro. Cesare è sdegnato per una cifra tanto bassa. Replica che lui vale almeno cinquanta talenti e si impegna per dare quella cifra. I pirati si sono fatti una grassa risata e lo hanno tenuto prigioniero per trentotto giorni.
Durante la prigionia Giulio è padrone della situazione, cosa del tutto naturale in caso di rapimento. Chiede il silenzio dei carcerieri durante la notte per riposare. Compone poesie e ne discute con i suoi rapitori. Se non capivano il significato li insulta e gli dà degli ignoranti. Li minaccia “scherzosamente” di morte per impiccagione, una volta libero. I pirati lo trovano un intrattenimento esilarante.
Arriva finalmente il riscatto e una volta libero Cesare arma delle navi a Mileto. Insegue i pirati e li cattura. L’azione fulminea lo aiuta a cogliere di sorpresa i suoi carcerieri e lo facilità nella cattura. Tuttavia per punire i pirati deve chiedere l’intervento del propretore d’Asia, Marco Iunco. Infatti non può procedere ad una punizione diretta, perché in quel momento è solo un privato cittadino che reclama giustizia.
Iunco però non vuole accontentarlo. Pensa di vendere i prigionieri come schiavi e impossessarsi del bottino usato per riscattare il concittadino. Cesare, furbo come sempre, intuisce le intenzioni del magistrato e anticipa le disposizioni. Decide di mettersi di nuovo in mare. A questo punto giustizia da solo i pirati e in uno slancio di umanità, come ci riportano Svetonio e Plutarco, li fa strangolare prima della crocifissione. Che brava persona!!
Elogio funebre insolito
Giulio Cesare ha una personalità singolare ed è un anticonformista per molti aspetti. Mostra questa caratteristica in numerose occasioni e un momento di cui abbiamo notizia sono le Laudatio Funebris (elogi funebri) fatte ai funerali della zia Giulia, di cui abbiamo già parlato, e della moglie Cornelia.
Fare un discorso pubblico per la morte di un persona illustre è un rito tradizionale. Il futuro padrone di Roma usa la Laudatio Pro Iulia per sottolineare le origini nobili della famiglia. Inoltre, durante la processione che precede il discorso, mostra in pubblico le immagini dello zio Mario e del figlio Gaio Mario il giovane. Il gesto è importante perché per la prima volta da anni sono mostrate le immagini di leader passati amati dal popolo. Questo atto simbolico è apprezzato dal popolo che vede in Cesare il suo nuovo leader.
Fin qui però non c’è nulla di particolarmente eccentrico. L’uso strumentale a fini di propaganda di momenti anche tristi della vita personale dei politici romani è una cosa abbastanza comune. Allora vi chiederete dove si colloca l’anticonformismo in questa occasione? Cesare pronuncia una secondo elogio per la moglie, noto come Laudatio Pro Cornelia. É insolito pronunciare un discorso per la morte di una giovane donna.
Cornelia ha 25-26 anni al momento del suo decesso. Tuttavia è un gesto apprezzato dal popolo, che ama la donna per i comportamenti distanti dalle storiche matrone romane. É un anticonformista come il marito. Da tutto ciò si trae la conclusione che Cesare ama sinceramente la defunta moglie.
Inoltre Cornelia dà alla luce Giulia, unica figlia legittima del dittatore. La ragazza vuole molto bene al padre, che a sua volta la ama moltissimo. Ha anche un ruolo importante nella politica paterna. Infatti sposa Gneo Pompeo Magno di cui è davvero innamorata ed è ricambiata. Cementa così l’alleanza tra i due leader finché resta in vita. La moglie di Cesare quindi ha anche il merito di avere fatto nascere una donna che per molti anni è l’ago della bilancia tra due degli uomini più importanti della storia romana.
Indebitato fino al collo
Giulio Cesare appartiene alla nobiltà romana. Abbiamo già spiegato velocemente quali origini. Non ci dilunghiamo oltre su questo aspetto. Magari invece non sapete che è povero. Si avete letto bene. Il nostro protagonista anche se appartiene all’aristocrazia non naviga in buone acque per quanto riguarda la ricchezza economica. Intendiamoci, non è che vive in mezzo alla strada come uno straccione, ma per gli standard sociali della classe dominante romana è uno squattrinato.
Ecco questo è uno dei più grandi ostacoli alla carriera politica nell’antica Roma. Essere poveri significava non poter finanziare le campagne politiche, non avere un seguito di clienti e in definitiva non poter aspirare ad accedere alle magistrature.
Cesare è ben cosciente di questo limite e aggira il problema con la sua abilità di condizionare gli altri, di affascinare le persone e tramite l’uso strumentale del supporto popolare di cui gode la sua famiglia. In particolare quest’ultimo aspetto è importante.
I politici romani cercano sempre il favore popolare. Il favore della plebe conferisce il controllo degli interessi delle masse. Garantire questi interessi conferisce potere e un seguito pronto a dare supporto nei momenti di difficoltà.
Aggancia le figure ricche con il pretesto del favore popolare e si fa finanziare le campagne politiche. Tra tutti il più importante è Marco Licinio Crasso, uno dei più ricchi romani di sempre, che lo sostiene diverse volte durante le campagne per le magistrature a cui si candida e in particolare durante la campagna per raggiungere il consolato.
Veloce digressione. Se volete sapere di più su Crasso vi consiglio, terminato questo articolo, la lettura sui Fatti della storia de La battaglia di Carre e la morte di Crasso nella guerra contro i Parti, di Valeria Dieci.
Giulio Cesare è costretto a indebitarsi fino al collo con molte persone e fa numerose promesse. Promette leggi in senato, promette terre, promette forti ricompense ai soldati. Insomma fa quello che fanno tutti i politici, promette. Tuttavia cerca anche di mantenere la parola. Curioso vero?
Le modalità con cui ripaga i debiti e mantiene le promesse sono di difficile verifica. Svetonio è l’unica fonte e quindi bisogna prendere con cautela le sue parole. Per esempio ci dice che durante la guerra di conquista della Gallia: “spogliò i templi zeppi di doni votivi e distrusse le città più spesso per depredare che per punire”. Quindi la campagna è motivata anche dall’esigenza di appianare i debiti contratti, cosa che non risulta difficile da immaginare. Conquistare dà, oltre al prestigio, la possibilità concreta di accumulare ricchezze tramite il bottino, terre per ripagare i soldati, nuovi spazi di commercio.
Aneddoti gallici
La conquista delle Gallie è uno dei momenti più noti, conosciuti e studiati della carriera di Cesare. Non ci soffermiamo sui dettagli di tutte le fasi della guerra, perché serve un articolo lungo solo per l’intera campagna. Diciamo solo che i giudizi in merito, sia antichi sia moderni, sono contrastanti. Le scelte del condottiero romano dividono la critica e molte delle operazioni portate avanti urtano la sensibilità.
Un esempio eclatante è il massacro delle popolazioni di Usipeti e Tecnterii dove sono sterminati indiscriminatamente uomini, donne, vecchi e bambini. Questo è solo un esempio dei molti brutali episodi di cui Giulio e i suoi alleati sono protagonisti. La guerra dovremmo saperlo non porta mai nulla di buono e basta studiare la storia per capire questo concetto.
In questa sede parliamo di alcuni elementi che fanno parte della campagna e che hanno contribuito alla conquista:
- cifrario di Cesare
- la flotta gigante dei Veneti
- Ambiorige l’imprendibile
Il cifrario di Cesare
Il nostro protagonista ha molti nemici. Deve stare sempre attento anche agli alleati e valutare bene le scelte da operare. La guerra poi richiede un livello di allerta massimo specialmente quando si distribuiscono informazioni sensibili. All’epoca non esisteva un modo per distribuire le informazioni se non a mano con messaggi scritti o a voce.
Svetonio ci racconta che il generale romano si inventa un modo per comunicare con i suoi ufficiali, senza correre il rischio di far trapelare le informazioni al nemico anche in caso di intercettazione dei messaggi. Usa dei messaggi crittografati con un codice che noi oggi conosciamo come Cifrario di Cesare. Il cifrario è abbastanza semplice per gli standard moderni. È un cifrario a scorrimento con una chiave di tre.
Cosa significa chiave di tre?
Praticamente alla lettera A corrisponde la lettera D, alla B la E, all C la F e così via fino alla fine dell’alfabeto. In fase di scrittura si scorre sempre di tre lettere. I messaggi scritti con questo algoritmo sono abbastanza semplici come potete capire. Forse vi domandate se è sicuro? Dipende.
Oggi non lo è affatto. Uno perché conosciamo la chiave di lettura, appunto una chiave a tre. Due perché la crittografia moderna è molto più complessa e si basa su più chiavi, che non si limitano al semplice scorrimento delle lettere. Al tempo di Giulio invece le persone istruite e in grado di leggere sono pochissime, quindi non corre praticamente rischi in caso di intercettazione.
Il cifrario contribuisce molto alla campagna. Esiste per il generale un modo per distribuire le informazioni veloce e sicuro. Può così gestire più fronti contemporaneamente e dare le giuste istruzioni durante le varie battaglie anche se non è fisicamente presente su tutti i fronti.
La flotta gigante dei Veneti
Tra le tante popolazioni celtiche o galliche (come li definiscono i romani) che combatte Cesare menzioniamo i Veneti. In Gallia? Si avete letto bene.
Non sono i veneti moderni e nemmeno la popolazione dei Veneti o paleoveneti stanziata in Italia in epoca antica, che si è ormai integrata nella civiltà romana. Parliamo di una popolazione celtica che abita le zone della Bretagna. È una popolazione fiera in possesso di una flotta imponente, circa 220 navi secondo Canfora nel suo Giulio Cesare Il dittatore democratico.
Il generale romano si trova qui ad affrontare un ostacolo non indifferente. Il suo esercito non ha una flotta e deve quindi costruirne una nuova per poter combattere. Le navi nemiche sono gigantesche, con vele enormi sorrette da alberi maestri ricavati dall’intero fusto di alberi di quercia adulti. Non sono però dotate di remi, un assenza cruciale nella lotta con i nemici.
I romani costruiscono navi più piccole, maneggevoli e le dotano di remi. Resta lo scoglio della differenza di dimensioni che rende l’abbordaggio difficile, ma il condottiero romano ha un’intuizione che lo porta alla vittoria. Fa costruire delle falci legate a delle pertiche e le lancia, mantenendo una distanza di sicurezza, sulle vele delle navi nemiche. Riesce così a tagliare e strappare il sistema di manovra dei Veneti, che sono ora in balia delle correnti e impossibilitati a muoversi non avendo remi a bordo. Inutile dire che una volta abbordati i nemici non riescono a tenere testa ai romani, superiori nello scontro corpo a corpo.
Ambiorige l’imprendibile
Tra i numerosi condottieri e capi che si trova ad affrontare Cesare ne menziona uno che lo stupisce per le sue capacità. Vercingetorige? No. Anche se il capo degli Arverni è l’avversario più conosciuto di quelli affrontati in Gallia, non è il solo guerriero che ha stupito e messo in difficoltà il buon Giulio.
Un altro uomo merita una menzione, Ambiorige. Questo capo guida un’altra popolazione celtica gli Eburoni e dà inizio a quella rivolta che si sviluppa in più fasi e trova il suo apice nella lotta con Vercingetorige. Combatte in diverse occasioni i romani. Riesce a distruggere un forte con tutti gli uomini al suo interno e mette in grave difficoltà gli ufficiali di Cesare.
Alla fine il generale deve soccorrere i suoi uomini e si mette ad inseguire l’avversario che riesce sempre a sfuggirgli. Sebbene sia frustrato dalla tenacia del capo gallico, il condottiero scrive nei suoi commentari che è ammirato per la bravura dimostrata nella fuga e nella capacità di salvarsi. Ambiorige scappa nei territori germanici oltre il Reno e scompare dalla storia per sempre, per quanto ne sappiamo fino ad ora.
Fatti divertenti e curiosi sulla guerra civile
La guerra civile è un altro dei grandi momenti che vive Cesare. L’ultimo. Anche in questo caso non scendiamo nei dettagli della lotta. In futuro magari scriveremo un articolo a questo proposito. Raccontiamo invece tre fatti che forse non conoscete, su tre eventi di grande importanza. Riguardano:
- il famoso passaggio del Rubicone;
- l’alleanza con Cleopatra;
- la vittoria di Zela.
Giulio si perde sul fiume Rubicone
Una delle scene più iconiche che riguardano la vita di Cesare è sicuramente il passaggio del confine sul Rubicone e lo scoppio della guerra civile. Tutti colleghiamo questo momento al notissima espressione “il dado è tratto” o a seconda dell’espressione latina che preferite la più nota “Alea Iacta Est” o la versione data per più veritiera da Erasmo da Rotterdam “Iacta Alea esto”.
Personalmente ho sempre immaginato la scena così: Giulio Cesare a cavallo che arriva all’alba al Rubicone. Forte, fiero e con l’esercito alle spalle. Si ferma sulla sponda del fiume e scruta per 10 secondi il confine inviolabile. Lo sguardo si fa deciso e pronuncia con spavalderia “Alea Iacta Est”. E avanza lentamente con il suo esercito verso il suo destino.
Chi non farebbe così? Sembra tutto naturale. Vedi un confine inviolabile e pronunci frasi carismatiche. Ovviamente è un volo di fantasia che spero vi faccia ridere. Ma giuro che io ho sempre immaginato così la scena. Però fin qui non ho raccontato nulla di nuovo o divertente, a parte il mio personale volo di fantasia.
Quello che forse molti non immaginano è che il nostro protagonista si è perso la sera prima di questo momento iconico che avvia la guerra civile romana. Giulio tenta fino all’ultimo di trovare un compromesso con il senato e Pompeo. Gli avversari volevano farlo tornare a Roma da privato cittadino, per poterlo condannare ed eliminarlo dalla scena politica.
Lui invece chiede almeno una magistratura, così nel caso di processo doveva avere un trattamento consono, e la dismissione delle sue truppe insieme a quello di Pompeo. Non si fa ovviamente illusioni che si raggiunga questo accordo. Infatti fa avanzare alcune coorti del suo seguito fino al confine. Lui intanto è fermo a Ravenna.
La sera prima del passaggio gli è chiaro che gli avversari non vogliono accontentarlo e decide di raggiungere queste coorti. Porta con sé un piccolo gruppo di uomini e viaggia con un carretto di muli presi in prestito da un povero mugnaio. Teme di essere riconosciuto anche di notte sul suo cavallo in caso di agguato. Nessuno si può invece aspettare che usi un carretto e dei muli. Come ulteriore misura di sicurezza prende un sentiero secondario che non conosce e attraversa un bosco che non conosce.
Cosa è successo secondo voi? Si è perso ovviamente. Vaga nel bosco per tutta la notte e alla fine deve chiedere indicazioni ad un pastore incontrato sul cammino. Riesce così a raggiungere i suoi uomini dopo un’intera notte di camminata. Personalmente ho trovato questo aneddoto esilarante.
Se volete sapere di più su quanto accaduto consiglio la lettura dell’articolo di Mirko Muccilli, 11 gennaio 49 a.C.: Cesare varca il Rubicone e dà inizio alla guerra civile.
Cleopatra alleata di Pompeo Magno
Siamo tutti abituati all’idea che Cesare e Cleopatra sono una coppia di amanti dal momento in cui si sono incontrati e alleati fin dal principio. La realtà è ben diversa. I romani conoscono e sono in contatto con gli egiziani già da secoli e man mano che procede la loro espansione questo legame diventa sempre più forte e pressante. La civiltà romana è in ascesa mentre quella ellenistica dell’Egitto in crisi e in decadenza. I regni precedenti quello di Cleopatra subiscono sempre di più l’interferenza dei romani nella gestione interna del regno. La lista dei magistrati che vogliono ridurre il regno egiziano a provincia è lunga e tra questi c’è anche Pompeo.
L’avversario di Cesare, prima della guerra civile, gestisce gli interessi di Roma in oriente. In particolare è grazie al suo appoggio che Tolomeo XII Aulete, padre di Cleopatra, sale sul trono. Non entro nel merito di questa questione dinastica lunga e complessa, ma accenno solo al fatto che il re ha forti difficoltà a legittimare la sua posizione e si indebita con Pompeo e i romani. Questo debito e la necessità di legittimarsi si trasmettono ai suoi eredi che si contendono il regno proprio nel periodo della guerra civile.
Dato che il padre ha fino giovato dell’appoggio dell’avversario di Cesare, con chi credete che si siano schierati gli eredi al momento dello scoppio della guerra civile romana? Risposta ovvia. In oriente tutti sono convinti che Pompeo poteva essere l’unico a vincere la guerra. Cleopatra mantiene il potere con il sostegno di milizie romane e incontra il figlio di Pompeo, in viaggio tra gli alleati orientali alla ricerca di aiuto. Secondo varie fonti tra cui Plutarco, non esita a dare il suo contributo e concede 500 soldati e 60 navi cariche di grano.
Quindi Cleopatra prima della sconfitta di Farsalo è per certo una alleata di Pompeo. Quando Giulio arriva in Egitto, la regina si trova nella necessità di entrare nelle sue grazie e far dimenticare l’aiuto concesso all’avversario. Come?
Fa ricorso al suo fascino, la sua perizia politica e diplomatica, gioca la carta della seduzione. L’idea di diventare amante del generale e influenzare le decisioni non è casuale. Cleopatra si informa sulle abitudini, i gusti e gli orientamenti del generale romano prima di incontrarlo. Scopre che ama le avventure d’amore e lo seduce. Il frutto di questa sua mossa è ben noto.
Vittoria fulminante
Una delle frasi che attribuiamo a Giulio Cesare e che sono nell’immaginario collettivo è la famosa: “Veni Vidi Vici”. Tradotto letteralmente con un sono venuto, ho visto la situazione e ho vinto. Siamo di nuovo in uno di quei momenti della vita del dittatore, dove l’immaginazione corre e magari tendiamo a pensare che vive di pane, acqua e frasi iconiche.
Ecco gli eventi che riguardano questa ennesima espressione sono sempre all’interno del contesto della guerra civile. Dopo aver risolto la situazione egiziana, Cesare cerca di normalizzare l’oriente e le relazioni con gli alleati. La guerra ha portato ad un allentamento della presa romana sui territori orientali e alcuni usano questo momento di difficoltà per svincolarsi dal dominio o per farsi riconoscere come autorità.
Uno di questi è Farnace II, figlio di Mitridate VI. Farnace approfitta della contesa tra i romani. Cerca di mettere sotto il suo controllo le ex regioni del regno paterno. Quando però Giulio si presenta nella regione cerca un accordo diplomatico. Il generale romano detta le sue condizioni e, non sappiamo bene se per merito suo, induce Farnace ad una politica di rinvio delle trattative. La speranza di Farnace è che il condottiero sarebbe tornato a Roma costretto dalla pressione di normalizzare la situazione nella capitale. Quindi si ferma a Zela.
Storia molto breve, Cesare lo raggiunge in una sola notte, lo assedia in grande stile e obbliga lo scontro armato. Gli avversari tentano un attacco con dei carri, ma la legione VI fa piegare gli avversari in una fuga disordinata e ottiene una vittoria fulminea.
La rapidità con cui Giulio Cesare ottiene questo successo è espressa nella sintetica frase “Veni, Vidi, Vici”, comunicata a Roma con un messaggio e poi esibita di nuovo su un cartello in processione quando celebra i trionfi a fine guerra civile.
Calendario mese di luglio
Chiudiamo l’articolo in leggerezza con un’ultima curiosità. Vi siete mai chiesti perché il nostro anno dura 365 giorni? Perchè non 364 o 366, oppure 371? Oppure perché abbiamo un anno bisestile ogni 4 anni? La risposta a tutte queste domande è grazie a Giulio Cesare.
Fino al 46 a.C. i romani hanno usato vari calendari, via via aggiornati e sistemati. Tuttavia c’era sempre uno scarto temporale e i giorni dei calendari non corrispondevano mai ai giorni effettivi dell’anno. Cesare, in qualità di pontefice massimo, decide di mettere mano a questa situazione e trovare una soluzione definitiva.
I giorni dell’anno diventano 365 e il mese di Febbraio conta 29 giorni ogni quattro anni per compensare gli scarti temporali che si creano. A onore della cronaca queste riforme sono completate sotto il regno di Augusto, che omaggia il padre adottivo modificando il mese Quintilis in Iulius (Luglio) e dà il suo nome al mese Sextilis ovvero Augustus (Agosto).
Non vi è sfuggito che i nomi precedenti sono Quintilis e Sextilis, vero? Significano il quinto mese e il sesto mese. Però per noi Luglio e Agosto sono rispettivamente il settimo e l’ottavo mese. Perché questa differenza?
Beh i romani fanno partire l’anno da Marzo e non da Gennaio come facciamo noi. Quindi, contando da Marzo, quei mesi si trovavano rispettivamente nel quinto e sesto mese dell’anno. Il calendario riformato da Cesare è noto come calendario Giuliano ed è usato fino al 1582, anno in cui viene istituito il calendario Gregoriano.
Conclusione
Bene l’articolo è concluso. Spero vi sia piaciuto e vi abbia divertito, sorpreso ed emozionato. Penso di si se siete arrivati fin qui. Io di sicuro mi sono divertito a scoprire tutti questi fatti meno noti della vita di Cesare. Ovviamente questa è solo una carrellata che non esaurisce tutte le avventure del nostro protagonista.
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Materiale video consigliato
Video informativi su Giulio Cesare presenti su Youtube:
- Scripta Manent – Giulio Cesare. Tutta la vita del più grande romano
- Lezione di Luciano Canfora – Giulio Cesare (100 a.C.-44 a.C.) – di Luciano Canfora [2016]
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Luciano Canfora, Giulio Cesare. Il dittatore democratico, Laterza, 2006.