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Il 12 aprile 1973 a Milano una manifestazione promossa dal Movimento Sociale Italiano (MSI), degenerata in violentissimi scontri, porta alla morte dell’agente della celere Antonio Marino, ucciso da una bomba a mano lanciata da neofascisti contro i reparti della polizia.
Il MSI a Milano
I vertici del MSI e del Fronte della Gioventù hanno indetto per il 12 aprile una manifestazione con un comizio di Ciccio Franco a Milano. Scopo della manifestazione è “dimostrare contro la violenza rossa”. Il corteo dovrà sfilare da Piazza Cavour a Piazza Tricolore, luogo del comizio.
La questura meneghina, nella persona del prefetto Libero Mazza, pone il veto all’evento poco prima dell’inizio della sfilata, per gravi motivi di ordine pubblico. Franco, il leader dei Moti di Reggio, è noto per le istigazioni alla violenza, e la questura vuole evitare una recrudescenza degli atti criminosi legati alle attività missine. Inoltre, alla parata partecipano militanti dei gruppi più “duri” della destra eversiva, tra cui Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo, provenienti da tutta Italia. La situazione è esplosiva e il comizio è il detonatore per probabili atti di violenza.
Il fallito attentato del 7 aprile
La manifestazione, nei progetti missini, deve essere preceduta da un attentato a un treno, organizzato dai neofascisti ma da attribuire alla sinistra eversiva. Tale attentato, attuato il 7 aprile, cinque giorni prima della manifestazione di Milano, fallisce. Nico Azzi, appartenente al gruppo neonazista “La Fenice”, all’altezza della stazione ferroviaria di Santa Margherita Ligure si fa esplodere tra le mani la bomba mentre la innesca sul treno Torino-Roma. Azzi rimane ferito e viene arrestato. Questo fa fallire il progetto di indire la manifestazione del 12 aprile come riposta a un presunto terrorismo rosso.
Al fine di operare un’azione di depistaggio preventivo, Azzi e i suoi complici hanno a lungo ostentato copie del giornale “Lotta Continua” e hanno preparato una rivendicazione falsa a nome del gruppo della sinistra extraparlamentare. Inoltre, l’attentato ha lo scopo riorientare a sinistra le indagini su Piazza Fontana, da qualche mese sulle piste delle cellule di Ordine Nuovo del Veneto.
12 aprile 1973: la morte di Antonio Marino
Nonostante il divieto giunto dalla questura deciso anche in seguito alle pressioni delle forze democratiche dopo il fallito attentato, il MSI conferma la sua manifestazione del 12 aprile contro la violenza comunista “nelle città e nelle scuole”.
Nonostante il divieto i manifestanti alle 17.30 si radunano ugualmente. Guidati dal vicesegretario Franco Servello e dall’onorevole Francesco Petronio, alle 18.30 marciano verso la prefettura per protestare contro il divieto. La parata è caratterizzata da numerosi atti di violenza e di teppismo, per cui viene schierato il III reparto Celere. Vi sono diverse schermaglie tra forze dell’ordine e missini.
I fascisti si scatenano nel quartiere Monforte-Venezia di Milano in una serie di violenze contro circoli culturali, sedi di giornali e associazioni democratiche e persino contro singoli passanti intimiditi e malmenati, sino al lancio di tre bombe a mano contro la polizia. Antonio Marino viene colpito in petto dalla seconda bomba, che lo uccide sul colpo: al momento della morte aveva ventidue anni. Gli scontri con la polizia causano inoltre 26 feriti tra polizia e carabinieri, 8 tra i fascisti e sono seguiti da 64 arresti.
La reazione del MSI
All’indomani, il “Secolo d’Italia”, organo di stampa ufficiale del MSI, cerca di attribuire a infiltrati di sinistra nella manifestazione la responsabilità degli incidenti e l’uccisione dell’agente Marino. Poi il partito tenta di dissociarsi dalle violenze collaborando alle indagini di polizia. Mette persino una taglia di 5 milioni di lire sugli uccisori di Marino. I soldi vanno a Gianluigi Radice, segretario provinciale del Fronte della Gioventù che la sera stessa dei fatti rende una dettagliata deposizione sui fatti.
Vengono arrestati Vittorio Loi, di 21 anni, e Maurizio Murelli, di 19 anni. Identificati i colpevoli, l’MSI nega ogni rapporto con i due giovani. Il Fronte della Gioventù li presenti come “appartenenti al movimento extraparlamentare di estrema destra Avanguardia Nazionale in combutta con il ministero dell’Interno”.
Accusa anche il ministro dell’Interno Rumor, il prefetto e il questore di Milano di essere “i mandanti e gli assassini morali” di Antonio Marino. Ciò nonostante, Murelli all’atto dell’arresto ha con sé la tessera del partito. Anche Loi è noto per la sua militanza politica, per cui il disconoscimento di fatto non ha successo.
Il MSI non può evitare un cospicuo danno d’immagine agli occhi dell’opinione pubblica e per di più la vicenda guasta i rapporti tra il partito e le frange giovanili di estrema destra. Sebbene pubblicamente il MSI offre un’immagine legalitaria e rispettabile e dichiara di essere lontano dai gruppi più estremisti ed eversivi, i rapporti che intrattiene con essi risultano evidenti negli eventi del 12 aprile 1973.
Il giovedì nero di Milano del 12 aprile 1973