Il 27 gennaio 1945, l’Armata Rossa varcava i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, mostrando al mondo la barbarie perpetrata dal regime nazionalsocialista.
Nel 2000 venne istituita in Italia la Giornata della Memoria che ricorre proprio il 27 gennaio, il giorno della liberazione di Auschwitz. SCOPRI L’ACCADDE OGGI DEL GIORNO
L’Armata Rossa entra ad Auschwitz, 27 gennaio 1945
A partire dal 1942, il rastrellamento e la deportazione delle popolazioni ebraiche, sinti, rom e dei dissidenti politici si estese su tutto il territorio del Terzo Reich. Persino quando ormai la guerra per il regime nazista si avviava definitivamente verso la sconfitta, con l’Armata Rossa che si avvicinava al cuore del Reich, gli alleati che preparavano lo sbarco in Normandia e le lotte di liberazione che imperversavano in tutta Europa, gli ufficiali ed i gerarchi nazisti non arrestarono le deportazioni.
Inizialmente, ad Auschwitz arrivarono gli ebrei della Slesia ma ben presto i treni della morte giunsero da ogni parte d’Europa. Gli orrori perpetrati all’interno dei campi di concentramento come Auschwitz furono sotto gli occhi dell’Armata Rossa quel 27 gennaio, quando le divisioni di fanteria sovietiche varcarono i cancelli.
Le testimonianze dei soldati dell’Armata Rossa
Quando entrarono nel campo, i soldati sovietici non avevano idea di ciò che di lì a poco avrebbero trovato. Le porte dell’inferno si sarebbero spalancate dinanzi ai loro occhi, mostrando il carico di morte che si era perpetrato nel cuore dell’Europa. Qui di seguito alcune delle testimonianze degli uomini dell’Armata Rossa che, il 27 gennaio 1945, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
«Ciò che abbiamo visto non si può immaginare nemmeno in un incubo: migliaia di scheletri viventi che non avevano nemmeno la forza di tenere in mano un cucchiaio. Allungavamo delle scodelle di zuppa e loro mangiavano immergendoci le dita dentro e succhiandosele»
– Vasilij Petrenko, tenente generale della 107° divisione di fanteria sovietica
«Accedere all’interno delle baracche senza una benda per coprire la bocca e il naso era impossibile. I letti a castello erano disseminati di cadaveri. Da sotto i letti talvolta uscivano scheletri semivivi che giuravano di non essere ebrei. Nessuno osava credere in una possibile liberazione»
– Anatolij Shapiro, maggiore della 107° divisione di fanteria sovietica
«Percorremmo duecento metri circa e incontro a noi corsero i prigionieri, 300 persone in camicioni a righe. Noi ci mettemmo all’erta, sapevamo che i tedeschi si camuffavano. Ma allora si era trattato proprio di prigionieri. Piangevano, ci abbracciavano. Raccontavano di come in quel luogo avessero annientato milioni di persone. Tuttora ricordo quando ci dissero che da Auschwitz avevano spedito 12 vagoni di sole carrozzine per bambini.»
– Vasilij Gromadskij, comandante del battaglione sovietico
«Fantasmi che non si tenevano in piedi mi strappavano il pane di mano. Piangevano e mi abbracciavano»
– Avkhad Gilmanov, carrista sovietico