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“Giolitti. Un leader controverso”, il libro di Massimo L. Salvadori

Il libro delinea la figura e la «filosofia politica» di Giovanni Giolitti e ne ripercorre la controversialità che arriva sino a oggi tra intransigenti detrattori e sostenitori. L’intento del presente saggio è di penetrare nell'imperituro dibattito su Giolitti, la personalità più eminente della classe dirigente del paese negli anni del suo governo tra il 1903 e il 1914, che non a caso presero il nome di "età giolittiana".

di Agostino Raso
30 Dicembre 2021
TEMPO DI LETTURA: 3 MIN
Giovanni Giolitti

Giovanni Giolitti

Il libro “Giolitti. Un leader controverso” di Massimo L. Salvadori edito da Donzelli editore è un saggio su Giovanni Giolitti, protagonista della storia politica italiana e presidente del Consiglio per quasi un decennio dal 1903 al 1914. “E’ un fatto che nessun uomo di governo nella storia dell’Italia unita (a parte naturalmente Mussolini) divise tanto profondamente le opinioni degli italiani come lo statista piemontese” constata Salvadori che ha scritto con il proposito di far comprendere storicamente chi era Giolitti. Salvadori, oltre a delineare la figura e la “filosofia politica” di Giolitti, ne ripercorre la controversialità che arriva sino a oggi, tra intransigenti detrattori come Salvemini, Gramsci, Sturzo ed Einaudi (per i quali era il “ministro della mala vita”) e sostenitori come Croce, Ansaldo e Salvatorelli (che lo reputavano, invece, il “ministro della buona vita”).

Giolitti: un imperituro dibattito

Giovanni Giolitti incarna questo imperituro dibattito (“una delle grandi polemiche del Novecento italiano”). Ripetutamente presidente del Consiglio nel trentennio tra il 1892 e 1921, Giolitti è stato esecrato come un “dittatore” od osannato quale Cavour redivivo. Al suo nome è legato un paradosso che lo storico tenta in questo libro di sciogliere. Nonostante l’indiscusso profilo di statista, nonostante l’incontestabile crescita economica e l’inoppugnabile progresso sociale della cosiddetta “primavera italiana”, Giolitti è destinato a rimanere a lungo nella storia politica del nostro paese come uno dei personaggi più controversi, bersaglio d’un florilegio di invettive che rimbalzano nel lessico contemporaneo: “despota illuminato”, “cinico ribaldo”, `boss d’Italia”, “brigante”, “figura porca”, “mago dei trasformismi”, “manutengolo del fascismo”, “Giovanni Battista di Mussolini” e in ultimo, “ministro della mala vita”, il più celebre degli epiteti ancora in circolo nell’attuale scena politica.

Il copyright per lo più appartiene al talento espressivo di Gaetano Salvemini, un fervente storico e polemista che credeva nella democrazia. Ma alcuni degli argomenti usati contro il leader piemontese furono condivisi da un arco vastissimo che teneva insieme socialisti massimalisti, destra reazionaria, cattolici intransigenti, nazionalisti guerrafondai, intellettuali liberisti. E avrebbero segnato il bilancio storiografico e politico del suo operato fino alla fine del Novecento.

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Il “problema Giolitti”

La figura di Giovanni Giolitti è riconosciuta, secondo un incontrastato giudizio, come la personalità più eminente della classe dirigente del paese negli anni del suo governo tra il 1903 e il 1914, che non a caso presero il nome di “età giolittiana”, e in quelli che seguirono alla guerra mondiale e sfociarono nel fascismo.

Il “problema Giolitti” può essere sintetizzato nel fatto che egli trasmise ai suoi contemporanei e in seguito agli storici immagini decisamente divergenti in relazione all’interrogativo: fu la sua opera un raro esempio di «buongoverno» oppure di «malgoverno»? Fu Giolitti un grande e benefico statista per l’Italia che evocava per le sue benemerenze quelle di Cavour oppure un artefice di trasformismo, di corruzione dello spirito pubblico, di manipolazione delle istituzioni parlamentari e di protezione degli interessi del più evoluto Nord, investito da un trascinante decollo industriale, a scapito di quelli del Sud agrario, trascurato e condannato a restare in una condizione di degradante arretratezza politica, civile e sociale?

Nodo cruciale che chiunque si misuri con l’interpretazione del fenomeno che venne chiamato “giolittismo” si trova a cercare di sciogliere è quello che attiene alle ragioni per le quali, nonostante nel primo quindicennio del XX secolo il paese abbia conosciuto un progresso economico senza precedenti (paragonabile per importanza e significato unicamente al miracolo economico avvenuto dopo la fine della seconda guerra mondiale), Giolitti abbia visto schierate contemporaneamente contro di sé vaste forze in accordo le une con le altre unicamente per l’avversione nei suoi confronti.

Qui sta dunque la chiave dell’interpretazione della personalità di Giolitti prima della guerra mondiale e nel dopoguerra quando, nel 1920-21, riprese le redini del potere, ottenendo alcuni notevoli successi, ma da ultimo dovette assistere al fallimento del suo disegno politico di pacificazione nazionale di fronte al divampare via via più forte dell’azione sovversiva del fascismo. È un fatto che nessun uomo di governo nella storia dell’Italia unita (a parte naturalmente Mussolini) divise tanto profondamente le opinioni degli italiani come lo statista piemontese.

L’intento del presente saggio è di penetrare nel vero e proprio caleidoscopio costituito dalle varie e controverse immagini di Giolitti fornite prima dai suoi contemporanei e successivamente dagli studiosi. Data la statura dell’uomo e l’importanza della sua opera, coloro che gli hanno rivolto in maniera significativa la loro attenzione – uomini politici, intellettuali e studiosi – sono stati assai numerosi. Di questi l’autore ha fatto ovviamente una selezione, che però ritiene sufficientemente ampia e rappresentativa per dare conto dei termini di quella che è stata una delle «grandi polemiche» del Novecento italiano. Per rendere efficaci le immagini a noi trasmesse sia da Giolitti stesso sia dai suoi ammiratori e detrattori, egli ha ritenuto necessario fare ricorso a molte citazioni tratte da scritti e discorsi.

 

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Giolitti. Un leader controverso, Massimo L. Salvadori, Donzelli editore

Agostino Raso

Agostino Raso

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. E' socio dell'Istituto Ugo Arcuri per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea in provincia di Reggio Calabria (istituto associato all'Istituto Nazionale Ferruccio Parri. Rete degli istituti per la storia della resistenza e dell'età contemporanea). Autore del libro "Rivolta fascista o di popolo? I partiti politici di fronte alla rivolta di Reggio e la strage di Gioia Tauro". Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con le case editrici. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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