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Home Storia Moderna Rivoluzione Francese

Georges Danton: vita, pensiero politico e morte del Rivoluzionario

La biografia completa di Georges Jacques Danton figura centrale e carismatica della Rivoluzione Francese. Avvocato di formazione, oratore potente e uomo del popolo, fondatore del Tribunale rivoluzionario e leader dei Cordiglieri, egli si dimostra abile nel guidare le masse con passione e pragmatismo. Ma il suo spirito indipendente e la sua opposizione (in un secondo momento) al Terrore lo portano presto allo scontro con Maximilien Robespierre. La sua parabola si conclude tragicamente, ma lascia un’impronta indelebile nella storia della rivoluzione.

di Mirko Muccilli
4 Maggio 2025
TEMPO DI LETTURA: 11 MIN
Georges Danton (1759;1794), orateur et homme politique

Georges Danton (1759;1794), orateur et homme politique

CONTENUTO

  • Georges Jacques Danton, riassunto della vita e dell’attività rivoluzionaria
  • Le origini familiari di Georges Danton
  • L’infanzia turbolenta di Danton, segnata da incidenti
  • Gli studi a Troyes: tra oratori e autori proibiti
  • Il trasferimento a Parigi e la carriera legale di Georges
  • Danton: matrimonio, carriera e primi segni del futuro rivoluzionario
  • I primi passi tra i Cordiglieri di Georges Danton
  • Il ruolo di Danton nelle giornate di agosto e settembre 1792
  • Georges Danton, l’oratore rivoluzionario e il tribuno del popolo
  • Il ruolo di Danton nel Terrore e nel Comitato di Salute Pubblica
  • Danton: un rivoluzionario stanco del terrore
  • Danton e Robespierre
  • Il Terrore come strumento di lotta politica: l’arresto di Danton e Camille Desmoulins
  • Il processo a Danton e la sua condanna a morte
  • Arresto, processo e morte di Danton nel film “La rivoluzione francese”
  • Danton, il film del 1982 con Gerard Depardieu e Wojciech Pszoniak
  • La cena e il dialogo tra Danton e Robespierre

Georges Jacques Danton, riassunto della vita e dell’attività rivoluzionaria

Georges Danton nasce in una famiglia borghese di provincia e diventa avvocato a Parigi nel 1787. Sin dall’estate del 1789 si impone come uno degli agitatori più influenti del Club dei Cordiglieri e, dopo la fuga del re a Varennes nel giugno 1791, è tra i primi a sostenere la necessità di instaurare una Repubblica in Francia. Nel dicembre 1791 viene nominato sostituto procuratore della Comune ed è tra i fautori dell’insurrezione del 10 agosto 1792, evento che porta alla definitiva caduta della monarchia. Successivamente diventa ministro della Giustizia, unico montagnardo in un governo girondino, e appoggia le esecuzioni sommarie dei prigionieri politici durante le stragi di settembre. Convinto della necessità di difendere la Rivoluzione, sostiene la leva di massa contro le invasioni straniere e l’uso del terrore per reprimere i nemici interni.

Eletto alla Convenzione Nazionale nel settembre 1792, inizialmente cerca una linea moderata per concludere la Rivoluzione e negoziare la pace, ma i girondini respingono le sue proposte, spingendolo nuovamente verso la fazione radicale della Montagna. Nel 1793 contribuisce alla caduta dei girondini ma i contrasti con Robespierre e le accuse di corruzione lo indeboliscono politicamente. Attaccato duramente prima dagli hébertisti e poi dai robespierristi, in quanto guida della corrente degli “indulgenti”, viene arrestato il 31 marzo 1794 con l’accusa di cospirazione, processato e, infine, ghigliottinato il 5 aprile del 1794.

Le origini familiari di Georges Danton

Georges Jacques Danton nasce il 26 ottobre 1759 ad Arcis-sur-Aube, una cittadina della Champagne. Appartiene a una famiglia borghese di provincia: il padre Jacques Danton, figlio di un ricco contadino, si trasferisce ad Arcis verso la fine del 1749 per assumere la carica di usciere. Dopo la morte della prima moglie e dei figli nati da quel matrimonio, Jacques sposa Jeanne-Madeleine Camut, da cui ha sette figli. Georges è il quinto. Quando il padre muore nel 1762, la madre resta sola a crescere i figli e si risposa con Jean Recordain, commerciante di grano. Questo ambiente familiare segna profondamente l’infanzia di Danton, che cresce tra stabilità borghese e fragilità economica.

L’infanzia turbolenta di Danton, segnata da incidenti

Da bambino, Danton si dimostra vivace, curioso e ribelle. Ama la natura, le scorribande nella campagna e i bagni spensierati nelle acque del fiume Aube. La scuola lo entusiasma poco e presto si fa notare più per la fisicità che per il rendimento. In questa fase subisce diversi incidenti che ne segneranno l’aspetto fisico per tutta la vita: a un anno viene colpito da un toro al volto, riportando una vistosa cicatrice al labbro; successivamente un calcio di cavallo gli rompe il naso e il vaiolo lascia diverse tracce sulla pelle. Cresce così con un viso segnato ma espressivo, una statura imponente e una voce tonante che diventeranno i suoi tratti distintivi in età adulta.

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Gli studi a Troyes: tra oratori e autori proibiti

Nel 1772, per desiderio dello zio curato, Georges lascia Arcis per iniziare gli studi al seminario di Troyes. Qui prosegue la sua formazione nel collegio degli Oratoriani, dove studia fino alla classe di retorica. Sebbene non sia un allievo brillante a causa della dislessia, ottiene buoni risultati grazie alla memoria e a un’oratoria fuori dal comune. Studia latino, greco, storia e legge con passione anche Rabelais, Montaigne e qualche autore in lingua inglese e italiana, nonostante siano all’epoca proibiti. Ottiene il premio di latino e si lega ad amici fidati come Jules François Paré ed Edme-Bonaventure Courtois, i quali lo accompagneranno per tutta la vita.

Danton, anonimo, Musée Carnavalet

Il trasferimento a Parigi e la carriera legale di Georges

Nel 1780, deciso a intraprendere la carriera forense, Danton si trasferisce a Parigi. Inizia a praticare legge nello studio dell’avvocato Jean-Baptiste François Vinot, che lo ospita sull’Île Saint-Louis. Qui entra in contatto con i meccanismi della giustizia parigina, seguendo cause civili spesso legate a questioni di famiglie nobiliari. Intanto si appassiona al clima intellettuale della capitale, frequentando caffè e ambienti culturali. È un giovane curioso, incline alla discussione e alla lettura dell’Encyclopédie, l’opera ambiziosa e monumentale degli illuministi.

Danton: matrimonio, carriera e primi segni del futuro rivoluzionario

Nel 1787 sposa Antoinette-Gabrielle Charpentier, figlia di un ricco borghese, ottenendo una dote di 20.000 lire. Con il denaro acquista la prestigiosa carica di avvocato ai Consigli del Re, una delle più ambite dell’Ancien Régime. Pur adattandosi inizialmente all’ambiente conservatore, comincia presto a esprimere idee liberali e a frequentare ambienti progressisti. Già allora, nei caffè parigini e nei circoli filosofici, la sua voce risuona forte, profetica, destinata a guidare folle intere verso la rivoluzione.

I primi passi tra i Cordiglieri di Georges Danton

Georges Danton si getta nel vortice della Rivoluzione Francese non troppo per adesione ideologica o dottrinale, ma per il suo naturale istinto d’azione e per una spiccata intuizione politica. Non è un fanatico giacobino, ma un realista capace di leggere la situazione concreta del paese. La sua forza non risiede nella teoria, ma nella capacità di interpretare e guidare le passioni popolari. Nell’estate del 1789, Danton è già in prima linea con altri noti rivoluzionari come Jean Paul Marat, Camille Desmoulins, Hébert e Chaumette. Diventa una delle figure centrali del Club dei Cordiglieri, un circolo politico popolare e radicale, dove si oppone attivamente ai moderati del Comune di Parigi, come Bailly e il marchese La Fayette.

Il suo intervento in difesa di Marat, efficace per impedirne l’arresto, lo rende noto in tutta Parigi. Danton conquista le folle non solo con le idee, ma con l’abile esposizione del corpo, con la forza fisica, la voce stentorea e il volto segnato dal vaiolo, che ne fanno una figura carismatica. Si mostra al pubblico sempre audace, teatrale, diretto. Diventa un vero leader in grado di catalizzare l’energia travolgente della piazza.

Il ruolo di Danton nelle giornate di agosto e settembre 1792

Il 10 agosto 1792, la monarchia crolla definitivamente e Danton diventa il nuovo Ministro della Giustizia, per circa due mesi, guidando di fatto il governo rivoluzionario. Da ministro, Danton imposta una politica basata su due pilastri: respingere l’invasione straniera con una leva militare di massa, controllare l’opposizione interna con strumenti repressivi. Tra questi atti vale la pena ricordare il decreto del 26 agosto che autorizza perquisizioni e arresti indiscriminati. Tra il 2 e il 6 settembre 1792 si consumano le stragi popolari e indiscriminate nelle carceri parigine e francesi. Anche se Danton non è direttamente responsabile, viene accusato di aver favorito un clima che le ha rese possibili. Per evitare che la rivoluzione stessa venga processata dai suoi calunniatori, rivendica una solidarietà politica con gli autori dei massacri, commettendo in questo caso un errore fatale di comunicazione.

Jean Duplessis-Bertaux, Presa del Palazzo Tuileries

Georges Danton, l’oratore rivoluzionario e il tribuno del popolo

Dopo la fine della monarchia e l’arresto della famiglia reale, nell’attesa delle elezioni per la nuova Convenzione, l’Assemblea nazionale nomina, per le settimane che vanno da agosto a settembre, un Consiglio esecutivo provvisorio. E’ a questo punto che si afferma ulteriormente la figura già popolare di Danton, personaggio assai discusso, sospettato addirittura di essersi fatto comprare dalla corte in passato; egli inizia a svolgere un ruolo primario nel nuovo organo istituzionale. Danton è uno degli eroi del grande mito rivoluzionario: una figura assolutamente originale che spicca perfino nel pieno dell’animazione appassionata dei francesi.

L’uomo Danton ha ben poco delle caratteristiche dell’intellettuale dell’epoca e non è un fanatico controllato come ad esempio Marat, Maximilien Robespierre o Saint Just. La sua prudente e salda riflessività, il suo tendere deciso verso la meta ne fanno oggettivamente un personaggio ammirevole, e non soltanto per le differenze sostanziali con altri protagonisti della Rivoluzione. Alquanto esuberante e pieno di vitalità, suscita negli anni della sua attività pubblica sia fiducia che familiarità nelle persone che hanno modo di interagire con lui.

A Danton vanno riconosciute, oltre alle brillanti qualità, anche dei punti deboli: è stato sicuramente uno dei grandi oratori di questa pagina rivoluzionaria della storia francese, si dimostra tatticamente abile, capace sul momento di saggezza e freddezza decisionale ma non sembra avere una chiara coscienza di ciò che realmente vuole o di ciò che possa accadere, nel senso di sviluppo degli eventi, dimostra inoltre dei limiti nel teorizzare e progettare il futuro. E’ a tutti gli effetti più un tribuno del popolo che un vero e proprio politico.

Fra le rovine fragorose delle passate istituzioni della Francia monarchica, il programma della democrazia radicale si afferma e diventa l’imperativo dell’ora: è necessario agli occhi dei rivoluzionari più intransigenti frenare l’anarchia all’interno e difendere a tutti i costi il paese dal nemico esterno che incalza. Nell’eccitazione fanatica del momento il grido “tradimento!” sembra fornire la spiegazione delle vittorie militari dei nemici e la giustificazione per il ricorso all’assassinio cieco ed efferato. E’ dunque l’ora dei grandi discorsi oratori, del fascino dell’eloquenza, della sfida radicale in luogo del calcolo politico. E’ il momento di Danton, il momento delle parole azzardate: “Non consegneremo le nostre città neppure se dovessero essere trasformate in un mucchio di cenere”. E ancora: “Nient’altro che audacia, audacia e ancora audacia e la patria sarà salva.”

Georges Danton (1759;1794), orateur et homme politique

Eletto deputato alla Convenzione Nazionale, Danton tenta di creare una maggioranza moderatrice, che chiuda la rivoluzione con un governo forte e pacificatore. Ma la sua proposta, vicina alle idee del fu conte di Mirabeau, viene rifiutata dalla Gironda, anche per l’influenza negativa esercitata da Madame Roland, ostile alla figura popolare e spregiudicata di Danton. Respinto dai girondini, Danton si avvicina allo schieramento della Montagna e al Comune rivoluzionario. Con l’aggravarsi della guerra e della crisi del 1793, spinge per una leva di 300.000 uomini e appoggia, sebbene con riluttanza, le misure eccezionali che sfociano nella dittatura del Comitato di Salute Pubblica e nell’istituzione del Tribunale rivoluzionario.

Il ruolo di Danton nel Terrore e nel Comitato di Salute Pubblica

“Siamo terribili per dispensare il popolo dall’esserlo“.

Con queste parole Georges Jacques Danton giustifica davanti alla Convenzione, nel settembre 1793, la necessità della politica del Terrore che ha l’obiettivo di salvare la Rivoluzione e sconfiggere i suoi nemici. Con l’inaugurazione di una nuova fase della Rivoluzione i giacobini vogliono rigenerare moralmente la Francia, corrotta da secoli di ingiustizie, e costruire una società egualitaria. L’organo centrale del sistema del Terrore diventa il Comitato di salute pubblica che mantiene il ruolo di coordinamento dell’attività rivoluzionaria. Altri strumenti fondamentali per il Terrore sono: il Comitato di sicurezza generale, il Tribunale rivoluzionario e la “Legge dei sospetti” che consente l’arresto e la condanna di chiunque sia sospettato di tramare contro la Rivoluzione.

Nell’autunno-inverno 1793-94 sono giustiziati nella sola Parigi oltre mille persone, tra cui la regina Maria Antonietta e molti girondini; in tutta la Francia sono quasi 20.000 le vittime del terrore. Lo stesso Danton rimane impressionato negativamente da tale macchina della morte che lui stesso ha contribuito a costruire e alla Convenzione chiede di risparmiare il sangue degli uomini innocenti.

Danton
Georges Jacques Danton

Danton: un rivoluzionario stanco del terrore

Il 10 febbraio 1793 Danton perde la sua prima moglie, Gabrielle Charpentier, evento che lo colpisce profondamente. Nel mese di luglio si risposa con la giovanissima Louise Gély, decisione che rispecchia il suo desiderio di normalità e di pace. La politica inizia a pesargli: è spesso assente, incostante e mostra segni di disillusione. Decide, infatti, di prendersi un periodo di congedo in campagna durante il quale dedicarsi alla vita privata e alla pesca, sua grande passione.

Danton e Robespierre

Nonostante iniziali alleanze, Danton entra progressivamente in contrasto con le idee radicali di Maximilien Robespierre. Mentre il popolare oratore, a partire dal 1793, cerca di moderare il più possibile il corso della rivoluzione e porre fine al Terrore, Robespierre spinge per una repressione più rigida dei “nemici della rivoluzione“. Il confronto tra i due protagonisti rivoluzionari rappresenta una delle più intense lotte di potere dell’epoca giacobina e segnerà l’infausto destino di Danton.

Il Terrore come strumento di lotta politica: l’arresto di Danton e Camille Desmoulins

Ben presto il Terrore, da mezzo eccezionale di difesa, si trasforma in un micidiale strumento di scontro politico. In una spietata lotta per la sopravvivenza intrapresa dal gruppo dirigente di Maximilien de Robespierre vengono prima eliminati Jacques-René Hebert e i principali esponenti della fazione dei cordiglieri (14 marzo) e successivamente finiscono nella morsa della repressione gli “indulgenti” di Danton, favorevoli ad una politica meno intransigente e per questo motivo accusati di voler indebolire con il loro moderatismo il governo rivoluzionario. Arrestato nella notte tra il 30 e il 31 marzo, con Camille Desmoulins e altri compagni di fazione, Danton viene condotto nella prigione del Luxembourg e il 2 aprile compare insieme ad altri quindici imputati davanti al Tribunale rivoluzionario, alla Conciergerie.

Il processo a Danton e la sua condanna a morte

Danton, accusato di indulgenza e di essersi illecitamente arricchito grazie alla sua posizione politica, si difende con grande eloquenza e convinzione respingendo le accuse di corruzione e lanciando una maledizione contro i suoi accusatori. Quando si tenta di farlo tacere con la forza inizia a lanciare pallottole di carta masticata contro i giudici. Egli si ritiene indispensabile per la Rivoluzione francese tanto da esclamare con sprezzo:

“Se lasciassi le mie palle a Robespierre e le mie gambe a Couton (paralitico) forse questo baraccone potrebbe durare ancora un pó, perché credo che con un eunuco (Robespierre) e un paralitico (Couton) come questi durerà al massimo tre mesi.”

Più che Robespierre pare sia Saint-Just a costringere il Tribunale rivoluzionario a non perdere tempo in inutili dibattiti e a condannare senza indugio tutti gli imputati. Sapendo di essere già condannato Danton pronuncia il suo ultimo discorso, che rimane tra i più importanti e profondi dell’intero periodo rivoluzionario:

“Non ci sarebbe stata alcuna Rivoluzione senza di me, non ci sarebbe la Repubblica senza di me… so che siamo condannati a morte, conosco questo tribunale, sono stato io a crearlo e chiedo perdono a Dio ed agli uomini… non era nelle intenzioni che divenisse un flagello per il genere umano, bensì un appello, un’ultima disperata risorsa per uomini disperati e gonfi di rabbia. Non sarà necessario trascinarmi a forza sul patibolo… se io ora difendo me stesso è per difendere quello cui aspiravamo e, più ancora, che abbiamo conseguito e non per salvare la mia vita.“

Il 5 aprile del 1794 Georges Jasques Danton e l’amico Camille Desmoulins, due dei protagonisti della Rivoluzione, salgono sul patibolo davanti ad una folla immensa e ammutolita. Sembra che Danton una volta raggiunto il boia abbia sussurrato: “Mostra la mia testa al popolo. Ne vale la pena!”.

Arresto, processo e morte di Danton nel film “La rivoluzione francese”

Danton, il film del 1982 con Gerard Depardieu e Wojciech Pszoniak

Il film del 1982 diretto da Andrzej Wajda ricostruisce gli ultimi ferventi giorni di attività del rivoluzionario, nonché il suo conflitto ideologico con Maximilien Robespierre durante il periodo del Terrore. Danton è interpretato da Gérard Depardieu, mentre Wojciech Pszoniak veste i panni di Robespierre. La scena della cena tra i due rivoluzionari è uno dei momenti più intensi e simbolici dell’intera pellicola. Il dialogo tra i due si svolge in un ambiente chiuso e apparentemente conviviale, dove la tensione è palpabile. Essi si confrontano non solo come leader politici, ma anche come incarnazioni di due visioni opposte della Rivoluzione Francese.

  • Danton rappresenta l’umanità, la passione e la connessione con il popolo. È un uomo che ha vissuto la rivoluzione sulla propria pelle e che ora desidera porre fine al Terrore per restituire dignità e pace ai cittadini. Il suo può essere definito un “pragmatismo umano”.
  • Robespierre, al contrario, incarna l’ideologia pura, o meglio il rigore ideologico, la virtù inflessibile e la giustizia rivoluzionaria da garantire a ogni costo. La sua visione è quella di una società moralmente retta, anche se ciò significa sacrificare vite umane in nome di un ideale superiore.

Durante la cena, che però non viene consumata, i dialoghi tra i due sono carichi di significato e rivelano le profonde divergenze tra le loro filosofie di vita. Danton cerca di persuadere Robespierre a porre fine al Terrore, sottolineando la sofferenza del popolo e la necessità di riconciliazione. Robespierre, tuttavia, rimane fermo nelle sue convinzioni, intravedendo in Danton un traditore degli ideali rivoluzionari.

La cena e il dialogo tra Danton e Robespierre

Emblematica è la riflessione di Danton che rivolgendosi all’interlocutore afferma: “La tua idea sugli uomini è come nei romanzi, sono eroi da romanzo! Dimentichi che siamo fatti di carne e ossa! Vorresti elevarci, elevarci ad altezze dove è impossibile respirare. Il risultato è che tu isoli la rivoluzione, la paralizzi, perfino i più ferventi si scoraggiano. Bisogna riportate le cose ad un livello umano, ma adesso, subito. Quello che vuole la gente è mangiare e dormire in pace.” La replica di Robespierre è secca: “Arrestare il processo rivoluzionario sarebbe la morte della rivoluzione!”

Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!

  • Norman Hampson, Danton. Il tribuno del popolo, Res Gestae, 2023.
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Mirko Muccilli

Mirko Muccilli

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza, con tesi di laurea in Storia Contemporanea dal titolo "Abortire o partorire? La questione dei figli del nemico durante la Grande Guerra" e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. Ha collaborato con il programma televisivo di Rai Storia "Il tempo e la storia" e con il portale "14-18 Documenti e immagini della Grande guerra". Ha svolto attività di documentazione televisiva. Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con l'esterno. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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