CONTENUTO
di Pietro Menzani
Le ragioni dell’intervento francese nella guerra d’indipendenza americana
La capitolazione dell’esercito britannico guidato dal generale Charles Cornwallis avvenuta a Yorktown il 19 ottobre del 1781 segna in maniera definitiva il successo dei coloni americani nei confronti della madrepatria e dà il via alle trattative che due anni più tardi portano al riconoscimento dell’indipendenza degli Stati Uniti da parte della Gran Bretagna. È necessario, tuttavia, notare come la vittoria militare delle tredici colonie sull’esercito britannico sarebbe risultata altamente improbabile se non fossero intervenute nel conflitto grandi potenze europee come Paesi Bassi, Spagna e, soprattutto, Francia.
Infatti, l’invio da parte della corona francese di armi, munizioni, divise, ufficiali e, in seguito all’entrata ufficiale della Francia nel conflitto, di contingenti militari e navi segna inesorabilmente l’esito della guerra d’indipendenza americana. L’intervento francese permette in un primo momento all’esercito continentale di non soccombere alle offensive britanniche, e poi di avere la meglio sulla madrepatria. Lo scopo che questo articolo si prefigge è comprendere le ragioni per cui la Francia interviene nel conflitto tra le tredici colonie e la Gran Bretagna, le modalità e le tempistiche con cui interviene e l’impatto che il suo intervento ha sulle sorti del conflitto.
Le motivazioni profonde della decisione della Francia di intervenire nella guerra sono da ricercare nell’annoso conflitto tra Francia e Gran Bretagna per la supremazia sull’Europa e sull’Atlantico, che porta le due potenze a fronteggiarsi numerose volte tra il 1689 e il 1815 in quella che alcuni storici definiscono la “seconda guerra dei cent’anni”. In particolare, la clamorosa sconfitta inferta dalle forze anglo-prussiane alla Francia, alleata con Russia e Austria, nella guerra dei sette anni (1756-1763) porta la corona francese a vedere nella rivoluzione americana una imperdibile occasione per assestare un duro colpo agli interessi coloniali britannici.
Infatti, la Francia, estromessa dall’America settentrionale dal trattato di pace di Parigi del 1763, che sancisce la cessione di Canada e valle dell’Ohio alla Gran Bretagna, è in quegli anni in cerca di un’opportunità per rifarsi sul nemico britannico, che ha invece consolidato tramite la guerra dei sette anni il suo status di prima potenza mondiale.
Tuttavia, inizialmente la Francia, guidata dal ministro degli Esteri Charles Gravier, conte di Vergennes, agisce con estrema prudenza, senza intervenire in maniera diretta nel conflitto, limitandosi ad inviare armi e munizioni e ad appoggiare finanziariamente lo sforzo bellico dei ribelli. Infatti, la Francia, uscita dalla guerra dei sette anni fortemente indebolita economicamente e militarmente, non si trova nelle condizioni di intraprendere un conflitto con la Gran Bretagna.
Inoltre, da un punto di vista ideologico la Francia, padrona di un vasto impero coloniale e governata da una monarchia reazionaria e cattolica, non prova alcuna simpatia per la causa dei ribelli, dato che si tratta essenzialmente di una rivolta anticoloniale messa in atto da una repubblica protestante.
Sostenere la rivoluzione delle tredici colonie può infatti, dal punto di vista dei francesi, rappresentare una legittimazione e un incoraggiamento nei confronti dei territori sottoposti a dominio coloniale francese a ribellarsi. Inoltre, prima di entrare ufficialmente nel conflitto la Francia vuole assicurarsi che gli Stati Uniti costituiscano un alleato affidabile: il timore che anima il governo francese è primariamente che le tredici colonie possano scendere a patti con la Gran Bretagna ed unire le forze con essa in funzione antifrancese. La Francia è dunque estremamente diffidente nei confronti dei ribelli, e la loro alleanza nasce semplicemente da una fortunata convergenza di interessi.
Benjamin Franklin e il trattato di alleanza
Anche i ribelli sono scettici riguardo ad un’alleanza formale con la Francia. Non solo molti di essi deprecano le monarchie assolutistiche che governano paesi come Francia e Spagna, ma temono anche che ottenere l’indipendenza grazie all’aiuto di potenze straniere possa determinare il passaggio degli Stati Uniti dalla sfera di influenza britannica a quella di un altro impero europeo.
Tuttavia, consapevoli di non disporre delle capacità industriali e militari necessarie per tenere testa ad un nemico potente come la Gran Bretagna e di non poter contare su un esercito esperto, si decidono in definitiva ad instaurare un legame di alleanza con la Francia.
A novembre del 1775, infatti, il Congresso continentale istituisce il Committee of Secret Correspondence, un comitato composto inizialmente da cinque membri, tra cui Benjamin Franklin, al fine di creare vantaggiose relazioni diplomatiche con le potenze europee rivali dell’Impero britannico, che guardano con crescente interesse al conflitto in corso in nord America.
Il supporto ricevuto da Francia e Spagna nelle prime fasi della guerra è cospicuo e risulta essenziale per l’esercito coloniale, che riesce a riportare qualche decisiva vittoria come quella di Saratoga nell’ottobre del 1777, dove il 90% dei soldati fa affidamento su armi e polvere da sparo francesi.
La decisiva vittoria riportata dall’esercito continentale a Saratoga segna una svolta: in seguito ad essa la Francia si convince ad intervenire formalmente nel conflitto firmando, il 6 febbraio del 1778, un trattato di alleanza con le tredici colonie che prevede il riconoscimento dell’indipendenza degli Stati Uniti da parte della Francia.
La Spagna scende in campo in aiuto delle colonie solo in un secondo momento, nell’aprile del 1779, dopo aver vanamente tentato di stipulare un accordo con la Gran Bretagna per ottenere concessioni territoriali in cambio della sua neutralità. Infine, a dicembre del 1780, la corona britannica prende la decisione di dichiarare guerra anche ai Paesi Bassi, con lo scopo di interrompere i prosperi scambi commerciali tra questi ultimi, la Francia e gli Stati Uniti.
Un ruolo di primo piano nelle relazioni diplomatiche e nei negoziati con la Francia è ricoperto da Benjamin Franklin, rappresentante del governo statunitense a Versailles. Il filosofo e scienziato americano, che negli anni Settanta del Diciottesimo secolo gode di un’ottima reputazione in Europa, e in particolare tra i philosophes illuministi, si dimostra infatti capace di mobilitare l’opinione pubblica francese in favore della causa dei ribelli e di trattare col governo francese con grande autorevolezza.
Dotato di ottime capacità oratorie e di un considerevole prestigio personale, nonché di ampia esperienza nel campo della diplomazia, Franklin giunge a Versailles il 20 dicembre del 1776 senza un incarico ufficiale e instaura rapporti cordiali col governo francese.
A partire da gennaio 1778, Franklin è protagonista delle trattative che vedono impegnati i rappresentanti del governo coloniale e il conte di Vergennes, e che a febbraio dello stesso anno portano alla stipula del trattato di alleanza franco-americano. Sintomo della reciproca diffidenza che continua ad animare francesi e americani, nel trattato viene inserita una clausola che obbliga le due parti a continuare a combattere fino al raggiungimento dell’indipendenza statunitense e che impedisce agli alleati di trattare separatamente la pace con la Gran Bretagna.
L’impatto dell’intervento francese nella guerra
L’ingresso nel conflitto di Francia, Spagna e Paesi Bassi conferisce alla guerra d’indipendenza americana le proporzioni di un conflitto di portata mondiale e imprime allo stesso una svolta decisiva. Infatti, le corone francese e spagnola aprono nuovi fronti di guerra in tutto il mondo, costringendo la Gran Bretagna a distogliere uomini e risorse dalla soppressione della rivoluzione.
Oltre alla necessità di arginare i tentativi spagnoli di conquistare territori in passato perduti in favore del Regno Unito come Minorca e Gibilterra, la Gran Bretagna si trova costretta a difendere i propri interessi dalle offensive francesi nell’area caraibica, sulle coste dell’Africa occidentale e in India.
Inoltre, la minaccia di un’invasione franco-spagnola della Gran Bretagna porta re Giorgio III a decidere di lasciare parte della Royal Navy a difesa del territorio nazionale. La corona britannica, che non aveva previsto la possibilità di un’alleanza tra francesi e americani, comprende immediatamente le gravità della situazione, tanto da tentare vanamente di riconciliarsi con i ribelli.
L’offerta di una immunità permanente dalle tasse parlamentari in cambio della smobilitazione dell’esercito e della cessazione dei rapporti con la Francia non basta a convincere i ribelli ad interrompere le ostilità, e genera il loro rifiuto anche solo ad incontrare i rappresentanti del governo britannico per trattare la conciliazione.
A partire dal 1778, a causa dell’entrata in guerra della Francia, il fronte principale della guerra si sposta dall’America settentrionale alle Indie Occidentali, dove si consuma una sanguinosa lotta per la supremazia tra Francia e Gran Bretagna. L’area caraibica contiene all’epoca alcune delle colonie europee più prospere a causa della coltivazione della canna da zucchero, che alimenta l’esportazione di zucchero e rum.
Essendo i proventi del commercio dello zucchero necessari alla corona britannica per poter finanziare lo sforzo bellico, gran parte delle forze militari dell’Impero britannico viene concentrata nelle Indie Occidentali, dando modo ai ribelli di acquisire una posizione di forza sulla costa orientale degli Stati Uniti, lasciata pressoché sguarnita dall’esercito britannico.
Una volta ufficializzata l’alleanza, la flotta francese di Tolone, al comando dell’ammiraglio Charles Hector d’Estaing, si dirige verso le isole caraibiche, dove, nel 1778, la Gran Bretagna si trova a corto di uomini e risorse per difendere i suoi possedimenti coloniali. In un primo momento, dunque, la Francia coglie l’Impero britannico impreparato, e raccoglie qualche cruciale successo, come l’occupazione di Dominica.
È a questo punto che, anche a causa delle pressioni esercitate sulla corona dagli influenti mercanti e proprietari terrieri delle colonie caraibiche, il governo britannico si decide ad inviare rinforzi nei Caraibi, reindirizzando verso quell’area una parte consistente delle truppe impegnate a sedare la ribellione in America del nord.
L’arrivo dei rinforzi permette alla Gran Bretagna di conquistare St. Lucia, possedimento francese che si trova vicino a Martinica, la più importante base navale della Francia nei Caraibi. Tuttavia, l’ingresso della Spagna nel conflitto nell’aprile del 1779 rende estremamente critica la situazione della Gran Bretagna, che si trova a fronteggiare due tra le maggiori potenze navali del globo. La Francia ha infatti modo di ottenere alcuni cruciali successi nell’estate del 1779, riuscendo ad occupare St. Vincent e Grenada.
Il timore che le offensive francesi possano indirizzarsi verso la Giamaica, che costituisce all’epoca il possedimento britannico di maggiore importanza nei Caraibi, induce il parlamento britannico ad inviare 4.000 dei soldati stanziati a New York verso le Indie Occidentali, distogliendo la flotta di d’Estaing dal proposito di invadere la Giamaica (1).
Nel mese di settembre del 1779, la flotta dell’ammiraglio d’Estaing approda sulle coste dell’America settentrionale, dopo aver lasciato il comando delle operazioni nell’area caraibica al conte de Guichen. In un primo momento, la diffidenza tra francesi e americani e lo sprezzante atteggiamento di superiorità dimostrato dagli ufficiali francesi impediscono all’esercito alleato di ottenere risultati significativi.
La pessima sinergia che si instaura tra l’ammiraglio d’Estaing e i comandanti delle truppe continentali porta ad una iniziale disfatta delle forze franco-americane, che falliscono nell’impresa di sottrarre al controllo britannico la città di Savannah, in Georgia. Tuttavia, dopo questa battuta d’arresto, la coordinazione tra l’esercito continentale e i contingenti francesi acquista maggiore efficienza.
La fine della guerra d’indipendenza americana e i trattati di pace
Nell’estate del 1781, su richiesta dell’ambasciatore francese in America Anne-César de La Luzerne, una flotta di ventotto navi da guerra e 3.000 soldati al comando del conte de Grasse si dirige verso la baia di Chesapeake per dare supporto all’esercito continentale impegnato a fronteggiare i britannici in Virginia (2). A settembre dello stesso anno, nell’assedio di Yorktown il supporto francese si rivela cruciale.
Infatti, l’esercito di George Washington che combatte presso il villaggio di Yorktown è coadiuvato da una divisione francese guidata dal conte di Rochambeau. Inoltre, la flotta dell’ammiraglio francese de Grasse impedisce ai britannici di fornire supporto alle truppe del generale Cornwallis barricate a Yorktown e neutralizza l’offensiva dell’ammiraglio britannico Thomas Graves, giunto in America settentrionale al comando di una flotta di diciannove navi da guerra.
Anche se il supporto della Francia risulta essenziale per l’esito vittorioso del conflitto, la corona francese trae pochi benefici dall’indipendenza americana. Pur essendo presente nel trattato di alleanza firmato a febbraio del 1778 una clausola che impedisce ai coloni di trattare una pace separata con la Gran Bretagna, la corona britannica riesce nel suo intento di creare frizioni tra francesi e americani e infrangere la loro alleanza.
L’obiettivo primario della Gran Bretagna nelle trattative di pace è infatti impedire che gli Stati Uniti entrino stabilmente nella sfera d’influenza francese e di fare in modo che il nuovo stato rimanga dipendente dall’Impero britannico, specialmente per quanto riguarda l’ambito commerciale.
Per raggiungere questi obiettivi, il governo britannico, nella persona del primo ministro Lord Shelburne, offre agli Stati Uniti, in cambio della firma di una pace separata da quella dei francesi, ampie concessioni territoriali, che prevedono una espansione dei confini statunitensi fino alla regione dei Grandi Laghi a nord, al fiume Mississippi a ovest e alla Florida a sud. La Gran Bretagna inoltre concede agli Stati Uniti un generoso trattato commerciale per ristabilire le precedenti prospere relazioni economiche, aprendo alle navi statunitensi tutti i porti dell’Impero.
La Francia, che pur mal sopporta l’iniziativa presa dal governo britannico, si rassegna a firmare una pace separata a settembre del 1783, consapevole di non disporre delle risorse finanziarie necessarie per portare avanti una guerra contro un nemico potente come la Gran Bretagna. La pace prevede la rinuncia francese a tutte le conquiste portate a termine nelle Indie Occidentali durante il conflitto, eccezion fatta per l’isola di Tobago, e il riconoscimento da parte della Francia delle conquiste operate dai britannici in India. La Francia ottiene dunque pochi vantaggi dalla guerra d’indipendenza americana a livello territoriale.
Pur avendo la Francia effettivamente contribuito a procurare un decisivo indebolimento all’Impero britannico, che perde una colonia di grande rilevanza, è possibile asserire che chi è davvero uscito vincitore dalla rivoluzione americana sono proprio gli Stati Uniti, che grazie all’intervento di Francia, Spagna e Paesi Bassi sono riusciti a guadagnare l’indipendenza nonché ampie concessioni territoriali.
Al contrario, la Francia esce dalla guerra d’indipendenza americana fortemente indebolita, specialmente a livello finanziario. L’immane sforzo economico messo in campo dalla corona francese porta il debito nazionale a raddoppiare e innesca una grave crisi fiscale. Infatti, la Francia spende nell’ambito della guerra d’indipendenza americana 1.3 miliardi di livre e mette a disposizione dei coloni 12.000 soldati e 63 navi da guerra in totale (3).
Il presente articolo è una rielaborazione della tesi di laurea triennale dell’autore, dal titolo “La rivoluzione americana: genesi e sviluppi dei rapporti di alleanza tra Francia e Stati Uniti tra il 1775 e il trattato di Parigi”.
Note:
- Taylor A., American Revolutions. A Continental History, 1750-1804, United States of America, Norton Paperback, 2017.
- Taylor A., American Revolutions. A Continental History, 1750-1804, United States of America, Norton Paperback, 2017.
- McGee S., 5 Ways the French Helped Win the American Revolution, in History, 9 settembre, 2020, https://www.history.com/.amp/news/american-revolution-french-role-help.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Abbattista G., La rivoluzione americana, prima edizione Biblioteca Universale Laterza, 2021.
- Schiff S., A Great Improvisation. Franklin, France and the Birth of America, New York, Holt Paperbacks, 2005.
- Taylor A., American Revolutions. A Continental History, 1750-1804, United States of America, Norton Paperback, 2017.