CONTENUTO
La politica coloniale italiana e francese (1883-1900)
Dopo i fatti di Tunisi, Francia e Italia, passata la furia revanscista e vendicativa, rimangono in un sostanziale conflittualismo ideologico che si esprime a livello governativo nella corsa all’accaparramento di mercati esteri, a guerre commerciali e doganali e a sfide espansioniste coloniali. Vedremo però che alcuni episodi d’odio popolare, attizzati dai commenti antisemiti, trasferiscono la rivalità dall’alto alla quotidiana conflittualità dal basso, generata da frequenti scontri nella classe operaia in momenti di crisi dell’offerta di lavoro svalutata da eccesso di domanda.
Iniziando dunque dalle relazioni alte, ricordiamo che nel 1882 viene firmato il Trattato della Triplice Alleanza fra gli Imperi centrali – Germania e Austria Ungheria – e il Regno d’Italia, evidente reazione politica al divorzio con la Francia repubblicana intervenuta militarmente ad occupare la Tunisia, promessa da Otto von Bismarck all’Italia, ma di fatto lasciata occupare dai Francesi. Depretis, capo del nuovo governo italiano, è costretto dall’ala nazionalista del Parlamento a subire l’alleanza del vecchio nemico austriaco pur di non cedere alle pressioni rivendicative francesi che pretendono rapidamente la restituzione del debito contratto col governo di Napoleone terzo e che ancora minacciano la riconquista di Roma per ricollocare il potere temporale, approfittando della apertura del Conclave dopo la morte di Pio IX (13.7.1881).
Eppure, la riforma elettorale di Depretis – elevante il diritto di voto a 21 anni e la diminuzione del censo richiesto – consente l’aumento a 2 milioni il corpo elettorale e crea un forte successo del nuovo Partito Socialista. In Francia nasce un analogo Partito operaio, di stampo marxista; circostanze parallele che dovrebbero frenare le conclamate rivalità nazionali. Nondimeno, a livello culturale, Gabriele D’annunzio col suo Canto Novo e la rivista Lutèce a Parigi convergono sullo stile decadente pieno di suggestioni culturali e letterarie.
L’Italia riesce a mantenere comunque una continuità di governo, rivolto a ridurre la tassazione alquanto odiosa e a ridurre anche la tariffa doganale interna per favorire lo sviluppo urbanistico di Roma Capitale, usufruendo dell’opposizione moderata della passata Destra storica (il c.d. trasformismo). Ma la Francia repubblicana dimostra instabilità politica fra il 1883 e il 1884 e soffre continue crisi parlamentari, peraltro affiancate dalla crescita del Partito Socialista. Peraltro la scontro coi clericali è al massimo stadio, perché la riforma delle scuole elementari pubbliche prevede la cancellazione della Religione dall’insegnamento.
In ambedue paesi riprende la corsa alle colonie: l’Italia compra dalla società marittima Rubattino il territorio della baia di Massaua sul Mar Rosso (dicembre, 1882) e si pone ai confini dell’Eritrea, sperando di farne presto colonia, anche come base commerciale lungo la rotta del Canale di Suez. Stesso fine è quello della Francia, che estende il suo protettorato sul vicino Madagascar. La guerra commerciale è aperta. Anzi, con la Convenzione della Marsa (8.6 del 1882) conferma la sua protezione sulla Tunisia e iniziano manovre nel Senegal e in Niger, aree ricche di minerali necessari per il loro sviluppo economico e militare.
Nondimeno, nasce il movimento pittorico impressionista, alla guida del quale George Seurat e Paul Signac sviluppano il sentimento della visione e della percezione nell’attimo della illuminazione del colore a minuti puntini del mondo esterno secondo le scoperte dell’ottica dell’epoca. In quell’anno però il conflitto fra Francia e Gran Bretagna sulla protezione dell’Egitto e sul Canale di Suez raggiunge toni più aspri, tanto più che ad Alessandria d’Egitto sorgono partiti nazionalisti che si appoggiano agli uni e agli altri. Russia e Austria temono un nuovo conflitto armato europeo. Bismarck è chiamato ancora una volta a mediare.
A Berlino, il 15 Novembre del 1884 si apre la Conferenza sulla spartizioni dell’Africa. Intanto, la montante controversia fra Francia e Belgio è vinta dal Belgio di Leopoldo per il Congo; la Gran Bretagna avrà l’Egitto, il Sudan e il Sudafrica. La Francia, l’Africa Orientale e la Somalia, proprio in conflitto con l’Italia (!) e la Germania si prende il Camerun orientale suscitando qualche protesta inglese sull’attuale Togo, già in possesso della Gran Bretagna. Il principio adottato del Bismarck è quello delle sfere d’influenza. Ma è evidente che una divisione siffatta è foriera di risentimenti sia fra gli Stati divisori che dalla parte divisa, come avverrà con il trattato di Versailles del 1919 e come potrebbe avvenire oggi nella guerra Russo-Ucraina.
In letteratura lo iato culturale fra Francia e Italia raggiunge però il suo massimo: se Verga mette in scena il capolavoro veristico Cavalleria rusticana lanciando sulle scene il mito di Eleonora Duse; se Renato Fucini pubblica le sue Veglie di Neri, dove narra la dura realtà dei mezzadri toscani; Verlaine descrive la vita dei poeti maledetti dove la loro poesia esprime le linee essenziali della decadenza del poeta, maledetto e in lotta col mondo borghese, per esempio Rimbaud e Mallarmé.
Soggettivismo bohémien che influenzerà Massenet con la sua opera lirica Manon, dova appunto vien sottolineato il difficile stato d’animo della protagonista, quasi un anticipo della analoga figura di Puccini, appena entrato con le Villi nell’agone operistico italiano. Nei cinque anni successivi (1885-1889) ore è la Francia a premere l’acceleratore antitedesco, peraltro mai contenta delle proposte di accordo diplomatico, ora per di più spalleggiate dal Crispi che, pur appartenendo alla compagine governativa di Depretis, critica lo sbarco a Massaua, nell’Eritrea agognata, ma che rileva non idonea per un ulteriore salto in avanti verso l’Etiopia, un Impero ben più ampio da conquistare e a lui promesso dall’amico Bismarck.
Intanto, il Governo inglese del conservatore Lord Salisbury, per distrarre l’opinione inglese scossa da moti nazionalisti irlandesi, riprende la sua marcia coloniale nelle aree del Sudan, territorio lasciato libero dalle trattative di Berlino, divenuto un mercato delle vacche, che vede l’interesse personale del Re del Belgio, padrone assoluto del Congo, fin da allora terreno fertilissimo di minerali necessari per lo sviluppo di quel Paese, caduto in mano a una consorteria clericale conservatore in polemica col governo democratico francese a sua volta in guerra fredda con la Germania e coll’Italia di Crispi.
Da tale triangolo autoritario e clericale conservatore, guerrafondaio e tradizionalista, fra poco emergerà un’ondata antisemita che coinvolgerà l’emigrazione italiana. E non è un caso che il 7 gennaio del 1886, nel pieno di questa espansione coloniale, orientata anche verso le zone dell’Indocina e del Medio Oriente, il generale Georges Boulanger diventa ministro della Guerra in Francia e riprende il modello napoleonico acquisendo il favore delle truppe operando aumenti di salari e loro miglioramenti previdenziali. Il revanscismo antitedesco è alle stelle; mentre il Governo tedesco aumenta con Zanzibar e le isole Salomone nuovi domini coloniali e la Gran Bretagna conquista la Birmania in Indocina.
La Francia ottiene soltanto qualche modesta base nel Tonchino in perenne conflitto con la Gran Bretagna, pronta da entrare a Taiwan. Ma la Parigi di Boulanger, ma anche quella di Renan e Lemaître, si trova di fronte all’avanzare del socialismo scientifico di Marx ed Engels. La legalizzazione dei sindacati operai consente l’aumento del partito operaio di Jules Guesde – solidale col nostro Andrea Costa, di cui ripete l’azione unitaria fondativa del partito socialista in Italia – e la parallela crescita del partito di governo radicaldemocratico laico e pacifista; generano un’alleanza progressista che ripristina la legislazione civile sul matrimonio e il divorzio, aderendo alla reazioni anticlericale femminile di cui Flaubert è il portavoce letterario, con la sua Madame Bovary (romanzo pubblicato nel 1856).
Il pericolo della laicizzazione delle masse contadine ha una sola via: aizzare alla guerra contro l’odiato tedesco. Quale credo coltivare? Semplicemente, attingere alla politica zarista, il sistema politico nato all’epoca di Caterina di Russia, vale a dire l’antisemitismo, che Alessandro III con i suoi pogromi antiebraici ha bloccato l’esperienza popolare del populismo democratico di Herzen e Dostoevskij. Siamo alle porte dell’affare Dreyfuss, una tragica deviazione sciovinista che prelude alle due guerre mondiali del ‘900.
L’ondata nazionalista e autoritaria non risparmia neppure l’Italia Umbertina: fin dal 1887, con l’ascesa del Crispi alla guida del Governo, l’avventura imperialista e coloniale è aperta, specialmente se trova sponda in Bismarck, allarmato dalle prove di guerra francese e russa di Alessandro, dalla neutralità inglese e dalla stanchezza istituzionale Austroungarica, che comincia ad essere esausta nel fare da tappo alle molteplici nazionalità che la compongono.
L’Italia da Sud è una fedele alleata antifrancese. Anche la Deutsche Bank è un’arma molto utile per sanare il bilancio protezionistico economico dove l’unico mercato è quello tedesco, favorito da tassi di interesse e doganali molto più bassi di quello francese, che viene disatteso per ordine della finanza tedesca. Poco importa della caduta della ricchezza delle classi medie e piccole; poco importa se durante il suo Governo (1887-1896) si verifichi una massiccia emigrazione verso la Francia, il resto d’Europa e le Americhe con una ricaduta evidente sulla economia industriale che ritarderà non di poco l’aggancio con lo sviluppo delle Nazioni; poco importa dei moti siciliani (i cc. dd. Fasci) legati alla politica protezionista che si allargano alla Lunigiana negli stessi anni (1893-1894), tanto da rinforzare la componente anarchica del Partito Socialista, da cui uscirà l’assassino del Presidente francese Carnot nel 1894 e del Re d’Italia Umberto I nel 1900.
Poco importano gli scandali bancari e politici – uno per tutti, quello della Banca Romana (1891) – che solo parzialmente scalfisce Crispi, tornato al potere dopo che il primo Governo Giolitti è stato incapace a domare sia il buco di bilancio di quello scandalo, sia perché i moti siciliani hanno visto applicare la tattica attendista del Giolitti, che non dà la pacificazione sociale. Soltanto domati a colpi di fucile dall’esercito chiamato a reprimere quelle rivolte. Sola la disfatta militare di Adua del 1 marzo1896 nella pianura dell’Abissinia etiopica, aggredita su ordine di Crispi per risollevare le sorti del nuovo Governo, lo esclude per sempre dal potere e toccherà al Di Rudinì trovare una accordo con la Francia per salvaguardare la comunità italiana a Tunisi e a trattare la pace coll’Etiopia di Menelik. Uniche colonie italiane rimangono l’Eritrea e la Somalia (maggio, 1890).
L’affare Dreyfus, il movente antisemitico e gli effetti sui rapporti italofrancesi
Non è questo il luogo per un analisi delle vicende legate al presente tradimento a favore dell’impero Germanico del capitano Alfred Dreyfus, un ufficiale di artiglieria ebreo presso lo stato maggiore francese, di origine alsaziana e esperto di armi pesanti. L’anno in cui il tradimento è scoperto è il 1894, lo stesso in cui il Presidente della Repubblica Sadi Carnot viene assassinato da un anarchico italiano, Sante Caserio (24 giugno). Ma già un anno prima alcuni emigrati italiani vennero linciati ad Aigues-Mortes, nella regione francese della Occitania, da una massa di contadini disoccupati locali a causa di un forte sentimento di xenofobia antitaliana.
Una guerra fra poveri che la stampa francese di ispirazione antisemita eccita in relazione al timore di una guerra con la Germania proprio per la paura di un accerchiamento da sud da parte dell’Italia alleata dei Tedeschi. E la predetta vicenda della morte del Carnot, non fece che rinfocolare, specialmente per il fatto che amici di Dreyfus non mancano in Italia. Indubbiamente fra i tre episodi or ora citati – sui quali per motivi di spazio non possiamo ora a lungo soffermarci nel dettaglio – esiste un filo rosso che li collega. Tema comune è la scelta della maggioranza silenziosa clericale e autoritaria, di indirizzare e raggruppare contro un unico nemico esterno il sentimento di insoddisfazione morale e materiale presente nella borghesia e nelle classi popolari, convogliandoli in quell’antisemitismo feroce che Hitler riaprirà nel primo dopoguerra in Germania.
Chi legge per esempio il diario redatto nel 1898 dal diplomatico forlivese Raniero Paulucci di Calboli, in sede a Parigi negli anni del processo al capitano, scopre la dimensione ambigua ambivalente del diritto. La complessa vicenda processuale appare di doppia lettura, tanto che la ricerca della verità vide in campi contrapposti scrittori valenti – lo Zola, socialista e intellettuale a difesa; padre Didon gesuita, antisemita e gesuita nel campo opposto, solo per fare due nomi fra i tanti intellettuali e avvocati di fama – per esempio, il Clemenceau per Dreyfuss fece tanto chiasso mediatico da essere definito il tigre per le sue arringhe e a favore del militare – senza contare la stampa, come il Figaro, ferocemente sostenuto dal ricco monarchico Rochefort che del pari tacciava di bruttezza la pittura di Cézanne e che preferisca i gessi pacchiani di Saint Sulpice …..Campione italiano antidreyfusiana è la rivista dei Gesuiti La civiltà cattolica. Coevo appare lo scontro con il modernismo religioso, tanto che il 5 febbraio del 1898, la rivista così scrive del Dreyfus: “questo ebreo, come tutta la sua razza, è stato curato da Dio per servire come spia dappertutto, laddove si prepara un tradimento”.
E dire che la condanna del capitano è un errore, è come accusare l’esercito, è come un’ offesa, è come essere spie del nemico… E’ una guerra fredda fra clericali e anticlericali a Roma e a Parigi a ranghi invertiti. Del resto, neppure l’appello del vecchio Papa Leone XIII° alla chiesa francese, per lo più schierata col fronte colpevolista, sortirà effetti immediati. Il pontefice, gravemente ammalato, si chiede affranto, dove sia finita la fraternità francese? Proprio da questa polemica discendono le violenze proprio del caso di Aigue Mortes, stavolta adottate dal basso contro lo straniero specie se immigrato italiano filo tedesco nell’immaginario piccolo borghese francese.
Sappiamo che nel 1893 La compagnia delle Saline della Francia Centrale (Midi) richiede personale stagionale per la raccolta del sale dalle vasche di evaporazione. I caporali di fronte alla massa di operai convocati nell’area dell’Occitania, ad Aigue-Mortes, chiamano soprattutto gli immigrati italiani disposti a lavorare al prezzo più basso. Tanti Italiani e tanti Francesi chiedono lavoro alle imprese richiedenti e scoppiano risse sempre più gravi, cui partecipano vagabondi anarchici che tentano di sindacalizzare i lavoratori presenti. Scoppiano sempre più liti e la gendarmeria locale non riesce a reprimere la rivolta.
Corre voce che gli immigrati italiani abbiano violentato donne e ucciso cittadini. Si forma un corteo di francesi inferociti che in tarda mattinata del 17 agosto incendiano una panetteria italiana dove si sono rifugiati alcuni italiani. Il giorno dopo la situazione peggiora: il corteo più numeroso ed armato attacca le saline di Peccais, dove si sono rintanati gli italiani. Il capo della gendarmeria offre protezione e accompagna gli ultimi italiani alla stazione. All’atto di salita sul treno, la folla si scatena senza alcuna difesa dei militari.
La seconda strage – della prima alla panetteria non c’è oggi alcun resoconto! – pare sia di almeno 17 morti e centinaia di feriti. Appena la notizia arriva in Italia, infiamma la reazione a Genova, a Napoli e a Roma, dove Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata francese, viene presa a pietrate. La questione diplomatica diviene virale, naturalmente anche qui a interessi reciproci e a difesa di ciascuna parte. Scarsi sono i risarcimenti alle parti e il processo a Nimes non dà il risultato equo sperato. I colpevoli non saranno scoperti in nome dell’interesse nazionale e del velato antitalianismo evidente, mischiato all’interesse economico palese di nascondere i mali del lavoro nero dell’epoca. Ma lo spettro dell’antitalianismo riemerge anche in occasione dell’attentato anarchico al Presidente Carnot.
Episodio inquadrabile alla serie di monarcomachi, eredi anarchici della filosofia moderna di stampo calvinista, come nella Francia Protestante, tanto che alla fine del secolo scorso costoro credono responsabili i Capi di Stato delle difficoltà economiche e sociali del popolo. Di qui, gli attentati ai Monarchi negli ultimi anni del ‘800, che l’anarchico Ravachol avvia in Francia fin dal 1892 piazzando una bomba nella casa di un giudice di Clichy; l’attentato alla Camera dei deputati francese del 9 dicembre 1883; quello del 12 febbraio 1894 al caffè Terminus a Parigi; quello a Francesco Crispi, il 16 giugno 1894: l’accoltellamento mortale all’Imperatrice d’Austria Ungheria (Sissi) il 10 settembre 1898; i tre attentati – il terzo mortale a Umberto I, il 17 novembre 1878, il 22 aprile 1897 e quello del 29 luglio 1900 per mano dell’anarchico Gaetano Bresci.
Ma a noi interessa fra i tanti quello a Sadi Carnot del 24 giugno 1894 per mano dell’anarchico italiano Sante Caserio, ghigliottinato il 16 agosto 1894, perché nei giorni successivi all’arresto e alla sua esecuzione, non mancano e anzi si ripetono varie aggressioni antitaliane in Francia. Testimone di quei gesti è l’avvocato anarchico Mario Gori, amico del Caserio, che viene costretto a scappare in Svizzera, dove scrive l’inno anarchico Addio a Lugano. Tornato in Italia, è isolato all’isola d’Elba e poi partecipa ai moti popolari di Milano nel 1898.
L’adesione di non pochi intellettuali italiani a favore del capitano Dreyfus – da D’Annunzio, alla stampa cattolica e socialista italiana, dalla Serao a Verga e Fogazzaro – i fatti di Aigues-Mortes e l’attentato a Carnot, coi loro riflessi antifrancesi nel contesto italiano e reciprocamente nella società francese; non portano buoni auspici ai rapporti italo francesi di fine secolo. La riparazione avverrà fra non molto però ad opera di intellettuali d’oltralpe nei loro viaggi in Italia. Il modello culturale sarà quello di Stendhal negli anni di inizio ottocento, quando quel grande scrittore si pone a capofila culturale nel riaprire il discorso fra le due culture neolatine precipitate a un livello deteriore per effetto dell’equivoca condotta di Napoleone Bonaparte durante e dopo la spedizione in Italia.
L’esperienza di mediazione culturale di Margherita Sarfatti, Romain Rolland, Charles Peguy ed Edmondo de Amicis
Negli anni della guerra fredda ciò che la politica disfa, la cultura tenta di ricostruire. Per esempio il giovane scrittore, Romain Rolland, insigne pacifista durane la Prima Guerra Mondiale (suo è il saggio Al di sopra della mischia, 1915), nel 1899, conseguito il dottorato di ricerca in lettere, scarta l’insegnamento e invece va a frequentare la scuola francese in Italia di Architettura a Roma presso il palazzo Farnese. Da qui, sul modello dello scrittore romantico Stendhdal, insieme alla contessa tedesca Malwida von Meysenbug, viaggerà fino in Sicilia.
Proprio sul Gianicolo dove i francesi nel 1849 uccidono Goffredo Mameli, Rolland griderà per Roma Universale. La pace con Parigi sembra ore più vicina. Charles Peguy (1873-1914). Allievo di Roland e di Bergson, diviene socialista e durante l’affare Dreyfus parteggia per il Capitano. Fonda accanto alla Sorbona la libreria Bellais, frequentata da D’Annunzio e Prezzolini e coi suoi cahiers esce dall’isolamento politico antitaliano e offre un ponte d’approdo ai tanti giovani intellettuali critici del materialismo positivista. Negli anni a venire, Peguy rappresenterà la voce del dissenso sia cattolico, sia socialista.
Anche il giovane poeta Vincenzo Cardarelli e lo stesso Elio Vittorini, negli anni ’10 del ‘900, guarderanno allo spirito cristiano del poeta francese, che ritrova la propria vita in quella di Cristo. La morte precoce sulla Marna accanto al contingente italiano, costituisce un altro momento di avvicinamento ideale fra le sorelle latine ad inizio secolo analoga è la scelta di Edmondo de Amicis (1846-1908). Del famoso scrittore di Cuore merita di segnalare il suo stupore per l’intolleranza della Francia che la politica esprime verso l’Italia dopo il 1870. Proprio nel 1878, quando già Thiers e Foch criticano Garibaldi per la sua condotta militare a Digione che avrebbe causato la sconfitta dell’esercito repubblicano contro i Prussiani.
Ora Edmondo è a Parigi per raccontare l’esposizione universale. Un racconto affascinante di persone e di luoghi: fra caffè e ristoranti e boulevard. Soprattutto bellissime sembrano le interviste a Hugo e Zola. Autori e città amate e temute, dove si può dire quello che si vuole, anzi vi si offrono tantee soluzioni alternative ai suoi eccessi e mille rimedi alle sue febbri. Un biglietto di entrata nel tempio della Cultura Europea, in deroga alle evoluzioni della politica è Margherita Sarfatti e il suo salotto letterario da Milano a Parigi (1913). Spicca altresì all’inizio attorno alla libreria Bellais, centro propulsore dei Cahiers di Peguy.
La sua presenza da inviata letteraria a Parigi della Voce di Prezzolini è il passaporto per la nascita del movimento futurista del prossimo decennio. Halevy, Roland e France cominciano a scambiare con Lei Libri; tanto che la casa di Peguy diventa all’inizio del secolo la sede ideale di un confronto culturale fra D’Annunzio, Diego Rivera, Valentine de Saint-Point e i predetti in nome del rilancio dello Spiritualismo, non inferiori ai circoli romantici degli anni ’40 dell’800, fra Proudhon, Saint-Simon, Heine e Mazzini. Un dialogo mistico-religioso e laico che darà i suoi frutti politici fra il 1910 e il 1914, quando il confronto riprenderà fra le sorelle latine in termini ben più concilianti.
Bibliografia:
- Per i turbolenti rapporti fra Italia e Francia dopo il 1870, vd. CHRISTOPHER SETON-WATSON, Storia d’Italia 1870 al 1925, Laterza, Bari, 1967, nonché ROSARIO ROMEO, Breve storia della grande industria in Italia 1861/1961, Cappelli, Bologna 1962.
- Per le origini del nazionalismo francese cfr. EUGEN WEBER, Da contadini a francesi. La modernizzazione della Francia rurale (1870-1914), Bologna, 1989.
- Sulle questioni coloniali fra Italia e Francia, cfr. GIUSEPPE BARONE, Imperialismo e colonialismo, voce del Manuale Donzelli, Storia contemporanea, Roma, pagg. 254 e ss. 1997.
- Per la questione degli intellettuali francesi fra il 1890 e il 1900, specialmente prima e dopo il caso Dreyfus, vd. ERNST NOLTE, I tre volti del Fascismo, Mondadori, 1971.
- Per i fatti di Aigues-Mortes, cfr. ENZO BARNABA’, Il massacro degli italiani, Infinito Edizioni, Formigine Modena, 2015.
- Per il salotto di Margherita Sarfatti, vd. MIMMO FRANZINELLI, Il duce e le donne. Avventure e passioni extraconiugali di Mussolini, Mondadori, 2013.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Eugen Weber, Da contadini a francesi. La modernizzazione della Francia rurale (1870-1914), Bologna, 1989.
- Federico Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Laterza, 1997.