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“Fidel Castro. L’ultimo re cattolico”: il libro di L. Zanatta

Il libro ricostruisce la biografia ed ogni aspetto della vita politica del leader cubano Fidel Castro, l'ultimo re cattolico, il più coerente erede, nell'età contemporanea, della cristianità ispanica in America Latina.

di Agostino Raso
29 Dicembre 2021
TEMPO DI LETTURA: 4 MIN

Il libro “Fidel Castro. L’ultimo re cattolico” di Loris Zanatta edito da Salerno editrice vuole essere una biografia puntigliosa di ogni aspetto della vita politica del leader cubano.

«A che cosa serve una nuova biografia di Fidel Castro che non rivela aspetti segreti?», è la domanda che si pone lo stesso Zanatta nell’Introduzione. «La risposta è nel titolo», risponde, ossia «l’ultimo re cattolico». «Non è una formula usata per sorprendere o accattivare, né un titolo commerciale che cerca di vendere: è la chiave per leggere il libro, una chiave la cui originalità garantisco, anche se ci sono frammenti dispersi in molti scritti precedenti».

In che senso? Potremmo stupirci — scrive Zanatta — del fatto «che il comunismo di Castro, il suo universo morale e il suo sistema sociale siano imbevuti di quell’antico retaggio». Ma non è affatto sorprendente che l’ultimo «sovrano comunista» del XX secolo «sia erede ideale dei monarchi cattolici del passato». Sovrano «su un’isola che fu Spagna per secoli, in un ambiente familiare e sociale ispano e cattolico». Né lo è «da sua reazione sprezzante alla diffusione, a Cuba e in America Latina, dei valori e delle pratiche del liberalismo anglosassone e protestante». Il nazionalismo cattolico antiliberale e anticapitalista è tratto comune dell’intera tradizione populista latino-americana «in cui Fidel», scrive Zanatta, «s’iscrive a pieno titolo».

Fidel Castro, un re cattolico

L’autore previene le repliche di castristi e anti-castristi, ma crede di poter tranquillizzare entrambi i fronti. «Castro era comunista, marxista-leninista. Si definiva così e non c’è motivo di contrastare l’identità che si era dato. Tuttavia, lo storico non può limitarsi a raccontare la storia come la raccontano i suoi protagonisti, perché in tal caso sarebbe un cronista. Al cospetto di una figura così importante, che suscita nette simpatie e antipatie altrettanto nette, non ci si può non interrogare. Se una figura storica acquisisce tali caratteristiche è perché incarna, spesso in modo idealizzato, un ideale universale in cui molti si identificano e altrettanti si oppongono».

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Castro si definì comunista in un determinato momento della sua vita. Conviene ricordare che già deteneva il potere. Era, però, un uomo che si era formato in un mondo influenzato dal cattolicesimo. «La storia non si ripete mai, però non è mai completamente nuova: è fatta con gli ingredienti che il passato le lascia in dote». Nell’analisi di Zanatta «il monarca comunista del XX secolo è l’erede ideale dei monarchi del passato».

«Cresciuto su un’isola che era stata colonia spagnola per secoli, in un ambiente familiare ispanico e cattolico», il suo rifiuto della diffusione, a Cuba e in America Latina, dei valori e delle pratiche del liberalismo anglosassone e protestante, si inquadra in un nazionalismo di radice cattolica, anti-liberale e anti-capitalistica. Tale tratto è comune a tutta la tradizione populistica latino-americana, alla quale Fidel si inscrive in tutto e per tutto.

«Castro innestò tale lascito nel tronco del nazionalismo cubano di José MartÍ, di cui tradusse i principî adattandoli alla teoria marxista». Da una prospettiva cristiana, si può inquadrare tale ideologia all’interno di una versione secolarizzata della parabola del popolo eletto, che il Messia ha salvato e redento dal peccato originale. Ma i pilastri etici e materiali dell’antiliberalismo sono quelli del cristianesimo ispanico.

Il primo è la «fusione tra politica e religione»: compito dello Stato, per Fidel Castro, «è convertire i cittadini all’unica vera fede, all’ideologia del regime, attraverso una capillare catechesi»; lo Stato è «il primo apostolo». Il secondo pilastro è «l’impermeabilità al pluralismo»: nazione e popolo sono per lui «organismi viventi», il cui stato naturale è di «unanimità e armonia»; «includono tutti e a tutti assegnano funzioni»; «dissenso e conflitto sono patologie che li minano e vanno perciò estirpati». Il terzo pilastro è il corporativismo: la società castrista, come quella cristiana della colonia, è formata da corpi, le organizzazioni di massa in cui è inquadrato ogni cubano; l’individuo «ha solo i diritti che l’appartenenza a un corpo gli conferisce», altrimenti è escluso.

Siamo in presenza di «un ordine sociale dove l’individuo è sottomesso alla collettività, su cui veglia, garante dell’ortodossia e dell’unità di fede, la Chiesa», ossia «il partito». E su di essa il re, nel nostro caso Castro, «investito di poteri temporali e spirituali».

Fidel Castro erede della cristianità ispanica

Né icona marxista, né frutto della guerra fredda: Fidel Castro, l’ultimo re cattolico, è il più coerente erede, nell’età contemporanea, della cristianità ispanica in America Latina. Galiziano e cubano, gesuita e comunista, la sua parabola umana e politica è la continuazione ideale dell’eterna lotta della Spagna cattolica contro l’illuminismo prima e la modernità liberale poi, figlie del mondo protestante.

La sua biografia, la sua formazione, il suo universo morale, il suo immaginario politico e sociale, il suo regime, esprimono la concezione organica del mondo tipica di quel retaggio: il suo viscerale odio per il liberalismo, la democrazia rappresentativa, le libertà individuali, l’economia di mercato e i paesi occidentali ne sono il naturale corollario.

Fidel Castro emerge in questo volume come un leader religioso, più che politico, come re e Pontefice di un ordine confessionale che fuse ciò che il liberalismo aveva separato: politica e religione, individuo e comunità, Stato e società. La natura totalitaria del suo regime non imitò gli alleati socialisti, ma fu frutto spontaneo della matrice antiliberale del populismo latino: falangismo, peronismo, chavismo sono i suoi più stretti parenti.

Il suo Stato fu uno Stato etico dedito a catechizzare i fedeli e convertire gli infedeli con la croce della sua fede e la spada dei suoi eserciti. Il suo comunismo è un’utopia cristiana, culminata nell’invocazione dell’unione di cristiani e musulmani contro il peccato liberale e capitalista. Aveva promesso prosperità, morì intonando lodi alla povertà evangelica: il frutto dei suoi disastri economici.

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Loris Zanatta, Fidel Castro. L’ultimo ‘re cattolico’, Salerno editrice

Agostino Raso

Agostino Raso

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. E' socio dell'Istituto Ugo Arcuri per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea in provincia di Reggio Calabria (istituto associato all'Istituto Nazionale Ferruccio Parri. Rete degli istituti per la storia della resistenza e dell'età contemporanea). Autore del libro "Rivolta fascista o di popolo? I partiti politici di fronte alla rivolta di Reggio e la strage di Gioia Tauro". Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con le case editrici. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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