CONTENUTO
di Irene Parisi
Nascita e infanzia di Federico Ruggero
Federico Ruggero Hohenstaufen nasce il 26 dicembre del 1194 e già le circostanze della sua venuta al mondo costituiscono il primo tassello del grande mosaico che ne alimenterà la leggenda. La madre, la principessa normanna Costanza d’Altavilla, ormai quarantenne, colta dalle doglie è costretta a fermarsi nella cittadina marchigiana di Jesi e a partorire qui il proprio erede, durante la traversata della penisola che l’avrebbe condotta in Sicilia, dove è attesa dallo sposo.
L’età avanzata di Costanza e il suo ipotetico passato da monaca generano intorno a lei sospetti sulla veridicità della gravidanza, tanto che, secondo il racconto fatto da Giovanni Villani nella sua Cronica, per dare pubblica testimonianza della propria maternità, la principessa fa allestire un baldacchino al centro della piazza del mercato di Jesi e invita al suo interno alcune donne per assistere al parto.
È la prima tappa compiuta da adulatori e diffamatori nella ricerca del meraviglioso e dell’eccezionale nella vita dello Stupor Mundi: il giorno della sua nascita – l’indomani di Natale – l’assonanza di Jesi con Gesù (la mia Betlemme la chiama lo stesso Federico), la diceria intorno la monacazione della madre vengono letti come presagi della natura demoniaca di Federico, definito l’Anticristo da più voci, fra le quali quella di Gioacchino da Fiore e di papa Gregorio IX. Altri invece, come i cronisti Pietro da Eboli e Goffredo da Viterbo, salutano la nascita di Federico II come la realizzazione della profezia virgiliana contenuta nella quarta egloga sull’avvento di un puer divino.
Ciò che è certo è che Federico Ruggero porta nel nome la duplice eredità delle casate materna e paterna: del nonno Ruggero II, padre di Costanza d’Altavilla, re normanno del Regnum Siciliae, e del nonno Federico I il Barbarossa, padre di Enrico VI, l’imperatore tedesco nemico del papato e dei Comuni. Il matrimonio fra Enrico VI e Costanza d’Altavilla, celebrato nel 1186, si configura proprio come uno degli ultimi capolavori politici del sovrano Hohenstaufen, il quale assicura così al giovane figlio il controllo della Corona normanna e un’importante apertura sul Mediterraneo.
Enrico VI viene incoronato re di Sicilia il giorno di Natale del 1194 nella cattedrale di Palermo, dopo un vittorioso ingresso in città davanti a un popolo inginocchiato; ma il suo governo dura pochi anni, cogliendolo la morte nel 1197, ma riuscendo comunque ad avviare per tempo un programma di ridistribuzione di terre e cariche ai fedeli cavalieri germanici e di tutela degli interessi dell’Impero innanzi a tutto.
Alla morte del marito, Costanza assume le redini del regno e realizza un repentino cambio di rotta nelle priorità ereditarie del piccolo Federico: il giorno di Pentecoste del 1198 lo fa incoronare a Palermo re di Sicilia, sospendendo ogni iniziativa di assicurare al figlio anche la carica imperiale, giudicando la situazione in Germania, infiammata dallo scontro fra i due pretendenti alla Corona Ottone IV di Braunschwig e Filippo di Svevia, inutilmente pericolosa.
I progetti della regina normanna trovano l’appoggio del papato, favorevole a scongiurare una pericolosa unione fra le due Corone e interessato a ribadire la propria influenza sulla Sicilia, feudo di Roma dai tempi di Roberto il Guiscardo. Costanza rinnova così il giuramento di vassallaggio a papa Innocenzo III nominandolo inoltre reggente del Regno e tutore di Federico.
Scomparsa la madre nel 1198, per Federico inizia una fase di grande difficoltà. Si apre subito un’aspra contesa per la reggenza del Regno tra Marcovaldo di Anweiler, gran siniscalco di Enrico VI, il consiglio costituito da alti prelati e dal cancelliere Gualtieri di Pagliara e Gualtiero di Brienne, genero di Tancredi d’Altavilla, nipote abiatico di Ruggero II. Federico, ancora bambino, passa di mano in mano nell’ottica in cui la vera fonte del potere risieda nel possesso fisico del sovrano, tanto da essere descritto nelle cronache come agnus inter lupos.
Nel 1201 Marcovaldo riesce a penetrare nel Castellammare di Palermo, dopo aver corrotto le guardie, e a impadronirsi della persona di Federico, governando in nome del giovane re. In una lettera indirizzata dall’arcivescovo di Capua al papa viene descritto con ammirato stupore l’atteggiamento di fiera resistenza opposta dal piccolo Federico in tale circostanza, consapevole del proprio rango e dignità sovrana.
Nonostante la condizione di cattività, Federico riceve un’educazione idonea al proprio lignaggio, sotto la guida del magister regis Guglielmo Francesco, esercitando la propria forza fisica e l’intelligenza, in contatto con i molteplici stimoli della multietnica capitale siciliana ma senza quella condizione errabonda e disperata con cui le fonti romantiche hanno arricchito il racconto della sua infanzia.
Re e imperatore
Il diritto feudale siciliano fissava il raggiungimento della maggiore età dei sovrani a quattordici anni, così nel 1208 Innocenzo III depone la tutela di Federico che assume le redini del Regno di Sicilia. Nello stesso anno, il papa si premura di stipulare per il suo pupillo un vantaggioso accordo matrimoniale, fidanzandolo inizialmente con Sancha d’Aragona, sorella di Pietro II d’Aragona, e infine con un’altra sorella, Costanza.
Costanza d’Aragona, di dieci anni più vecchia di Federico, porta in dote cinquecento cavalieri spagnoli, fior fiore della nobiltà catalana e provenzale, con i quali il giovane marito ha in animo di riportare ordine in una Sicilia agitata dai tumulti, ma che purtroppo gli vengono sottratti presto da una violenta epidemia. Nonostante la scarsa incisività della dote, il matrimonio con Costanza – la più cara tra le sue tre mogli- si rivela un’unione felice e in lei Federico trova spesso una sagace consigliera e una fidata alleata.
Mentre il giovane re si trova dunque impegnato a rinsaldare la propria autorità nel Regnum Siciliae, facendo fronte all’opposizione di sacche saracene e di baroni riottosi, gli si prospetta finalmente la possibilità di ottenere ciò che il padre aveva anteposto nelle priorità di Federico da sovrano: la Corona imperiale.
L’assassinio di Filippo di Svevia risveglia infatti le mai dimenticate mire di potere dell’avversario Ottone di Brunswick che, ottenuto il sostegno dei principi tedeschi, viene eletto imperatore nel 1209. Inizialmente anche papa Innocenzo III si mostra ben disposto ad avallare il riconoscimento imperiale di Ottone, campione guelfo nello scontro in terra tedesca, ma quando quest’ultimo avanza pretese sul Regnum Siciliae minacciandone la conquista armata, l’atteggiamento del pontefice muta radicalmente: Ottone viene scomunicato mentre Federico riceve la nomina a re dei Romani.
Per Federico si tratta di una nomina ancora non ufficiale. Il riconoscimento definitivo della propria dignità imperiale viene infatti sancito da due importanti momenti, carichi di valore simbolico: la consegna da parte del re di Francia Filippo Augusto dell’aquila imperiale (sottratta durante la battaglia di Bouvineas a Ottone IV) e l’elezione a imperatore del Sacro Romano Impero avvenuta nel duomo di Aquisgrana nel 1215. Durante la propria elevazione, Federico si pone volontariamente quale ideale prosecutore di Carlo Magno e del nonno Federico I abbracciando pubblicamente la croce, atto simbolico con cui il sovrano si riconosceva defensor fidei, pronto a offrire se stesso e i propri mezzi in una nuova crociata.
La crociata di Federico II
Una delle costanti più significative nella vita di Federico II è rappresentata dai suoi altalenanti rapporti con il papato. Con il tutore Innocenzo III, nonostante vari motivi di disaccordo quale ad esempio il diritto d’elezione dei vescovi, non si verificano incisivi episodi di scontro. Anche con il successore al soglio pontificio Onorio III, d’indole mite e conciliante, Federico riesce a mantenere rapporti pacifici, manifestando la propria volontà di cooperare per il bene della cristianità. Ma con la morte di Onorio III si chiude il periodo di fruttuosa collaboratore tra imperatore e papa, lasciando il posto a una nuova partita giocata a suon di ricatti, scomuniche e incomprensioni, il cui campione è il nuovo pontefice Gregorio IX, uno dei più agguerriti avversari di Federico.
Il motivo principale di contrasto è rappresentato dalla mancata partecipazione di Federico II alla crociata; molti anni sono passati dall’elezione di Aquisgrana e, sebbene Federico abbia varie volte rinnovato la propria promessa mostrandosi impaziente di partire, la sua diretta partecipazione alla guerra santa viene ritardata di volta in volta, adducendo varie cause.
Gregorio IX si dimostra fin da subito intransigente e lancia a Federico un ultimatum: partire o essere scomunicato. L’imperatore è ben cosciente di non potere più tergiversare e, convocati i crociati a Brindisi, si prepara a salpare per la Terrasanta. Sfortunatamente lo scoppio di un’epidemia fa arenare l’impresa contagiando lo stesso Federico, costretto a curarsi a Pozzuoli. Appresa la notizia, papa Gregorio IX non crede alla malattia dell’imperatore e il 29 settembre del 1227 lancia contro di lui la scomunica.
Nella speranza di rimuovere il pesante fardello dell’anatema, una volta rimesso Federico parte e nel 1228 sbarca ad Acri. La crociata di Federico – definita da alcuni storici pseudo crociata considerando la scomunica gravante sull’imperatore- assume fin da subito un profilo assai singolare, approdando ad un risultato senza precedenti: entrato subito in simpatia con il sultano del Cairo, Malik Al-Kamil, in virtù della comune passione per la poesia, la filosofia e la scienza, Federico stipula con quest’ultimo, nel 1229, un accordo decennale in base al quale ai cristiani vengono rese Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e una fascia costiera, mentre ai musulmani è riservata l’area del Tempio, considerata sacra per la loro religione, inoltre si sancisce lo smantellamento di tutte le fortificazioni. A coronamento dell’impresa, Federico si autoproclama re di Gerusalemme, in virtù dell’unione con la sua seconda moglie Isabella di Brienne.
Gerusalemme viene così riconquistata senza combattimenti, ma tale risultato non placa l’ira di Gregorio IX che, anzi, ritendendo scandaloso l’atteggiamento conciliante di Federico verso i musulmani, rincara la scomunica. Come si evince dall’enciclica In maris amplitudine, le cause dell’astio del pontefice non riguardano soltanto il comportamento tenuto da Federico in Terrasanta, ma affondano le radici nel più complesso terreno dei rapporti tra papato e impero, reso ancora più scivoloso dalla concentrazione delle Corone di Germania e di Sicilia in un solo individuo.
La conferma di tale teoria giunge peraltro dall’atto di risoluzione della vicenda: con la pace di San Germano e Ceprano, stipulata nel luglio 1230, Federico viene prosciolto dalla scomunica, ma in cambio si impegna con Gregorio IX a rinunciare a ogni pretesa di controllo sull’elezione dei vescovi e a concedere al clero meridionale piena immunità fiscale e giudiziaria.
Gli ultimi anni di Federico II
L’imperatore in più occasioni viene meno agli accorsi di Ceprano, alimentando l’irritazione di papa Gregorio IX, il quale decide accortamente di schierarsi dalla parte di un altro nemico di Federico II: i Comuni dell’Italia centro settentrionale, intenzionati a difendere libertà ed autonomia dalle interferenze imperiali.
Nel 1238 Federico II infligge una grave sconfitta alla Lega lombarda a Cortenuova, ma commette al tempo stesso l’errore di imporre delle condizioni di pace troppo severe ai Comuni battuti, i quali a questo punto non solo attuano una resistenza ad oltranza, ma si coalizzano con Gregorio IX in una lega “antifedericiana”. Nel marzo del 1239 l’anziano papa lancia contro l’imperatore una nuova, tonante scomunica, la quale alimenta subito una campagna diffamatoria a lungo raggio. Gregorio IX scioglie i sudditi dal vincolo di obbedienza, giungendo a identificare Federico II con l’Anticristo, accusato di eresia e infedeltà verso la Chiesa, mobilitando inoltre contro di lui francescani e domenicani.
Lo scontro con il papato non si conclude neppure con la morte di Gregorio IX, ma trova anzi un nuovo agguerrito prosecutore nel neo-eletto Innocenzo IV, convinto sostenitore della assoluta supremazia pontificia. Tutti i tentativi di accordo e rappacificazione promossi da Federico vengono rifiutati dal papa e dai suoi sostenitori, giungendo così al Concilio di Lione del 1245 durante il quale Innocenzo IV scomunica nuovamente Federico e lo depone dalla dignità regia e imperiale.
Gli ultimi anni di Federico II sono particolarmente duri e travagliati. Dopo aver respinto le accuse papali ritenute ingiuste e inique, l’imperatore cerca il sostegno di altri sovrani europei senza tuttavia riceverne aiuti concreti. Si impegna dunque personalmente a proteggere la propria autorità e dignità, conducendo campagne militari volte a piegare i nemici politici e ideologici sia in Germania che in Italia. Nel 1248, durante l’assedio del comune di Parma, schierata con la fazione guelfa, Federico subisce una pesante sconfitta, aggravata dall’uccisione del caro amico e giurista Taddeo di Sessa.
Altri sfortunati eventi si susseguono nell’ultimo periodo di vita di Federico, quali la prigionia e la morte dell’amato figlio Enzo, la ribellione del primogenito Enrico e il presunto tradimento del fidato Pier delle Vigne.
Federico II muore all’età di 56 anni, il 13 dicembre del 1250, presso Castel Fiorentino, a causa di una malattia intestinale. Il vescovo e cronista Saba Malaspina, nel suo Rerum Sicularum historia, racconta che l’astrologo della corte federiciana Michele Scoto avesse predetto all’imperatore che la sua morte sarebbe avvenuta sub flore apud portam ferream. Per tutta la vita Federico si sarebbe così tenuto lontano dalla città di Firenze, ma quando un improvviso malore lo colpisce nella piccola cittadina foggiana, l’imperatore capisce subito che la sua vita è giunta a termine.
Le riforme e la cultura
Una delle costanti premure che ha accompagnato Federico II nel suo mandato di re e imperatore è rappresentata dalla volontà di migliorare l’organizzazione amministrativa dei propri domini. Per fare fronte alle esigenze burocratiche, Federico si circonda di esperti funzionari stipendiati fra i quali Roberto di Benevento, Taddeo da Sessa e Pier delle Vigne. Inoltre, per aumentare la disponibilità di competenti giuristi, legisti e notai il sovrano promuove la fondazione di uno Studium generale a Napoli nel 1224 e, per incentivarne il prestigio, vieta ai sudditi di andare a studiare fuori dal regno, offrendo molte agevolazioni ai giovani studenti.
Ma il vero capolavoro giuridico di Federico II sono le Constitutiones regni Siciliae, anche note come Costituzioni di Melfi, dal nome della città lucana in cui vengono promulgate nel 1231. Si tratta di un corpus di diritto pubblico e amministrativo di vocazione augustea e giustinianea, con cui Federico II e il suo entourage di burocrati gettano le basi della giurisdizione del regno di Sicilia fino al XVIII secolo.
La corte di Federico II non è frequentata però solo da funzionari della cancelleria regia, ma al suo interno gravitano anche letterati, scienziati, geografi e intellettuali di varia natura e di diverse etnie. Le curiosità culturali del sovrano sono molteplici e oltre a soddisfarle con il dialogo erudito, egli le esercita in prima persona: il suo De arte venandi cum avibus, trattato d’ornitologia arricchito da un prezioso apparato miniaturistico, è l’emblema dell’amore di Federico per la conoscenza supportata dallo studio empirico della realtà naturale del mondo.
L’interesse di Federico sembra propendere più per la scienza e la matematica, ma non meno fascino esercita su di lui la poesia. Con la Scuola poetica siciliana fiorita presso la sua corte, la poesia in volgare acquisisce una solidità linguistica e stilistica tale da influenzare significativamente l’evoluzione della lirica italiana successiva. Lo stesso nome di Federico II compare accanto a quelli di Cielo d’Alcamo e Jacopo da Lentini nell’elenco dei rimatori siciliani.
La sconfinata conoscenza di Federico II generano meraviglia già tra i contemporanei, che lo appellano Stupor Mundi. Persino il cronista guelfo Salimbene de Adam, ostile a Federico e pronto ad avallare le maldicenze sul suo conto, non riesce a restare insensibile al fascino di questo eccezionale sovrano e delle sue innumerevoli capacità.
Federico II è ad oggi sepolto nella cattedrale di Palermo e il flusso continuo di visite e omaggi di cui è oggetto il sarcofago in porfido rosso che ne accoglie le spoglie, è la più chiara testimonianza della grande attrazione che la figura di questo sovrano riesce a generare a distanza di secoli.
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- Ernst H. Kantorowicz, Federico II imperatore, Garzanti, 2017.
- Marcello Pacifico, Federico II e Gerusalemme al tempo delle crociate. Relazioni tra Cristianità e Islam nello spazio euro mediterraneo medievale (1215-1250), Sciascia, 2012.
- Fulvio Delle Donne, Federico II: la condanna della memoria. Metamorfosi di un mito, Viella, 2012.
- Ortensio Zecchino, Gregorio contro Federico. Il conflitto per dettar legge, Salerno, 2018.
- Poeti della corte di Federico, Salerno, 2020.