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Alle elezioni politiche del 6 aprile 1924, dopo una campagna elettorale segnata dall’illegalità e dalle azioni violente dei fascisti, la Lista Nazionale, guidata da Benito Mussolini, ottiene quasi il 65% dei voti e i tre quarti dei seggi parlamentari senza che scatti il premio di maggioranza previsto dalla legge Acerbo.
La legge elettorale Acerbo
Mussolini, divenuto capo del governo il 30 ottobre 1922 a seguito della marcia su Roma, vuole garantirsi un’ampia maggioranza parlamentare per sanzionare la posizione di preminenza del fascismo. E’ questo lo scopo della nuova legge elettorale, la cosiddetta Legge Acerbo, entrata in vigore nel 18 novembre 1923. Il sistema delineato dalla legge Acerbo va a modificare il sistema proporzionale in vigore dal 1919, integrandolo con un premio di maggioranza pari ai 2/3 dei seggi, a beneficio della lista più votata qualora questa superi il quorum del 25%.
Il listone fascista
All’inizio del ’24 la Camera è sciolta. Molti esponenti liberali e alcuni cattolici conservatori accettano di candidarsi assieme ai fascisti nella Lista Nazionale presentate in tutti i collegi con il simbolo del fascio. Si riforma così il blocco delle elezioni del ’21, ma questa volta a parti invertite, con i fascisti in posizione dominante. Le forze antifasciste sono invece profondamente divise. I due partiti socialisti, i comunisti, i popolari, i liberali d’opposizione guidati da Giovanni Amendola e gli altri partiti minori si presentano ciascuno con proprie liste. Ciò significa sicura sconfitta.
Elezioni politiche 1924: la vittoria fascista
Nonostante questo vantaggio iniziale, i fascisti non rinunciano alla violenza contro gli avversari, sia durante la campagna elettorale sia nel corso delle votazioni. Un candidato socialista è ucciso, diversi candidati di sinistra sono feriti, ovunque sono impediti i comizi, bruciati i giornali e impedito l’affissione dei manifesti, anche attaccando le stamperie.
Il 6 aprile 1924 la scontata vittoria fascista assume proporzioni clamorose, tanto da rendere inutile il premio di maggioranza. La lista nazionale ottengono il 65% dei voti e più dei 3/4 dei seggi. Il successo è massiccio soprattutto nel Mezzogiorno e nelle isole, ossia nelle regioni in cui il fascismo ha minori radici. In diverse circoscrizioni il voto non si esercita in condizioni di libertà, ma in maniera palese e con la presenza di esponenti fascisti nei seggi e nelle cabine elettorali.
I prefetti hanno ordini di contrastare l’astensionismo convogliando voti a favore del governo. Inoltre il fascismo si è rapidamente ingrossato dopo l’andata al governo con l’adesione dei notabili moderati e delle loro clientele. Questo dato conferma che oramai il fascismo ha sostituito la classe dirigente liberale.
Il delitto Matteotti
Il 30 maggio, il deputato Giacomo Matteotti, segretario del Partito socialista unitario pronuncia alla Camera una durissima requisitoria contro il fascismo, denunciandone le violenze e i brogli elettorali. Contesta così la validità dei risultati elettorali. Il 10 giugno a Roma l’onorevole Matteotti è rapito e assassinato da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini. Il suo cadavere è ritrovato due mesi dopo.