CONTENUTO
Eugenio di Savoia: la spada degli Asburgo. Il contesto storico
Prima di iniziare il racconto della straordinaria vita del Principe Eugenio di Savoia occorre inquadrare il periodo storico in cui opera il nostro protagonista. Siamo nella seconda metà del Seicento quando Eugenio viene alla luce. Il Regno di Spagna, pur in via di decadenza, è ancora estremamente esteso: oltre alle colonie in Centro e Sud America possiede la Lombardia, il Sud e le isole maggiori in Italia e i Paesi Bassi Spagnoli (all’incirca l’attuale Belgio).
La Francia non ha ancora raggiunto i confini attuali, ma sul trono siede uno dei più importanti re della sua storia: Luigi XIV di Borbone che attuerà, per tutta la durata del suo lungo regno, una politica estera aggressiva e dinastica che lo vedrà sempre in guerra. Guerra effettiva in Italia, in Fiandra, Germania per ampliare prima e difendere poi le conquiste ottenute.
Intervento in Spagna per proteggere il diritto di successione del nipote al trono di Madrid. Ma anche lotta diplomatica schierandosi lui, Principe Cattolicissimo, al fianco degli ottomani con copiosi finanziamenti per aiutarli nella conquista di Vienna e dei territori austriaci. L’impero Asburgico si estende dalla Slesia fino a parte dell’Ungheria e ricomprende l’Austria e la Boemia, il suo sovrano viene puntualmente eletto Imperatore del Sacro Romano Impero che raggruppa anche la Germania parcellizzata in una miriade di stati.
L’Olanda e l’Inghilterra sono indipendenti e stanno ampliando i loro commerci marittimi arricchendosi notevolmente. Gli stati italiani, Ducato di Savoia e Repubblica di Venezia in testa, sono deboli e ininfluenti. Tutti i Balcani e la Grecia sono sotto il dominio dell’Impero ottomano che si affaccia minacciosamente ai confini.
Da piccolo abate alla corte di Versailles a generale austriaco a Vienna
Francesco Eugenio di Savoia Carignano Soisson, nasce a Parigi il 18 ottobre 1663 da Eugenio Maurizio di Savoia-Carignano, conte di Soissons e da Olimpia Mancini. I genitori fanno parte della corte del Re Sole Luigi XIV: il padre è ufficiale ed è un ramo cadetto dei Savoia e unito da vincoli di parentela ed amicizia con influenti nobili di mezza Europa che saranno di aiuto ai figli.
La madre è la nipote del Cardinale Giulio Mazzarino, il potente Primo Ministro del Re, che muore pochi anni prima della nascita di Eugenio. Olimpia per un breve periodo è l’amante di Luigi XIV il quale continua a mostrarle benevolenza anche dopo il termine del legame. Purtroppo è una donna intrigante che cade presto in disgrazia venendo esiliata a Bruxelles, a quel tempo sotto il dominio spagnolo.
Il padre muore prematuramente ed i giovani Savoia Carignano sono cresciuti dalla nonna paterna, Maria di Borbone, che cerca di sistemare le fanciulle con buoni matrimoni ed i maschi indirizzandoli verso l’esercito o la Chiesa. Per Eugenio, minuto e insignificante d’aspetto, opta per la carriera ecclesiastica non solo vestendolo come un prete, ma obbligandolo alla tonsura.
Così conciato frequenta la splendente corte del re Sole venendo soprannominato per dileggio e con una punta di disprezzo “il piccolo abate”. Ma Eugenio non è interessato alla Chiesa: vuole seguire le orme del padre e dei fratelli agognando una nomina ad ufficiale.
Ecco perché nel 1683 viene “presentato a corte”: pensa che Luigi, che lo conosce bene, gli accorderà facilmente il brevetto da ufficiale. Ma ha fatto male i conti: in verità il Re non ripone nessuna stima in questo ragazzino brutto e trasandato, perciò durante l’udienza lo ignora completamente.
Per Eugenio è una umiliazione bruciante; ma il Re commette uno dei suoi più grossi errori, per il quale ne pagherà le conseguenze per il resto della vita. Il giovane principe, carico di risentimento verso il suo sovrano e la corte, prende una decisione che cambierà non solo la sua vita, ma probabilmente anche la Storia: fugge in Austria. In quel Paese la situazione è drammatica: Vienna è assediata dagli Ottomani e sta per cadere.
Le conseguenze sarebbero devastanti in quanto i Turchi avrebbero una porta aperta sull’Italia e il Cristianesimo stesso sarebbe in pericolo. Ecco perché molti giovani nobili, anche francesi, corrono ad arruolarsi nell’Imperiale Esercito asburgico. Eugenio giunge a Passau dove la corte dell’imperatore Leopoldo I ha trovato rifugio.
E’ senza un soldo, ma ha conoscenze importanti. Un primo sollievo finanziario gli giunge tramite il Duca di Savoia, Vittorio Amedeo II il quale, in quanto capo del casato, soccorre il cugino in difficoltà. Continuerà a farlo per anni, fino a quando Eugenio, oltre ad essere coperto di gloria, lo sarà anche di quattrini dal grato imperatore.
Tramite i buoni uffici di un altro suo cugino, il Mangravio (1) del Baden, incontra Leopoldo I e ottiene il tanto desiderato incarico. Finalmente viene posto agli ordini del cugino ed amico Luigi del Baden: la sua avventura straordinaria ha inizio. In soccorso dell’Imperatore si sta radunando un possente esercito cristiano guidato da re Sobieski (2) e composto da truppe polacche e tedesche.
Il 12 settembre del 1683 questa armata sferra l’attacco contro gli Ottomani e nel pomeriggio Vienna è libera. I Turchi sono in fuga verso sud ed il loro accampamento, colmo di ogni ben di dio, viene saccheggiato. Eugenio, che ha combattuto in prima linea a fianco del Mangravio, entra per la prima volta nella capitale che diventerà la sua città di adozione.
Pochi mesi dopo viene promosso dall’Imperatore colonnello ed assume il comando del reggimento di dragoni “Kufstein” che cambia nome, in suo onore, in “Savoia”. Per i successivi 45 anni sguainerà la spada quasi senza sosta a difesa della casa Asburgo raggiungendo i vertici militari e politici.
Si alterna tra il fronte orientale, dove ripetutamente sconfigge gli Ottomani e gli Ungheresi (che più volte si ribellano anelando l’indipendenza), e quello occidentale ai confini con il Reno e nell’Italia del Nord per ostacolare le possenti armate del re Sole ed i suoi alleati.
Eugenio di Savoia contro gli Ottomani
Sul fronte orientale sconfigge ripetutamente, nel corso degli anni, gli eserciti che la Sublime Porta (3) appronta per cercare di mantenere il predominio nei Balcani dopo aver fallito nell’impresa di conquistare Vienna. Gli Ottomani in questo periodo, che va dagli anni ’80 del ‘600 al primo decennio del XVIII secolo, costituiscono ancora una minaccia notevole mettendo in campo eserciti multietnici estremamente coraggiosi ed efficaci con combattenti provenienti da ogni angolo del vasto impero.
Il corpo di élite resta quello dei temibili Giannizzeri che nei secoli precedenti hanno gettato nel panico chiunque li abbia incontrato sul proprio cammino. Con le ripetute sconfitte contro Eugenio, che cancellano l’alone di imbattibilità, e con l’intromissione nella vita politica, schierandosi a favore di una o dell’altra fazione in lotta, i Giannizzeri perdono progressivamente autorevolezza e credibilità in una lenta, ma inesorabile, parabola discendente che coincide con quella del grande Impero ottomano.
Malgrado lo spiegamento di forze i Turchi vengono ripetutamente sconfitti dagli eserciti del principe Eugenio. La vittoria più importante, e anche la più nota, il Savoia la ottiene l’11 settembre del 1697 quando coglie di sorpresa l’imponente esercito ottomano mentre sta cercando di attraversare, su un ponte di barche, il fiume Tibisco nei pressi di Zenta, nel nord della Serbia.
Questa battaglia evidenzia le capacità di Eugenio di individuare il punto debole avversario e di decidere rapidamente l’attacco guidando in prima linea i propri uomini, con un mix di pianificazione ed improvvisazione che ritroveremo in altre situazioni e che colgono impreparati gli avversari.
In questo caso la battaglia si trasforma presto in un massacro: una parte dell’esercito, che deve ancora attraversare il fiume, viene disintegrata sotto gli occhi dei compagni che dall’altra riva assistono impotenti e, colti dal panico, fuggono precipitosamente lasciando nelle mani degli Imperiali l’intero accampamento con un bottino enorme.
Le perdite ottomane sono di circa 30.000 uomini contro i 300 persi dagli imperiali. Grazie a Zenta nel gennaio 1699 viene stipulata a Carlowitz una pace estremamente vantaggiosa per l’Impero che ottiene l’Ungheria, la Transilvania e quasi tutta la Schiavonia. Anche gli alleati Polacchi e Veneziani ricevono consistenti incrementi territoriali.
Ritroviamo nuovamente il Principe contro i Turchi nel 1716 a Petervaradino ed anche in questo caso assesta un colpo mortale all’esercito avversario con una mossa a sorpresa. In questa località nel sud dell’Ungheria l’esercito imperiale è assestato in attesa delle truppe ottomane guidate dal gran visir (4) Silahdar Alì Pascià, genero del Sultano.
Mentre i nemici avversari si aspettano che Eugenio che stia sulla difensiva, nei trinceramenti intorno alla città, all’improvviso il Savoia ordina l’attacco cogliendo il nemico in contropiede. Dopo un’aspra lotta, soprattutto contro i temibili Giannizzeri, i 70.000 imperiali hanno la meglio sui 120.000 turchi che, in rotta, fuggono verso Belgrado. Fuga che, come spesso avvenuto in passato, si trasforma in massacro con 30.000 morti turchi tra cui il gran visir in persona.
A questo punto Eugenio, invece di dirigersi verso Belgrado, potentemente difesa, preferisce completare la conquista degli ultimi lembi dell’Ungheria ancora in mano ai Turchi. Una volta consolidate queste conquiste provvede, nel 1717, alla preparazione logistica della nuova campagna che ha come obiettivo la conquista di Belgrado, roccaforte potentemente difesa verso la quale si stava avviando un possente esercito ottomano in aiuto.
Eugenio si trova davanti all’ultimo importante bastione turco in Europa e pone l’assedio alla città. Ben presto però alle sue spalle arriva l’esercito turco mandato in soccorso e così l’assediante diventa assediato, stretto tra due fuochi. La situazione è difficile e si preannuncia un disastro totale, ma ancora una volta il principe agisce con audacia ed attacca l’esercito turco. Dopo un’aspra battaglia gli imperiali, sospinti anche dall’esempio del loro comandante che per l’ennesima volta si spinge in prima linea e per l’ennesima volta viene ferito, travolgono i turchi. La rotta è totale e si conclude con la consueta spaventosa carneficina.
La guarnigione di Belgrado, visto l’esito della battaglia, capisce che è inutile proseguire la lotta e si arrende ad Eugenio consegnando la città. E’ l’apoteosi: con il seguente trattato di pace l’Impero acquisisce anche gran parte della Serbia. La politica scellerata dei suoi successori comporterà, dopo la morte di Eugenio, la perdita di vasti territori liberati.
Eugenio di Savoia contro le armate del Re Sole
Ad occidente combatte contro gli eserciti francesi di Luigi XIV e dei suoi alleati su due fronti diversi: quello italiano e quello tedesco. Il Sacro Romano Impero può contare, oltre che sulle forze degli stati che lo compongono, anche sull’aiuto militare e finanziario delle Potenze Marittime: Inghilterra e Olanda.
E’ grazie al denaro di questi ricchi stati mercantili che Eugenio riesce a sostenere i costi delle guerre: approvvigionamento, divise ed armi, paghe per i soldati e le truppe mercenarie tedesche. Inoltre, sono composti da britannici ed olandesi gli eserciti che combattono contro i Marescialli di Francia ai confini con il Reno, la Mosella e l’attuale Belgio. In questa lunga serie di battaglie, quasi sempre culminate con vittorie travolgenti, spesso deve dividere il comando delle operazioni (a volte solo di facciata per opportunità politiche) con nobili e generali stranieri.
Quello con cui si trova pienamente a proprio agio è John Churchill, il Duca di Marlborough (5). I due si intendono subito e nasce una lunga amicizia e collaborazione che conduce ad alcune tra le più importanti vittorie dell’epoca. Insieme stabiliscono una azione comune per mettere fuori gioco i Francesi ed i loro alleati Bavaresi che dal confine con gli Stati Tedeschi arrivano fino a minacciare Vienna.
Sono gli opposti che si attraggono: l’inglese bello ed elegante ed il Savoia brutto e trasandato nel vestire, ma uniti da una istintiva reciproca simpatia e da una visione strategica comune che mette al bando invidia e gelosia. Sia il Principe che il Duca, inoltre, non solo sono i comandanti dei rispettivi eserciti, ma hanno una vasta influenza politica sui propri governi che accresce la loro autonomia sui campi di battaglia.
Le più importanti vittorie dei due condottieri avvengono durante la Guerra di Successione Spagnola (1701-1714), combattuta per rivendicare il diritto a sedere sul trono di Madrid da parte del legittimo erede designato dal defunto Carlo II di Borbone, Filippo d’Angiò, nipote di Lui XIV.
A questi si contrappone un altro pretendente che accampa diritti: Carlo d’Asburgo, secondogenito dell’Imperatore Leopoldo I. A fianco della Francia e della Spagna si schiera la Baviera, mentre l’Impero realizza una vasta coalizione che comprende Inghilterra, Olanda, Portogallo e Ducato di Savoia.
Sul fronte italiano la vittoria più eclatante è quella di Torino del 1706 quando Eugenio scende in Italia con il suo esercito, compie una serie di manovre diversive evitando l’esercito del Duca di Orléans e raggiunge il cugino Vittorio Amedeo II. I due Savoia si apprestano ad un compito quasi impossibile: liberare la capitale sabauda da mesi assediata da una armata borbonica.
Il 2 settembre studiano la situazione da un colle, quello di Superga, e scoprono un punto debole nello schieramento nemico, tra i fiumi Dora e Stura. Per inciso in questa occasione il Duca di Savoia fa voto alla Madonna, qualora gli arrida la vittoria, di costruire una basilica in questo luogo: seppur con ampio ritardo farà fede alla promessa.
Eugenio attacca nel punto previsto e nel contempo gli assediati fanno una sortita prendendo i Francesi tra due fuochi mentre il Duca di Savoia blocca loro la via di fuga. La vittoria è clamorosa e alla sera i due cugini entrano in Torino tra due ali di folla che li acclama.
Le conseguenze della sconfitta di Torino sono pesanti e durature per il re Sole: non solo perde i territori conquistati in Piemonte, ma gli Spagnoli, suoi alleati, devono cedere la Lombardi agli Austriaci: il fronte italiano si è chiuso per sempre. Nel frattempo a nord il duca di Marlborough sconfigge i Francesi a Ramilles e ottiene il dominio dei Paesi Bassi Spagnoli.
Le altre vittorie della guerra avvengono a nord, tra le Fiandre e la Baviera e sono frutto dell’azione congiunta del Principe di Savoia e del Duca di Marlborough. La prima, quella che darà fama imperitura (e notevole ricchezza) a Churchill si combatte a Blindheim in Baviera., anglicizzato in “Blenheim”. Per parlarne dobbiamo fare un balzo indietro temporale di un paio d’anni e tornare al 1704 in Baviera.
Qui si trovano di fronte un potente esercito franco-bavarese guidato dall’Elettore di Baviera, valente condottiero, e dai generali francesi Tallard (6) e Marsin (7). I due comandanti alleati studiano a fondo la situazione durante una lunga riunione comune chini sulle mappe della zona e sui rapporti degli ussari mandati in avanscoperta e decidono di comune accordo la strategia: Eugenio avrebbe impegnato, in forte inferiorità numerica, gli eserciti congiunti di Marsin e dell’Elettore, mentre il Duca, avrebbe annientato i reparti guidati da Tallard.
Perché il piano abbia probabilità di successo deve essere eseguito velocemente e in perfetta coordinazione. Occorre dire che i generali avversari danno loro una mano, non capendo fino all’ultimo che l’intenzione degli Alleati, andando contro le convenzioni del tempo, è di portare un attacco contro truppe più numerose e appostate su un terreno più favorevole.
I soldati dei due condottieri si muovono a notte fonda, ma mentre l’inglese raggiunge al mattino presto le sue posizioni, celate da una foschia al nemico, Eugenio viene rallentato dal terreno paludoso ed accidentato: dunque la battaglia prende avvio nel primo pomeriggio. I due alleati non si dimostrano coesi solo in fase progettuale, ma anche sul campo di battaglia collaborarono completamente e mantenendosi costantemente in contatto tra loro, a differenza di quando avviene in campo avversario.
Si combatte tenacemente da ambo le parti, con perdite numerose e la battaglia è a lungo incerta. Eugenio, malgrado le cariche di cavalleria, non riesce a sfondare e rischia la rotta. Sempre in prima linea, corre più volte il rischio di essere ferito o catturato.
Churchill avanza malgrado le sue truppe vengano falciate dal preciso tiro dei cannoni e dei moschetti francesi, ma si trova in difficoltà quando si accorge che la cavalleria avversaria sta cercando di aggirarlo. Invia un messaggio al Principe chiedendo il suo immediato aiuto ed Eugenio, seppur in un momento estremamente critico, non esita ad inviare i suoi corazzieri, che ribaltano la situazione.
Le linee francesi crollano e Marlborough circonda il nemico facendo prigioniero anche lo sfortunato Tallard. Alla notizia della rotta, le truppe franco-bavaresi si ritirano in ordine, ma non vengono inseguite da Eugenio, i cui uomini sono troppo provati per inseguirle.
La vittoria ha conseguenze importanti, bloccando l’avanzata franco bavarese verso il cuore dell’impero, ma. soprattutto, è l’apoteosi di Marlborough . Il Duca vede la propria popolarità alle stelle in Inghilterra e la Regina Anna gli dona una splendida tenuta nell’Oxfordshire che prende il nome dalla battaglia. Ne esce ulteriormente rafforzato politicamente sia all’interno che nei confronti degli alleati Olandesi.
L’amicizia con Eugenio si consolida ulteriormente. Altre due sanguinose e vittoriose battaglie li vedranno insieme protagonisti: nel 1708 a Oudenarde, nelle Fiandre, e nel 1709 a Malplaquet in Alta Francia. Ma proprio Malplaquet, a causa delle terribili perdite, segna l’inizio dei dubbi inglesi circa la prosecuzione della guerra: i Tory, avversi al Duca, acquisiscono potere e seguito sia a corte che tra il popolo.
Inoltre, malgrado le ripetute sconfitte, la Francia non intende arrendersi, né l’esercito alleato riesce a raggiungere Parigi, per assestare il colpo mortale al Re Sole. Nel 1712 a Denain Villars (8), Maresciallo di Francia, ha la meglio sull’esercito di Eugenio, che non ha più al suo fianco il collega inglese; e questa sconfitta, peraltro non estremamente grave, accelera il desiderio di pace dei contendenti sfibrati dal lungo conflitto.
I trattati di Utrecht del 1713 e di Rastatd-Baden del 1714 mettono la parola fine al conflitto. Dal punto di vista militare, comunque, non si può non ammirare il genio dei due condottieri e la loro unità d’intenti; ben diversa è la situazione nel campo avverso, dove i litigi e le invidie dei comandanti contribuiscono spesso in maniera significativa alle cocenti sconfitte.
Inoltre, mentre sia il Duca che il Principe sono autonomi nelle decisioni, benchè spesso frenati dalla prudenza degli Olandesi, i generali francesi devono sottostare agli ordini di Luigi XIV che da Versailles tutto controlla e dispone.
L’Europa dopo la guerra di successione spagnola
Il lungo conflitto ha termine con il Trattato di Utrecht del 1713 a cui l’impero asburgico non aderisce in quanto Carlo VI, sostenuto dalla parte “spagnola” della corte, non intende rinunciare al trono di Madrid. Il Trattato, infatti, riconosce re di Spagna Filippo d’Angiò, con il nome di Filippo V, mentre la Spagna cede Gibilterra e Minorca agli inglesi, oltre al monopolio degli schiavi dall’Africa in America.
Vittorio Amedeo II viene ricompensato con il Monferrato, parte della Lombardia e la Sicilia (che verrà sostituita dopo poco con la Sardegna) e diventa re. Solo l’anno seguente, con il Trattato di Rastadt-Baden, stipulato tra i due negoziatori, il Maresciallo francese Villars e lo stesso Eugenio, il Sacro Romano Impero ed il regno di Francia stipulano la pace.
La Francia smantella le fortezze ai confini, ma mantiene Landau, mentre gli Elettori di Colonia e Baviera, suoi alleati, tornano sui rispettivi troni. In cambio l’Impero ottiene il possesso dei Paesi Bassi Spagnoli, di Napoli, del Ducato di Milano, la Sardegna e i Presidi in cinque città della Toscana.
Gli ultimi anni di Eugenio di Savoia
Al termine della Guerra di Successione Spagnola Eugenio ha 50 anni, trenta dei quali trascorsi a combattere per l’Impero. Inizia per lui un periodo, l’ultimo, in cui continua a servire gli interessi imperiali assumendo incarichi pubblici e perseguendo una politica tesa a mantenere la pace e l’integrità dei territori conquistati.
Impresa non facile, sia per la continua evoluzione politica europea che vede indebolirsi l’Impero, la cui precaria situazione finanziaria impedisce il mantenimento di un adeguato esercito, sia per la lotta tra “Spagnoli” e “Tedeschi” all’interno della Corte. La “Camarilla” (9) spagnola giunge al punto di ordire un complotto per screditare Eugenio agli occhi del sovrano. Complotto sventato dal Principe che chiede all’ Imperatore Carlo VI di punire gli organizzatori; provvedimento che il regnante prende a malincuore esiliando alcuni cortigiani coinvolti a lui vicini.
Ma questa vicenda porta Carlo, imbarazzato ed umiliato, ad allontanarsi sempre di più da Eugenio. Il Savoia si dedica per la verità più a godersi la vita che a dettare la politica dell’Impero. Partecipare a battute di caccia, serate con gli amici giocando a carte, seguire i lavori di costruzione dei suoi palazzi, accrescere le adorate collezioni: queste sono le primarie occupazioni.
Viene ancora richiamato a comandare l’esercito nel 1734 durante la Guerra di Successione Polacca in cui dimostra, pur con gli acciacchi dell’età e con le scarse truppe a disposizione, ancora una volta le indubbie capacità militari, mantenendosi sempre sulla difensiva. Sempre più malato, in un costante crollo delle sue capacità fisiche e mentali, assillato da gravi problemi ai bronchi, muore nel sonno nella notte del 20 aprile del 1736.
Come ha scritto un diplomatico inglese in tale occasione. “In poche parole, Vostra Grazia, la sua vita fu gloriosa e la sua morte facile”. (10) Viene sepolto con tutti gli onori nella Cattedrale di Santo Stefano a Vienna, mentre il suo cuore si dice che sia stato inumato nella Basilica di Superga a Torino.
Eugenio di Savoia, militare
In campo militare Eugenio di Savoia viene ritenuto, giustamente, un genio. Possiamo riassumere le caratteristiche principali del condottiero in cinque punti:
1) non ama, a differenza di quasi tutti i suoi colleghi dell’epoca, assediare fortezze e città. Lui predilige la guerra di movimento, effettuando finte e diversioni quando c’è da evitare lo scontro con forze nemiche preponderanti . Il suo capolavoro è la discesa in Italia in soccorso di Torino assediata nel 1706;
2) la capacità di cogliere il punto debole avversario identificando il momento in cui attaccare, come ha fatto a Zenta;
3) non bisogna, però, dedurre che il Principe sia stato un improvvisatore. Anzi, prepara minuziosamente l’assalto dopo avere valutato tutte le eventuali criticità. Prima della battaglia di Torino studia il piano di attacco con Vittorio Amedeo II dalla collina di Superga;
4) conosce perfettamente la posizione e la forza del nemico grazie ad una ricognizione preliminare approfondita, di solito mediante reparti di Ussari. Prima di Blenheim effettua sul campo una ricognizione con John Churchill;
5) E’ sempre in prima linea fornendo l’esempio e incoraggiando i suoi soldati. Per questo suo comportamento, definito in senso spregiativo “combattere alla Ussara”, viene criticato aspramente dai suoi colleghi, ma gli consente di trasformare più volte una sconfitta in un trionfo. Sempre a Blenheim arrivò a sparare a due suoi militari in fuga frenando la ritirata scomposta e contrattaccando i Francesi.
Eugenio di Savoia, politico
Il Principe di Savoia ha servito sotto tre sovrani. Leopoldo I, che ha regnato dal 1657 al 1705, gli ha dato fiducia, anche a causa dello stato di necessità in cui versa durante l’Assedio di Vienna del 1683 ed alle raccomandazioni di influenti nobili e politici. Ne viene ripagato con vittorie che non solo salvano il trono, ma ampliano i territori dominati dagli Asburgo.
Il sovrano, indeciso, più improntato alla Religione rispetto agli affari di Stato, non è sempre un valido ausilio, soprattutto quando si tratta di trovare i quattrini per mantenere l’esercito. In compenso dimostra la propria gratitudine donandogli terreni e palazzi e gratificandolo di prebende che gli consentono di diventare uno dei nobili più ricchi a corte.
A Leopoldo succede il figlio Giuseppe I, che regna dal 1705 al 1711. Questi è l’Imperatore che ha più “feeling “ con Eugenio: cerca di appoggiarlo nell’approntare eserciti ben equipaggiati, lo agevola nei meandri della burocrazia e della politica viennese, lo copre di doni e riconoscimenti.
Dopo Giuseppe I sale al trono il fratello, Carlo VI, pretendente al trono di Spagna per gli Asburgo durante la Guerra di Successione Spagnola. Inizialmente segue l’agire del suo predecessore nei confronti del principe, ma progressivamente assume un atteggiamento più antagonistico e a volte di aperto conflitto. I due personaggi sono i capi delle due “correnti” che agitano la corte viennese.
Da un lato abbiamo Carlo, appoggiato dai suoi fedelissimi spagnoli ed italiani che hanno abbandonato in Spagna ricchezza e potere per seguirlo. Questa fazione non rinuncia all’idea del trono di Madrid arrivando al punto di impedire di sottoscrivere il trattato di pace di Utrecht che prevede, come visto, che sia Filippo il re di Spagna. Si sentono ostacolati nelle loro decisioni e nelle spartizioni delle cariche, quasi sempre a pagamento, da Eugenio, la cui influenza e incorruttibilità sono note.
Con Eugenio sono i “Tedeschi”, ossia i membri della corte degli imperatori precedenti ed i fedelissimi del Principe. Questa fazione realisticamente ha capito che le ambizioni spagnole sono da accantonarsi e non vogliono rischiare di perdere i territori conquistati in Italia e nei Paesi Bassi. Per loro l’Impero deve rispondere alle future minacce della nascente Prussia, del decadente, ma sempre pericoloso Impero ottomano e della Russia.
Sotto il Regno di Carlo VI, anche a causa dell’avanzare dell’età e del declino fisico, Eugenio perde progressivamente potere e l’interesse (sempre stato scarso) alla politica. Ed è questo l’aspetto principale di Eugenio come uomo di Stato: la sua funzione politica è al servizio dell’aspetto militare. Per molti anni è di fatto il Primo ministro dell’Impero, ma non si occupa delle riforme che sarebbero così necessarie per rendere più agile il lavoro del Governo o per migliorare il gettito fiscale.
Assume gli incarichi di presidente del Consiglio Militare Aulico, che decide sulla guerra, di Governatore di Milano, senza mai recarsi in loco, di Governatore dei Paesi Bassi Meridionali (ex spagnoli), per interposta persona senza muoversi da Vienna. Il suo potere e prestigio li destinerà per tutta la vita per ottenere finanziamenti, sia dallo Stato che dagli Alleati, per mettere in campo eserciti in grado di combattere e di difendere i confini imperiali.
Quando fa il bilancio del suo Governatorato nei Paesi Bassi Spagnoli considera il suo più grande successo l’aver mantenuto un adeguato presidio militare contro possibili attacchi francesi. Per contro non si cura minimamente di migliorare i rapporti con la nobiltà ed il parlamento belga o di sviluppare il commercio.
Dimostra la sua intelligenza sfruttando al meglio la rete di conoscenze personali che ha sviluppato negli anni promuovendo una alleanza con la Russia e la Prussia che sarà fondamentale negli anni a venire. E quando l’età lo costringe di fatto ad abbandonare gli incarichi civili lo fa, come detto, senza eccessivi rimpianti. Anche perché negli ultimi anni della propria vita si dedica agli amici, alla lettura, alla compagnia della contessa Batthyany, e al mecenatismo.
Eugenio di Savoia nel privato
Grazie alle generose pensioni e doni ricevuti dai tre Imperatori sotto i quali ha servito Eugenio è uno degli uomini più ricchi di Vienna. Ai lauti stipendi, alle tenute sparse per l’Impero, ai proventi derivanti dalle proprietà in Piemonte si deve aggiungere il ricco bottino di guerra accumulato durante le campagne vittoriose contro i Turchi quando gli splendidi accampamenti ottomani, colmi di ogni lusso, venivano lasciati alla mercè dei vincitori.
Bisogna anche sottolineare che il principe non è sposato e non ha figli, conducendo altresì una vita spartana. L’enorme ricchezza Eugenio la spende nel costruire palazzi. Il più famoso dei quali, il Belvedere a Vienna, ci viene descritto dai visitatori del tempo più come un museo che come una abitazione.
Nel giardino troviamo un vero e proprio zoo tra cui spicca un leone, all’interno arazzi preziosi che illustrano le battaglie vittoriose del Savoia arredano le pareti, unitamente a mobili intarsiati, una collezione di ceramiche e quadri provenienti da tutta Europa.
Questa magnificenza è consueta nelle case dei potenti dell’epoca, mentre risulta singolare l’immensa e preziosa biblioteca, composta da migliaia di volumi rari, che Eugenio ha raccolto nel corso degli anni. Tutti i volumi sono rilegati in pelle, di differente colore a seconda dell’argomento trattato, e recano lo stemma di Eugenio.
Alla sua morte la biblioteca verrà acquistata dall’ Imperatore che la dona a Vienna, mentre la pinacoteca viene in gran parte ceduta dall’erede del Principe al Re di Sardegna ed è ancor oggi visibile a Torino presso la Galleria Sabauda.
Riguardo alle relazioni intime, alcuni biografi ipotizzano che Eugenio sia omosessuale. Altri, che non sia stato attirato dal sesso, o che, persona estremamente riservata, abbia avuto diverse relazioni che ha tenuto segrete, anche perché riguardavano mogli di suoi ufficiali o collaboratori. Sicuramente nell’ultimo periodo della sua vita stringe una “liaison” profonda con la contessa Eleonore Batthyany.
Principe Eugenio di Savoia postumo
Il Principe Eugenio non si è mai sentito tedesco, non ne ha neppure appreso la lingua, preferendo il francese e l’italiano. Si considerava uno straniero al servizio della Casa d’Asburgo: ad essi era fedele, non allo stato o al popolo austriaco o tedesco.
Malgrado ciò in questi Paesi viene considerato un eroe leggendario a tal punto da intitolargli una marcia militare (che è in seguito diventato l’inno della nostra cavalleria), francobolli, navi da guerra e reparti militari. Pure in tedesco è la quasi totalità delle biografie a lui dedicate.
Compare su diversi testi britannici, ma sempre collegato alle vicende di John Churchill, mentre i Francesi lo esaminano in relazione al regno di Luigi XIV, dunque in entrambi i casi da comprimario o attore, mai da protagonista, anche se occorre ricordare che Napoleone I lo considerava uno dei più importanti generali della Storia.
In Italia è stato oscurato, insieme ad un altro grande generale al servizio degli Asburgo, il Montecuccoli, dalla cultura risorgimentale che non vedeva di buon occhio due italiani vincenti al servizio dell’odiato impero austriaco. Solo recentemente, soprattutto in occasione del bicentenario dell’assedio di Torino, si sono organizzate nella città sabauda convegni e mostre in ricordo del Principe.
Mi piace ricordare il lavoro svolto in quegli anni da Vittorio Cardinali, storico e giornalista, che, oltre ad organizzare diversi eventi celebrativi, ha scritto una delle poche biografie italiane a quattro mani con Wolfgang Oppenheimer.
Altro importante lavoro è quello svolto dal “Museo Pietro Micca”, sempre a Torino che ha ospitato una lunga serie di conferenze relative all’Assedio che hanno ricompreso anche la figura del Principe. Questa figura storica, risplendente di gloria, incorruttibile negli affari pubblici, fedele con gli amici e con la dinastia che ha servito, amante dell’arte, merita anche da noi una completa riscoperta.
Perché, anche se la Storia non si fa con i “se” e con i “ma”, senza le sue vittorie a Zenta contro gli Ottomani e a Torino contro i Francesi, oggi non avremmo la nostra civiltà cristiana con le libertà annesse e probabilmente non avremmo una identità nazionale.
Note:
(1) Mangravio: titolo nobiliare germanico che corrisponde a quello di marchese dei paesi latini.
(2) Sobieski: Giovanni III Sobieski (1629-1696) – re di Polonia.
(3) Sublime Porta: termine che designava il governo dell’Impero Ottomano.
(4) Gran Visir: primo ministro ottomano.
(5) John Churchill, I Duca di Marlborough (1650-1722): soldato e uomo di stato “Whig”, domina a lungo la scena politica inglese. Il suo più illustre discendente è Sir Winston Churchill
(6) Tallard: Camille d’Hostun de La Baume conte di Tallard (1652-1728), Maresciallo di Francia.
(7) Marsin: Ferdinand de Marsin (1656-1706), Maresciallo di Francia ed ambasciatore, muore per le ferite riportate nella battaglia di Torino.
(8) Villars: Claude Louis Victor de Villars (1653-1734) Maresciallo di Francia e membro dell’Académie française.
(9) Camarilla: così viene definito un gruppo di persone che influenzano l’azione di un governo o di un sovrano.
(10) Lettera di T. Robinson, diplomatico inglese, al barone Harrington (citato in “Eugenio di Savoia” di D. McKay).
(11) Batthyany: Contessa Eleonore Batthyany-Strattmann (1673-1741), dama di corte, forte e determinata, era molto apprezzata nei circoli viennesi. Per la sua bellezza era chiamata “La bellissima Lori”.
I libri consigliati da Fatti per la Storia per approfondire la figura di Eugenio di Savoia!
- Derek McKay, Eugenio di Savoia. Ritratto di un condottiero 1663-1736, SEI, Torino, 1989.
- Franz Herre, Eugenio di Savoia – Il condottiero, lo statista, l’uomo, Garzanti, 2005.
- Wolfgang Oppenheimer e Vittorio G. Cardinali, La straordinaria avventura del principe Eugenio. L’Achille sabaudo al servizio degli Asburgo, Mursia, 2012.