CONTENUTO
Eugenetica: etimologia e significato
Lo scienziato britannico Francis Galton (1822-1911) conia il termine “eugenetica” nel 1883, all’interno della sua opera “Inquiries into human Faculty and its Development” (Indagini sull’intelletto umano e il suo sviluppo), volendo indicare con essa la scienza per il miglioramento della specie umana.
La nascita di questo nuovo movimento si inserisce appieno nel processo di secolarizzazione che, in quei decenni, sta attraversando tutta l’Europa, insieme alla diffusione di nuove teorie scientifiche. Per comprendere al meglio l’origine dell’eugenetica, infatti, bisogna tener presente da un lato l’evoluzionismo teorizzato da Charles Darwin e dall’altro il concetto di “degenerazione”.
Dall’evoluzionismo di Charles Darwin all’origine dell’eugenetica
Con la pubblicazione nel 1859 de “L’origine della specie attraverso la selezione naturale”, Charles Darwin introduce un enorme mutamento nella cultura europea, in quanto l’ingresso di termini come lotta, sopravvivenza, evoluzione e selezione all’interno della scienza ha come conseguenza il crollo della visione antropocentrica della natura, dove l’uomo viene considerato scopo primario della creazione divina, mentre ora, invece, egli si trova allo stesso livello di tutti gli altri essere viventi e costretto a lottare per la sua sopravvivenza.
L’influenza esercitata da quest’opera sul pensiero di Francis Galton è senza dubbio chiara ed evidente, al punto che, proprio quest’ultimo afferma che “il credo dell’eugenetica si fonda sull’idea di evoluzione”. Convinto di aver dimostrato con l’opera “Hereditary Genius”, pubblicato nel 1869, l’ereditarietà non soltanto dell’aspetto fisico e delle facoltà mentali, ma anche dei comportamenti sociali, Galton passa dalla dimensione biologica a quella sociale, diventando accanito sostenitore di politiche favorevoli ad una meritocrazia naturale che ha le sue fondamenta nei fattori biologici e genetici innati.
Eugenetica positiva e negativa e la sindrome della degenerazione
Se, dunque, secondo Galton tutti i caratteri dell’individuo risiedono nella sua stessa natura, non resta che agevolare la riproduzione di coloro che sono considerati “adatti” (eugenetica positiva) e impedire o quantomeno limitare quella degli “inadatti” (eugenetica negativa). E’ proprio su questo punto che il fondatore dell’eugenetica si distacca dal cugino Charles Darwin, sostituendo la lenta e spietata “selezione naturale” proposta da quest’ultimo, con una “selezione artificiale” più veloce e meno dolorosa.
A differenza dei darwinisti, infatti, gli eugenisti non si mostrano troppo fiduciosi sul buon esito della selezione naturale e in essi vi è la fiducia e la convinzione che l’uomo possa intervenire direttamente nel processo evolutivo, sostituendosi alla natura e posizionandola su un piano inferiore alla scienza. La frenesia di un intervento immediato, considerato un dovere morale, nasce anche dalla paura della degenerazione, che in quegli anni è diventata una vera e propria sindrome europea.
La nozione di questo termine si diffonde a partire dal 1857, anno in cui lo psichiatra francese Bénédict Augustin Morel pubblica la sua opera “Traitè des degenerescenses physiques, intellectuelles et morales de l’espece humaine” (Trattato delle degenerazioni fisiche, intellettuali e morali della specie umana). Bisogna considerare che in questo periodo si sta assistendo alla nascita di nuove patologie come la sifilide, la tubercolosi, la nevrastenia e al rinnovarsi di altre come l’alcolismo e la criminalità; Morel parte proprio dalla radicale trasformazione dell’ambiente parigino e dal declino demografico, per spiegare questo nuovo fenomeno.
A differenza della nozione di decadenza, quella di degenerazione proviene dalla psicologia e dalla biologia, e con essa ha inizio la tendenza a medicalizzare tutti questi vari problemi di carattere sociale, politico e giuridico e ad inserirli nel campo della scienza. La degenerazione, frutto di una decadenza biologico-morale secondo Morel, è ascrivibile non a tutti gli individui, ma ad un gruppo limitato di degenerati considerati come diversi e improduttivi, in quanto provati fisicamente e mentalmente dalla lotta per la sopravvivenza.
Con queste idee e questi concetti, egli pone le basi per la costruzione dell’eugenetica; significativa è, a tale proposito, la seguente affermazione dello psichiatra italiano Enrico Morselli del 1915: “Tutta l’essenza eugenetica è da ritrovarsi nella teoria della degenerazione di Benedict Morel”.
Gli obiettivi di Francis Galton e il ruolo dell’eugenetica
Gli eugenisti condividono con i darwinisti il dogma sociobiologico, appunto per questo, disprezzano e criticano aspramente gli interventi protettivi dei vari Stati che mirano ad aiutare le classi più disagiate, dimostrando una totale ignoranza delle leggi naturali e biologiche. Ai loro occhi l’assistenza sociale è qualcosa di incomprensibile in quanto protegge e permette la propagazione di esistenze inferiori ed inutili.
Con il suo ruolo salvifico l’eugenetica si propone di colmare il ritardo evolutivo promuovendo i caratteri considerati desiderabili ed estirpando quelli indesiderabili. Affinché ciò possa divenire realtà e non restare un mero sogno, è necessario l’intervento dello Stato attraverso l’adozione di politiche legislative migliorative. Galton, infatti, elabora diverse proposte per trasformare i principi eugenetici in pratiche politiche specifiche:
- suggerisce competizioni eugenetiche per stabilire chi siano i meritevoli;
- i matrimoni selettivi e la segregazione dei disgenici;
- la redazione degli alberi genealogici delle famiglie;
- la compilazione di certificati per dimostrare l’idoneità della costituzione sia fisica che mentale.
In questo modo il padre fondatore dell’eugenetica pose le basi per la nascita della “biopolitica”, grazie alla trasformazione della biologia, che da semplice e teorica disciplina scientifica divenne un sapere totale applicato in specifici programmi politici.
Nella sua ultima opera intitolata “Kantsaywhere”, Galton arriva persino a prefigurare un ideale paradiso eugenetico, abitato da tre diverse classi di uomini, divise tra di loro da criteri biopsichici: al vertice di questa società vi è una specie di élite che deve essere incoraggiata a riprodursi, poi segue una seconda che deve essere abilitata alla riproduzione solo in maniera parziale, ed infine una inferiore segregata in colonie di lavoro alla quale viene imposto il celibato. In questo luogo ipotizzato, dunque, il mantenimento dell’ordine pubblico e la felicità delle persone possono essere garantiti solo attraverso la segregazione forzata dei malati e l’accoppiamento dei migliori.
Contributi alla costruzione dell’eugenetica
Un altro importante contributo per la costruzione dell’eugenetica come scienza ed ideologia, viene dato nel 1880 da Georges Vacher de Lapouge, il quale elabora un programma antropo-sociologico che ha come obiettivo la realizzazione dell’uomo perfetto. Per raggiungere tale scopo egli teorizza e propone un’inseminazione artificiale circoscritta ad un numero ristretto di maschi considerati perfetti, i quali hanno il compito di rendere feconde “tutte le femmine degne di perpetuare la razza”.
Sempre in questi ultimi decenni dell’800 si collocano gli importanti studi antropologici di Cesare Lombroso, il quale si sofferma su un particolare caso di regressione biologica, quella del “criminale”. La sua opera di maggior successo è senza dubbio “L’uomo delinquente”,pubblicata nel 1876, nella quale i criminali sono presentati come dei selvaggi, degli esseri inferiori che continuano a vivere e ad agire all’interno della società civilizzata. L’importanza di Lombroso è evidente ed è doverosa da sottolineare, in quanto con lui si ha un’ ulteriore dimostrazione della biologizzazione dei fenomeni di disordine sociale.
La diffusione dell’eugenetica
La dottrina eugenetica si diffonde immediatamente ed in maniera capillare in più di trenta paesi, in cui viene adattata allo specifico contesto sociale e culturale, oltre che politico. Tra i motivi che possono spiegare una così rapida e consistente diffusione, vi è senza dubbio il fatto che gli ultimi decenni del XIX secolo sono attraversati da una grande crisi economica a livello internazionale, che provoca l’acuirsi di paure degenerazioniste.
In questo quadro desolante, qualsiasi episodio di violenza, così come le proteste dei ceti subalterni, che stanno diventando sempre più frequenti, iniziano ad essere lette ed interpretate in chiave biologica e discriminatoria. Di fronte a questa situazione di declino l’eugenetica non può che conoscere un’impennante ascesa; essa, infatti, non da solo una spiegazione scientifica dei problemi sociali, giustificandoli con il fatto che essi sono il risultato dell’esistenza di persone biologicamente inferiori, ma offre anche una soluzione a tale problemi, sponsorizzando e legittimando misure repressive nei riguardi di tali individui.
A tutto ciò si aggiunge anche la riscoperta, nel 1904, delle leggi di Mendel, pubblicate per la prima volta nel 1866 e rimaste totalmente ignorate per trentaquattro anni. Esse, oltre a portare nuovo entusiasmo nella ricerca scientifica per le questioni genetiche, rafforzano ulteriormente la fioritura dell’ideologia galtoniana.
Gli anni d’oro dell’eugenetica
Gli anni che vanno dal 1869 (anno della prima edizione dell’”Hereditary Genius” di Galton) al 1912 (anno del primo Congresso Internazionale dell’eugenetica), possono essere considerati l’età dell’oro dell’eugenetica. In questo periodo, infatti, si ha davvero la fiducia e la consapevolezza che, un miglioramento della specie umana, sia realmente possibile e che l’eugenetica non sia destinata a rimanere una semplice utopia. Galton acquista sempre più notorietà, tanto che le sue lezioni universitarie su questa “nuova scienza” aumentano notevolmente e sono pubblicate dalle più importanti riviste.
Il movimento eugenetico, oltre ad un’enorme vastità di consensi, può contare anche su un notevole processo di istituzionalizzazione e di potenziamento accademico e dottrinario: nel 1904 la London University istituisce l’Eugenics Record Office, cui segue nel 1906 la Galton Professorship, ovvero, una cattedra per l’insegnamento della sua dottrina, mentre nel 1907 nasce la “Eugenics Education Society”. L’attivismo degli eugenisti inglesi viene subito emulato dai colleghi degli Stati Uniti, dove nel 1904 Charles Davenport fonda la “Station for the experimental Study of Evolution”, e della Germania, dove Alfred Ploetz (che sarà uno dei maggiori sostenitori delle leggi razziali e dell’ideologia nazista) diede vita alla rivista “Archiv fur Rassen und Gesellschaftsbiologie”.
Fino al 1912 la fede eugenista usufruisce della stima e del riconoscimento dell’intera comunità scientifica, che appoggia in maniera convinta questa “nobile idea” di migliorare il genere umano, facilitando la riproduzione dei membri migliori e ostacolando quella di individui portatori di malattie genetiche. Il Congresso, che si tiene in quell’anno a Londra, tra il 24 e il 30 luglio, rappresenta la consacrazione internazionale dell’eugenetica e ad esso prendono parte circa 750 persone tra scienziati, giornalisti, politici e medici.
Gli interventi che si susseguono vertono principalmente su tre temi: la selezione naturale, le analisi genealogiche e la genetica mendeliana. Sul primo punto si ribadisce la necessità di sostituire alla selezione naturale una più efficace selezione artificiale; riguardo al secondo si sottolinea la necessità della costruzione e registrazione delle genealogie delle famiglie più povere ed emarginate al fine di dimostrare l’ereditarietà delle qualità indesiderabili; quanto al terzo la maggior parte di coloro che partecipano al Congresso considerano fenomeni come l’alcolismo, la violenza, la prostituzione una semplice espressione di fattori genetici mendeliani.
La giornata conclusiva del Congresso è percepita da tutti come il momento del definitivo trionfo dell’eugenetica in quanto scienza; tuttavia, negli anni successivi, inizia a sorgere qualche perplessità in seno alla comunità degli scienziati, alcuni dei quali cominciano ad insinuare che i seguaci della dottrina di Galton tentano di colmare per via ideologica l’assenza di vere e proprie dimostrazioni scientifiche. Molti dei genetisti che, negli anni passati, hanno preso parte al movimento eugenetico, iniziano a distaccarsene, etichettando tale disciplina come falsa poiché non possiede una valida base scientifica. Tutto ciò, però, non intacca più di tanto l’atmosfera di consensi di cui gode la dottrina galtoniana, né tanto meno riesce ad arrestare la sua imponente diffusione.
L’eugenetica in America
L’America può essere considerata, senza dubbio, la prima vera patria dell’eugenetica, sia per l’enorme produzione legislativa, sia per il fatto che tale ideologia s’inserisce perfettamente nel contesto sociale e politico di questa nazione. Tutto ciò è reso possibile grazie all’aiuto delle grandi famiglie e degli intellettuali che cercano in tutti i modi di far promuovere una politica eugenetica per salvaguardare il proprio benessere ed interesse, ma non va dimenticato il fattore forse più influente a tale riguardo: l’enorme ondata migratoria che in quei decenni sta investendo gli Stati Uniti. Ovviamente questo imponente fenomeno non manca di essere denunciato dagli eugenisti americani, che iniziano a promuovere studi per dimostrare l’inferiorità biologica dei nuovi arrivati.
I tre più autorevoli studiosi sono: Henry Herbert Goddard, Carl Brigham e Charles Davenport. Goddard si occupa di individuare, tra gli immigrati che sbarcano, tutti coloro che potrebbero rappresentare un pericolo per la popolazione americana. Nel 1913 istituisce una commissione il cui scopo è quello di sottoporre ad alcuni test mentali tutte quegli individui che già solo dall’aspetto fisico appaiono “deficienti”, al fine di dimostrare l’inferiorità intellettiva dei nuovi arrivati. Alla fine egli può affermare con certezza che, la debolezza mentale, al pari del colore degli occhi e dei capelli, era geneticamente trasmissibile e che quindi bisognava correre ai ripari per impedire la contaminazione del sangue americano.
Il professore di psicologia Carl Brigham riprende le idee di Goddard, convinto del fatto che la gente che, arriva negli Stati Uniti, è biologicamente sempre più povera e di conseguenza sempre più stupida. Charles Davenport, invece, ha un ruolo di primo piano nella diffusione della dottrina eugenista in America e la maggior parte delle istituzioni eugenetiche sono fondate da lui. Egli contribuisce in maniera determinante anche alla nascita e allo sviluppo dell’ E.R.O., il più importante centro di formazione per eugenisti al mondo, che viene potenziato di mezzi e strumenti, grazie al denaro di alcune ricche famiglie.
Per evitare che il pericolo della degenerazione diventi qualcosa di reale, Davenport propone l’adozione di una politica immigratoria selettiva e suggerisce di obbligare gli immigrati a presentare, al loro arrivo, un certificato per dimostrare l’assenza nel proprio albero genealogico di malattie ereditarie, che sarebbero potute essere pericolose per la società.
Alla massiccia ondata migratoria, che rappresenta il segreto del successo dell’eugenetica americana, si vanno ad aggiungere l’apparente indebolimento psico-fisico dei cittadini e soprattutto il calo delle nascite. Sono proprio questi due fenomeni che convincono la classe dirigente ad intervenire direttamente per risolvere il problema.
L’edificio legislativo d’inspirazione eugenetica innalzato negli Stati Uniti è davvero imponente. La prima legge che prevede la sterilizzazione dei criminali, degli idioti, dei deficienti e di coloro che hanno commesso violenza sessuale è emanata nell’Indiana nel 1907. La sentenza definitiva è affidata ad una Commissione composta da due medici, i quali hanno il compito di accertarsi delle condizioni mentali degli imputati. Leggi eugenetiche simili a questa si diffondono un po’ ovunque, tanto che nel 1917 esse sono presenti in 15 Stati e le sterilizzazioni effettuate aumentano sempre più nel corso degli anni (dal 1907 al 1920 ne sono attuate 3.233, dal 1920 al 1924 2.689 e dagli anni 30’ 2000-4000 all’anno).
Si tratta quasi sempre di provvedimenti di carattere coatto, infatti, l’esecuzione delle sterilizzazioni è affidata sin da subito ai manicomi. Oltre alla segregazione e sterilizzazione degli inadatti, un’altra importante decisione del governo americano è quella della restrizione dell’immigrazione, sancita nel 1924 dall’Immigration Restricion Act.
L’eugenetica in Inghilterra e nella Germania nazista
In Inghilterra, invece, non viene mai approvata una legge sulla sterilizzazione coatta, ma soltanto il “Mental Deficiency Bill” nel 1913. Esso prevede delle cure per tutti quelli le cui condizioni di salute non possono migliorare per via pedagogica e anche la possibilità per molti “ritardati” di vivere fuori dai manicomi, non riconoscendo l’obbligatorietà di una segregazione forzata a tutti coloro che sono considerati deficienti.
Per spiegare il motivo per cui gli eugenisti americani riescono ad ottenere, dal punto di vista pratico, risultati più soddisfacenti di quelli inglesi, devono essere considerati due fattori sostanziali: in primo luogo la differenza giurisdizionale dei due paesi e in secondo luogo le diverse risorse economiche di cui i due movimenti possono beneficiare.
La struttura federalista degli Stati Uniti, infatti, permette ai singoli stati di decidere in maniera del tutto libera ed autonoma sulle decisioni da prendere e le leggi da promulgare, mentre in Inghilterra, è il Parlamento che deve legiferare e non può rimanere insensibile all’opinione pubblica nazionale e alle varie critiche che, da più parti, gli vengono rivolte. Inoltre, grazie all’appoggio e ai finanziamenti delle famiglie ricche americane, gli istituti di ricerca di eugenetica hanno l’opportunità di fiorire e svilupparsi in maniera impressionante.
Stefan Kuhl, nel suo libro “The Nazi connection”, mostra quanto sia poco fondata la tesi secondo la quale, nel momento in cui ha inizio la politica nazista di purificazione razziale, il movimento eugenetico americano si sia distaccato da ciò che stava accadendo in Germania. Distinguere quindi un’eugenetica buona (americana), priva di qualsiasi logica ostracizzante, da un’eugenetica cattiva (tedesca), è sbagliato, poiché si rischia di non tenere in considerazione o di dimenticare i legami che si vengono a creare tra i due movimenti eugenetici fino alla seconda guerra mondiale.
Dopo la “Legge sulla sterilizzazione” del 1933, infatti, gli eugenisti americani iniziano ad avere un rapporto privilegiato con i loro colleghi tedeschi, orgogliosi del fatto che questi ultimi abbiano preso l’America come modello da imitare per dare una struttura legale all’eugenetica.
Anche quando sono approvate le leggi razziali di Norimberga, alcuni eugenisti americani (californiani nello specifico) affermano che: “Hitler sarebbe stato ricordato non per i suoi crimini politici, ma come il primo capo di un moderno governo che ha messo in piedi una legislazione per eliminare gli inadatti al fine di realizzare un miglioramento biologico della razza”.
Significativa, a tale proposito, è anche un’altra affermazione di un membro del movimento eugenetico della Virginia, Joseph DeJarnette, il quale ammonisce il proprio governo dicendo: “I tedeschi ci stanno battendo al nostro stesso gioco”.
Le analogie tra i due movimenti, quindi, possono essere così riassunte:
- in entrambi i paesi vi è la convinzione di poter risolvere i problemi sociali con soluzioni scientifiche rivolte a “medicalizzare i malati” ed impedire la riproduzione degli inadatti;
- si equipara la malattia mentale ad una minaccia di carattere sociale;
- in entrambe ha un ruolo fondamentale la discriminante razziale e dunque la convinzione della superiorità di alcune razze sulle altre.
L’intento terapeutico rappresenta il nucleo, nonché la sostanza stessa dell’ideologia eugenetica di questi due paesi, in cui la realizzazione di una società senza sofferenza, ovvero senza criminali, poveri e deficienti, non sembra, in quegli anni, un’utopia, ma una prospettiva politica realmente realizzabile con strumenti biomedici. C’è comunque da sottolineare il fatto che in America la “terapia eugenetica” non raggiungerà mai la radicalizzazione e la completezza totalitaria della Germania nazista.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Cristian Fuschetto – Fabbricare l’uomo. L’eugenetica tra biologia e ideologia
- Alison Bashford, Philippa Levine – The Oxford Handbook of the History of Eugenics