Giovanni Giolitti è stato un personaggio politico di notevole importanza per la storia dell’Italia liberale. Questo statista dominò incontrastato la scena politica del paese all’inizio del XX secolo. Con Età Giolittiana, infatti, si è soliti riferirsi al periodo che va dalla fine della crisi sociale ed istituzionale di inizio secolo alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. SCOPRI LE ALTRE VIDEO LEZIONI
L’assassinio del re Umberto I e la crisi sociale
Il ventesimo secolo si aprì in Italia con un omicidio illustre. Il 29 luglio del 1900 venne ucciso a Monza a colpi di pistola il re Umberto I, mentre in carrozza faceva ritorno alla sua residenza estiva.
A compiere l’assassinio fu l’anarchico Gaetano Bresci, rientrato appositamente dagli Stati Uniti con un unico obiettivo: vendicare le oltre cento persone morte a Milano nel maggio del 1898, durante i moti per l’aumento del prezzo del pane, che furono repressi nel sangue dal generale Bava Beccaris.
La tragica morte del sovrano rappresentò l’epilogo della grave crisi economica, sociale e politica che aveva seriamente messo a rischio la stabilità delle istituzioni del giovanissimo regno italiano. A succedere a Umberto I fu il figlio Vittorio Emanuele III.
Verso l’età giolittiana
Non appena salì al trono il nuovo sovrano volle dare un segnale forte di cambiamento e di rottura con il passato, inaugurando una stagione di normalità all’interno del paese. La nomina del liberale progressista Giuseppe Zanardelli alla guida del governo nel febbraio 1901 aveva uno scopo ben preciso: ridare credibilità e stabilità alle istituzioni.
In questo Gabinetto il ministero degli interni venne affidato a Giovanni Giolitti. Di origine torinese quest’ultimo era stato eletto deputato per la prima volta nel 1882, dopo una brillante carriera ventennale all’interno dell’amministrazione statale.