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Chi era Erasmo da Rotterdam?
Erasmo da Rotterdam, nome umanistico di Geer Geertsz, è il principale umanista del suo tempo, nonché un grandissimo uomo di cultura. Nato presumibilmente nel il 28 ottobre 1467, figlio di un prete concubino, Erasmo rimane orfano dei genitori sin dall’infanzia e viene costretto dal proprio tutore ad entrare in un convento agostiniano all’età di sedici anni.
Durante gli anni trascorsi in convento scrive un primo opuscolo che intitola “De contemptu mundi” (Sul disprezzo del mondo) nel quale esalta la tranquillità e la beatitudine della vita monastica, e un secondo saggio dal titolo “Orazione sulla pace e la discordia” in cui condanna fermamente ogni tipo di guerra.
Grazie ad alcuni incarichi e alla protezione di personaggi influenti riesce ad abbandonare la vita monastica verso la quale è diventato sempre più insofferente poiché non si sposa bene con la sua indole e con il suo carattere estroverso che lo porta sempre a tentare di stringere nuove amicizie e a conoscere nuove persone. Inizia così a spostarsi da una città all’altra dell’Europa e ad entrare in contatto con i centri culturali più importanti di quel periodo.
Il pensiero di Erasmo da Rotterdam
Inizialmente Erasmo vive per un periodo a Parigi, dove per finanziarsi gli studi universitari comincia a fare lezioni private ad alcuni ragazzi. Proprio pensando al suo rapporto con questi studenti inizia a scrivere dei trattati sulla filosofia e la pratica dell’educazione: i “Colloqui”, gli “Adagia” e “Come scrivere le lettere”.
L’ideale educativo di Erasmo si impernia sul concetto classico di “humanitas” e quello cristiano di “pietas”. Il concetto di humanitas si diffonde a partire dall’età antica grazie al greco Panezio e viene tramandato ai posteri da Cicerone. A questo termine, inteso come amore per l’umanità, si legava anche il concetto che l’uomo fosse l’unico essere vivente dotato di ragione e parola, e in quanto tale egli dava forma alle idee nel processo di attribuzione dei nomi alle cose.
Di conseguenza essendo l’uomo dotato di ragione deve cercare in ogni modo di trattare civilmente i suoi simili, sforzarsi di mantenere la concordia ed evitare litigi per futili motivi. Il termine cristiano correlativo è, invece, quello di “pietas”, che significa reverenza, devozione, dedizione ed arricchisce il concetto di umanità con l’aggiunta di più gentili qualità cristiane come compassione, pazienza, rassegnazione, umiltà e perdono.
Secondo Erasmo questi ideali tanto profondi si possono inculcare nella testa degli individui attraverso gli studi letterari e la Sacra Scrittura. I Classici e la Bibbia, secondo lui, è necessario che vengano insegnati agli uomini con l’eloquentia, ovvero l’arte di persuadere attraverso il discorso gradevole. Per quel che riguarda, invece, il metodo dell’insegnamento Erasmo è molto influenzato da Cicerone e Quintiliano, ma a differenza di questi ultimi che respingono categoricamente l’utilizzo di punizioni fisiche, l’umanista arriva ad ammettere che se un ragazzo è assolutamente incorreggibile, un bella bastonatura davanti a tutta la classe non può che essere salutare ed educativa.
Erasmo è inoltre favorevole ai giochi e agli esercizi fisici, che devono servire a mantenere in buone condizioni gli studenti, propugna l’idea che l’educazione dei bambini debba cominciare non più tardi del settimo anno di età e consiglia che andando a letto i giovani dicano le preghiere e leggano un buon libro.
I viaggi e le opere di Erasmo da Rotterdam
All’inizio dell’estate del 1499 Erasmo arriva in Inghilterra dove si sistema per il primo periodo nella casa di alcuni canonici agostiniani. Ad Oxford stringe ben presto rapporti di amicizia, che dureranno per tutta la vita, con alcune delle personalità più colte di Inghilterra: Giovanni Colet, in seguito decano di San Paolo, il quale tiene all’epoca lezione all’università proprio sulle lettere di San Paolo; Thomas Linacre, umanista e futuro medico personale del sovrano Enrico VIII Tudor; Tommaso Moro, giovane umanista inglese che conosce bene sia il greco che il latino e verso il quale Erasmo è attratto, sin da subito, dalla sua religiosità e dalla purezza del suo spirito.
Queste nuove conoscenze inglesi arricchiscono umanamente e culturalmente Erasmo, il quale una volta rientrato nei Paesi Bassi, oltre a dedicarsi ad uno studio intenso della lingua greca, scrive l’Enchiridion militis Christiani, un trattato programmatico religioso con il quale si pone di fatto a capo del movimento umanista che, ancora prima della Riforma Protestante, sostiene la necessità di una riforma della Chiesa ispirata al ritorno ad una religiosità più viva ed autentica.
Nel Pugnale del soldato cristiano o Manuale del milite cristiano Erasmo contrappone alla cultura teologica, che forma il teologo o il letterato, la fede religiosa che avrebbe dovuto formare il soldato di Cristo. Il trattato si apre con un invito risoluto all’azione nelle file della milizia cristiana, dove la vittoria finale nello scontro con un nemico abile e astuto è certa poiché il guerriero cristiano ha Cristo dalla sua parte. Secondo Erasmo questa battaglia si svolge dentro il corpo di ogni singolo individuo e ciò implica l’esistenza di due diversi “io” che si fronteggiano tra di loro.
L’opera prosegue con l’illustrazione delle armi del soldato; quella più importante è la preghiera, mentre la Bibbia, e in particolare il Nuovo Testamento, costituiscono una possente armatura per ogni cristiano.
Alla fine del 1505 Erasmo torna nuovamente in Inghilterra, dove si trattiene per circa un anno e mezzo. Durante questo periodo ha modo di cementificare ancora di più il suo rapporto di amicizia con Tommaso Moro con il quale si cimenta nella traduzione dei dialoghi dello scrittore Luciano.
A proposito di Moro Erasmo dice che neanche un nemico è in grado di resistere alla sua capacità di persuasione tanto da scrivere: “Se mi comandasse di danzare sulla corda a suon di cornamusa, sarei prontissimo a compiacerlo”[1].
Erasmo da Rotterdam in Italia e il ritorno in Inghilterra
Dopo il secondo periodo trascorso al di là dello Stretto della Manica Erasmo, in seguito ad una sosta di due mesi a Parigi, si reca in Italia; prima a Torino, dove riceve il dottorato in teologia, poi a Bologna e Venezia. Qui commissiona al famoso stampatore veneziano Aldo Manuzio una nuova pubblicazione degli Adagia. Tra i saggi contenuti in questa nuova edizione dell’opera due in particolare trattano temi molto cari ad Erasmo: “il Dulce bellum inexpertis (La guerra è bella per chi non l’ha provata) sviluppa la condanna della guerra, e Scarabeus aquilam quaerit (Lo scarabeo cerca l’aquila) gioca sul tema di Dio che si serve delle cose deboli del mondo per confondere le potenti”[2].
Erasmo trascorre un periodo anche a Roma dove però rimane deluso dal paganesimo assai diffuso, a suo modo di vedere, all’interno della cerchia di papa Giulio II e si urta per alcune tradizioni violente ancora praticate: “Fui trascinato da amici a vedere una corrida nel palazzo di Giulio II. Non ho mai provato piacere per questi giochi crudeli, residui dell’antichità pagana”[3].
Deluso dall’ambiente papale l’umanista fa una lunga tirata a dorso di cavallo verso l’Inghilterra, nel corso della quale ha modo di meditare profondamente. Arrivato nuovamente nel paese anglosassone, ospite di Tommaso Moro, Erasmo mette per iscritto le sue riflessioni in un saggio stravagante ed ironico, che è diventato la sua opera più celebre: Encomium Moriae, un gioco di parole che può essere inteso come “Elogio di Moro”, al quale è dedicata l’opera o “Elogio della follia”.
L’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam
Nello scritto Elogio della follia l’autore utilizza la satira e il sarcasmo per mettere a nudo la decadenza morale del mondo del suo tempo e specialmente della Chiesa. Egli immagina che la Follia, che sta a rappresentare l’illusione e la sana incoscienza, si presenti ad un banchetto per tessere un lungo elogio di sé stessa, mostrando il potere che esercita nella società del tempo. La follia, che personifica se stessa, sale in cattedra come se fosse un professore che tiene una lezione davanti ad una classe di studenti:
“C’è ora qualcosa di cui stupirsi se, dopo essermi attribuita la fortezza e l’operosità, rivendicherò anche la saggezza? Qualcuno potrebbe dire che è come accoppiare l’acqua e il fuoco. Eppure credo che riuscirò anche in questo purché voi mi prestiate benevola attenzione”[4].
Nel corso dell’opera Erasmo si diverte a stupire e disorientare il lettore mostrandogli come la follia sia ambiguamente presente in ogni aspetto della vita umana e come sia impossibile stabilire un confine netto tra follia e saggezza. La follia libera l’uomo dalla vergogna e dalla paura, dandogli il coraggio dell’azione e quella saggezza che nasce solo dall’esperienza; essa, dunque, appare come una spinta irrazionale necessaria per vivere meglio e in modo più spensierato. Proprio in quest’ottica l’insegnamento che se ne può ricavare è che “l’illusione è il balsamo della vita e non essere ingannato è sventura peggiore dell’essere ingannato”[5].
La stessa follia interviene anche come forza dissacrante a smascherare le false apparenze e i falsi valori e, allo stesso tempo, insegna all’individuo ad accettare la commedia che è la vita stessa. Attraverso la rappresentazione paradossale del continuo capovolgersi di ogni follia in saggezza e di ogni saggezza in follia, Erasmo porta avanti la scoperta rinascimentale dell’uomo: quest’ultimo, infatti, è unico e straordinario proprio per la sua contraddittorietà e per i suoi difetti.
Secondo questa chiave di lettura la ragione deve, dunque, rinunciare ad ogni pretesa di infallibilità e alla possibilità di raggiungere conoscenze certe, definitive e inconfutabili.
Dopo la pubblicazione dell’Elogio della Follia, Erasmo si dedica alla traduzione del Nuovo Testamento, direttamente dal greco, e nell’introduzione sostiene l’esigenza che la Bibbia debba essere letta e compresa da tutti. Proprio dal ritorno alla lettura e alla comprensione delle Sacre Scritture egli si aspetta quella riforma o rinascita che solo la parola di Cristo può determinare. Il rinnovamento della coscienza cristiana consiste, dunque, per Erasmo nel semplice ritorno alle fonti originarie del Cristianesimo.
Durante i sette anni in cui torna a vivere nei Paesi Bassi scrive alcune opere di argomento etico-politico: Il Panegirico di Filippo, nel quale presenta l’immagine di ciò che ogni principe avrebbe dovuto essere; L’Educazione del principe cristiano, scritta in qualità di precettore di Carlo d’Asburgo per delineare un ideale di potere politico conforme ai principi morali, e il Lamento della pace, contro l’uso della violenza e della guerra.
Erasmo da Rotterdam e Martin Lutero sul Libero arbitrio
Quando nel 1519 Martin Lutero gli indirizza una lettera chiedendogli di pronunciarsi pubblicamente in favore della sua Riforma protestante, Erasmo, pur approvando alcuni dei principi che hanno mosso Lutero, si rifiuta di seguirlo e di incoraggiarlo nella sua opera rivoluzionaria.
Egli è un umanista abituato a muoversi nel mondo dei dotti e, come tale, è ostile a sommuovere con la religione forze politiche e sociali che gli appaiono estranee al mondo della cultura. Tuttavia, a distanza di pochi anni, nel 1524, sotto forti pressioni provenienti soprattutto dal mondo cattolico, Erasmo è costretto ad abbandonare la posizione di cauto riserbo che ha avuto fino a quel momento e scende in campo contro Lutero per difendere la libertà dell’uomo di compiere il bene anche dopo il peccato originale.
La disputa tra Erasmo e Lutero intorno al libero arbitrio può essere considerata uno dei momenti più rilevanti nella nascita del pensiero dell’età moderna. In tale disputa sono anche presenti le esigenze di rinnovamento della Chiesa che portano successivamente da un lato al distacco dei luterani e dall’altro al Concilio di Trento.
Al centro del confronto vi è il tema della libertà dell’uomo e del suo valore in rapporto a Dio e alla salvezza. Il punto cardine della disputa è il dissenso fra i due protagonisti sul modo di intendere tale rapporto e quindi la libertà e l’indipendenza del volere umano: per Erasmo l’uomo “può” ed “ha” una natura fondamentalmente buona, mentre per Lutero l’uomo non è in grado di essere buono poiché la sua natura è radicalmente malvagia.
Il De libero arbitrio, frutto delle pressanti richieste dei più eminenti personaggi dell’epoca, tra cui papa Leone X e il re d’Inghilterra Enrico VIII, viene formulato da Erasmo, senza troppo pathos per il tema e in forma di disputatio dove alle tesi a favore del libero arbitrio fanno seguito quelle contrarie.
Erasmo da Rotterdam: ultimi anni di vita e morte
Negli ultimi anni della sua vita Erasmo continua a spostarsi da una città e da una nazione all’altra dell’Europa nonostante gli innumerevoli problemi di salute dovuti principalmente all’età avanzata. Nel luglio del 1535 accoglie con enorme sgomento e dispiacere la notizia proveniente dall’Inghilterra della decapitazione del suo caro amico Tommaso Moro, tanto da scrivere: “Con la sua morte anche io mi sento morto”[6].
Erasmo, che muore l’anno successivo, l’11 luglio 1536 a Basilea, ha ottenuto nel corso degli anni una fama ed un prestigio superiore a qualsiasi altro intellettuale dell’epoca. Egli ha incarnato perfettamente la figura ideale di intellettuale umanista che si sentiva cittadino della “repubblica delle lettere”[7], al di là di ogni confine statale, che scriveva principalmente in latino e frequentava un mondo culturale sovranazionale.
Note:
[1] R. H. Bainton, Erasmo della cristianità, Sansoni Editore, 1992, p. 74.
[2] Ibidem, p. 83.
[3] Ibidem. 87.
[4] Elogio della Follia, in G. Armellini, A. Colombo, Letteratura letterature. Antologia. Volume B: Quattrocento e Cinquecento, Zanichelli, Bologna, 2005, p. 161.
[5] Erasmo della Cristianità, cit., p. 91.
[6] Erasmo della cristianità, cit., p. 268.
[7] R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese, Manuale di Letteratura – I saperi di base: autori e opere, temi e immagini – Medioevo e Rinascimento 1 (dalle origini al 1610), G. B. Palumbo Editore, Firenze, 2006, p. 413.
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- R. H. Bainton, Erasmo della cristianità, Sansoni Editore, 1992.
- Stefan Zweig, Vita di Erasmo da Rotterdam, Bompiani, 2015.
- Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, Crescere Edizioni, 2011.