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Cos’è l’Editto di Tessalonica
L’Editto di Tessalonica, emesso ufficialmente il 27 febbraio del 380, riprendendo i canoni del precedente credo niceno del 325, proclama il Cristianesimo la religione ufficiale dello Stato proibendo al tempo stesso l’arianesimo e i diversi culti pagani diffusi e praticati all’interno dell’Impero romano. Per contrastare efficacemente l’eresia le autorità esigono da tutti i cristiani la confessione di fede conforme alle deliberazioni del concilio di Nicea.
Il testo di questo importante Editto viene preparato dalla cancelleria di Teodosio I e successivamente incluso nel Codice teodosiano da Teodosio II. La nuova legge riconosce anche alle due sedi episcopali di Roma e Alessandria d’Egitto il primato assoluto in materia di questioni teologiche.
Le premesse dell’Editto di Tessalonica: il concilio di Nicea del 325
Il Concilio di Nicea, svoltosi tra il maggio e il luglio del 325 d.C., rappresenta un evento di fondamentale importanza nella storia del Cristianesimo. Rappresenta il primo concilio ecumenico, ovvero un’assemblea alla quale partecipano circa trecento vescovi provenienti dalle diverse province dell’Impero Romano (per lo più dalle chiese asiatiche e africane) per discutere questioni teologiche fondamentali.
La convocazione del concilio è fortemente richiesta e voluta dall’imperatore Costantino I, il quale intende porre al centro della discussione una controversia teologica che stava lacerando la Chiesa: la questione ariana. Ario, un presbitero di Alessandria d’Egitto, sosteneva che il Figlio di Dio, Gesù Cristo, fosse una creatura inferiore al Padre. Tale teoria, passata alla storia come arianesimo, minaccia l’unità della Chiesa e la sua dottrina trinitaria.
L’imperatore Costantino, convertitosi al Cristianesimo nel 312 e promotore principale dell’evento, assume la presidenza e inaugura i lavori con un discorso in latino. Il Concilio di Nicea, al termine delle riunioni, condanna l’arianesimo e stabilisce una nuova formula di fede, basata sulla consustanzialità del Padre e del Figlio (unicità di Dio e trinità delle persone divine). La formula afferma che il Figlio è “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre“.
La situazione nell’Impero romano prima dell’Editto di Tessalonica
Dopo la morte di Costantino la situazione religiosa rimane molto tesa a causa anche dei difficili rapporti che legano i diversi governanti e che si riflettono, ovviamente, anche nelle divisioni religiose. La parte occidentale dell’impero resta compattamente nicena sotto Costante, fautore della confessione di Nicea; l’Oriente, invece, governato dal filo-ariano Costanzo, rifiuta la formula trinitaria. La crisi religiosa prosegue anche dopo la morte di Costanzo nel 361 con Giuliano, Valentiniano e Valente.
Le chiese occidentali si scontrano più volte con la politica filo-ariana degli imperatori e vedono i loro vescovi costretti o a piegarsi alla volontà imperiale o ad andare in esilio. Una svolta si ha in seguito alla disfatta di Adrianopoli del 378 quando l’inesperto Graziano, rimasto imperatore da solo con il piccolo Valentiniano II, chiama il generale spagnolo Teodosio a condividere con lui il governo dell’Impero.
L’editto di Tessalonica del 380: emanazione e testo
Fautore convinto del credo niceno Teodosio si dimostra subito interessato a risolvere il problema religioso. Prende, allora, la decisione di emanare il 27 febbraio 380 l’Editto di Tessalonica, un decreto con il quale dichiara il Cristianesimo, secondo i canoni del credo niceno, la religione ufficiale dell’Impero, proibendo, allo stesso tempo, l’arianesimo e tutti i culti pagani.
Per combattere le eresie si esige da tutti i cristiani la confessione di fede conforme alle deliberazioni del concilio di Nicea del 325. La nuova legge riconosce anche alle due sedi episcopali di Roma e Alessandria d’Egitto il primato in materia di religione. Il testo del documento viene preparato dalla cancelleria di Teodosio I e successivamente incluso nel Codice Teodosiano da Teodosio II:
“Noi vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità apostolica; cioè che, conformemente all’insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di Chiesa. Prima essi attendano la vendetta di Dio, poi anche le severe punizioni che l’autorità nostra, illuminata dalla Sapienza Divina, riterrà di dover infliggere loro.”
Oramai si pone il problema della tolleranza che il potere statale è disposto a riservare a coloro che si dichiarano “non cristiani”. Due giorni dopo essere arrivato a Costantinopoli, il 24 novembre 380, Teodosio, con un atto eclatante e risoluto, decide di espellere dalla città il vescovo ariano Demofilo sostituendolo con Gregorio di Nazianzo, il patriarca della piccola comunità locale che pratica il Credo niceno di fede.
L’anno seguente, inoltre, lo stesso Teodosio convoca un concilio ecumenico a Costantinopoli, durante il quale è ribadito il credo niceno e promulgata una legislazione sempre più severa nei confronti di tutti coloro che continuavano a dichiararsi seguaci dell’eresia di Ario e delle dottrine pagane.
Le conseguenze dell’Editto di Tessalonica
Gli effetti immediati dell’Editto di Tessalonica sono vasti e profondi. Il Cristianesimo diventa la religione di Stato, ottenendo il sostegno finanziario e politico dello Stato, mentre il paganesimo viene gradualmente represso attraverso la chiusura dei templi e la proibizione dei suoi rituali. Contemporaneamente il clero cristiano acquisisce notevole potere e influenza, emergendo come un attore chiave nella società romana ma dovendo fronteggiare tensioni interne.
Altre conseguenze dell’Editto dal punto di vista giuridico romano sono l’abolizione dell’infanticidio e dell’esposizione dei neonati e l’affermazione del concetto di famiglia e morale cristiana. Diventa, inoltre, centrale l’alleanza tra l’imperatore e la Chiesa cristiana con l’emergente ruolo dei vescovi come importante potere locale.
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