CONTENUTO
La situazione militare in Italia nel 1944
L’eccidio di Sant’Anna di Stazzema si inquadra in quella particolare fase della situazione bellica che si apre con l’arretramento dell’esercito tedesco sulla cosiddetta “Linea Gotica”.
Dalla fine del 1943 fino all’estate dell’anno successivo la popolazione di Sant’Anna di Stazzema e delle borgate limitrofe cresce notevolmente per l’arrivo degli sfollati sospinti in queste terre dall’avanzamento del fronte bellico e dai continui bombardamenti degli anglo-americani che colpiscono la costa e le città. I tedeschi, tra l’altro, impegnati alla costruzione della linea difensiva che dal mar Tirreno, lungo l’Appennino, deve arrivare all’Adriatico, rastrellano gli uomini per impiegarli nelle opere di fortificazione.
Anche il territorio di Sant’Anna di Stazzema è interessato dalla costruenda linea “Pietrasanta-Riegel” che deve collegarsi con la linea Verde-Gotica. Una direttiva emanata da Hitler il 2 giugno 1944 impone che per una profondità di 10 chilometri, al di qua e al di là della linea gotica, il territorio deve essere sgombro da ogni insediamento civile. Per cui a più riprese l’esercito tedesco ordina il trasferimento dei civili verso Sala Baganza, in provincia di Parma.
Nell’estate del ’44 la Wehrmacht ha fermato lungo la linea dell’Arno la precipitosa avanzata alleata dopo la liberazione di Roma. In zone di grande rilievo strategico, come i monti a ridosso della Versilia, le Alpi Apuane o la Lunigiana, la presenza di numerose formazioni partigiane, di diverso orientamento rappresenta per i tedeschi un effettivo problema. Le brigate partigiane operano sabotaggi e attentati a danno dei tedeschi, i quali reagiscono con pesantissime rappresaglie a danno della popolazione civile.
Civitella in Val di Chiana, Guardistallo, Padule di Fucecchio, San Terenzo Monti, Fivizzano, Bardine sono solo alcune delle tante località che sono teatro di eccidi e di rastrellamento di civili, voluti da Kesselring per terrorizzare e troncare connivenze tra la popolazione e le bande partigiane. La formazione “Mulargia”, che opera sui monti delle Apuane, a metà giugno si scioglie per dissidi interni, dando vita alla “Gino Lombardi” organizzata in tre compagnie, che successivamente formano la “X bis brigata Garibaldi” composta da circa 120 uomini ciascuna. Queste si posizionano una sul monte Gabberi, verso la foce di San Rocchino, un’altra vicino a Farnocchia e la terza tra Sant’Anna e la foce di Farnocchia.
Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: antefatti
Il 26 luglio il comando germanico affigge sulla piazza della chiesa di Sant’Anna un manifesto a stampa ordinando a tutti gli abitanti di lasciare le loro abitazioni e di trasferirsi altrove, verso Valdicastello, in ottemperanza agli ordini di Hitler. Il mancato adempimento a detti ordini (dovuto, secondo alcuni, a un volantino diffuso dai partigiani nei giorni precedenti la strage, con cui la popolazione sarebbe stata invitata a non obbedire all’ordine di evacuazione) ha destato nel dopoguerra varie polemiche.
Lo storico Carlo Gentile osserva al riguardo che già da tempo l’esercito tedesco aveva cominciato a eseguire lo sgombero dei civili dalla costa della Versilia e delle Alpi Apuane, e tale ordine di sgombero era stato esteso alle zone interne nel luglio 1944. Tuttavia, continua Gentile, l’esecuzione dell’ordine risultò da subito “quasi impossibile”, sia perché la popolazione opponeva resistenza passiva, sia perché la Wehrmacht non disponeva di truppe e mezzi sufficienti per far rispettare l’ordine.
È vero che i tedeschi ordinarono alla popolazione montana di evacuare l’area, ma è anche vero che da parte tedesca “non ci fu un seguito di azioni coordinate di sgombero” e le relative direttive “caddero nel vuoto”. Per questo motivo, secondo la ricostruzione di Gentile, il volantino diffuso dai partigiani non può essere considerato come uno dei motivi della strage:
“In realtà nella voluminosa documentazione tedesca non c’è nessuna traccia di operazioni di sgombero coordinate nei giorni della strage. Il nodo centrale non è tanto il fatto se i partigiani avessero o meno espressamente invitato la popolazione a disattendere l’ordine di evacuazione impartito dalle autorità occupanti, quanto il disinteresse dei comandi nazisti a mettere al sicuro i civili in una regione in cui la crescente presenza militare veniva a essere per loro un rischio sempre più grave”.
L’eccidio di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto 1944
All’inizio dell’agosto 1944 Sant’Anna di Stazzema è qualificata dal comando tedesco come “zona bianca”, ossia una località adatta ad accogliere sfollati: per questo la popolazione, in quell’estate, supera le mille unità. Inoltre, sempre in quei giorni, i partigiani abbandonano la zona senza aver svolto operazioni militari di particolare entità contro i tedeschi.
Nella zona arriva in quei giorni la 16° Divisione Panzergrenadier delle SS, comandata dal generale Max Simon, un fanatico nazista, formata di giovani militari, ma con un nucleo di ufficiali e sottufficiali fortemente ideologizzati e temprati da precedenti esperienze nel sistema concentrazionario nazista, o in operazioni belliche, comprensive di azioni di sterminio di ebrei e di civili, nella Polonia occupata.
Il 12 agosto 1944, all’alba, salgono a Sant’Anna di Stazzema gli uomini del II Battaglione del 35° Reggimento. Secondo alcuni testimoni, fra di loro, in divisa tedesca, vi sono anche italiani, fascisti versiliesi che, per non farsi riconoscere, portano un passamontagna, tuttavia il particolare, rilanciato anche da pubblicazioni recenti, deve essere ancora convincentemente provato sul piano storico. Altri militari, appartenenti ad altre formazioni tedesche, circondano l’area. Gli uomini del paese si rifugiano nei boschi per non essere deportati, mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che nulla capiterà loro restano nelle loro case. Tutti coloro che vengono trovati, con poche eccezioni, vengono massacrati.
In poco più di mezza giornata vengono uccisi 394 civili. Tra le vittime 65 sono bambini minori di 10 anni di età. Dai documenti tedeschi peraltro non è facile ricostruire con precisione gli eventi: in data 12 agosto 1944, il comando della 14ª Armata tedesca comunica l’effettuazione con pieno successo di un'”operazione contro le bande” da parte di reparti della 16° SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS nella “zona 183”, dove si trova il territorio del comune di S. Anna di Stazzema.
L’ufficio informazioni del comando tedesco afferma che nell’operazione 270 “banditi” sono uccisi, 68 presi prigionieri e 208 “uomini sospetti” assegnati al lavoro coatto. Una successiva comunicazione dello stesso ufficio in data 13 agosto precisa che “altri 353 civili sospettati di connivenza con le bande” sono catturati, di cui 209 trasferiti nel campo di raccolta di Lucca.
Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: atto terroristico premeditato
Non si trattò di rappresaglia, ossia di un crimine compiuto in risposta a una determinata azione del nemico: come è emerso dalle indagini della procura militare di La Spezia, infatti, si trattò di un atto terroristico premeditato e curato in ogni dettaglio per annientare la volontà della popolazione, soggiogandola grazie al terrore. L’obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra i civili e le formazioni partigiane presenti nella zona.
L’eccidio di Sant’Anna si inserisce all’interno di un ciclo operativo di “lotta alle bande” che inizia ai primi di agosto, colpendo con violenze e stragi vari territori del pisano, continua in Versilia, investe quindi, dopo Sant’Anna di Stazzema, le Apuane, per poi proseguire, al di là dell’Appennino, nell’operazione di Monte Sole, contro le popolazioni di tre comuni, Marzabotto, Grizzana e Monzuno, nella quale dal 29 settembre al 5 ottobre, furono uccise circa 770 persone.
In questo contesto operativo, la strage di Sant’Anna di Stazzema riacquista il suo tragico significato: si tratta di operazioni sulla carta rivolte contro i partigiani, che si configurano in realtà come azioni terroristiche di ripulitura del territorio, veri e propri massacri di tutti coloro che venivano trovati all’interno dell’area delimitata come quella da “bonificare”, a priori considerati “partigiani”, il cui sterminio, anche se neonati o anziani infermi, era programmato prima della strage.
La memoria locale si è a lungo divisa sulle cause dell’eccidio: molte le accuse ai partigiani, per non aver difeso la comunità, nonostante rassicurazioni in tal senso date precedentemente.
L’Armadio della Vergogna
Fondamentale per la ricostruzione degli avvenimenti, la scoperta avvenuta a Roma nel 1994 negli scantinati di Palazzo Cesi-Gaddi, sede della procura militare di Roma, di un armadio chiuso e girato con le ante verso il muro, ribattezzato poi “Armadio della Vergogna”, poiché nascondeva da oltre 40 anni documenti che sarebbero risultati fondamentali ai fini di una ricerca della verità storica e giudiziaria sulle stragi nazifasciste in Italia nel secondo dopoguerra.
Nell’estate del 1994, il procuratore militare di Roma Antonino Intelisano, mentre cerca documentazione su Erich Priebke e Karl Hass, avvia un procedimento che porterà alla scoperta casuale, in uno scantinato della procura militare, di un armadio contenente 695 fascicoli “archiviati provvisoriamente”, riguardanti crimini di guerra commessi da tedeschi e repubblichini. Tra questi viene trovata anche della documentazione relativa al massacro di Sant’Anna, per il quale verrà riaperta l’iinchiesta che porterà a individuare alcuni dei responsabili.
Il processo per l’Eccidio di Sant’Anna di Stazzema
L’attribuzione delle responsabilità e le motivazioni che hanno originato l’eccidio sono state possibili grazie al procuratore militare di La Spezia Marco De Paolis. Tramite a indagini accurate De Paolis riesce a individuare i responsabili di questo eccidio. Il 20 aprile 2004, davanti ai giudici del Tribunale Militare di La Spezia viene celebrato un processo per i responsabili di questo crimine.
Nella prima fase processuale si è svolto un imponente lavoro investigativo, cui sono seguite le testimonianze in aula di superstiti, di periti storici e persino di due SS appartenute al battaglione che massacrò centinaia di persone a Sant’Anna.
Poiché tra soldati e ufficiali gli imputati sarebbero stati centinaia, si decide di rinunciare a processare i soldati, esecutori materiali dell’eccidio, per processare solo gli ufficiali e sottoufficiali che di quell’eccidio erano stati i veri responsabili, essendo stati loro a dare l’ordine del massacro.
Il giudice dell’udienza preliminare accoglie quindi la richiesta del procuratore militare De Paolis di rinvio a giudizio per gli esecutori dell’eccidio. Tra i militari tedeschi accusati: il sottotenente SS Sommer Gerhard, comandante della 7ª compagnia del II battaglione del 35º reggimento Grenadieren (facente parte della 16° SS-Panzergrenadier-Division “Reichsführer-SS”), il sergente SS Schöneberg Alfred, il sergente SS Sonntag Heinrich, il sergente SS Bruss Werner, il sergente SS Schendel Heinrich, il sottotenente SS Rauch Georg, il sergente SS Richter Horst, il sergente SS Concina Alfred, il sergente SS Gropler Karl, il caporalmaggiore SS Göring Ludwig.
Il 22 giugno 2005, dopo indagini supplementari, il procuratore De Paolis chiede la condanna all’ergastolo per i dieci sottufficiali tedeschi. Il tribunale militare di La Spezia accoglie la richiesta. La sentenza è confermata in Appello nel 2006. L’8 novembre 2007 vengono confermati dalla Corte di cassazione gli ergastoli. La Cassazione si è espressa contro la richiesta di rifare il processo in quanto i soldati delle SS sentiti come testimoni devono essere considerati coimputati e quindi le loro testimonianze non valide. La sentenza rigetta questa tesi e conferma che l’eccidio è stato un atto terroristico premeditato.
Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: l’inchiesta in Germania
Il 1º ottobre 2012 la Procura di Stoccarda ha archiviato l’inchiesta per la strage nazista. L’organo giudiziario tedesco ha deciso l’archiviazione innanzitutto perché, secondo i magistrati, non sarebbe più possibile stabilire il numero esatto delle vittime: nella regione si trovavano anche numerosi rifugiati di guerra provenienti da altre zone. I reati di omicidio e concorso in omicidio per l’eccidio non sono prescritti. Tuttavia, secondo la Procura tedesca, sarebbe stato necessario, per l’emissione di un atto di accusa, che venisse comprovata per ogni singolo imputato la sua partecipazione alla strage. E ciò non è stato ritenuto possibile dagli inquirenti tedeschi.
Secondo la magistratura tedesca, inoltre, non sarebbe possibile accertare se la strage sia stata effettivamente un atto premeditato contro la popolazione civile, in quanto è possibile che gli obiettivi dell’azione militare siano stati solo la lotta antipartigiana e il rastrellamento di uomini da deportare ai lavori forzati in Germania. Tale decisione, che è in contrasto con le risultanze processuali della magistratura italiana, ha suscitato incredulità e sdegno fra i sopravvissuti alla strage e prese di posizione contrarie da parte di vari esponenti politici in Italia.
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- S. Anna di Stazzema. La strage impunita di Paolo Paoletti;
- Sant’Anna di Stazzema – Il processo, la storia, i documenti di Marco De Paolis e Paolo Pezzino;
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- I crimini di guerra tedeschi in Italia. 1943-1945 di Carlo Gentile.