CONTENUTO
Silvio Berlusconi entra in politica
“L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà“.
E’ mercoledì 26 gennaio 1994: inizia così il video-discorso di Silvio Berlusconi in cui annuncia il suo ingresso in politica. “Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare“.
Berlusconi, con questo video-discorso, annuncia alla Nazione la sua intenzione di entrare nell’agone politico e di candidarsi alle elezioni politiche del 27-28 marzo 1994. Non solo come deputato, ma punta a diventare Presidente del Consiglio. Mai nella storia dell’Italia (politica) una persona aveva organizzato un video-discorso ad hoc per annunciare la propria candidatura politica: le candidature sono sempre spontanee o al massimo suggerite da qualcuno, ma mai un candidato si era spinto a tanto: “italiani, mi candido: votatemi!”.
Berlusconi fino a quel momento non aveva mai manifestato intenzioni politiche e, come nel suo stile, fa qualcosa di mai fatto prima. Sei giorni prima nasce Forza Italia, la sua creatura politica, poi si candida, è eletto deputato, Scalfaro gli dà l’incarico di formare il governo che guiderà fino al “ribaltone” della Lega Nord del dicembre di quell’anno, il 1994. Cosa spinge l’allora fondatore di Fininvest e presidente del Milan a candidarsi e a fare quel celebre discorso? C’è da tornare al biennio 1992-1993, due anni che cambiano lo scenario politico nazionale.
1992-1993, Italia quasi nel baratro
Il punto di partenza sono le 17:30 di lunedì 17 febbraio 1992 quando i carabinieri arrestano in flagranza di reato Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, una delle più note case di riposo di Milano. Chiesa viene arrestato mentre incassa una tangente di 7 milioni di lire dal piccolo imprenditore monzese Luca Magni. 7 milioni, tranche per un appalto nel settore delle pulizie.
A decidere l’arresto di Chiesa, il sostituto procuratore Antonio di Pietro che manda Magni all’appuntamento con una busta con del denaro falso (per l’occasione) ed una ricetrasmittente così da intercettare parola per parola ciò che avrebbe detto Chiesa. Prima di essere portato in caserma, Chiesa chiede si andare in bagno dove (dice la vulgata) getta nel water altre banconote frutto di un’altra tangente.
Un arresto come tanti in Italia, ma quello è un arresto diverso: Chiesa è iscritto al Partito Socialista Italiano, è vicino a Bettino Craxi e spera un giorno (non troppo lontano) di diventare sindaco della città meneghina. L’arresto di Chiesa scoperchia un sistema che si propaga da anni: denaro in cambio di favori e/o appalti. Da quel momento iniziano raffiche di arresti di politici milanesi e lombardi, scoprendo che la tela corruttiva, in quel periodo, è forte e ben strutturata. Il semplice arresto di quel piccolo politico locale porta alla nascita dell’inchiesta “Mani pulite” e alla nascita del pool guidato da Borrelli e dai suoi sostituti di Pietro, Colombo, Davigo, Greco e Parenti.
Il 23 marzo 1992 dopo 35 giorni di carcere Chiesa inizia fare i primi nomi dei concussi e nel giro di pochi mesi molti imprenditori e politici, locali e nazionali, vengono tratti in arresto. Nel giro di due anni tutti i partiti sono coinvolti con gli arresti dei loro rappresentanti più o meno di spicco: tutti i partiti del Pentapartito, la coalizione che governa il Paese dal 1981 fino a quel momento, sono colpiti. Nessuno escluso.
E’ travolto anche l’uomo forte della politica italiana del tempo, Bettino Craxi, che, dopo aver scaricato Chiesa dandogli del “mariuolo” difendendo il partito dicendo che nessun socialista è mai stato indagato (o inquisito) nella storia milanese del Garofano, il 15 dicembre 1992 riceve il primo di 11 avvisi garanzia (fino al 23 marzo 1993): dalla corruzione al finanziamento illecito ai partiti. L’ex Presidente del Consiglio si dimette da segretario del PSI e fugge a Hammamet, in Tunisia, dove vi rimarrà fino alla morte avvenuta il 19 gennaio 2000.
La politica italiana, nei primi mesi delle indagini, diventa bersaglio dell’opinione pubblica, dove tutti sono dalla parte del pool e contro chi ha fatto della corruzione il proprio mantra, a scapito di tutti. Come reazione alla crisi dei partiti classici e contro la mala politica, emerge la Lega Nord, partito territoriale che in cinque anni passa dallo 0,42% e due parlamentari all’8,62% e 80 esponenti nei due rami del parlamento con le elezioni del 5-6 aprile 1992, a quarantotto giorni dall’arresto di Mario Chiesa. Deus ex machina di questo movimento, Umberto Bossi. In pochi mesi, la Lega Nord passa dall’essere un partito sui generis a forza capace di esprimere sindaci e presidenti di provincia.
Oltre alla crisi politica, l’Italia in quel periodo aderisce al Trattato di Maastricht (17 febbraio 1992), che stabilìsce la nascita dell’UE, ma vede anche un anno di grave crisi economica con l’inflazione schizzare al 5,5%, il debito pubblico a 430milioni di lire e la lira che esce dal Sistema Monetario Europeo. Come se non bastasse, c’è la recrudescenza dello stragismo mafioso, con gli attentati mortali di Capaci e via d’Amelio, a Palermo, dove, il 23 maggio ed il 19 luglio 1992, vengono uccisi i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due persone che hanno fatto della lotta alla mafia la loro ragione di vita.
Oltre a loro, nei due attentati, perdono la vita anche la moglie di Falcone, Francesca Morvillo, e otto agenti della loro scorta (tre di Falcone e cinque di Borsellino). Nel 1993 la mafia alza di nuovo il tiro colpendo per la prima volta lontano dalla Sicilia: ci sono gli attentati di Milano, Firenze e Roma dove perdono la vita dieci persone e la paura di un colpo di Stato da parte della mafia diventa un qualcosa di possibile, ma poi evitato.
Sempre nel 1993 inizia il processo “Enimont”, in quella che divenne “la madre di tutte la tangenti” e dove tutti i politici italiani del tempo sono interrogati da di Pietro. Si dice che la Prima repubblica è alla sbarra. In questo bailamme, l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro, eletto cinque giorni dopo la strage di Capaci per porre fine all’immobilismo politico colpito dagli effetti di “Tangentopoli”, il 26 gennaio 1994 scioglie in anticipo le Camere. Si sarebbe votato il 27 e 28 marzo 1994 e qualcosa nella politica italiana sta per cambiare e nulla sarebbe più stato come una volta.
Silvio Berlusconi, l’uomo nuovo della politica italiana
Nato a Milano il 29 settembre 1936, Silvio Berlusconi, primogenito di Luigi e Rosa Bossi, si laurea in giurisprudenza e, dopo alcune esperienze lavorative (tra cui quella di venditore porta a porta, assicuratore e cantante sulle navi da crociera), nel 1961, a 25 anni, decide di dare un senso alla propria vita entrando nel mondo dell’edilizia creando la “Cantieri Riuniti Milanesi” prima e la “Edilnord sas” dopo: la prima la apre grazie ad una fideiussione da parte della “Banca Rasini”, l’istituto di credito dove lavora il padre, e con la liquidazione del padre andando in pensione. La seconda grazie all’aiuto del commercialista svizzero Carlo Rezzonico che porta in dote investimenti svizzeri.
L’intuizione del Berlusconi imprenditore edile è quella di creare una città “satellite” di Milano dove avrebbero vissuto migliaia di persone. Berlusconi compra un appezzamento di terreno a Segrate, a pochi chilometri da Linate e situato nella prima cintura est di Milano. L’idea: costruire una “città-satellite” in un nuovo contesto di abitabilità. Nel 1968, intanto, la “EdilNord” si scorpora in “EdilNord 2” e nel 1972 nasce la “EdilNord Centri Residenziali”, che incorpora le precedenti “EdilNord”.
I primi anni Settanta vedono il boom del mercato edilizio e l’imprenditore milanese diventa molto conosciuto per la sua attività. Nel 1973 crea la “Italcantieri Srl”. Nel 1977 Berlusconi è insignito dal Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, del titolo onorifico di “Cavaliere del lavoro” e “cavaliere” diventa il suo soprannome. Nel 1979 Berlusconi termina la cittadina satellite di Segrate e la chiama “Milano 2”. E’ un astuto e bravo costruttore edile, ma questo non gli basta.
Se alla fine dei Sessanta capisce che il decennio successivo sarebbe stato il decennio del mattone, alla fine dei Settanta capisce che gli Ottanta sarebbero stati gli anni di un nuovo concetto di televisione e di comunicazione. E la comunicazione alla fine degli anni Settanta significa “televisione”.
A partire dal gennaio 1954, la tv è monopolizzata dalla tv di Stato, rappresentata dalla Rai e a Rai 1 si aggiunge il Secondo canale (Rai Due) nel 1961. Eppure qualcuno negli anni Settanta intuisce che può esistere una tv “alternativa” che offre “altro” rispetto alla tv di Stato. E sulla base di ciò che nacque, nel 1971, l’esperienza di TeleBiella, nel 1978 Berlusconi, acquista “TeleMilanocavo”, una televisione privata via cavo ad uso degli abitanti di “Milano 2” e di proprietà di Giacomo Properzj, nata quattro anni prima. All’inizio è molto “casereccia” e limitata, ma con Berlusconi si trasforma, a partire dal nome che diventa, nel 1980, “TeleMilano” e poi “TeleMilano 58”.
Il dado è tratto: il nuovo business è la tv e Berlusconi cavalca l’onda, tanto da acquistare poi da Edilio Rusconi e dalla “Arnaldo Mondadori Editori” di Mario Formenton Italia 1 e Rete 4. In meno di dieci anni le reti di Berlusconi, facenti parti della holding Fininvest, sono le nuove rivali della nazionalpopolare Rai.
Gli anni ’80 sono gli anni di massimo splendore per Berlusconi e per i suoi affari che toccano anche i supermercati, con l’acquisto di Standa (nel 1988, dalla Montedison), e Supermercati Brianzoli (dalla famiglia Franchini). Nel 1991 Berlusconi dà il via anche ad una banca, Programma Italia, con sede a Basiglio, nel nuovo quartiere residenziale di “Milano 3”, a sud di Milano, che diventerà, nel 1997, Banca Mediolanum.
Nel 1986 Berlusconi decide di “fare” anche calcio, acquistando da Giuseppe Farina il Milan, uno dei principali club italiani, in grave crisi economica. Il 20 febbraio 1986 c’è il passaggio di consegne tra lui e Farina e Berlusconi decide di fare le cose in grande, decidendo di presentarsi alla squadra e alla stampa scendendo con un elicottero nell’Arena Civica sulle note de “La cavalcata delle valchirie”. Oltre al club rossonero, Berlusconi crea, nel 1989, anche un gruppo sportivo, la “Polisportiva Mediolanum”, che comprende anche altre squadre sportive milanesi (Volley Gonzaga Milano, Hockey Club Devils Milano, Milano Baseball, Amatori Rugby Milano).
Successivamente al 1990, dopo la “legge Mammì”, che riorganizza il sistema radiotelevisivo nazionale, Berlusconi acquista la maggioranza azionaria della “Mondadori” e della “Giulio Einaudi Editore”, diventando anche il principale imprenditore nell’ambito editoriale. Nulla da eccepire: dopo Gianni Agnelli, è Berlusconi l’imprenditore più ricco del Paese. Ma se l’”avvocato” era specializzato nelle produzioni di autovetture, il “cavaliere” aveva interesse in molteplici aree, ma soprattutto se Gianni Agnelli era membro di una ricca famiglia di possidenti terrieri prima ed imprenditori automobilistici dopo, Berlusconi è un self made man, un uomo che ha creato la sua ricchezza dal nulla, senza essere un “figlio di”.
Ma cosa vota, Silvio Berlusconi? Non si sa cosa voti, ma è molto amico dell’allora segretario del PSI, Bettino Craxi. Un rapporto così stretto che vede, nel 1984, Craxi essere il padrino di battesimo di Barbara, nata dal matrimonio tra Berlusconi e Veronica Lario. Nel 1990, alla celebrazione del matrimonio tra l’attrice teatrale e l’imprenditore milanese, Anna Maria Moncini (moglie del leader socialista) e Gianni Letta sono i testimoni di nozze della sposa, mentre Craxi e Fedele Confalonieri lo sono dello sposo.
Nel corso degli anni ottanta e fino al 1992, Berlusconi sostiene sui suoi network il partito presieduto da Craxi, passando costantemente gli spot elettorali del Garofano. il PSI e l’amico Bettino: è noto il “favore” che fece il governo Craxi a Berlusconi con i due decreti del 20 ottobre e 6 dicembre 1984 contro l’”oscurità” della programmazione indetta dai pretori di Milano, Roma e Pescara. Berlusconi e la politica sono due rette parallele che non si incontrano, ma che si ammiccano reciprocamente. Se nonché il 23 novembre 1993 succede qualcosa di politicamente molto forte.
A Casalecchio di Reno val bene una…dichiarazione politica
Martedì 23 novembre 1993, in piena campagna elettorale per le elezioni amministrative ed in piena “Tangentopoli”, Berlusconi fa una cosa…alla Berlusconi. Il fondatore di Fininvest partecipa all’inaugurazione di un supermercato Standa a Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna. La cerimonia è un grande happening cui prende parte anche la stampa, visto che Berlusconi era presente all’inaugurazione. Ad un certo punto una giornalista pone una domanda che nessuno fino a quel momento aveva mai fatto all’allora 57enne imprenditore.
La giornalista gli chiede chi avrebbe votato, nel caso fosse stato un elettore romano, al ballottaggio di Roma del 6 dicembre tra Francesco Rutelli, esponente dei Verdi all’interno di una coalizione partitica di centro-sinistra, e Gianfranco Fini, leader del partito neofascista Movimento Sociale Italiano. Berlusconi non esita e dice che avrebbe votato per Fini. Quella risposta è un fulmine a ciel sereno per almeno due motivi: a) mai Berlusconi ha manifestato un interesse politico certo b) nessuno si è mai schierato in favore del MSI.
Perché a Roma c’è un ballottaggio tra due candidati? Con la nuova legge elettorale che riguarda i comuni italiani oltre i 15mila abitanti e le province, i cittadini possono scegliere direttamente chi avrebbe governato città e Province per i successivi cinque anni con un elezione a doppio turno, dove se un candidato non ottiene il 50%+1 dei consensi al primo turno, i due candidati più votati avrebbero preso parte ad un turno di ballottaggio che si sarebbe tenuto due settimane dopo: chi avesse ottenuto un voto in più avrebbe governato. Una svolta epocale nella politica nazionale dove allora i sindaci e i Presidenti delle giunte provinciali sono scelti dal consiglio comunale o provinciale nato dopo il voto elettorale.
Si vota in due momenti distinti: domenica 6 giugno e 21 novembre, con i ballottaggi due settimane dopo (20 giugno e 5 dicembre). Si vota in tanti comuni, tra cui le quattro città più grandi del Paese (Milano e Torino a giugno, Roma e Napoli a novembre). Fa scalpore la vittoria di Marco Formentini a sindaco di Milano: per la prima volta un esponente della Lega Nord si impone in un voto elettorale così importante. Nelle due tornate elettorali amministrative, il Carroccio conquista sette capoluoghi di provincia (Novara, Vercelli, Lecco, Pavia, Pordenone, Alessandria, Lodi, ), quattro province (Mantova, Pavia, Gorizia e Varese) e perde sei ballottaggi (tre comuni e tre province).
A Roma Fini perde al ballottaggio con Rutelli (47% contro 53%), ma l’endorsement di Berlusconi verso il leader missino è un qualcosa di mai visto prima e molti intravedono l’uscita dall’angolo della politica italiana da parte del partito della Fiamma, da sempre all’opposizione e mai considerato nella vita politica nazionale.
Le parole di Berlusconi sono una vera bomba politica, visto che meno di due mesi dopo Scalfaro scioglie anticipatamente le Camere. Tutti pensano: “non è che Berlusconi vuole entrare in politica?”. L’idea stuzzica molto, visto il peso del personaggio.
Berlusconi, effettivamente, sono mesi che pensa alla politica e a fare qualcosa per l’Italia, sconvolta non solo dalla crisi economica, ma anche da una crisi sociale e politica. Ed il 1994 è l’anno dell’entrata in campo di Berlusconi nell’agone politico. Anzi, della sua “discesa in campo”.
26 gennaio 1994: “L’Italia è il Paese che amo”. Berlusconi e Forza Italia pronti per il voto di marzo
Berlusconi per tutto il 1993 pensa a fare politica, ma decide che per farla non si sarebbe iscritto o candidato con un partito, ma decide di fondare lui stesso un partito. Il 29 giugno 1993 nasce, nello studio del notaio milanese Arrigo Roveda, l’associazione “Forza Italia. Associazione per il buon governo”. Tra i sottoscrittori dell’atto di costituire, Marcello dell’Utri e Cesare Previti, rispettivamente manager di Pubblitalia (la concessionaria della pubblicità del gruppo Fininvest) ed un avvocato romano molto amico del “cavaliere”, i docenti universitari Antonio Martino e Giuliano Urbani, l’ex ministro Gianfranco Ciaurro, il giornalista ed ex ufficiale dell’Aeronautica Antonio Tajani, e Mario Valducci, un alto manager Fininvest.
A settembre 1993 Berlusconi decide che avrebbe fatto politica attiva. L’imprenditore milanese si confronta sull’opportunità con la famiglia e con un nucleo di amici (in affari) molto ristretto. I famigliari, tranne la madre, avallano l’idea dell’imprenditore, mentre ci sono diverse riserve da parte del gruppo degli amici: Marcello dell’Utri, Cesare Previti ed Ennio Doris (alla guida di Programma Italia) sono d’accordo con lui, Gianni Letta, Indro Montanelli, Maurizio Costanzo e Fedele Confalonieri sono contrari. Il “peso” dei favorevoli e contrari si equipara.
Ad ottobre, “Epoca” mostra il logo dei “Club di Forza Italia” ed il 25 novembre 1993 nasce l’”Associazione Nazionale Club Forza Italia”. Il 9 dicembre 1993 è inaugurato il primo “Club Forza Italia” e si presenta l’inno del partito, scritto dallo stesso Berlusconi con l’arrangiamento del maestro Renato Serio. Sei giorni dopo, Forza Italia apre la sua prima sede romana in via dell’Umiltà, nei pressi della Fontana di Trevi.
Berlusconi parte in quarta nella volontà di fare politica grazie a due momenti: il “No” ricevuto da Mariotto Segni e Mino Martinazzoli nel fare politica insieme e l’uscita di alcuni sondaggi, promossi dallo stesso Berlusconi, in cui appare come l’unico candidato giusto per dare una svolta alla disastrata politica parlamentare italiana devastata dal ciclone “Tangentopoli” che l’ha colpita e delegittimata.
Il gennaio 1994 è il mese berlusconiano e sono due i giorni della svolta politica, il 18 ed il 26 gennaio. Il 18 gennaio Berlusconi, presso il notaio romano Francesco Colistra, crea la sua formazione politica che si sarebbe presentata al voto del 27 e 28 marzo successivo: Forza Italia. Ma non è finita lì perché Berlusconi decide di fare un coupe de theatre, facendo un qualcosa di mai visto prima nella scena politica italiana. C’è da colpire gli italiani, c’è da stupirli e fare breccia tra loro. Per questo motivo quel giorno (il 26) lo staff di Berlusconi invia a tutte le redazioni televisive un filmato di 9 minuti e 30 secondi, un video messaggio dello stesso Berlusconi in cui spiega la sua traccia politica.
Il discorso ha il celebre incipit: “L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare”.
Il “cavaliere” è seduto ad un tavolo in doppio petto, l’aria rassicurante, le foto di famiglia dietro di lui. Il set del video è in realtà all’aperto, al di fuori della sua villa di Macherio, in un luogo “accantierato” che diventa, grazie alle riprese, uno studio caldo, rassicurante e con la luce soffusa.
Le sue parole sono calme, ben scandite e Berlusconi spiega cosa ha in mente di fare: “scendere in campo” nella nuova scena politica italiana travolta da “Tangentopoli” e mettere a disposizione di tutti il suo impegno e la sua esperienza per aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi politica e partitica che stava vivendo e, grazie al suo nuovo partito, sognare di dare a tutti un’Italia “libera” lontana da “paura”, “invidia sociale”, “odio di classe” e fondata ora su “generosità, dedizione, solidarietà, amore per il lavoro, tolleranza e il rispetto per la vita”.
Dare all’Italia “una maggioranza e un governo all’altezza delle esigenze più profondamente sentite dalla gente comune”, dando alla gente “una forza politica fatta di uomini totalmente nuovi, [offrendo] alla nazione […] un programma di governo fatto solo di impegni concreti e comprensibili […]”. In conclusione esorta i cittadini a costruire “insieme per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano”. Mai un politico di professione o un candidato ad una carica aveva fatto un gesto di questo tipo.
Il traino di Berlusconi è Forza Italia, la nuova creatura partita, nato in una data importante, perché quel 18 gennaio 1994 si scioglie la Democrazia Cristiana, il partito guida del Paese sin dal 1948 e partito da sempre con la maggioranza relativa dei voti, dividendosi in Partito Popolare Italiano e Centro Cristiano Democratico. E sempre il 18 gennaio, ma del 1919, nasceva il Partito Popolare Italiano, guidato da don Luigi Sturzo e “padre” della futura DC.
La discesa in campo costa caro a Berlusconi: Indro Montanelli, dal 1974 direttore de “Il Giornale”, lascia la direzione del quotidiano perché non vuole che Berlusconi, editore dello stesso “Giornale”, possa influenzare la linea del quotidiano. Montanelli sbatte la porta, crea “La voce” e si porta dietro un po’ di collaboratori.
Il 6 febbraio 1994 Berlusconi organizza alla Fiera di Roma la prima convention del partito: non un congresso o un meeting come avevano sempre fatto, fino a quel momento, tutti i partiti politici, ma una convention alla maniera americana dove l’imprenditore tiene il suo primo discorso da leader politico.
Da quel momento mancano 49 giorni alle elezioni politiche, il governo tecnico presieduto da Carlo Azeglio Ciampi non ha più la maggioranza e ha dato le dimissioni il 13 gennaio 1994. L’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, scioglie le Camere ed indice nuove elezioni. Si sarebbe votato il 27 e 28 marzo 1994, domenica e lunedì.
27 marzo 1994, il Polo vince la elezioni. Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio
Con la nascita di Forza Italia, il discorso televisivo e la convention del “PalaFiera” parte la campagna elettorale di Silvio Berlusconi con un obiettivo: vincere le elezioni politiche. C’è un piccolo problema: ce l’avrebbe fatta un partito politico nato a 68 giorni dal voto ad organizzarsi? Molti storcono il naso, dicendo che Berlusconi si è mosso troppo tardi e non può fare nulla contro la coalizione di centrosinistra capitanata da Achille Occhetto, ultimo segretario del PCI e ora segretario del partito nato dal suo scioglimento, il PDS.
La coalizione che guida Occhetto si chiama “Alleanza dei Progressisti” e nasce il 10 febbraio dalle unioni tra Rifondazione comunista, Partito Democratico della Sinistra, Partito Socialista Italiano, Rinascita socialista, i Verdi, la Rete, i cristiano-sociali e Alleanza democratica. La coalizione di centrosinistra, detta “orgogliosa macchina da guerra”, pensa di avere la vittoria in tasca visto che gli avversari sono da un lato “impresentabili” e guidati da una persona che mai aveva fatto politica e che si candidava a guidare, niente meno, il Paese da neofita di quel mondo.
Con queste elezioni politiche c’è anche una grande novità: si abbandona il sistema elettorale proporzionale e al suon posto si introduce il sistema maggioritario misto, il “Mattarellum” (“Legge Mattarella, 04/08/1993 n. 276-277”) dove il 75% dei parlamentari è eletto con il sistema maggioritario a turno unico (in collegi uninominali) ed il restante 25% per la Camera con il proporzionale, mentre per il Senato con il metodo dello scorporo con liste bloccate.
Per la prima volta è introdotta una soglia di sbarramento: il 4% è la percentuale minima per avere deputati e senatori eletti con il proporzionale, sotto quella soglia non si prendono eletti. I candidati possono essere presenti sia nei collegi che nelle circoscrizioni e molti non eletti al maggioritario possono entrare in Parlamento con il “recupero”.
Forza Italia è a capo di una coalizione (il “Polo delle Libertà”) che comprende MSI-AN, Lega Nord e CCD e altri partiti minori. C’è un problema di fondo: la Lega Nord ha idee totalmente diverse dal MSI e i due partiti hanno due bacini elettorali diversi (la Lega prende voti in Pianura padana, il partito della Fiamma al Centro-Sud). In più Umberto Bossi non vede di buon occhio un rapporto coalizzativo con i “fascisti”. Ma il 30 gennaio 1994, il leader di Forza Italia, memore di quanto espresso a Casalecchio di Reno, crea due sotto-coalizioni: al Nord si allea solo con la Lega per presentare candidati del partito leghista in molti collegi dell’Italia settentrionale, mentre al Sud, il partito forzista, si presenta con l’MSI-Alleanza Nazionale. Con quell’accordo Berlusconi spiazza tutti, creando al Nord il “Polo delle Libertà” e nell’Italia meridionale il “Polo del Buongoverno”.
Il motivo è chiaro: allearsi con due partiti forti territorialmente che insieme avrebbero portato tantissimi voti, soprattutto nel sistema maggioritario dove vince il candidato che avrebbe avuto un voto in più dell’avversario nel collegio di riferimento. Forza Italia è la vera novità dello schieramento politico: nata da poche settimane, si pone come partito liberale, lontano dal concetto di partito e pronta a prendere i voti dei delusi della politica toccata dalle inchieste del pool di Milano.
La campagna elettorale, nel complesso, è lunga, tortuosa e senza esclusione di colpi dall’una e dall’altra parte. In favore di Berlusconi intervengono anche le sue televisioni, visto che durante la campagna elettorale alcuni conduttori dei programmi delle reti berlusconiane fanno campagna elettorale “mascherata” per Berlusconi e la sua coalizione contro la coalizione di Occhetto (la par condicio verrà istituita solo nel febbraio 2000 e ciò non avrebbe più permesso ciò che si fa in quelle prime settimane del 1994).
Le elezioni politiche del 1994 sono anche le prime che vedono, per la prima volta in tv, un dibattito tra due leader delle due coalizione sfidanti: fino a quel momento ci sono state le tribune politiche dove ogni candidato si presentava incalzato da un giornalista spiegando il proprio programma politico, il perché gli italiani avrebbero dovuto votare quel partito. Invece ora la cosa è diversa, più all’americana: il 23 marzo 1994, su Canale 5, in prima serata, si tiene il primo dibattito tra due candidati alla carica di Premier (anche se per la legge italiana è il Capo dello Stato a dare l’incarico di formare il governo solo dopo il voto).
Si sfidano Berlusconi e Occhetto. Il dibattito è molto seguito. Per ovvie ragioni, Berlusconi spacca lo schermo e batte Occhetto, che pare più in difficoltà anche perché non proviene da quell’ambiente e, dall’ambito dello stile, Berlusconi pare di un altro pianeta. Come contenuti vince Occhetto, ma Berlusconi spacca lo schermo e, in questi casi, è la cosa che conta.
Il 27 e 28 marzo 1994 si recano alle urne oltre 41 milioni di italiani (86,14% degli aventi diritto al voto) e il risultato è clamoroso: al Polo va il 42,84% dei voti ed il 34,34% ai “Progressisti”. Forza Italia ha un risultato clamoroso, conquistando il 21% dei voti. All’interno del “Polo”, il MSI-AN prende il 13,5% e la Lega Nord 8,4%. Forza Italia ottiene 113 deputati e 36 senatori. Di quei 149 eletti, il 90% è alla prima esperienza politica e parlamentare. Il 16 aprile, al quarto scrutinio, il forzista Carlo Scognamiglio è eletto Presidente del Senato per un solo voto rispetto al suo contendente, il repubblicano Giovanni Spadolini, sullo scranno più alto di Palazzo Madama dal 1987 fino a quel momento. Ad ottantotto giorni dalla nascita di Forza Italia, il partito di Berlusconi aveva incassato anche la seconda carica dello Stato.
Il 28 aprile Berlusconi riceve dal Presidente Oscar Luigi Scalfaro l’incarico di formare il nuovo governo. Lui accetta e tredici giorni dopo (l’11 maggio 1994), il Presidente del Consiglio in pectore scioglie la riserva e vara il governo composto da elementi di Forza Italia, MSI-AN, Lega Nord, CCD (e la parte del UDC) e due ministri indipendenti. Il 17 maggio il governo incassa la fiducia al Senato con 159 sì e 153 no e due giorni dopo ottiene la fiducia anche nell’altro ramo del Parlamento con 366 voti a favore e 245 contrari. Il governo Berlusconi diventa il LI governo italiano, il primo guidato da un non politico di professione. Dal discorso televisivo alla fiducia parlamentare sono passati 113 gironi.
21 dicembre 1994, le dimissioni. Nasce il Berlusconi politico di professione
Nonostante la vittoria anche delle elezioni europee da parte di Forza Italia che arriva al 30,60% (e 27 eurodeputati), il governo Berlusconi in autunno entra in crisi: il clou è lo sciopero dei sindacati contro la legge finanziaria ed i tagli alle pensioni che portano in piazza 3 milioni di persone. Le parti trovano un accordo il 1° dicembre.
Il 22 novembre il Premier riceve dalla Procura di Milano un avviso di garanzia e l’obbligo di comparire davanti ai giudici per alcune indagini sul suo gruppo aziendale, mentre presiede la conferenza internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli con il patrocinio dell’ONU: mai un Presidente del Consiglio si è trovato in quella situazione.
L’esperienza del governo Berlusconi termina il 19 dicembre con il “ribaltone” da parte della Lega: il Carroccio muove una mozione di sfiducia verso l’esecutivo insieme al PPI, allora in minoranza, ed abbandona la maggioranza di governo. Il giorno dopo Berlusconi va da Scalfaro, dà le dimissioni da capo dell’esecutivo e chiede al Capo dello Stato di sciogliere le Camere, una cosa impossibile da attuare in quanto è il Presidente della Repubblica che lo decide (in base all’art. 88 della Costituzione) e non può ricevere interferenze esterne per cose di questo tipo.
Scalfaro fa partire subito le consultazioni e trova una nuova maggioranza parlamentare: la legislatura parlamentare può continuare ed il 17 gennaio 1995 Lamberto Dini, Ministro del Tesoro con Berlusconi, riceve l’incarico da Scalfaro l’incarico di formare un nuovo governo che è totalmente “tecnico” in quanto nessuno ministro è espressione dei partiti. Il governo Dini rimane in carica per un anno e quattro mesi. Il 1994 “politico” di Berlusconi era finito nel peggiore dei modi, ma la sua entrata in politica ha lasciato il segno nella storia politica italiana.
Il discorso della “discesa in campo”: cambia la comunicazione politica
Silvio Berlusconi tornerà Presidente del Consiglio dopo le vittorie delle “politiche” del 13 maggio 2001 ed il suo governo durò per l’intera legislatura, diventando il governo più duraturo della storia repubblicana. La storia politica di Berlusconi “racconta” di essere stato Presidente del Consiglio di quattro governi, una volta senatore, cinque volte deputato, due volte eurodeputato: tutto in 29 anni di carriera politica.
Ancora oggi Berlusconi (morto il 12 giugno 2023) rimane l’unico imprenditore ad essere diventato Presidente del Consiglio, eppure il discorso del 26 gennaio 1994 rimane un unicum: gli anni della tv in bianconero e degli anni Ottanta vedono le tribune politiche con ogni leader di partito che spiega perché un elettore dovrebbe esprimere la preferenza per il suo partito e non per altri, ma mai nessun italiano aveva registrato un video su una VHS inviata ad ogni redazione giornalistica per raccontare a tutti che da quel momento sarebbe diventato un politico. Politico non di professione, neofita della politica ma abile nel marketing e nel convincimento.
Serviva gente nuova in un Mondo nuovo e Silvio Berlusconi, vero esperto di comunicazione e di marketing, riempie quel vuoto che non si pensava poteva esserci: entrare nella case degli italiani e convincerli a votare per lui e per il suo partito. Dalla parte di Berlusconi tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994, ci sono anche i sondaggi: grazie ad uno staff creato ad hoc, i suoi sondaggisti gli dicono che tanti italiani vorrebbero che lui diventasse un politico certi che grazie alla sua bravura avrebbe risolto i problemi del Paese. Se non ci sono riusciti politici di professione prima, che ci provi ora un neofita ed un parvenu della politica. Una persona che non fa della politica il suo core business e che per entrare nell’agone non si allea con nessuno, ma lui stesso, con il suo partito, fa in modo che gli altri si alleino con lui.
Il traino è Forza Italia, un partito con nel nome due parole usate dagli italiani quando vedono giocare la Nazionale di calcio e nel calcio, Berlusconi è un esperto perché da quando rileva il Milan lo porta dall’anonimato (e da una grave crisi finanziaria) ai vertici del Mondo in appena quattro anni (uno scudetto, una Supercoppa italiana, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali e due Supercoppe UEFA consecutive). Ruud Gullit e due volte Marco van Basten vincono il Pallone d’oro e nel 1988 e nel 1989 il Milan piazza due volte tre giocatori nei primi tre posti del premio calcistico indetto da France Football.
E poi quell’approcciarsi con le persone, “bucare” lo schermo ed arrivare a più persone possibili, solo con la tv lui può fare questo: nessuno l’hai mai usata per promuovere se stesso, figurarsi per annunciare “urbi et orbi” la sua volontà di entrare in politica e sognare di guidare un governo. Solo lui può fare una cosa di questo tipo, ma non perché Berlusconi è un “super uomo”, ma perché lui arriva da quel mondo, lui crea quel tipo di comunicazione arrivando a colpire una popolazione in cerca della propria nuova “casa” politica: i voti del Pentapartito sono da intercettare e magari si può strizzare l’occhio anche a qualche elettore della sinistra.
Il motivo? Il nuovo piace. Votano per il partito di Berlusconi casalinghe, lavoratori autonomi, artigiani e commercianti. Tutto con un partito nato sessantotto giorni prima del voto politico e che in due mesi porta oltre 8 milioni di elettori a far fare loro una croce sulla scheda elettorale ad un partito che gli italiani conobbero solo due mesi prima.
Un successo incredibile quello di Forza Italia quasi paragonabile al 48,51% ottenuto dalla DC nelle elezioni del 18 aprile 1948. Se quelle erano le prime elezioni della cosiddetta “Prima repubblica”, quelle del primo successo Berlusconi lo sono della “Seconda repubblica”: se nel 1948 si è nel primissimo dopoguerra ed in un contesto di Guerra fredda, quelle del 1994 sono le prime elezioni senza la presenza sulla scheda dei due partiti di massa che caratterizzavano la vita politica nazionale, la DC ed il PCI.
Forza Italia non vuole essere come la DC, ma si pone nell’agone politico come una grande novità. Fin da subito si capisce che quel partito è ad immagine e somiglianza del suo fondatore e viceversa. Forza Italia, un partito che in 68 giorni passa dal non esistere ad ottenere prima il 20% alle politiche ed il 12 giugno 1994 il 30% alle europee. E Forza Italia, sin dai primi “vagiti”, è immagine e somiglianza del suo creatore. Una persona che per la prima volta dal 1948 rende “votabile” il MSI-AN (anche se è prossimo alla svolta di Fiuggi che lo trasforma da partito neofascista a post-fascista e pronto ad abbracciare il conservatorismo europeo) e che porta la Lega Nord a diventare un partito votabile da tanti italiani.
Il discorso del 26 gennaio 1994 mostra un uomo di 57 anni realizzato nella vita che, con indosso un abito grigio e una aria rassicurante, spiega agli italiani che lui sarebbe sceso in campo per aiutare loro ed il Paese ad uscire dalla crisi in cui versavano. Lui, uomo di successo, si impegna, entrando nelle case degli italiani, a dire “votatemi, con me sarà diverso, migliore rispetto al passato”. Ma sull’entrata in politica di Berlusconi molti hanno sempre creduto che l’imprenditore fosse entrato per tutelare se stesso e le sue attività, in crisi e con lo spettro di tante problematiche economico-finanziarie. Berlusconi si dice abbia paura di finire male e scende in campo per salvare se stesso.
Questo forse è vero o forse è falso, ma una cosa è certa: quel tranquillo mercoledì di fine gennaio di 30 anni fa vede un imprenditore parlare piano, in maniera calda e confortevole nel suo studio (anche se poi si scopre che il discorso è registrato in uno spazio costruito adiacente la sua lussuosa villa) con la sua immagine sorridente e le immagini dei suoi famigliari alle spalle per cambiare la politica italiana, portando il suo successo e le sue capacità nella politica, riformando uno Stato in crisi e colpito dalle inchieste della magistratura.
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- A. Baldoni, Storia della destra. Dal postfascismo al Popolo della libertà, Vallecchi, Firenze, 2009.
- P. Ignazi, Partiti politici in Italia. Da Forza Italia al Partito democratico, il Mulino, Bologna, 200.
- I. Montanelli – M. Cervi, L’Italia di Berlusconi (1993-1995), Rizzoli, Milano, 1995.
- D. Parenzo – D. Romano, Romanzo padano. Da Bossi a Bossi. Storia della Lega, Sperling & Kupfer, Milano, 2008.
- M. Travaglio – G. Barbacetto – Peter Gomez, Mani pulite. La vera storia, Editori Riuniti, Roma, 2002.