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L’Europa tra il ‘500 e il ‘600: terreno fertile per una guerra
Comprendere lo scoppio della “Guerra dei Trent’anni” attraverso elaborazioni non semplicistiche è un compito obiettivamente complesso, poiché le cause del conflitto non sono solamente molte, ma anche contorte e legate tra di loro. A rigor di comprensione, andiamo ad osservarle una ad una fino ad arrivare all’evento principe, picco delle tensioni: la “defenestrazione di Praga” del 1618.
In questo periodo, la popolazione europea vive costantemente nell’insicurezza e nel disagio, situazioni queste incoraggiate dalla noncuranza dei governanti, la cui condotta non è di certo delle più edificanti. Le rapine sono all’ordine del giorno, la peste e le carestie dilagano contribuendo al caos e le esecuzioni capitali avvengono davanti a tutti, tant’è che un viaggiatore, lungo il tragitto da Dresda a Praga, racconta:
ho contato circa centoquaranta fra forche e ruote di supplizio, alle quali erano appesi ladri, alcuni da poco tempo e altri già in via di putrefazione, e le carcasse di assassini squartate un membro dopo l’altro sulle ruote.
Da queste parole si deduce anche un altro aspetto sociale tipico di fine ‘500/inizi ‘600: i giudici sono spesso più severi che giusti e l’autorità civile tendente più al brutale che all’efficiente.
Oltretutto, non c’è nessuna connessione razionale tra potere legislativo ed esecutivo né una chiara concezione dell’uso del denaro pubblico. L’imposta sostituisce prepotentemente l’antico servizio militare, così nella mente popolare la tassazione viene percepita come guerra in arrivo. Dei soldi provenienti da queste tassazioni, i sovrani si rifiutano spesso di distribuire ricchezza ai fini esecutivi, quindi spendono incautamente in anticipo le entrate statali, indebolendo progressivamente il governo centrale.
Accanto a questo substrato di grave inefficienza strutturale con conseguenti ingiustizie per il popolo, vi è tutta la questione politica dell’epoca: nella pratica degli affari di Stato, Francia e Spagna (le entità più importanti in questo periodo storico) sono termini usati per indicare le dinastie dei Borboni e degli Asburgo (Sacro Romano Impero), protagonisti contrapposti nell’imminente conflitto.
Giunti al 1618, la dinastia più grande in Europa è quella asburgica; “Austria est imperitura orbi universo”, sentenzia il suo motto, e per un buon motivo, dato che gli Asburgo dominano l’Austria, il Tirolo, la Stiria, la Carinzia, la Carniola, parte dell’Ungheria (porzione non turca), la Slesia, la Moravia, la Boemia, la Lusazia, il Ducato di Milano, Finale e Piombino, il regno di Napoli, Sicilia e Sardegna, insieme alla Borgogna, i Paesi Bassi, parte dell’Alsazia, la Spagna e il Portogallo. Oltre ai territori del Vecchio Continente, dominano anche parte del Nuovo Mondo, vale a dire il Cile, il Perù, il Brasile e il Messico.
In più, la politica matrimoniale della dinastia gli permette di avere sempre in mano la situazione; quando non vi sono eredi matrimoniabili, si organizzano matrimoni tra gli stessi membri della famiglia, creando così un fortissimo legame poiché si ha un coinvolgimento su più fronti. Questa solidità, insieme all’appoggio della Chiesa cattolica (almeno in un primo momento), consolida la posizione dominante della dinastia. Il capo della famiglia è il re di Spagna, associato all’ala destra militante del cattolicesimo.
Dall’altra parte, in Francia, si ha invece la dinastia dei Borboni, nati grazie ad Enrico di Navarra e alle conseguenze delle passate tensioni proprio con gli Asburgo: negli ultimi tre secoli, i sovrani di Spagna e Francia sono stati in conflitto tra di loro, e ora che il re di Spagna ha in mano tantissimi territori tra cui la maggior parte dell’Italia, l’Alto Reno e i Paesi Bassi, la Francia si ritrova minacciata su tutti i fronti di terra. Oltre a ciò, già dalla fine del ‘500 la Spagna continua ad intervenire nella politica interna della Francia, destabilizzandola.
Nonostante gli attacchi, la Francia (e il suo Enrico di Navarra) riescono ad arginare la Spagna e successivamente, dopo l’assassinio di Enrico nel 1610, firmano un trattato di pace. Francia e Spagna sono ora unite grazie al matrimonio, ma questo non porta ad altro che al ritardare l’ennesimo scontro tra le due dinastie, troppo sospettose l’una con l’altra.
Oltre alla tesa situazione tra Francia e Spagna, si aggiungono i problemi e le brame di potere relative ad altri paesi d’Europa: la Danimarca, la Svezia e la Lega anseatica temono anch’esse la dinastia degli Asburgo, ma non riescono ad unirsi tra di loro per contrastare quest’ultima poiché le tre menzionate sono gelose le une delle altre e tutte puntano al controllo dell’Olanda.
Come se non bastasse, alla vigilia dello scoppio della guerra, anche il Vaticano inizia ad avere atteggiamenti ambigui nei confronti dei suoi ex prediletti d’Asburgo, avvicinandosi sempre più ai membri borbonici; questo avviene perché, così come tutti gli altri paesi, anche il Vaticano teme quest’ascesa di potere da parte asburgica, e vuole impedirla in tutti i modi.
Una guerra di religione
E’ necessario ora fare un focus sulla situazione religiosa in Europa tra ‘500 e ‘600, questo perché ci permette di capire da dove nascono gli attriti religiosi che stanno alla base della “Guerra dei Trent’anni”.
Nel 1610, Galileo afferma che la Terra ruota intorno al sole e si inaugura così la “stagione della scienza”. Prima di questo però, l’antitesi tra fede e scienza viene parzialmente ammessa. Tutti i processi scientifici derivanti dalle indagini dell’uomo devono sempre fondarsi sulla rivelazione divina e quindi ogni fatto scientifico viene considerato inganno del diavolo. Qui, il conservatorismo naturale della mente umana viene in aiuto delle chiese nella loro opposizione alle teorie scientifiche.
Gli uomini, desiderosi di cose certe e non di nuovi motivi di dubbio instaurati dalle teorie scientifiche, si avvicinano sempre più alla religione, dispensatrice di certezze. Questo porta le chiese ad aumentare il proprio potere e la loro influenza sulle genti, soprattutto nei primi decenni del XVII secolo. Ciononostante, il collasso dell’ascendente che esse hanno sulla politica comincia a venir meno a causa di un meccanismo di “autodistruzione”: la disputa tra protestanti e cattolici.
In generale, queste sono le due fedi principali in Europa, ma se scendiamo nel particolare, si osservano dissapori e conflitti tra la due parti, sia interni che esterni. I protestanti sono divisi principalmente in luterani e calvinisti, in contrasto tra di loro poiché caratterizzati da dottrine differenti: Lutero concepisce la religione come sostegno e conforto per l’umanità, mentre Calvino la concepisce come rivelazione della ragione divina che non bada ai bisogni materiali del genere umano. Quest’ultimo si basa sul concetto di grazia e predestinazione, dove il destino di ogni anima è preordinato da un Dio onnisciente e l’uomo è nato con grazia o meno.
Anche i cattolici hanno divisioni interne: nel 1534 nasce la Compagnia di Gesù (i gesuiti per intenderci), strutturata come ordine militare fortemente legato alla Chiesa cattolica. E’ grazie alla loro influenza che nasce l’inquisizione, operante attivamente contro ogni eretico. Dall’altra parte vi sono invece i cappuccini, nati poco prima dei gesuiti ma meno militarizzati, dotati però di maggior talento nel coltivare intrighi politici. C’è da dire che tra i due ordini non vi è un vero e proprio astio, bensì una rivalità.
Col passare del tempo però la loro rivalità sfocia in una sempre maggiore suddivisione della Chiesa cattolica, con Stati che prediligono uno o l’altro schieramento. Se i due ordini avessero collaborato, l’obiettivo di avere un’Europa cattolica unita sarebbe stato perfettamente raggiungibile giunti al ‘600. E’ particolare notare come i gesuiti siano più forti in Spagna e in Austria (Asburgo), mentre i cappuccini nella Francia borbonica (esempio perfetto di spaccatura all’interno dell’Europa cattolica).
In questa grande frammentazione religiosa, in cui ogni parte vuole imporsi come vera religione da seguire, osserviamo quindi il seguente quadro: i protestanti, formati da luterani e calvinisti, sono in conflitto tra di loro. Da parte cattolica, l’ordine dei gesuiti e quello dei cappuccini non collaborano a dovere e ben presto la loro rivalità si acuisce, fino a creare una spaccatura sempre più evidente all’interno della Chiesa cattolica. Dei protagonisti religiosi citati fino ad ora, l’intero fronte protestante si pone in contrapposizione a quello cattolico, quest’ultimo autodefinitosi protettore della “vera fede” e che vede quindi i protestanti come eretici.
Un primo tentativo di arginare le ostilità religiose si ha già nel 1555 ad opera dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo, promotore della famosa “Pace di Augusta”, in cui si stabilisce il principio del “cuis regio, eius religio”: ogni suddito deve seguire la religione del proprio sovrano (anche se vi è la possibilità, per nulla agevole, di emigrare se non si vuole accettare la fede del proprio signore). Un palliativo ad una difficile situazione religiosa perché in primo luogo questo vale solo negli Stati tedeschi ed esclude il calvinismo, e secondo perché lascia aperto il problema di tutti quei sudditi che invece credono in altre religioni rispetto a quella del proprio signore, portando inevitabilmente ad acuire negativamente i rapporti tra sovrani e rispettivi popoli.
Ora, giunti al ‘600, la possibilità di un conflitto religioso diviene sempre più concreta e i tentativi di riunire i cattolici falliscono. Questo avviene quando le fortune della Chiesa iniziano a dipendere troppo dalla Casa d’Austria, poiché le dispute relative al possesso di territori da parte degli Asburgo finiscono per andare a svantaggio della Chiesa cattolica, portando alla non più stretta collaborazione tra le parti (per questo il Vaticano si avvicina ai Borboni).
L’antefatto che porta alla defenestrazione di Praga
Fino agli inizi del ‘600, la “Pace di Augusta” è riuscita a far mantenere una relativa serenità tra le varie fedi in Germania, nonostante gli scontri tra protestanti e cattolici fossero tutt’altro che rari nel resto d’Europa (basti ricordare la tesa situazione politico-religiosa tra la Spagna cattolica e i Paesi Bassi calvinisti, oppure quella all’interno della Francia e dell’Inghilterra). Nonostante ciò, in questi primi anni del nuovo secolo, anche in Germania le cose iniziano a precipitare, e sono proprio questi gli eventi che condurranno alla defenestrazione del 1618.
Nel 1608, alcuni principi protestanti creano un’alleanza militare a scopo di difesa, la cosiddetta Unione Evangelica, atta a difendere i propri diritti religiosi. Di tutta risposta, l’anno seguente nasce la Lega Cattolica, anch’essa con un dichiarato scopo difensivo. Il nascere di questi due ben distinti blocchi militari fa capire come anche in Germania la situazione religiosa stia prendendo una brutta piega. Nei primi anni successivi alla nascita di Unione e Lega, il dialogo permette la risoluzione dei problemi, ma la polveriera venutasi a creare in Boemia (corrispondente alla parte centrale e occidentale dell’attuale Repubblica Ceca) farà ben presto cambiare atteggiamento ai due schieramenti appena citati.
A questo punto è fondamentale comprendere la questione boema: il citato regno, se pur parte del Sacro Romano Impero, non si basa su una monarchia ereditaria, bensì su una monarchia elettiva, e il suo sovrano fa parte dei sette principi elettori che permettono l’incoronazione dell’Imperatore. In concreto, quando in Boemia muore il re, la corona non passa direttamente al figlio del defunto o al suo parente più prossimo, ma sono i nobili e i rappresentanti delle città libere a designare il nuovo sovrano.
Nella maggior parte dei casi, il trono passa comunque in mano all’erede del defunto, che però deve conquistarsi il consenso dei nobili. Come? Attraverso il documento di “capitolazione”, in cui mette per iscritto le concessioni (territoriali, di favori ecc.) date ai nobili. Ora, considerando che i nobili boemi sono per la maggior parte protestanti e con i documenti di “capitolazione” acquisiscono sempre più influenza e potere anche sotto i cattolici d’Asburgo, si capisce subito come i cattolici vedano nello schieramento “eretico” un bel problema da risolvere.
Un importante colpo assestato dai protestanti si ha nel 1609, quando proprio i boemi riescono a convincere l’Imperatore tedesco Rodolfo II a sottoscrivere la “Lettera di Maestà”, che gli assicura l’uguaglianza con i cattolici nel professare la propria religione, permettendogli di costruire anche scuole e chiese. Con la “lettera” si afferma espressamente che nessuno può essere costretto a convertirsi ad un’altra religione con la violenza o con altri espedienti. Alla luce di ciò, possiamo dire addio ai princìpi dettati dalla “Pace di Augusta”.
Le nuove concessioni date dalla “lettera di maestà” hanno però vita breve poiché tutti sanno che ben presto Rodolfo II sarà rimpiazzato perché malato e in perdita di consensi politici. Difatti, arrivati al 1611 è il fratello Mattia a diventare re di Boemia e nel 1612, con la morte di Rodolfo, ne prende il posto diventando nuovo Imperatore.
Ma attenzione, perché anche Mattia è malato, ha un’età avanzata (sessant’anni all’epoca della sua incoronazione) e non ha né moglie né figli. Alla luce di ciò, per assicurarsi un successore, propone come futuro re di Boemia il trentottenne cugino Ferdinando, uomo cattolico fondamentalista educato dai gesuiti (ricordate quanto detto sui gesuiti? Il “braccio armato” dei cattolici…) e per nulla incline alla tolleranza, definita da lui stesso come “male assoluto”; “Regnerei su un deserto piuttosto che tollerare l’eresia”.
I cattolici appoggiano pienamente Ferdinando, anche perché, come detto in precedenza, chi siede sul trono della Boemia è uno dei principi elettori, e calcolando che su sette di questi, tre sono protestanti e tre sono cattolici, avere il quarto come cattolico (in questo caso Ferdinando), permetterebbe un’eventuale incoronazione di un imperatore (quindi successore di Mattia) gradito ai cattolici.
Come reagiscono i boemi, da sempre popolo combattivo, alla notizia di elezione di Ferdinando, paladino dei cattolici e antiprotestante? Stranamente eleggendolo il 17 giugno 1617. Un errore che ben presto risulterà fatale. Ed ecco che inizia il contrattacco cattolico in Boemia: nel collegio governativo di Praga, che rappresenta l’imperatore, i cattolici ottengono la maggioranza (sette seggi su dieci), le figure protestanti che rivestono alte cariche vengono allontanate e le chiese protestanti appena costruite vengono demolite, eliminando del tutto i princìpi sanciti dalla “Lettera di Maestà”.
La “defenestrazione di Praga” e le sue conseguenze
Una volta incoronato Ferdinando come re, la tentazione di eliminare i princìpi sanciti con la “Lettera di Maestà” a scapito dei protestanti si fa molto forte, ma il neoeletto sovrano ha un altro piano: accettare formalmente la “Lettera di Maestà” senza effettivamente farne fede, creare una spaccatura graduale tra i protestanti e diminuirgli poco a poco le libertà, in maniera tale da fargli fare un passo falso, tipo organizzare una rivolta, ed essere così legittimato ad intervenire brutalmente eliminando definitivamente gli eretici. In questo piano, sono due i personaggi che spingono ulteriormente Ferdinando a rompere con i protestanti: Jaroslav Martinitz e Guglielmo Slavata, fanatici cattolici di cui parleremo tra poco.
Da queste premesse, ecco che Ferdinando passa all’azione: nell’autunno successivo alla sua incoronazione, emana due editti, dove con il primo concede il diritto ai giudici del re di assistere a tutte le riunioni locali e nazionali (in un paese a maggioranza protestante, ciò avrebbe innervosito intenzionalmente questi ultimi), mentre il secondo editto sottopone la stampa reale di Praga alla censura. Oltretutto, lo stesso imperatore Mattia nomina Martinitz e Slavata come governatori (insieme ad altri tre cattolici), escludendo i protestanti, tra cui Thurn e Schlick, le figure più importanti nel panorama protestante boemo.
La situazione tende poi a degenerare (come pianificato da Ferdinando) quando a Klostergrab, villaggio dell’arcivescovo di Praga e quindi su suolo di proprietà reale, i protestanti iniziano a costruire una chiesa, asserendo che con la “Lettera di Maestà” tutto è legale. Il governo, volendo impedire la costruzione e non sapendo come riuscirci, si aggrappa al principio di alienazione concesso dalla legge: è vero che i protestanti possono costruire su suolo reale, ma il re può alienare, quindi appropriarsi del terreno in questione.
Alienazione che in questo caso la si fa basare sul fatto che quel terreno fosse stato donato alla chiesa cattolica e che i diritti dei protestanti sono di conseguenza decaduti. Qualsiasi obiezione sollevata dalla decisione di alienazione sarebbe stata prontamente punita dall’imperatore stesso, e cogliendo la palla al balzo, i deputati governativi cattolici ne approfittano imprigionando alcuni tra i più ferventi oppositori protestanti coinvolti nella questione.
Ma proprio questo caso fa unire i boemi tutti, consapevoli di dover fare qualcosa di concreto per arginare queste sempre più prepotenti prese di posizione cattoliche. Così Thurn (ricordiamo, importante esponente boemo protestante), nel marzo 1618, convoca un’assemblea di deputati e nobili protestanti provenienti da tutta la Boemia, affinché si difendessero i princìpi della “Lettera di Maestà”. Dall’assemblea di marzo nasce la volontà di far propaganda in tutta la Boemia a favore dei diritti dello schieramento protestante e giunti al 22 maggio 1618, l’assemblea dei “Difensori della Lettera di Maestà” sono oramai diventati numerosissimi.
I due fanatici cattolici, Martinitz e Slavata, cercano di chiedere aiuto all’imperatore che si trova a Vienna, dopo che le loro intimazioni di sciogliere l’assemblea protestante sono state vane ed ignorate. Il giorno successivo, il 23 maggio, i deputati protestanti si avviano verso il castello reale di Praga (castello di Hradčany) con un’immensa folla al loro seguito. Attraversando i portali sormontati dalla grande aquila asburgica, si recano verso il cortile e poi su fino alla grande sala delle udienze, dove Martinitz e Slavata vengono afferrati e gettati dalle finestre del castello. Martinitz, cadendo, invoca Gesù e Maria, mentre Slavata, ancora in fase di resistenza, si aggrappa al bordo della finestra finché non viene raggiunto da una serie di colpi che lo tramortiscono, costringendolo a lasciare la presa dalle mani sanguinanti. Anche lui viene gettato di sotto e un ribelle, affacciandosi, gli urla con tono schernitore “Vedremo se la vostra Maria vi potrà aiutare!”. Nonostante la caduta, Martinitz e Slavata riescono a sopravvivere, anche se inseguiti da diversi proiettili sparati dai ribelli.
Questa “miracolosa” salvezza dei cattolici defenestrati verrà poi enfatizzata in chiave propagandistica a favore dei cattolici, facendo passare la salvezza degli aggrediti come benedizione divina nei confronti del mondo cattolico tutto. Ma al di là degli eventi, il colpo di di Stato è oramai concluso con successo. Viene instaurato un governo provvisorio formato da tredici “direttori” protestanti che decidono di radunare un esercito, a spese del paese (Boemia), forte di 16.000 uomini comandati dal protestante Thurn. La reazione dell’imperatore e del mondo cattolico sarebbe stata durissima e così sarebbe iniziata quella che la storia chiama “Guerra dei Trent’anni” (1618-1648).
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- Veronica Wedgwood, La Guerra dei Trent’anni. 1618-1648, 2018, Il Saggiatore