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In seguito al processo e alla sentenza di condanna a morte emessa dal Tribunale rivoluzionario il 5 aprile del 1794 vengono ghigliottinati a Parigi due protagonisti della Rivoluzione francese: l’avvocato Georges Jacques Danton e il giornalista Camille Desmoulins.
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La Rivoluzione francese, il Terrore
“Siamo terribili per dispensare il popolo dall’esserlo“.
Con queste parole Georges Jacques Danton giustifica davanti alla Convenzione, nel settembre 1793, la necessità della politica del Terrore che ha l’obiettivo di salvare la Rivoluzione e sconfiggere i suoi nemici.
Con l’inaugurazione di una nuova fase della Rivoluzione i giacobini vogliono rigenerare moralmente la Francia, corrotta da secoli di ingiustizie, e costruire una società egualitaria. L’organo centrale del sistema del Terrore diventa il Comitato di salute pubblica che mantiene il ruolo di coordinamento dell’attività rivoluzionaria. Altri strumenti fondamentali per il Terrore sono: il Comitato di sicurezza generale, il Tribunale rivoluzionario e la “Legge dei sospetti“che consente l’arresto e la condanna di chiunque sia sospettato di tramare contro la Rivoluzione.
Nell’autunno-inverno 1793-94 sono giustiziati nella sola Parigi oltre mille persone, tra cui la regina Maria Antonietta e molti girondini; in tutta la Francia sono quasi 20.000 le vittime del terrore. Lo stesso Danton rimane impressionato negativamente da tale macchina della morte che lui stesso ha contribuito a costruire e alla Convenzione chiede di risparmiare il sangue degli uomini innocenti.
Il Terrore come strumento di lotta politica
Ben presto il Terrore, da mezzo eccezionale di difesa, si trasforma in un micidiale strumento di scontro politico. In una spietata lotta per la sopravvivenza intrapresa dal gruppo dirigente di Maximilien de Robespierre vengono prima eliminati Hebert e i principali esponenti della fazione dei cordiglieri (14 marzo) e successivamente finiscono nella morsa della repressione gli “indulgenti” di Danton, favorevoli ad una politica meno intransigente e per questo motivo accusati di voler indebolire con il loro moderatismo il governo rivoluzionario.
Arrestato nella notte tra il 30 e il 31 marzo, con Camille Desmoulins e altri compagni di fazione, Danton viene condotto nella prigione del Luxembourg e il 2 aprile compare insieme ad altri quindici imputati davanti al Tribunale rivoluzionario, alla Conciergerie.
La condanna a morte di Danton e Desmoulins
Danton, accusato di indulgenza e di essersi illecitamente arricchito grazie alla sua posizione politica, si difende con grande eloquenza e convinzione respingendo le accuse di corruzione e lanciando una maledizione contro i suoi accusatori. Quando si tenta di farlo tacere con la forza inizia a lanciare pallottole di carta masticata contro i giudici.
Egli si ritiene indispensabile per la Rivoluzione francese tanto da esclamare con sprezzo:
“Se lasciassi le mie palle a Robespierre e le mie gambe a Couton (paralitico) forse questo baraccone potrebbe durare ancora un pó, perché credo che con un eunuco (Robespierre) e un paralitico (Couton) come questi durerà al massimo tre mesi.”
Più che Robespierre pare sia Saint-Just a costringere il Tribunale rivoluzionario a non perdere tempo in inutili dibattiti e a condannare senza indugio tutti gli imputati. Sapendo di essere già condannato Danton pronuncia il suo ultimo discorso, che rimane tra i più importanti della Rivoluzione francese:
“Non ci sarebbe stata alcuna Rivoluzione senza di me, non ci sarebbe la Repubblica senza di me… so che siamo condannati a morte, conosco questo tribunale, sono stato io a crearlo e chiedo perdono a Dio ed agli uomini… non era nelle intenzioni che divenisse un flagello per il genere umano, bensì un appello, un’ultima disperata risorsa per uomini disperati e gonfi di rabbia. Non sarà necessario trascinarmi a forza sul patibolo… se io ora difendo me stesso è per difendere quello cui aspiravamo e, più ancora, che abbiamo conseguito e non per salvare la mia vita.“
Il 5 aprile del 1794 Georges Jasques Danton e l’amico Camille Desmoulins, due dei protagonisti della Rivoluzione, salgono sul patibolo davanti ad una folla immensa e ammutolita. Sembra che Danton una volta raggiunto il boia abbia sussurrato:
“Mostra la mia testa al popolo. Ne vale la pena!”.