CONTENUTO
Il progetto del navigatore Cristoforo Colombo
Mentre i portoghesi si impegnano a trovare il varco tra l’Africa e le Indie, alcuni geografi iniziano a sostenere che, data la sfericità della terra, si può raggiungere l’Asia navigando sempre verso ovest. A sostenere più di tutti questa tesi è l’astronomo fiorentino Paolo dal Pozzo Toscanelli: quest’ultimo, pur sbagliandosi sulle dimensioni della superficie terrestre, ha ragione su un punto essenziale: la Terra è sferica e quindi la si può circumnavigare.
Le teorie di Toscanelli fanno presa in particolare su Cristoforo Colombo, un navigatore genovese protagonista fino a quel momento di innumerevoli viaggi marittimi:
“Cominciai a navigare per mare ad un’età molto giovane. Questa professione crea in me una curiosità circa i segreti del mondo. Durante gli anni della mia formazione, studiai testi di ogni genere: cosmografia, storie, cronache, filosofia e altre discipline. Attraverso questi scritti, la mano di nostro Signore aprì la mia mente alla possibilità di navigare fino alle Indie, e mi diede la volontà di tentare questo viaggio. Chi potrebbe dubitare che questo lampo di conoscenza non fosse l’opera dello Spirito santo?” (Cristoforo Colombo, “Il libro delle profezie”)
Convinto che al di là delle Colonne d’Ercole sia ancora possibile navigare, Colombo nel 1483 invia una lettera al sovrano portoghese Giovanni II, con la quale gli illustra il suo progetto di voler raggiungere l’India da ovest. Il re Giovanni, però, si rifiuta di sostenerlo anche perché il Portogallo è impegnato in quel momento nella ricerca della via orientale verso le Indie.
Cristoforo Colombo si rivolge subito dopo alla corte inglese, senza però ottenere alcun risultato. Deluso dal duplice rifiuto il navigatore bussa allora alle porte dei re di Spagna. Il regno di Ferdinando II di Aragona e di Isabella di Castiglia è un paese in ascesa, desideroso di partecipare ai traffici marittimi per aumentare il proprio prestigio.
Nonostante ciò ci vogliono alcuni anni prima che l’impresa venga approvata: oltre ad essere troppo costosa essa risulta troppo azzardata. Anche la commissione di astronomi e cartografi istituita dalla corte si esprime in modo negativo a tale riguardo. Cristoforo Colombo si reca allora, di persona a Siviglia, riuscendo ad ottenere finalmente il consenso della regina Isabella.
Le caravelle di Cristoforo Colombo
La caravella è una nave che viene ideata e perfezionata tra il XV e il XVI secolo dai Portoghesi e dagli Spagnoli, che uniscono in essa gli aspetti positivi del veliero, tipico del nord, e della galera, tipica del Mediterraneo. Dal veliero la caravella prende le fiancate, il timone situato al centro della poppa, e una velatura che le consente di sfruttare enormemente i venti. Dalla galera, invece, deriva la lunghezza, la stazza più contenuta e la sagoma più snella.
Tutti questi aspetti consentono a quest’imbarcazione di raggiungere velocità fino a quel momento sconosciute, di essere adatta alla navigazione lungo costa e in mare aperto e facilmente manovrabile. Dotata di enorme autonomia, la caravella diventa in quegli anni la nave ideale per le esplorazioni.
Al comando dell’esploratore genovese nominato dai sovrani spagnoli “ammiraglio di tutte le isole e i continenti che saranno scoperti o conquistati per effetto della sua opera“, vengono messe tre navi: la Santa Maria, la Pinta e la Nina. I novanta uomini che compongono l’equipaggio sono per lo più andalusi, baschi e galiziani. A bordo sono caricati alcuni cannoni, provviste per un anno e altri oggetti di abbigliamento.
12 Ottobre 1492: la scoperta dell’America di Cristoforo Colombo
La piccola flotta salpa il 3 agosto 1492 dal porto spagnolo di Palos. Dopo una breve sosta alle isole Canarie, il 6 settembre le tre imbarcazioni prendono il largo, navigando verso l’ignoto. Il 21 raggiungono il Mar dei Sargassi, tra la costa della Florida e le Antille, dove le chiglie rischiano di impigliarsi nelle alghe.
Nonostante l’assenza di tempeste e il favore dei venti, la navigazione si rivela più lunga del previsto a causa dei calcoli sbagliati di Colombo. Quando ad ottobre i marinai della Santa Maria iniziano a lamentarsi il navigatore genovese chiede ai suoi sottoposti altri giorni di tempo e dà l’ordine di virare verso sud.
Alle 2 del 12 ottobre 1492 una vedetta della Pinta grida a gran voce “Tierra! Tierra!”:
“Alle due dopo la mezzanotte apparve la terra, lontana circa due leghe. Ammainarono tutte le vele temporeggiando fino a quando giunsero a un’isoletta delle Lucaie, che nella lingua degli Indios si chiamava Guanahani. Videro poi gente nuda e l’Ammiraglio scese a terra sulla barca armata con Martin Alonzo Pinzon e Vicente Yanez, sua fratello, che era capitano della Nina. Sbarcati a terra, videro alberi verdissimi e molte acque e frutti di diverse specie. L’Ammiraglio chiamò i due capitani e gli altri e disse loro che gli dessero testimonianza come egli davanti a tutti prendeva possesso della detta isola per il Re e la Regina, suoi signori, usando le formule che si richiedono…” (Dal Giornale di bordo di Cristoforo Colombo)
L’isola delle Bahamas viene ribattezzata da Colombo San Salvador. Il navigatore genovese è convinto che l’isola appartenga all’arcipelago di Cipango (Giappone) e che sia la porta per il Catai (la Cina). Inoltre molti elementi naturali rafforzano la sua convinzione: il diverso aspetto degli abitanti, la vegetazione rigogliosa, il clima mite, la presenza di alcune spezie e dei pappagalli, menzionati anche da Marco Polo nel “Milione”.
Gli spagnoli sono accolti con grande cortesia e condiscendenza dai Taino, la tribù abitante dell’isola. Colombo stesso, nella sua relazione, sottolinea più volte la loro gentilezza e lo spirito pacifico:
“Gli abitanti di essa mancano di armi, che sono a loro quasi ignote, né a queste son adatti, non per la deformità del corpo, essendo anzi molto ben formati, ma perché timidi e paurosi […] Del resto, quando si vedono sicuri, deposto ogni timore, sono molto semplici e di buona fede, e liberalissimi di tutto quel che posseggono: a chi ne lo richieggia nessuno nega ciò che ha, ché anzi essi stessi ci invitano a chiedere”.
Sempre sul tema della mansuetudine e della naturale bontà degli indigeni, così chiamati da Colombo poiché è convinto che sia giunto in India, si sofferma il frate domenicano Bartolomè de Las Casas che diventerà nel corso degli anni un convinto difensore degli Indios vittime molto spesso delle crudeltà dei conquistatori:
“Non si è mai vista tra di loro la fame, se non dopo che ci arrivammo noi cristiani che in un giorno gli mangiavamo e sperperavamo tutto quello che a loro bastava a mantenere le loro famiglie per due mesi. E poiché in quest’isola era consolidata la pace e l’accordo tra alcuni popoli e regni, per questo non ebbero necessità di unirsi in molta gente e di formare centri abitati assai vasti: così vi erano i villaggi di cento, duecento e cinquecento abitanti; case nelle quali dimoravano dieci e quindici abitanti con le loro donne e figli. E questo è assai notevole e sicuro argomento della bontà naturale, mitezza, umiltà, e amor di pace di queste nazioni”.
Mappa dell’America e dei viaggi di Colombo
Subito dopo Colombo e i suoi lasciano l’isola dirigendosi verso sud per trovare oro. Dopo essere approdato a Cuba e, in seguito, ad Haiti, il 13 gennaio 1493 il genovese fa vela verso l’Europa. Il 13 marzo rientra nel porto di Palos, da dove era partito, e il mese seguente è accolto con tutti gli onori da Isabella e Ferdinando, nonostante sia ancora inconsapevole dell’enorme importanza della sua scoperta geografica.
Pochi mesi dopo riparte, per una seconda spedizione finanziata dai sovrani, con diciassette navi e millecinquecento uomini, tuttavia non ha la stessa fortuna della prima: vengono scoperte nuove isole ma non si trovano né oro, né spezie o altre oggetti preziosi. Anche la terza e la quarta spedizione di Colombo risultano insoddisfacenti tanto che l’esploratore genovese morirà nel 1506 povero e dimenticato. A capire che i territori esplorati da Colombo facciano parte di un nuovo mondo è il fiorentino Amerigo Vespucci dal quale prende il nome il nuovo continente: l’America.
Il 12 ottobre 1492 rappresenta a tutti gli effetti la data di inizio di una nuova era. Non a caso è stata scelta come spartiacque tra il Medioevo e l’età moderna.
I libri consigliati da Fatti per la Storia
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- Pierre Chaunu, La conquista e l’esplorazione dei nuovi mondi, Mursia, 1977.
- Lyle N. Mcalister, Dalla scoperta alla conquista. Spagna e Portogallo nel nuovo mondo (1492-1700), Il Mulino, 1986.
- Cristoforo Colombo, Diario di bordo: Libro della prima navigazione e scoperta delle indie, Mursia, 2013.
- Tzvetan Todorov, La conquista dell’America. Il problema dell’altro, Einaudi, 2014.