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Home Storia Contemporanea

La crisi dei missili di Cuba, il mondo sull’orlo del disastro nucleare

La crisi missilistica di Cuba segna l’apice della tensione dell’equilibrio del terrore. Kennedy e Kruscev avviano un confronto su più piani, politici, diplomatici e militari, che porterà ad un accordo storico e a una svolta nelle dinamiche della Guerra Fredda.

di Davide D'Urso
30 Novembre 2020
TEMPO DI LETTURA: 7 MIN
crisi missili cuba
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CONTENUTO

  • Kennedy e Kruscev, 13 giorni sull’orlo del baratro 
  • Cuba agli americani
  • L’incubo si avvera: i sovietici nel giardino di casa
  • DEFCON II, a un passo dalla guerra
  • Lo scambio

La crisi dei missili di Cuba dell’ottobre 1962 segna l’apice della tensione dell’equilibrio del terrore. La costruzione di basi missilistiche sovietiche sull’isola mina la sicurezza degli Stati Uniti. Kennedy e Kruscev avviano un confronto su più piani, politici, diplomatici e militari, che porterà ad un accordo storico e a una svolta nelle dinamiche della Guerra Fredda. 

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Kennedy e Kruscev, 13 giorni sull’orlo del baratro 

I tredici giorni più carichi di tensione della storia della Guerra Fredda iniziano la mattina del 16 ottobre 1962. Il governo americano viene a conoscenza della presenza di siti missilistici sovietici a Cuba. Da lì a poche ore, Washington e Mosca avviano un confronto serrato che cambierà per sempre la percezione dell’equilibrio del terrore.

Da meno di due anni risiede alla Casa Bianca John Fitzgerald Kennedy, un cattolico di 45 anni proveniente da una ricca famiglia di origini irlandesi. Eletto alla presidenza degli Stati Uniti da un paese preoccupato dall’inerzia degli ultimi anni dell’amministrazione Eisenhower, Kennedy persegue una strategia che mira a proiettare all’estero credibilità e fermezza, declamando la spinta ideale della nuova frontiera per rassicurare gli alleati e intimidire i nemici.

L’Unione Sovietica post-staliniana dei primi anni ‘60 vive una fase di espansione industriale. Il sessantottenne Nikita Kruscev, ex operaio e funzionario comunista di lungo corso, ha denunciato al mondo i crimini di Stalin e raggiunto il vertice del PCUS nel 1957. L’URSS è percepita come una superpotenza in ascesa, che mantiene il controllo del suo blocco ed esercita influenza al di fuori, contestando il potere americano in tutto il Terzo Mondo. Inclusa l’America Latina. 

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Dopo Budapest e Berlino, nell’ottobre 1962 gli sguardi preoccupati del mondo si spostano su Cuba, diventata da pochi anni un formidabile strumento di propaganda comunista in tutta l’America Latina e un avamposto capace di minacciare la sicurezza degli Stati Uniti. 

Cuba agli americani

La relazione speciale tra USA e Cuba nasce dalla geografia. Cuba è l’isola caraibica più estesa, lontana appena 180 km dalle coste della Florida. Rientra in quel “giardino di casa” proclamato dalla dottrina Monroe che gli imperialisti americani avevano rivendicato per gli Stati Uniti.

La vittoria statunitense nella guerra ispano-americana del 1898 aveva posto fine al dominio coloniale europeo durato più di tre secoli e fatto dell’isola un paese indipendente sotto il protettorato americano, la cui costituzione autorizzava Washington a intervenire a Cuba per “conservarne l’indipendenza” e sostenere regimi che garantissero “vita, proprietà e libertà individuali”. Dopo aver esercitato questa opzione tre volte nei primi anni del secolo, l’occhio americano si era spostato dal perseguimento del destino manifesto nelle Americhe allo scacchiere della politica globale. A Cuba, il progressivo irrigidimento delle dittature filo-americane che reggevano l’isola aveva raggiunto l’apice negli ultimi anni di presidenza di Fulgencio Batista (1933-59), portando alla guerra civile e al crollo del regime. 

L’ascesa al potere di Fidel Castro (1959) dà al paese un governo radical-nazionalista nemico del dominio nordamericano. Una Cuba ostile e potenzialmente socialista era una realtà inaccettabile agli occhi di Washington. Entrato in carica, Kennedy decide di continuare l’opposizione al castrismo e aumentare la pressione sul nuovo regime. Nel 1961 gli Stati Uniti offrono asilo ai profughi anticastristi, rompono le relazioni diplomatiche con Cuba e appoggiano tramite la CIA il tentativo di invasione degli esuli cubani alla Baia dei Porci. Il tentativo si rivela un disastro di proporzioni storiche. Castro, alla ricerca di protezione, rompe gli indugi. Nel mondo degli anni ‘60 esisteva solo un attore politico in grado di difendere la nuova autonomia strategica dell’isola: l’URSS.

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L’incubo si avvera: i sovietici nel giardino di casa

Per Kruscev una seconda invasione della Cuba castrista rappresenta una minaccia per l’immagine internazionale del movimento socialista. Difendere l’avamposto nei Caraibi è diventato per l’Unione Sovietica una necessità politica e un’opportunità strategica che può mettere Mosca su un criterio di parità con gli Stati Uniti. L’enorme distanza tra Cuba e l’Europa rende inoltre impensabile una difesa dell’isola con mezzi convenzionali. Pesa in questo ragionamento il dispiegamento in Turchia dei missili balistici Jupiter deciso da Kennedy nel 1961. Una mossa che a Mosca era sembrato una minaccia esistenziale per la sicurezza dell’URSS. Dispiegare missili balistici a Cuba avrebbe permesso di riequilibrare lo scenario strategico e di rendere Castro inattaccabile, a meno di voler rischiare un conflitto nucleare su vasta scala. Kruscev confidava nella ragionevolezza di Kennedy. 

Per la Casa Bianca, le fotografie dei siti missilistici scattate dagli U-2 sono uno choc imprevisto. Appena poche settimane prima, difendendosi dalle accuse di debolezza nei confronti del regime cubano, Kennedy aveva impegnato pubblicamente la sua amministrazione ad impedire l’installazione di armi offensive a Cuba. La mossa dei sovietici era un grave colpo politico per Kennedy e per la percezione della potenza americana nel mondo.

Informato della situazione, il 16 ottobre Kennedy instaura un gruppo informale di consiglieri civili e militari (“EXCOMM”) per preparare un piano d’azione. Il gruppo si divide tra chi vorrebbe un attacco aereo e l’invasione dell’isola e chi crede possibile un accordo con Mosca. 

Dopo giorni di dibattito, Kennedy decide di rinunciare per il momento all’invasione dell’isola. Il 22 ottobre 1962 si rivolge alla nazione e al mondo, comunicando la presenza di armi offensive sovietiche a Cuba e di aver disposto la quarantena navale dell’isola. Le forze navali dispiegano il blocco navale a 500 miglia dalle coste cubane, fermando ogni imbarcazione diretta sull’isola. Le forze terrestri sono mobilitate e pronte per l’invasione dell’isola su larga scala.

crisi missili cuba

DEFCON II, a un passo dalla guerra

L’embargo mette Kruscev in grave difficoltà. Le forze sovietiche e il regime di Castro sono esposte all’invasione americana ma una ritirata da Cuba non è un’opzione percorribile e metterebbe a rischio la sua stessa leadership. Il leader sovietico ferma le navi dirette a Cuba e inizia una battaglia su più fronti per evitare lo scontro aperto.

Kennedy si trova in una posizione simile. Il blocco navale ha fermato il trasporto di nuovi armamenti ma i missili sovietici sono a Cuba e le attività di costruzione delle basi continuano. I falchi dell’EXCOMM spingono per un attacco aereo ma i Kennedy e il segretario McNamara temono che questo causerebbe ritorsioni contro le basi americane in Europa e in Turchia. 

Il primo segnale per uscire dallo stallo arriva dal Cremlino. Kruscev scrive una lettera privata a Kennedy proponendo il ritiro dei missili in cambio dell’impegno degli Stati Uniti a non invadere Cuba. La lettera resterà senza seguiti, ma apre una breccia nell’incomunicabilità tra Washington e Mosca. 

Sabato 27 ottobre la crisi raggiunge i più alti livelli di tensione. Mentre una nave sovietica si avvicina al blocco navale, in un comunicato Kruscev imbarazza la Casa Bianca ponendo il ritiro dei missili Jupiter dalla Turchia come precondizione per il ritiro dei missili sovietici da Cuba. Da lì a poco, un U-2 americano viene abbattuto e il Comando Strategico Aereo alza il livello d’allerta a DEFCON II, un gradino sotto la guerra imminente. Si tratta del livello di allerta più alto mai raggiunto nella storia delle forze armate americane. Kennedy rifiuta di autorizzare un attacco di ritorsione ma il presidente e i suoi consiglieri sono sempre più scettici sulla possibilità di evitare la guerra. 

Lo scambio

Quando il segretario alla giustizia Robert Kennedy riferisce all’ambasciatore sovietico Anatoliy Dobrynin la proposta del fratello, al Cremlino si teme ancora che da un momento all’altro gli Stati Uniti possano invadere Cuba e dichiarare guerra all’Unione Sovietica. La proposta dei Kennedy è uno scambio: i sovietici avrebbero smantellato le basi missilistiche a Cuba in cambio del ritiro dei missili americani dalla Turchia e dell’impegno degli USA a non invadere l’isola. L’accordo doveva restare segreto: i sovietici avrebbero fatto la loro parte nei Caraibi e, a distanza di qualche mese, gli Stati Uniti avrebbero fatto altrettanto in Turchia.

Quando il telegramma arriva a Mosca la mattina di domenica 28 ottobre, Kruscev è convinto che si tratti dell’ultima offerta. Nel corso della mattinata, la proposta viene accettata. Superato il tredicesimo giorno, la tensione si scioglie. Le logiche di ritorsione e la spinta all’uso della forza dei rispettivi apparati avrebbero potuto trascinare le superpotenze in un conflitto aperto che nessuno voleva. La volontà di Kennedy e Kruscev di proteggere la pace era risultata decisiva per tenere aperto il filo della comunicazione e della trattativa. 

Nei mesi seguenti le parti terranno fede agli accordi. Kennedy riconoscerà pubblicamente a Kruscev il ruolo svolto per mantenere la pace; i sovietici manterranno segreto l’accordo che avrebbe portato di lì a poco al ritiro dei missili Jupiter dalla Turchia. Cuba resterà comunista: una spina nel fianco nel giardino di casa dell’impero americano. 

La crisi dei missili di Cuba segna una chiave di volta della Guerra Fredda. Mai il mondo era stato più vicino ad una guerra nucleare e né Washington né Mosca volevano rischiare in futuro crisi di questa portata. L’idea stessa dell’equilibrio del terrore era superata dalla complessità delle relazioni e dall’estensione del raggio d’influenza di Stati Uniti e Unione Sovietica. Serviva una fase nuova. Per assicurare che le comunicazioni restassero aperte in ogni evenienza, venne installata una linea diretta tra la Casa Bianca e il Cremlino, chiamata “Hotline”. Negli anni successivi, venne avviato un percorso che avrebbe portato ad accordi sulla riduzione degli arsenali nucleari e a tentare la coesistenza pacifica.

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  • Robert Kennedy – Thirteen Days: A Memoir of the Cuban Missile Crisis
  • Aleksandr Fursenko, Timothy Naftali – One Hell of a Gamble: Khrushchev, Castro, and Kennedy, 1958-1964. The Secret History of the Cuban Missile Crisis
  • Sergo Mikoyan, Svetlana Savranskaya – The Soviet Cuban Missile Crisis: Castro, Mikoyan, Kennedy, Khrushchev, and the Missiles of November
  • Raymond L. Garthoff – Reflections on the Cuban Missile Crisis
  • Michael Dobbs – One Minute To Midnight: Kennedy, Khrushchev and Castro on the Brink of Nuclear War
  • Arthur Schlesinger – I mille giorni di John F. Kennedy
Tags: Storia degli USAStoria dell'URSS
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Davide D'Urso

Davide D'Urso

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Internazionali presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi dal titolo "L’Unione Europea e il Nordafrica. Il progresso e la conservazione” e il certificato di alta qualificazione in Scienze Umane per il Governo alla Scuola di Studi Superiori Ferdinando Rossi. Co-fondatore e Caporedattore di Europae - Rivista di Affari Europei e vice presidente dell’Associazione Culturale OSARE Europa, ha lavorato nel settore pubblico e privato come addetto stampa, account e project manager.

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